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Oltre il neofascismo. Il caso “Forza Nuova”

Neofascismo e neonazismo in Italia oggi: il retroterra socio-culturale

La destra radicale, neofascista e neonazista, sta ritrovando e ritagliandosi oggi un proprio spazio. Dopo anni assistiamo, infatti, allo sviluppo di significativi processi riaggregativi dentro l’onda lunga dei fenomeni più generali di sviluppo e crescita elettorale della estrema destra definita populista e xenofoba, in corso in tutta Europa. La stessa contingenza attuale, con la ripresa di attivismo da parte di gruppi che si richiamano apertamente al fascismo e al nazismo, ha avuto una lunga incubazione. Il contesto è quello della progressiva messa in crisi di consolidati principi di eguaglianza, delle culture favorevoli alla solidarietà e all’integrazione, della delegittimazione (che ha investito tutta Europa), degli organismi elettivi e rappresentativi, a partire dal Parlamento, dei partiti e delle istituzioni nel loro complesso. In alternativa sono stati rilanciati e sono andati via via affermandosi richiami sempre più insistiti a valori morali di tipo tradizionale, alla “autorità”, all’insofferenza verso tutte le diversità culturali e “razziali”. Sotto questo profilo l’intero arco della estrema destra europea (dal “Front National” francese al partito austriaco di Haider, dai Republikaner tedeschi per finire alla Lega Nord), è certamente un prodotto, non fortuito, sul piano culturale e politico, del processo in corso di profondo e strutturale rivolgimento delle stesse società nel nostro continente. La destra radicale europea non rappresenta in conclusione un puro e semplice richiamo al passato e nemmeno il frutto di una contingente crisi economica, ma ben più concretamente uno dei risultati dell'attuale modernizzazione capitalistica. La stessa composizione sociale dei militanti e degli elettori di queste formazioni tende ad essere rappresentativa dei fenomeni conseguenti di sradicamento, di perdita di senso e ruolo, di frustrazione e disagio di ampi strati sociali. Non casualmente una quota assai significativa che è alla base dei successi elettorali, nei diversi paesi, dei partiti della destra radicale europea proviene dagli abitanti delle periferie, dai piccoli commercianti e dagli artigiani, dagli operai e dai lavoratori precari. La crisi ed il progressivo venir meno di un ruolo storico da parte dei sindacati e dei partiti di sinistra ha fortemente contribuito a determinare un vuoto di rappresentanza che, in parte, tende oggi ad essere riempito proprio dalle formazioni della destra estrema.
E’ in questo contesto che va collocata e studiata la ripresa dei fenomeni specificatamente neofascisti e neonazisti. Il neofascismo in Italia si è sempre contraddistinto per una grande eterogeneità di linee e orientamenti, oltre che per un’amplissima varietà di gruppi, sigle ed organizzazioni. Il MSI, in questo quadro, fino alla sua trasformazione in Alleanza Nazionale, ha storicamente svolto un ruolo di riferimento obbligato e per certi versi di “contenitore” di gran parte di questa realtà magmatica. Non è un caso che, a partire dal dopoguerra, al suo interno abbiano convissuto, si siano combattute, trovando comunque un proprio spazio, tutte le più diverse articolazioni del neofascismo e del neonazismo italiano, producendo un groviglio di posizioni su un arco molto esteso di temi e d’argomenti. Si sono così ritrovati, nello stesso ambito, monarchici e repubblicani, i “socializzatori” della “Carta di Verona” e gli strenui difensori della proprietà privata, i corporativi e gli anticorporativi, i cattolici osservanti, i tradizionalisti, i lefreviani, gli anticlericali e i neopagani, le posizioni antiamericane e quelle filo-atlantiche, gli ammiratori di Isreale ed i filo-arabi.
La destra radicale di oggi è figlia di questo passato. Credo sia utile, prima ancora di analizzare le principali organizzazioni politiche, individuare il cemento, rappresentato dal retroterra culturale, che ha tenuto insieme ed ancor oggi accomuna questo mondo. Va subito detto che la chiave utile per accedere alla comprensione di questo particolare universo non va ricercata in categorie razionali di interpretazione della realtà e della storia. Quello della destra neofascista e neonazista è un mondo in cui si sono riversate componenti irrazionalistiche di vario tipo: neoromantiche, nichiliste, decadenti. E’ una realtà anche per questo popolata di miti e simboli che tendono a prevalere come fattore unificante rispetto all’analisi e alle posizioni politiche. In questo quadro Julius Evola ha indubbiamente e storicamente rappresentato la figura intellettuale di gran lunga più importante della destra radicale in questo secondo dopoguerra. Le sue opere ed il quadro concettuale delineato rimangono ancora oggi il riferimento ed il campo di confronto principale per tutte le espressioni del neofascismo e del neonazismo italiano. Ad Evola si deve infatti una rielaborazione da destra, e per molti versi originale, del rifiuto della civiltà borghese e della “massificazione” della vita, la critica allo “appiattimento” e alla “volgarità” indotte dal dominio della merce e del denaro. Una critica il cui sbocco porta direttamente ad una concezione regressiva della storia, la cui ruota si vorrebbe fare girare indietro, riproponendo come modelli “mitiche ” società del passato, da Sparta alla Roma arcaica al Sacro Romano Impero. Punto di partenza in Evola è la “svalutazione “ del mondo moderno, visto come il prodotto di una decadenza e di una corruzione secolari. La civiltà occidentale è alla fine del suo ciclo, dice Evola, si tratta ora di affrettarne la disgregazione. L’approdo in realtà è una sorta di moderno “capitalismo-feudale” incardinato in società di tipo schiavistico. Le masse non sono, ovviamente, in questa visione, che gregge informe, esseri estranei alla storia e alla natura dei veri uomini. Ad Evola dobbiamo anche, in questa cornice, la rielaborazione di una concezione “razzista” non unicamente basata su fattori “biologici” ma derivante anche dalla“superiorità spirituale”.
