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Un pubblico difficile da conquistare: la pubblicità nell'immaginario adolescenziale. Ricerca eseguita mediante la tecnica del focus group.

Pensare con gli occhi: la pubblicità

“C’è pubblicità nei giornali e alla radio nei programmi televisivi e al cinema prima del film, in Internet e per strada, sui muri e sopra e dentro tram e autobus, nelle vetrine, sui sacchetti di carta che portiamo in giro, nelle stazioni della metropolitana e negli aeroporti, nelle nostre cassette delle lettere e fin dentro borse e tasche in forma di sms scritti sul display del telefono cellulare. […] Non solo la pubblicità occupa i luoghi più svariati ma diventa luogo essa stessa” (A.Testa 2004, 8).

Dovendo creare un messaggio persuasivo che comunichi informazioni con la giusta dose di fantasia, i pubblicitari lavorano a livelli di professionalità più elevati degli altri operatori dei media; infatti, poiché ogni categoria di prodotti possiede un proprio linguaggio, la competenza dei creativi deve permettere loro, pur utilizzando un lessico specialistico, di mantenere quella semplicità nei termini che consente anche ad utenti meno esperti di comprendere i benefici che fanno cadere la scelta su un certo prodotto piuttosto che su un simile concorrente.

La pubblicità è una forma di comunicazione commerciale che innanzitutto deve divertire lo spettatore prima di parlare del prodotto; deve essere in sintonia con la mutata cultura del consumatore. Lehmann distingue tra “consumer leaders” cioè quei consumatori più pronti a recepire l’offerta di prodotti innovativi e “consumer followers” cioè coloro che sono attratti dalle nuove proposte solo dopo che queste siano diventate parte integrante della cultura dei consumi (E.R. Lehmann 1996, 68-69).

Ai primi, ad esempio, andrà rivolto un messaggio che enfatizzi le componenti innovative del prodotto e che sottolinei la gratificazione psicologica data dal suo possesso, mentre per i secondi, andranno principalmente valorizzati gli aspetti di rassicurazione. Perciò oltre a catturare inizialmente l’attenzione dello spettatore i messaggi devono essere il più possibile specifici, indirizzati a gruppi ben definiti e devono fornire una forte incentivazione a passare alla fase successiva, ovvero quella dell’acquisto.

“La pubblicità della società della comunicazione è seria a forza di non prendersi sul serio, tollerata facendo l’intollerabile, rispettata perché irrispettosa, insomma spiazza!” (Jacques Séguéla, 1989).
La pubblicità diviene la guida dei nostri passi verso quel pianeta Desiderio creato dalle sue scene e dai suoi miti. L’arte della pubblicità consiste nel non lasciare, uscendo, uno spazio vuoto come l’ha trovato entrando: deve penetrare su una pagina bianca, su un cartellone spoglio, su uno schermo nero e deve riuscire subito a creare con un semplice annuncio, con un allegro “stacchetto” musicale l’universo di un prodotto che diviene poco a poco protagonista della nostra quotidianità.

Lo spot pubblicitario appare anomalo: se da una parte interrompendo il flusso televisivo suscita una reazione di fastidio, dall’altra deve creare euforia permettendo al soggetto di vedere in esso un’esperienza piacevole. Le passioni della pubblicità sono di solito passioni del presente, come l’invidia ad esempio, che nasce da un rapporto comparativo dei soggetti in scena: “la mia maglia è più pulita della tua, la mia pelle è più liscia della tua, i miei denti sono più bianchi dei tuoi”.
Già dalle sue prime apparizioni sulla scena sociale ed economica, la pubblicità, che ancora in Italia si chiamava réclame, cominciò ad attingere dai più svariati ambiti della lingua trasformando di volta in volta il materiale linguistico a sua disposizione secondo la finalità primaria della persuasione.

Un messaggio pubblicitario può essere raffinato, divertente, ammiccante, originale e si potrebbe aggiungere un lungo elenco di aggettivi tra i più diversi, ma ciò che ne determina il successo è la sua capacità di convincere, di farsi largo nei pensieri del possibile consumatore. Tutti noi ci imbattiamo costantemente in immagini e slogan pubblicitari che catturano la nostra attenzione, vediamo tormentoni televisivi di cui difficilmente riusciamo a liberarci o per la strada ci fermiamo qualche attimo a riflettere incuriositi sul significato delle parole scritte a caratteri cubitali su un cartellone pubblicitario, che chissà per quale ragione ci ha "sedotti".

Quando questo avviene, la parola pubblicità cessa di essere semplicemente parola e va a fondersi e confondersi con altri elementi visivi, sonori, paralinguistici per dare vita a ciò che viene definito il massaggio pubblicitario in cui ogni particolare è studiato con la massima attenzione per creare un oggetto del desiderio attraverso un sapiente uso delle immagini, dei suoni che spettacolarizzano anche il bene più semplice e soprattutto delle parole, tanto da riuscire a far coincidere nell'immaginario collettivo l'idea di à o di successo con un certo aperitivo, make-up o zaino che dir si voglia.

Sotto la pressione incalzante proveniente dal mondo patinato della pubblicità, valori ed entità astratte vengono spesso fatte coincidere con il prodotto reclamizzato, tanto che avere personalità può, per un certo pubblico, come quello adolescenziale, essere sinonimo di denti bianchi e di profumi importanti. Gli adolescenti regolano la propria autostima basandosi sul riconoscimento che ottengono dagli altri, sarebbero disposti a far di tutto pur di essere riconosciuti; si identificano imitandosi tra loro e imitando i loro testimonial preferiti riflettendo quel “subito, subitissimo” nell’acquisto di prodotti che è il motto della società attuale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Un pubblico difficile da conquistare: la pubblicità nell'immaginario adolescenziale. Ricerca eseguita mediante la tecnica del focus group.

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Informazioni tesi

  Autore: Angela Ametrano
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze e tecniche psicologiche
  Relatore: Alessandra Rimano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 82

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