Tra blog e giornalismo, uno sguardo critico sul mondo dell'informazione in Rete

La natura del sito di Arianna Huffington è più complessa e dalla blogosfera trae i suoi caratteri distintivi. In primo luogo, è un sito personale. E’ la pagina di Arianna Huffington e lei ne è la prima responsabile (La Repubblica non è Il Post di Ezio Mauro). Gli articoli vengono pubblicati senza soluzione di continuità e sono commentabili. In ultimo, il sito di Arianna Huffington ha un suo vero e proprio blogroll dove indica le fonti alle quali attinge per il funzionamento del suo sito caratterizzato dal taglio professionale e giornalistico dei suoi contenuti e dall’aggregazione di notizie provenienti da altre fonti.
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Questo non significa che siamo davanti ad un giornale. Probabilmente, siamo davanti ad un blog aumentato nel senso che oltre ad offrire i contenuti tradizionali dei blog, vale a dire le opinioni, è in grado, grazie ad un nutrito staff editoriale, di garantire eccellenti sezioni di cronaca che, accompagnate dall’aggregazione di notizie provenienti, ad esempio, dalle agenzie di stampa, permette di dare un valido contributo alla conversazione pubblica permettendo ad Arianna Huffington di competere con i principali giornali on­line.
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Ora è opportuno rispondere alla domanda: come ha fatto Arianna Huffington a costruire questo piccolo-grande impero? Rispondere a questa domanda non è semplice, ma faremo lo stesso un tentativo andandone a ricostruire le origini e il contesto storico. HuffPro nasce nel Maggio 2005 nello scetticismo generale. A più di un commentatore, sembra che Arianna Huffington, scrittrice e giornalista di origine greca, naturalizzata statunitense, sembra che il suo blog sia una risposta a Drudge Report un blog collettivo conservatore. Addirittura, LA Weekly non nasconde la propria ostilità ad Arianna Huffington facendo circolare un editoriale intitolato Celebrità al macello.
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Di diverso avviso, la rivista Wired. In un articolo che prende le mosse proprio da quello del Los Angeles Weekly, la rivista di Andersson mette in evidenza quali siano i veri termini della questione. Wired si rende conto che la giornalista greco-americana sta facendo qualcosa di più che rispondere ad un manipolo di cani sciolti neo - con. Si tratta di un nuovo progetto industriale molto credibile forte di capitali molto ingenti raccolti spendendo un nome piuttosto prestigioso nel mondo della cultura e di una nuova idea su come fare informazione. In questo senso, possiamo trovare la prova empirica di quanto sostenuto nel primo capitolo a proposito del capitale sociale.