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Illegittimità costituzionale dei Trattati Europei e profili di responsabilità penale

Ipotesi di responsabilità degli Organi istituzionali

Desidero introdurre questo capitolo con questa bella frase di Giacinto Auriti Giunti che trovo paradigmatica dell’Italia di oggi: “Merita di governare un popolo solo chi lo ama, perché solo chi ama è disposto a servire. Chi non lo ama può solo servirsene”.
Nella speranza che il contesto generale risulti un po’ meno fosco, dopo aver dimostrato, almeno questo è l’auspicio, come la nostra Costituzione sia davvero un’Opera d’arte di letteratura giuridica e di come il diritto comunitario stia tentando, in parte riuscendoci, a modificarne l’ossatura, possiamo ora azzardare una valutazione delle responsabilità degli organi istituzionali e dei rimedi ancora esperibili. È una pretesa forte, ne sono conscio, sicuramente difficile ma non priva di sufficienti margini interpretativi, partendo dall’individuazione delle norme che si assumono violate per poi ricercare chi ne fosse garante e, quindi, responsabile di fronte alla Legge.
Cominciamo col dire che il percorso destrutturante della Costituzione, almeno come l'abbiamo tratteggiato, si snoda lungo più di trent'anni tanto da rendere difficile individuare singole norme violate, quanto piuttosto un percorso costellato di atti, internazionali e nazionali, costituzionali e ordinari, tutti tesi al medesimo obiettivo: distruggere la domanda interna, limitare il perimetro d’azione dello Stato e rendere il mercato del lavoro più flessibile.
Insomma, una società più “liquida”, come la descrive il Sociologo polacco Zygmunt Bauman secondo il quale “la modernità è la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza é l’unica certezza”.
Uno dei primi atti attraverso il quale si realizza quello che fin dalle prime righe di questo lavoro si assume essere stato un vero e proprio golpe, è sicuramente quello idoneo a spostare l'asse del potere dal Parlamento, organo sovrano in quanto espressione di più immediata derivazione popolare, al governo: la legge elettorale.
Così, l’On. Meuccio Ruini, costituente, “…[il Parlamento] riassume in sé la funzione di fare le leggi e di determinare e dirigere la formazione e l'attività del Governo.”
Appunto. Dirigere la formazione e l'attività del governo, non l'esatto contrario!
Quando i Costituenti scrissero la Costituzione fecero appunto in modo che la separazione dei poteri fosse e rimanesse tale, proprio per scongiurare il rischio che una deriva autoritaria potesse essere favorita dalla concentrazione o dall’esautorazione di uno o più di essi.

