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Lo sguardo antropologico di Pier Paolo Pasolini

Comizi d’amore (1964)

Comizi d'amore è il primo documentario girato da Pier Paolo Pasolini.
Le riprese sono state realizzate nel 1963, durante i vari viaggi in Italia che il regista compie assieme al produttore Alfredo Bini per trovare ambientazioni e volti da utilizzare ne Il Vangelo secondo Matteo.
Da Venezia fino a Cefalù, Pasolini vuole, oltre trovare “corpi e luoghi” per Il Vangelo, conoscere le opinioni degli italiani sulla sessualità, l'amore e il buon costume.
Comizi d’amore dunque si presenta come un film-saggio antropologico percorso dalla volontà di confrontarsi direttamente con il corpo sociale del paese riguardo temi scottanti come "invertiti", "prima volta", prostitute e divorzio, nel pieno della trasformazioni che lo stesso sta subendo.
Il film offre un’ampia panoramica sulla società italiana degli anni Sessanta, una società variegata sia dal punto di vista sociale che culturale. Queste differenze si potevano immediatamente notare nei volti, negli abiti, nel parlare e nel pensare dei cittadini – e Pasolini le immortala tutte, appena prima che avvenga il cosiddetto “cataclisma antropologico”, appena prima che il genocidio culturale intervenga «fatalmente a modificare quel guazzabuglio di improbabili punti di vista, sostituendo le paure feroci ma vitali degli ignoranti con la disperazione mortuaria di consumatori di sesso complessati.»
Il documentario è suddiviso in varie parti a seconda degli argomenti trattati o delle varie zone d'Italia dove sono state girate le interviste. All'interno del film sono anche presenti le opinioni autorevoli di "amici" di Pasolini – come Alberto Moravia, Cesare Musatti, Adele Cambria, Camilla Cederna, Giuseppe Ungaretti e Oriana Fallaci – i cui interventi inizialmente avrebbero dovuto costituire la parte più importante del documentario, l’apparato logico-critico dei problemi posti in questione.
Infine, però, l’unico e solo protagonista di questo film si rivela il pubblico stesso:

Durante le riprese Pasolini venne catturato dalla fisicità delle persone e dalle loro strategie verbali, e questi elementi presero il sopravvento sulla concettualizzazione didascalica con cui il film era stato concepito. [Maraschin, Pasolini. Cinema e antropologia]

Eliminate dunque dal film le parti didattiche e i relativi materiali di repertorio, Pasolini si abbandonò all’osservazione dei volti come oggetto primario.
Egli trasforma l’intento iniziale del film nella volontà di registrare i sorrisi, i silenzi delle persone, convinto che «un’espressione degli occhi, un moto di scandalo o di rabbia, una risata» sarebbero stati più eloquenti di qualsiasi altra risposta.

Nel corso dell’inchiesta Pasolini avvicinò persone che egli incessantemente riprese anche quando non erano direttamente intervistate, fissando la macchina da presa sui loro volti, dimentico del sondaggio di opinione che stava eseguendo. [Maraschin, Pasolini. Cinema e antropologia]

In moltissime sequenze infatti Pasolini inizia a intervistare un singolo, inquadrandolo, per poi far muovere la cinepresa sulla folla intorno, circostante, rapito dalla sua espressività silenziosa.
E i volti nel film riportati, sono tra i più vari: ogni fascia d’età è tirata in causa nell’inchiesta – dai bambini agli adolescenti, dagli uomini alle donne, sia sposati che non – insieme ad ogni classe sociale: contadini, operai, studenti e intellettuali...ogni sorta di volto trova qui spazio e un primo piano dedicato.
Per ottenere delle reazioni sincere, Pasolini opta per fare le sue domande in maniera bruciante, cattiva, sgraziata (addomesticandola poi nel doppiaggio). In questo modo, egli riesce a strappare agli interpellati se non la verità in senso logico, almeno la loro verità psicologica. Il momento in cui questo modus operandi è visibile più chiaramente è quando Pasolini inizia a domandare alle persone che cosa pensino dell’omosessualità o più in generale delle “anormalità” sessuali.
Come ho già sottolineato prima, oltre i pareri contrastanti che emergono da queste intervista, ciò che è memorabile di Comizi d’amore è l’immagine della variatissima società italiana, i corpi differentemente presenti, abbigliati o esposti dei cittadini. Essi si distaccano dalla pura inchiesta corrente, per vivere come cosa altra, indipendente, colpendoci con le loro caratteristiche uniche e irripetibili.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Lo sguardo antropologico di Pier Paolo Pasolini

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Informazioni tesi

  Autore: Letizia Stradi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze dei beni culturali
  Relatore: Roberto Della Torre
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 69

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