Il rifiuto del sistema democratico è quindi il primo elemento comune a tutte le espressioni storiche del neofascismo. Un rifiuto che si sostanzia nell’opposizione al parlamentarismo, in un disprezzo assoluto per le masse, la partecipazione e la democrazia. La radice sta dunque in un rigetto del mondo moderno, della civiltà borghese e in un rifiuto nominale del capitalismo. Di qui, da un lato, la costante di una posizione esistenziale per il cosiddetto “uomo differenziato”, distaccata ed aristocratica; dall’altro, specularmente, il mito del “guerriero”, del “soldato- politico” e del “legionario” che, posto a confronto con la crisi irrimediabile della società contemporanea, non si limita a praticare un proprio distacco ma “dichiara guerra” come un dovere supremo da cui non attendersi alcun tornaconto, un utile, neanche forse la conquista del potere. L’ “atto eroico” e “guerriero” diviene allora valore in sé e per sé, per chi principalmente lo compie. Una concezione che tanta parte ha avuto nel fornire, da sempre, una motivazione ideologica al terrorismo nero in Italia, dal primo dopoguerra fino alla seconda metà degli anni ‘70. In questo contesto va anche situata l’esaltazione degli “Ordini”, organismi composti da esseri “superiori”, accomunati dalla fedeltà ai “principi”. Prototipi di questi modelli sono per Evola gli antichi ordini monastico-cavallereschi come i templari, le SS naziste, la “Guardia di Ferro” rumena, la “Falange” spagnola. Al rifiuto della storia nel neofascismo si accompagna dunque quello della razionalità e la sostituzione di tutto ciò con il richiamo ai “miti”. Quelli di società scomparse ed inghiottite da un “ciclo avverso” della storia, come dell’ “eroismo”, del “destino” e dell’ “onore” individuale, avvolgendo così la destra radicale anche in suggestioni di tipo “magico” ed “esoterico”.
Questo è l’impasto per così dire culturale che ha connotato e distinto la destra radicale italiana, l’ha spinta verso una critica della stessa esperienza fascista e le ha fatto progressivamente assumere il nazismo come vero riferimento. Questa la matrice che ha fatto da supporto, negli anni ‘60 e ‘70, alla pratica della violenza e del terrorismo stragista praticato nel nostro paese. Questo è ancora oggi il terreno di coltura, il perimetro concettuale di riferimento di tutte le principali formazioni della destra radicale in campo, che spiega e dà, tra l’altro, anche un senso interpretativo alle recenti manifestazioni “anti-mondialiste” e contro la “globalizzazione”, come la contestazione a Cernobbio del convegno degli industriali o la presenza a Praga contro il summit del Fondo Monetario Internazionale.
Ma è sul terreno delle spinte xenofobe ed etnonazionalistiche, degli impulsi a ridisegnare su presunte basi etniche i confini degli Stati europei e a rifiutare la società multirazziale, che si sostanzia un fondamentale punto di incontro tra destra radicale neonazista ed estrema destra, sia a livello europeo che in Italia. I concetti della difesa del “suolo” e del “sangue”, minacciati dalla “invasione extracomunitaria”, della tutela della propria “comunità”, della propria cultura, tradizioni e religione, viste come aggredite dall’integrazione economica e dalla globalizzazione, hanno nel corso di questi anni non solo prodotto un armamentario di parole d’ordine che hanno travalicato gli stessi confini della destra radicale tradizionale (si pensi all’ uso del termine “mondialismo”), ma anche realizzato convergenze sul piano dell’iniziativa politica. Qui molti i punti di incontro, in particolare con la Lega Nord e con Alleanza Nazionale, con i settori integralisti cattolici, ma complessivamente con l’insieme delle destre.
[…]
Nel campo della destra neofascista e neonazista italiana è oggi in corso una battaglia per l’egemonia, oltre che per uno sbocco elettorale. Ad un “polo nero”, da un lato, che si è tentato vanamente di costituire, che avrebbe potuto portare ad una convergenza, almeno sul piano elettorale, fra il MSI-Fiamma Tricolore di Pino Rauti ed il Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, si accompagnano, dall’altro lato, più fenomeni riaggregativi: E’ il caso di Forza Nuova e del Movimento Sociale Europeo di Roberto Bigliardo che, attraverso “Rinascita Nazionale” (il secondo quotidiano dopo “Linea” dell’area della destra radicale), sta cercando di riaccorpare una serie di realtà oggi sparse. Ma se complessivamente l’insieme della destra radicale è chiusa elettoralmente in una modesta dimensione (non supera il 2/3 per cento a livello nazionale) - pur cercando in alcune sue componenti uno “sbocco”, anche in funzione di una propria presenza parlamentare, offrendo i propri voti, così come ripetutamente ha fatto Rauti per alleanze ora con il Polo ora con Di Pietro – lo spazio d’azione è invece ben più ampio. Questo spazio corre con l’evoluzione delle destre. E solo il tempo potrà delinearlo con certezza.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Oltre il neofascismo. Il caso “Forza Nuova”

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Informazioni tesi

  Autore: Giorgio Borrini
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2000-01
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Roberto Chiarini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 199

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