L'attuale legge elettorale, meglio nota con lo pseudonimo di “Porcellum” - attribuitole proprio dal suo estensore, l'onorevole Calderoli, dopo una inevitabile presa d’atto della pessima qualità della legge - realizza quello che proprio la Consulta bollerà come incostituzionale, ovvero il travisamento dell’articolo 48 della Costituzione che prevede che il voto sia “…personale ed eguale, libero e segreto.”
È chiaro che una legge che permette l'elezione del candidato in base alla sua posizione in una lista elettorale, che attribuisce un premio di maggioranza alla coalizione vincente svincolato dalla percentuale e tale per cui la coalizione che vince le elezioni, anche con una esigua maggioranza relativa, consegue un numero di seggi del tutto sproporzionato rispetto ai voti raccolti, non può certo definirsi democratica. La stessa legge, come se non bastasse, prevede poi anche soglie di sbarramento finalizzate – ma questo si sarebbe più compiutamente realizzato solo successivamente - all'estromissione parlamentare delle forze politiche “marginali”, spesso definite estremiste più per la esigua rilevanza numerica che per le ideologie rappresentate…
Gli effetti di tale norma, tutt’ora vigente nonostante la declaratoria di incostituzionalità, sono stati quelli di aver prodotto uno scollamento tra l’elettorato attivo e quello passivo tale da interrompere quella continuità ideale tra cittadino e parlamentare e tanto cara ai costituenti (e a chi scrive). Questa interruzione ha reso i parlamentari immuni ed indifferenti alle pressioni degli elettori in quanto, come anzidetto, eletti in funzione della posizione in lista stabilita dal partito e non determinata dalle preferenze espresse dagli elettori.
In poche parole, i voti espressi ingenuamente in favore dei rispettivi candidati finiscono invece indistintamente alla lista e, unitamente al premio di maggioranza, determinano proporzionalmente il numero degli eletti, ma a partire dal primo della lista a scendere…
Ne deriva, diabolicamente, che il successo o l'insuccesso di un candidato sono del tutto svincolati dal voto personale – e quindi dal gradimento dei cittadini elettori - ma predeterminati in funzione della posizione in lista (e quindi della relazione con il partito) tanto che ben potrebbe risultare eletto un candidato con nessuna preferenze ma posizionato ai vertici della lista elettorale…
Ora, domandatevi a chi risponderà del suo agire politico quotidiano il suddetto candidato non votato una volta eletto eletto: ai suoi elettori o al suo Segretario di Partito? I primi gli sono praticamente indifferenti, perché in alcun modo possono determinarne la rielezione, mentre il secondo può ragionevolmente assicurargli l'elezione collocandolo nelle posizioni “sicure” della lista!
La norma che si assume violata in questo caso è l'articolo 67 della Costituzione che così recita: ”Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Cosa vuol dire? Vuol dire che i parlamentari non hanno alcun obbligo verso il partito che li ha candidati e se il parlamentare è libero da vincoli il potere legislativo non risente di indebite interferenze del potere esecutivo posto che, repetita iuvant, in una democrazia che si rispetti anzi, in una democrazia, punto! tutti i poteri dovrebbero essere separati ed indipendenti. Un parlamento di nominati quale quello attuale ha finito
invece per cortocircuitare i poteri esecutivo e legislativo, per giunta con una pericolosissima sovrapposizione del primo sul secondo. Pericolosa, perché se già supremazia non dovrebbe esserci, quella dei partiti è senz'altro la peggiore.
L'effetto, gravissimo, ma ancora non chiaro a molti, è che il parlamento per il quale si va periodicamente a votare è, per usare una metafora giuridica, un “contratto per adesione”, tipo quelli di contro corrente, avete presente? quelli dove le condizioni (i candidati) sono già scritte dalla Banca (partito politico) in un contratto (liste elettorali).
Ergo, prendere o lasciare. D'altra parte, avete mai provato a negoziare le condizioni di conto corrente o a prendervela con l’impiegato di turno?
L’effetto piu pericoloso di questa situazione - che spesso sfugge all'italico popolo distratto dalla Champions League, dalla chirurgia estetica di Belen o dallo ius soli - è quello di perdere ogni controllo sulla produzione normativa, poiché il governo abusa della decretazione d'urgenza che la Costituzione gli riconoscerebbe invece solo in via assolutamente eccezionale, contando poi su una acritica rilettura in sede di conversione - peraltro troppo spesso associata alla cd “questione di fiducia” - da parte di un parlamento del tutto asservito alle logiche partitiche di cui il governo nazionale è mera becera espressione.

Il risultato è una gestione della “cosa pubblica”, completamente clientelare e del tutto avulsa dalla partecipazione democratica del popolo sovrano, perdurata una decade sotto “l'alta vigilanza” di ben tre Presidenti della Repubblica: Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella.
Al contrario, quando la Consulta godeva ancora appieno della propria autonomia intellettuale, in quanto meno condizionata da nomine di squisitamente politiche, aveva già più volte stigmatizzato ad esempio l'eccessivo ed ingiustificato ricorso alla decretazione d'urgenza, richiamando il Governo ad un utilizzo più consono di tale istituto.
L'effetto surrettizzio che ha rischiato di far passare la de-forma costituzionale del 4 dicembre 2016 è stato proprio quello di far percepire il Parlamento come un inutile organo privo di rilevanza anzi, di vero e proprio ostacolo all'operatività del Governo, unico organo pulsante della Democrazia. Si ricorderanno le comparsate televisive di Berlusconi prima (2006) e di Renzi più di recente, nelle quali il filo conduttore era il medesimo: Costituzione datata, burocrazia eccessiva, procedimenti legislativi eccessivamente lunghi e farraginosi, con il primo che disponeva di un’ampia maggioranza ed il secondo di un sistema ricattatorio dei deputati…
Entrambi gli “statisti”, attraverso un’abile manipolazione dell’informazione compiuta con la connivenza dei media, hanno persuaso gli italiani (fortunatamente non tutti…) che tutto dipendesse dalla legge elettorale e dalla Costituzione.

