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Quando l'industrializzazione massiva inibisce lo sviluppo di un territorio. Storia della "questione ambientale" di Taranto

Una nuova specialità: cozze alla diossina

«La cozza nera, regina fra i molluschi, è facile da coltivare. Nella Messapia, terra in mezzo ai mari, c’era la Brindisina e la Tarantina. La Brindisina è scomparsa, distrutta dal progresso. La Tarantina sopravvive. Ha un terroir che ne fa la cozza più buona del mondo. Leggerete le ragioni da qualche parte, se non le trovate cercatele alla voce “citri”». (P. De Luca)

I citri sono sorgenti d’acqua dolce che sboccano nel Mar Ionio e nel Mare Adriatico dalla crosta sottomarina. Rappresentano lo sbocco di reti idrografiche sotterranee di epoca assai remota, ed il loro apporto è costituito da acqua dolce non potabile mescolata con acqua salmastra a contenuto variabile di sali. La cozza tarantina, eccellenza gastronomica a livello mondiale, nasce storicamente nei seni del Mar Piccolo di Taranto, in corrispondenza di queste sorgenti sottomarine, ed è quindi la presenza di questo particolare habitat a renderla unica al mondo per gusto, nonché fondamento dell’economia e della storia della città dei due mari.
Ma le tristi scoperte circa l’entrata di diossina e pcb nella catena alimentare non hanno risparmiato neanche la sopravvivenza di uno dei simboli della cultura e della cucina di Taranto nel mondo. Risale a gennaio 2011 l’annuncio choc degli attivisti di PeaceLink e Fondo Antidiossina Onlus, che ‘tolgono il sonno’ ai miticoltori jonici in seguito alle analisi effettuate su cozze pelose, cozze San Giacomo e ostriche prelevate dal fondale del primo seno del Mar Piccolo. In seguito ai rumours diffusi sulla presunta tossicità delle cozze un carico di 80 tonnellate di cozze tarantine in arrivo a Civitavecchia viene respinto al mittente. Il 15 gennaio 2011 il sindaco Ippazio Stefàno, durante una conferenza stampa organizzata presso il Centro Ittico Tarantino, condanna nettamente le modalità di diffusione delle notizie, accusando gli ambientalisti di aver ingiustamente generato panico tra la popolazione. Per dimostrare l’immutata bontà della cozza tarantina, ‘pesca’ personalmente da un piatto una cozza cruda e la gusta di fronte alla platea.
Nonostante ciò, il 19 luglio 2011 il Dipartimento di prevenzione dell’Asl di Taranto diffonde i risultati delle analisi effettuate su nove campioni di mitili coltivati nel primo seno del Mar Piccolo. Tutti i campioni presentano caratteristiche non conformi alla legge per superamento di 8 picogrammi di diossina e Pcb, e vanno quindi ritirati dal commercio perché altamente dannose per la salute dei consumatori. La situazione assume connotati tragici per i miticoltori tarantini quando il 25 luglio 2011 il tavolo tecnico regionale istituito tra regione Puglia, l’Arpa, l’Osservatorio Epidemiologico Regionale di Puglia, l’Università degli Studi di Bari, l’Asl Taranto, il Cnr di Taranto, l’Izs di Foggia, conferma il divieto di movimentazione e commercializzazione delle cozze. Il 4 giugno 2012, in seguito al sequestro di un carico di cozze tarantine ad Olbia, le analisi diffuse dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo decretano confermano che anche per il 2012 il destino di centinaia di tonnellate di mitili provenienti dal primo seno del Mar Piccolo, e quindi incommerciabili, è il sequestro ed il macero. Le cozze allevate nel secondo seno del Mar Piccolo risultano nei limiti di legge e quindi diffondibili sul mercato. Ma per la produzione complessiva di mitili a Taranto, stimata sulle 16mila tonnellate all’anno, la perdita degli allevamenti del primo seno (circa un terzo del totale) rappresenta un danno colossale. Ad oggi il Sindaco Ippazio Stefàno è rimasto l’unico a gustare la cozza tarantina, trasformata da vanto di una città intera a vergogna contaminata da diossina e pcb. In passato proprio gli scarichi a mare costituivano il nutrimento necessario alla sopravvivenza delle cozze (favorivano la crescita del fitoplancton nel Mar Piccolo). Oggi gli scarichi industriali hanno quasi irreversibilmente compromesso l’ecosistema marino di Taranto e ridotto sul lastrico gli allevatori del primo seno di Mar Piccolo. «La prima cosa da fare è la messa in sicurezza – spiega Emilio Palumbo, responsabile locale di Agci Pesca – solo dopo aver bloccato le fonti inquinanti si potrà procedere alla bonifica dello specchio d’acqua» (A. Congedo). Nel frattempo i miticoltori sono ancora in attesa di conoscere i tempi di erogazione dei risarcimenti previsti dal Fep (Fondo Europeo per la Pesca), anche quegli operatori del secondo seno, che hanno subito un crollo delle vendite per il grave danno provocato all’immagine della cozza tarantina dalle sostanze inquinanti.

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Quando l'industrializzazione massiva inibisce lo sviluppo di un territorio. Storia della "questione ambientale" di Taranto

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Informazioni tesi

  Autore: Gabriele Battista
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Scienze del turismo
  Corso: Scienze del turismo
  Relatore: Alberto Vannucci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 64

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