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La Repùblica Sojera: origini e conseguenze del boom dell’agro-export della soia in Argentina

Conflittualità rurale e il caso della comunità Qom Potae Napocna Navogoh

Le comunità indigene rurali che da secoli abitano il territorio argentino, subiscono da decenni gli effetti del boom dell’agrobusiness della soia, attraverso l’espropriazione delle proprie terre, i danni ambientali e l’emigrazione forzata dalle campagne, dovuta alla disoccupazione agricola e agli sgomberi dai propri spazi di vita e di associazione.
Un'analisi della situazione relativa alla terra in Argentina mostra che la distribuzione di questa risorsa chiave per la produzione agricola è rimasta fortemente concentrata. E’ necessario però evidenziare come durante gli anni delle amministrazioni Kirchner, il processo di accumulazione per espropriazione (Cáceres, 2014; Harvey, 2003) è diventato più acuto e la vita in campagna è diventata più difficile per le popolazioni esposte agli effetti ambientali dell'espansione dell’industria agroalimentare.
La distribuzione della terra in Argentina è altamente diseguale: nel 2011 il 2% delle aziende agricole controllava il 50% dei terreni, mentre il 57% delle aziende più piccole controllava solo il 3% dei terreni (Sili & Soumoulou, 2011, pag. 51). Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni 2000, le aziende agricole fino a 500 ettari hanno perso il controllo del 69% della terra disponibile, mentre quelle di più di 500 ettari hanno aumentato il loro controllo del 12% (Sili & Soumoulou, 2011, p. 54). Questa distribuzione ineguale della terra è anteriore alle amministrazioni Kirchner.
Eppure gli effetti dell'espansione dell'agrobusiness sotto i loro governi chiaramente non hanno cessato di peggiorare. I conflitti sulla terra e il controllo del territorio mettono a nudo il ventre di neo - evoluzionismo, un "lato oscuro" del progetto nazional-popolare di stampo Kirchneriano che è spesso trascurato e che si esplicita nel non tenere in giusta considerazione la dimensione rurale subnazionale.
L'espansione dell'agrobusiness negli anni 2000 ha causato una serie di conseguenze negative per le popolazioni rurali subordinate. In primo luogo, ha chiaramente portato all’aumento della domanda di terra coltivabile. Quando la disponibilità e il prezzo dei terreni nei ricchi suoli della Pampa hanno raggiunto il loro limite all'inizio degli anni 2000, l'agroalimentare si espanse nel nord dell'Argentina.
Nelle province settentrionali, ampi tratti di terra di proprietà di élite provinciali o affittati sempre più frequentemente ad aziende agricole hanno invaso le piccole proprietà delle famiglie contadine e delle comunità indigene (Goldfarb & van der Haar, 2015). Questa richiesta di terra si tradusse presto in violenza e conflitti, che hanno portato alla morte di diversi contadini e attivisti indigeni nel nord dell'Argentina.
Per quelle popolazioni che non sono state sfrattate dalla terra, la produzione estensiva della soia GM resistente agli erbicidi ha provocato il deflusso dei prodotti chimici per l'agricoltura nei corsi d'acqua e la contaminazione dell'aria, mettendo a rischio la salute delle popolazioni rurali. (Arancibia, 2013; Binimelis, Pengue, & Monterroso, 2009; Leguizamón, 2014).
La Sottosegreteria dell’Agricoltura Familiare della Nazione, ha pubblicato a giugno del 2013 il primo report ufficiale sui dati della conflittualità rurale nel paese.
Secondo il report, l’entità della superficie di terra in disputa, è di 9,3 mln di ha, 857 casi che coinvolgono circa 63.843 famiglie. La superficie equivale a 455 volte quella della città di Buenos Aires. Il 64% dei conflitti ha avuto inizio dai primi anni del 2000 e lo studio segnala che senza dubbio l’inizio delle dispute deve essere letto alla luce dell’impatto dell’espansione della frontiera agricola sull’agricoltura famigliare.
I dati sul fenomeno e le relative cause, sono confermate nello stesso anno dal report “Conflitti sulla proprietà della terra e ambientali”, svolto dalla Rete Agroforestale Argentina del Chaco, una piattaforma che da anni rileva i conflitti relativi alla terra nell’ambito geografico del Chaco. Secondo questo report, dei 248 casi rilevati nella zona, 224 sono causati da azioni che calpestano i diritti di contadini e indigeni in relazione al possedimento della terra.
