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Dall’alienismo alla risocializzazione: il trattamento del folle reo tra riforme parziali e criticità oggettive

Colpevolezza ed imputabilità: quale legame?

Il ruolo della colpevolezza si ricava dall’art.27 della costituzione, secondo cui la responsabilità penale è personale. Così recitando, il comma 1 afferma come presupposto per l’applicabilità della pena il poter ricondurre il fatto reato alla volontà antidoverosa del soggetto. Rispetto a tale antidoverosità la dottrina sviluppa due diverse concezioni del rapporto tra colpevolezza ed imputabilità.

La prima considera i due concetti indipendenti tra loro. Si ritiene che l’imputabilità presupponga in sé già un reato perfetto nei suoi componenti essenziali, sicché la responsabilità penale del soggetto viene fatta coincidere con la sua capacità di pena, che risulta essere quindi indipendente dalla sua personalità o dalle motivazioni che ne hanno guidato la condotta. In tale ottica, la colpa costituisce la tipicità oggettiva del fatto, giungendo così a creare una concezione psicologica della colpevolezza.

La seconda, al contrario, considera la colpevolezza come presupposto o elemento necessariamente costituito dell’imputabilità. In tal caso, l’elemento personale della responsabilità è riscontrabile nella partecipazione psicologica del soggetto al compimento del fatto reato. la colpevolezza è dunque data dalla presenza di dolo o colpa – non più solo dal nesso autore reato – sicché l’imputabilità si traduce nella capacità di rimproverabilità soggettiva dell’agente in una determinata situazione.

Districandosi tra queste due visioni la scienza penalistica non riesce ancora a raggiungere una communis opinio rispetto al rapporto tra colpevolezza e imputabilità. La giurisprudenza resta impigliata nell’humus ideologico iniziale adottando quindi posizioni anacronistiche rispetto alla dottrina che, sulla scia di altri paesi europei, si allontana dalla classica concezione di imputabilità come capacità di pena per abbracciare l’idea di questa concezione in un’ottica di rimproverabilità. Osserviamo da vicino le rispettive posizioni.

La giurisprudenza italiana ritiene che l’imputabilità, come capacità di intendere e volere, e la colpevolezza, come coscienza e volontà del fatto illecito, rappresentino concetti diversi, operanti su piani differenti. La piena autonomia tra le due nozioni permette all’una di poter sussistere anche in assenza dell’altra. In tal modo è possibile focalizzare l’attenzione sul rapporto psichico autore reato, ovvero guardare alla volontà dell’autore nello spazio del reato concreto, senza ulteriori considerazioni sulle circostanze che in esso abbiano potuto influire. La colpevolezza, dunque, è data dalla presenza del dolo o della colpa – elemento soggettivo del reato – e costituisce un nesso psichico astratto usato solo per indicare la presenza o meno della responsabilità penale, senza assurgere anche a strumento di graduazione della pena. Questa, infatti, viene stabilita guardando al tipo di reato e al danno arrecato alla società. la pena svolge in questo caso una funzione oggettiva volta a ripagare il danno in un’ottica retributiva e non rieducativa come invece previsto dalla dottrina.

Tuttavia l’impossibilità di graduare la responsabilità penale in relazione alle ragioni soggettive, avvalendosi solo di quelle oggettive, costituisce il grande limite di questa teoria, che risulta inoltre scontrarsi con la realtà costituzionale, nella misura in cui non considerando l’imputabilità come presupposto di colpevolezza, risulta inadatta a creare quella continuità tra responsabilità penale e funzione rieducativa della pena su cui il nostro ordinamento si fonda. Per sopperire a tali limiti, la dottrina elabora una concezione di colpevolezza che coincide con la valutazione normativa dell’atteggiamento psicologico tenuto dall’autore, in termini di rimproverabilità. Il rimprovero viene mosso all’atteggiamento antidoveroso della volontà, divergente dalla norma giuridica. Qui la valutazione viene estesa alle circostanze dell’agire e del processo motivazionale, elaborando un’idea di consapevolezza che comprenda le nozioni del dolo e della colpa che, nella relazione tra agente e norma, risulta identica in entrambi i criteri. Il carattere di colpevole è attribuito al soggetto in relazione al suo aver agito – consapevolmente o no – in maniera difforme al come l’ordinamento si aspettava che agisse. Nonostante la sua collocazione nel codice penale. anche le Sezioni Unite considerano impensabile l’esistenza di colpevolezza senza imputabilità.

Infatti, «se il reato è un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, e la colpevolezza non è soltanto dolo o colpa ma anche valutativamente, riprovevolezza, rimproverabilità, l’imputabilità è ben di più che non una semplice condizione soggettiva di riferibilità della conseguenza del reato data dalla pena, diventando piuttosto condizione dell’autore che rende possibile la rimproverabilità del fatto. Non più mera capacità di pena quanto piuttosto capacità di reato, o meglio, di colpevolezza».

Concludendo, potremmo affermare che le due forme di colpevolezza appena individuate rappresentino rispettivamente una visione della colpevolezza propriamente oggettiva, appartenente al fatto materiale, ed una soggettiva consistente nella capacità dell’agente di osservare la regola di condotta violata.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Dall’alienismo alla risocializzazione: il trattamento del folle reo tra riforme parziali e criticità oggettive

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Informazioni tesi

  Autore: Samuela De Luca
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Scienze Politiche e Sociali
  Corso: Scienze delle Politiche e dei Servizi sociali
  Relatore: G. M. Patrizia  Surace
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 157

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