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Stanley Donwood - Tecniche e Metodi

Quando i pixel formano la materia

Nel 1999, con l'uscita di Kid A, quarto album da studio del gruppo britannico Radiohead, si registrò anche la messa a punto di una modalità promozionale alternativa, per la prima volta sotto queste nuove forme, nel mondo musicale.
Con il nuovo album, il gruppo sviluppava uno stile che si differenziava da quello mostrato nei tre album precedenti, e rimane infatti lo stile con il quale si caratterizzeranno fino ad oggi. I Radiohead dovevano far fronte ad un desiderio preciso, e molto particolare: non volevano far accompagnare l'album da nessun videoclip, e non si volevano impegnare nella gestione di una campagna pubblicitaria da "billboard". D’altra parte, la volontà di far conoscere in qualche modo il proprio nuovo sound e la propria ideologia, che si formava ben precisa a partire da questo album, li spinse, seppur diffidenti, a intraprendere quella che sarà una soluzione originale del problema: sul canale Mtv cominciarono ad essere trasmessi i blip.

I blip sono dei corti video materiali, mediamente fra i venti e i trenta secondi di durata, in cui parte di una canzone dell'album viene usata come sottofondo all'animazione formata dal repertorio delle immagini già presenti nell’artwork. Si può dire, infatti, che le immagini del booklet convergono e sviluppano il proprio senso attraverso i blip. Senza di essi, le immagini dell’artwork di copertina non avrebbero il senso che acquisiscono proprio grazie a questi ultimi, perché l'intero progetto per la promozione e per la sua innovativa messa in atto viene sviluppato sul format di un foto-reportage.

Esattamente come succede in esso, l'uno non può essere fatto conoscere e fatto avvicinare alle persone e alla loro sensibilità senza l'altro: il video dà un senso alle foto e viceversa. Questo modo di usare in contemporanea due media comunicativi, apparentemente autonomi nel proprio linguaggio, ci mostra indubbiamente che, similmente alle storie che si nascondono nei giornali, nei quali sono necessari i documenti per la dimostrazione della veridicità di ciò che è detto, scritto, fatto sentire, anche nel nostro caso si tratta dell'inizio di una storia che ha bisogno di più livelli di rappresentazione per esistere più compiutamente, nella volontà di raccontare e far conoscere su un piano più ampio e vasto una realtà altrimenti sfuggente.

Per la rappresentazione di questa realtà vicina, ma al tempo stesso lontana, Donwood si ispira ad una foto pubblicata nel 1999 sul quotidiano “The Guardian”, scattata in Kosovo da un fotoreporter di guerra. Egli ha dichiarato che, vedendo la foto, gli sembrava scattata proprio nel cortile sotto casa propria. L'artista, profondamente colpito e segnato da quegli avvenimenti, comincia a dipingere delle vaste tele, con dei paesaggi perlopiù innevati: Red snow Bootprints, Residential nemesis, del 1999, Get out before Saturday, Avert your eyes, War village, del 2000; gli unici elementi che vi si riconoscono, immersi nell’uniformità quasi desertica del paesaggio, sembrano essere stati messi lì solo dopo la caduta della neve, e rappresentano appunto delle manomissioni umane disastrose: accensioni d’incendi, larghi spazi abbandonati, qualcuno con delle croci, case sbilenche, tra le quali si intravedono sagome di abitanti o animali in fuga; fuggono da qualcosa di tragico che sta per accadere.

Con intuizione profetica, come sempre sa fare il vero artista, in Trade center (2000), Donwood sembra addirittura preannunciare l’attentato terroristico alle Torri gemelle del World Trade Center, compiuto a New York l’11 settembre del 2001: sullo sfondo della tela, si vedono infatti degli alti edifici in fiamme, alcuni di forma piramidale, dalle cui finestre grondano rivoli di una materia nerastra che vanno a sfociare in una sorta di baia dove sta immerso fino alla cintola una specie di “alieno” che sparge nell’acqua uno sciame di “girini” biancastri, ma che potremmo agevolmente interpretare come un fiotto di cellule seminali; i semi malefici dell’odio, della violenza cieca e brutale, che invece di essere portatori di nuova vita sono portatori della morte, della distruzione e del massacro più abietti.

In sincronia col lavoro fatto sulla summenzionata copertina, egli comincia a lavorare anche sullo sviluppo schermico e diegetico delle immagini. Nel booklet, come detto in precedenza, ci sono delle immagini di grande impatto, visuale ed espressivo, il cui significato viene approfondito in seguito. Là dove, nelle tele in acrilico abbiamo una sorta di "non-finito", quasi di tipo informale, sullo schermo incontriamo dei pixel, come sequenza frammentaria di immagini che poi vengono lentamente ricostruite davanti ai nostri occhi.

