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Personalità, Temperamento e Disturbo di Panico

Personalità e disturbi psichiatrici

Il rapporto tra personalità e disturbi psichiatrici è oggetto di numerosi studi. L’inquadramento del problema si avvale sia di modelli categoriali che di modelli dimensionali (Cassano, 2006).

Infatti la personalità viene vista in un’ottica dimensionale, ossia come un continuum da normale a patologica, così come postulato dai modelli più usati attualmente per la valutazione degli aspetti personologici, quali il Five Factor Model e il modello a sette fattori di Cloninger.
Le malattie mentali vengono invece viste in un’ottica categoriale, ossia tipologica, in base all’attuale classificazione dei disturbi psichiatrici secondo il DSM-IV-TR. Infatti sia le sindromi di asse I che le sindromi di asse II (disturbi di personalità) vengono concepite dal DSM come entità discrete.
Il fatto che il modello DSM abbia adottato un modello categoriale per la diagnosi dei disturbi di personalità presenta diversi vantaggi, in primo luogo la disponibilità di una tassonomia empirica condivisibile della patologia della personalità e la facilità di comunicazione tra clinici e ricercatori, visto che attraverso una singola categoria diagnostica si possono trasmettere moltissime informazioni (Maffei et al., 2002).
Inoltre con il modello categoriale si riesce a discriminare facilmente tra soggetti sani e soggetti malati ed è più facile comunicare la presenza di un dato numero di diagnosi categoriali per i pazienti affetti da più di una sindrome, rispetto a riferire i punteggi del soggetto su più dimensioni (ad esempio le dimensioni del TCI). Un altro vantaggio è rappresentato dal fatto che le diagnosi categoriali sono adatte alle decisioni cliniche, visto che le decisioni relative al trattamento difficilmente seguono una scala d’intensità: per esempio, solitamente si decide di proporre un trattamento farmacologico o di non proporlo (Maffei et al., 2002).

Tuttavia l’adozione di un sistema dimensionale offrirebbe altri innegabili vantaggi, come la risoluzione dei casi in cui un soggetto non raggiunge il numero sufficiente di criteri per la diagnosi di un particolare disturbo di personalità: un modello dimensionale consentirebbe di rilevare comunque l’elevazione dei punteggi per quel disturbo. Inoltre i modelli dimensionali sono più esaustivi nella comunicazione delle informazioni e possono essere convertiti in categorie diagnostiche (introducendo punteggi soglia), mentre la conversione inversa non risulta possibile (Maffei et al., 2002).

Tipicamente si riscontrano diagnosi multiple di disturbi di personalità, infatti nei campioni clinici almeno il 50% dei soggetti cui viene diagnosticato un qualsiasi tipo di disturbo di personalità riceve due o più diagnosi di asse II (Maffei et al., 2002). Inoltre è stato osservato che i disturbi di personalità tendono a presentare correlazioni reciproche moderatamente ampie e significative, le quali suggeriscono l’esistenza di variabili latenti che raggruppino più disturbi di personalità specifici (Maffei et al., 2002). Sia il modello a cinque fattori che il modello a sette fattori di Cloninger possono essere utili per ottenere una migliore comprensione delle dimensioni sottostanti alla covariazione dei disturbi di personalità.

C’è quindi un forte dibattito in merito all’adeguatezza del sistema categoriale piuttosto che del sistema dimensionale e alla questione se i disturbi di personalità rappresentino varianti estreme di dimensioni non patologiche, oppure rappresentino sindromi differenti dalla personalità normale, il cui sviluppo sarebbe però parzialmente influenzato da caratteristiche personologiche distribuite in modo normale nella popolazione generale (Maffei et al., 2002).
Per quanto riguarda i disturbi psichiatrici di asse I, sono ipotizzabili vari tipi di relazione tra personalità e malattie mentali:

• la personalità può essere un’espressione subclinica di malattia;
• la malattia può avere come esito una trasformazione della personalità, quindi un cambiamento della personalità potrebbe essere visto come postumo residuale di patologia;
• la personalità può influire sulla modalità di manifestazione della malattia, sul decorso e sulla risposta al trattamento (si parla in proposito di azione patoplastica);
• la personalità può costituire un fattore di rischio indiretto (per esempio, alcune personalità sono maggiormente esposte a eventi stressanti, all’abuso di sostanze, a fallimenti sociali) (Cassano, 2006);
• un’ulteriore ipotesi è la seguente: certi tratti o disturbi di personalità potrebbero risultare associati ad alcuni disturbi di asse I, in quanto entrambi potrebbero sottendere variabili latenti comuni, ad esempio costrutti emotivi (come l’alessitimia).

Si è riscontrato infatti che i disturbi di personalità sono associati con frequenza elevata e statisticamente significativa con i disturbi psichiatrici di asse I e che la loro presenza aumenta il rischio di presentare un disturbo di asse I (Giberti & Rossi, 2005).

Alcuni disturbi di personalità potrebbero inoltre essere concepiti come parte di un continuum sintomatologico-sindromico, detto “spettro”, verso altre psicopatologie. Un esempio riguarda il disturbo schizotipico di personalità e la schizofrenia, un altro esempio è la relazione tra disturbo evitante di personalità e fobia sociale (Giberti & Rossi, 2005). Quando il disturbo di personalità precede l’esordio di malattie psichiatriche a decorso cronico o ricorrente può essere segnalato come premorboso e avere un ruolo predisponente (Giberti & Rossi, 2005).

Inoltre certi tratti personologici possono rappresentare fattori patoplastici dell’espressività sintomatologica, del decorso e della risposta al trattamento (Giberti & Rossi, 2005). Alcuni particolari tratti di personalità possono essere la manifestazione subclinica o secondaria della patologia psichiatrica (Giberti & Rossi, 2005).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Personalità, Temperamento e Disturbo di Panico

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Informazioni tesi

  Autore: Maddalena Malanchini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Libera Università Vita Salute San Raffaele di Milano
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze e tecniche psicologiche
  Relatore: Enrico Smeraldi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 68

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temperamento
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