La controparte del conflitto, nel 70% dei casi, è rappresentata dal settore privato e\o impresario e il 30% dallo Stato, spesso accusato dalle famiglie contadine e indigene di non garantire il rispetto dei titoli di proprietà a loro riconosciuti.
La conflittualità è direttamente relazionata con le diverse forme di intendere il territorio. Per le comunità che vivono lo spazio, si tratta di una lotta per conservare la propria identità e la propria maniera di concepire la produzione, il lavoro, il territorio e la natura.
Al 2013, il 5.93% delle terre era in mano straniera. Il dato è stato presentato dalla stessa presidentessa Cristina Kirchner nel luglio del 2013, e deriva da una mappa catastale delle terre rurali di possesso straniero attuata quell’anno dal governo.
Rispetto al report sul Chaco, un caso di studio esplicativo della questione è sicuramente quello della comunità Qom Potae Napocna Navogoh, definita La Primavera, risiedente in Chaco e il processo di conflitto territoriale tra la comunità da un lato e il Governo Nazionale e la Provincia di Formosa dall’altro.
La comunità si è costituita attraverso le sue azioni politiche in un caso paradigmatico di un’agenzia indigena, che ha affrontato entrambi i governi con scarse risorse materiali ma con solide risorse simboliche e politiche. Una delle particolarità del caso è il modo in cui, durante tutto questo processo politico, i Qom di Potae Napocna Navogoh e in particolare il suo leader Félix Diaz, hanno capitalizzato le diverse esperienze politiche che hanno vissuto riconfigurando dinamicamente le loro strategie.
Potae Napocna Navogoh è una comunità indigena rurale situata a 174 chilometri dalla città di Formosa, nella zona di confine con la Repubblica del Paraguay.
Costituisce l'area più fertile della provincia, conformando il suo paesaggio con montagne di vegetazione abbondante, punteggiata di estuari e lagune. Come il resto delle comunità che abitano la provincia, Potae Napocna Navogoh soffre di una profonda disuguaglianza strutturale rispetto al resto della società, disuguaglianza che abbraccia tutte le dimensioni sociali, dall’istruzione, alla salute, al lavoro, all’accesso alla giustizia.
La produzione di soia e di cotone effettuate nei loro territori e la meccanizzazione e lo sviluppo tecnologico legato alla coltivazione, ha causato una diminuzione delle assunzioni di manodopera locale, come ad esempio la categoria dei mietitori.
Inoltre, la concentrazione e centralizzazione del capitale nella produzione di soia e cotone ha influito sulla possibilità che gli indigeni continuassero a svilupparsi come produttori commerciali indipendenti (Iñigo Carrera, 2008).
Nonostante il popolo di Qom, sin dagli albori del periodo coloniale sia stato perseguitato e spinto per decenni per abbandonare le loro terre ancestrali, la loro situazione è peggiorata quando la redditizia frontiera della soia ha raggiunto Formosa e Chaco, e la terra è aumentata di valore in modo esponenziale.
Dal 2010 la lotta del popolo qom ha iniziato ad assumere maggiore impatto pubblico, dovuto alla volontà della comunità politica La Primavera di acquisire visibilità mediatica tra le fasce più giovani della popolazione, che sono state determinanti nell’ultimo decennio rispetto alla questione. Tale impatto pubblico è stato inoltre dovuto alla forte risposta della comunità alle politiche Kirchneriste, le quali invece di attuare un cambiamento reale contro il land grabbing in atto da anni, hanno continuato ad espandere la rete di accordi con le imprese agro-alimentari. L’introduzione della Legge n. 26.160, promulgata alle fine del 2006 per la durata di 4 anni, e prorogata in seguito fino al 2021, ha prodotto un generale entusiasmo. Questo perché, come strumento legale, consentiva potenzialmente di “pretendere” dal governo provinciale una soluzione al problema storico del territorio ancestrale. Ma quell'entusiasmo si è trasformato in delusione a causa delle difficoltà di articolazione tra il livello di governo nazionale e provinciale e perché, a livello provinciale, i diritti degli indigeni hanno incontrato le solite insidie: occupazione della terra, sfratti violenti, repressione della polizia, giudizializzazione del reclamo.