Con i blip (quindi, anche nell’artwork della copertina), lo spettatore che viene a trovarsi di fronte allo schermo televisivo prova quasi la sensazione di elevarsi in aria, facendo un volo d'uccello sopra delle montagne, rese con delle distorsioni digitali “pixellate”, fino ad arrivare ad un enorme vulcano che sta eruttando nello stesso momento in cui ci si avvicina ad esso. Quando lo spettatore atterra, vede in lontananza un'enorme piscina rossa con un trampolino, dal quale si estendono delle linee che spariscono nel disegnare una traiettoria a semicerchio sulla piscina stessa, quasi a indicare che qualcuno, che non si vede, vi si sta tuffando dentro.

Intanto, su un display posto in alto, scorre una sequenza numerica che cresce con il crescere delle linee che spariscono dentro la piscina. Perciò, la si potrebbe identificare, in senso negativo, come luogo-simbolo di un pericolo in arrivo, di aspettative false o mal riposte, se si tiene conto di quale sia, in positivo, il valore simbolico che ad essa è sotteso, ovvero di lavacro purificatore e risanatore, di rinascita e di rigenerazione, sia fisica che morale, infine di salvezza e redenzione. Questo linguaggio simbolico, invertito di segno, deriva probabilmente dal libro-fumetto (Brought to Light, 1988) dello scrittore e cartoonist inglese Alan Moore, secondo il quale le atrocità perpetrate dalla CIA durante la Guerra Fredda venivano misurate in relazione alla grandezza di una piscina ricolma di sangue. Ma, del resto, lo stesso Stanley Donwood ne aveva dato una rappresentazione cruda e cruenta in Hotels and a swimming pool (2000), tela appartenente alla predetta serie di quelle ispirate alla guerra in Kosovo; anche qui la piscina, o ciò che ne rimane, è invasa dal sangue, i cui grumi e macchie rossastri tanto più spiccano nel candore della neve e di contro al nero del cielo e dei grattacieli bruciati.

Con molte delle sue opere, si arriva pertanto a raggiungere più livelli di realtà, attraverso le tecniche di cui si serve e attraverso il modo in cui fa convergere ciò che vuole far vedere, distribuendolo su più supporti che ne costruiscono la storia. Si verifica una specie di riapprendimento dell'uso dei sensi, un recupero di ciò che è rimasto nascosto, dimenticato, e di ciò in noi che è stato inibito per indebolire i contatti con il reale. Se, come sostiene Guy Debord, noi consideriamo vero il fatto che in generale siamo portati, nella nostra società “spettacolarizzata”, a vivere maggiormente in uno stato di falsità e di ipnotica illusione, in modo da diventare più inattivi e docili davanti a chi ci manipola e domina, vi è in Donwood un senso di sollievo e di speranza verso il recupero dei sensi e di risveglio della coscienza al mondo reale, così come la speranza nel recupero di un autocontrollo su una situazione ben concreta dell'esistere, in cui tutta l'umanità è coinvolta. Lo stesso autore mi ha del resto confermato, nel corso di un'intervista rilasciatami online, di essere stato influenzato dal saggio di Debord e dal Situazionismo da questi fondato, tanto da averne usato alcune citazioni per degli slogan stampati su delle t-shirt e immessi in un sito web, con l'obiettivo di sensibilizzare sull'attuale "disconnessione tra arte e vita o tra artificio e azione politica".

L'uso dei mezzi transmediali e non convenzionali ci dà una sorta di "pizzico", come una prova del fatto che potremmo anche uscire fuori dal mondo dell'illusione "spettacolare". Dopo l'uscita dell'album24, ci fu anche l'edizione speciale, con una nuova copertina somigliante ad un vecchio libro per bambini, abbandonato, e al suo interno nuove immagini apocalittiche, eseguite sempre con lo stesso stile e le stesse tecniche ma, questa volta, senza più distorsioni digitali nella rappresentazione dei disastri. Tutto diventa chiaro. L’artwork conteneva inoltre anche statistiche, con i dati sullo scioglimento dei ghiacciai e, in parallelo, il numero degli artisti e altri dati sulla preoccupazione del pubblico circa il dissesto ambientale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Stanley Donwood - Tecniche e Metodi

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Informazioni tesi

  Autore: Nataliya Atanasova
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: DAMS
  Corso: Dams - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Livio Billo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 62

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