Quanto poi al frequente disaccordo tra Camera e Senato, frutto della normale (e direi necessaria…) dialettica democratica, invece di interrogarsi prima sulla bontà dei provvedimenti tutti hanno ritenuto più utile ed efficace puntare all’eliminazione del bicameralismo!
Tra le motivazioni del tentato golpe del dicembre scorso ha ricoperto infatti un ruolo fondamentale il riferimento alla “navetta”, procedimento ritenuto dispendioso perché importerebbe tempi di approvazione eccessivamente lunghi per un Governo che voglia essere efficace contro la crisi economica (Sic!). Di qui la necessità di rimuovere il Senato, salvo poi, dopo il fallimento del referendum, approvare in una notte il provvedimento “salva banche” tanto caro al Presidente del consiglio.

È stato infatti ampiamente ed efficacemente dimostrato da Marco Travaglio nel suo “Perché NO” come a determinare le tempistiche di approvazione dei provvedimenti legislativi siano gli accordi (o farei meglio a dire i disaccordi…) tra i vari schieramenti e non, come pretestuosamente argomentato, il bicameralismo.
Perché, ed è bene sottolinearlo, il fatto che un provvedimento legislativo rimbalzi tra Camera e Senato non è certo indicatore di inefficienza, semmai di vivacità politica e/o di scarsa qualità del provvedimento medesimo. A meno che, e questo sembra il punto di vista degli ultimi governi, vi sia una presunzione di qualità dell’attività dell’esecutivo che non necessita di vaglio senatoriale, proprio come affermava Renzi senza mezze parole nel maggio del 2016: “lo Stato sarà più semplice. Non avremo più il ping pong di ogni legge tra Camera e il Senato, perché il Senato non potrà più cambiare le leggi fatte dalla Camera”
Credo che questa affermazione non necessiti di spiegazioni e non lasci dubbi sul vero obiettivo della riforma mancata: imporre la dittatura del governo.
Ma, d'altra parte, siamo di fronte alla stessa logica sottesa qualche tempo fa alla proposta abrogativa di uno dei tre noti gradi di giudizio che, per quanto non tutti coperti da previsione costituzionale, rimangono comunque un’importante forma di garanzia per il cittadino.
Come dire, se una cosa non funziona, invece di investigarne e risolverne le inefficienze, la si abroga! Se si discute di volume del contenzioso, prima di rimuovere un grado di giudizio si rifletta piuttosto sulla qualità della produzione normativa…
La Consulta ha però finalmente rilevato, meglio tardi che mai, questa violazione del principio di eguaglianza e di rappresentanza democratica, con la sentenza 8878/2014, peraltro con un grave vizio, a parere di chi scrive, in ordine alla efficacia della sentenza che così sinteticamente recita: “i cittadini elettori non hanno potuto esercitare il diritto di voto personale, eguale, libero e diretto, per la oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica”. In claris non fit interpretatio, l’articolo 136 non lascia alcun margine interpretativo discrezionale alla Corte in ordine all’efficacia della sentenza:
“Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione .”
Vale forse la pena di ribadire che è la Costituzione stessa a determinare gli effetti prodotti dalla declaratoria e non la Corte;
In definitiva, il Parlamento attuale è costituzionalmente illegittimo, e quindi illegittimi sono tutti i suoi atti posti in essere da quella data.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Illegittimità costituzionale dei Trattati Europei e profili di responsabilità penale

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Cicogna
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2016-17
  Università: Università Telematica Pegaso
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Maria Teresa  Stile
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 151

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