Quando nel 2003 Nèstor Kirchner assunse la presidenza, espose un programma politico-sociale nel quale l’obiettivo era istituire una nuova linea d’azione volta a generare un intervento statale capace di uscire dal modello di neoassistenzialista degli anni '90 (Lenton e Lorenzetti 2005) e di darne luogo ad un altro dove i beneficiari erano soggetti di diritto.
Nel campo delle politiche indigene, questo cambio di direzione ha assunto varie forme. Così, ad esempio, l'INAI ha creato il Consiglio di partecipazione indigena in risposta a una richiesta sostenuta di conformità alle normative vigenti.
Tra queste trasformazioni, due meritano una menzione speciale: l'emanazione della Legge di emergenza (n.26. 160) in materia di possesso e proprietà delle terre tradizionalmente occupate dalle comunità indigene originarie del Paese (2006) e le celebrazioni del Bicentenario nel 2010. Mentre il primo ha cercato di essere una risposta al problema della terra e del territorio, il secondo carica di simbolismo un'idea di nazione che include i popoli indigeni e che li considera non come beneficiari di misure assistenzialiste, ma come soggetti di diritto.
La chiave di analisi, è sicuramente comprendere cosa sono stati in grado di fare i soggetti demarcati come indigeni in questo campo politico, teso sia da nuove forme di inclusione sia dalla riterritorializzazione dell'esclusione. Inoltre è necessario analizzare il modo in cui le comunità hanno articolato le loro richieste e come hanno influenzato le dinamiche del campo politico. Quello che è successo alla comunità di Qom Potae Napocna Navogoh ci permette di andare avanti in quella direzione di comprensione.
Nel 2007 la provincia ha deciso di suddividere i terreni dei Qom Potae e assegna all'Università Nazionale di Formosa 609 ettari, per costruire sedi universitarie.
In concomitanza con l’inizio dei lavori, a metà del 2010, durante l'ultima fase della prima amministrazione di Cristina Fernández de Kirchner, la comunità di Qom Potae Napocna Navogoh guidata da Félix Díaz dà iniziò al blocco stradale della statale nazionale 86 che attraversa la provincia di Formosa, per impedire la costruzione della sede. Il 23 novembre dello stesso anno, l'intervento della polizia provinciale portò a una violenta repressione che provocò la morte del Qom Roberto López.
Cosa c’era alla base della disputa del 23 novembre 2010?
Gli eventi del 2010 sono stati il culmine di una serie di processi di espulsioni, sottomissioni, misurazioni sovrapposte e modalità per incorporare le rivendicazioni indigene nella politica provinciale. Il punto di arrivo di un decennio di cessioni dei terreni Qom ad aziende argentine e straniere da parte del Governo Nazionale e della stessa Provincia, che sono rimaste in silenzio mentre la frontiera agroalimentare della soia si espandeva, rendendo sempre più limitati i territori rimasti alla popolazione autoctona e sopprimendo nella violenza le numerose azioni di rivendicazione.
Mai in duecento anni i popoli indigeni hanno raggiunto il centro del potere politico in Argentina in modo così forte. E l'affermazione, univoca e potente, è la stessa degli ultimi due secoli: terra, rifiuto delle aziende che le sfrattavano, rispetto per la loro cultura ancestrale e giustizia di fronte agli abusi del passato e del presente.
La storia indigena argentina del XXI secolo, è una storia che tratta di usurpazione del territorio, di concorrenza inarrivabile, di agrobusiness incontrollato, di danni ambientali irreparabili e di cambiamento di una struttura sociale e politica che ha dovuto adattarsi al ruolo marginale attribuitole dal Governo e dalla società argentina.
E’ una storia che, però, tratta allo stesso tempo di lotta, di identità che si sono decostruite e ricostruite per tentare di recuperare, ancora oggi i propri territori perduti e riappropriarsi degli spazi che da secoli hanno fatto da sfondo ad una realtà ancora fondamentale e persistente nel tessuto rurale argentino.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La Repùblica Sojera: origini e conseguenze del boom dell’agro-export della soia in Argentina

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Informazioni tesi

  Autore: Nicole Mercurio
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Sviluppo e cooperazione internazionale
  Corso: Scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace
  Relatore: Cristina Brasili
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 53

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