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Il carcere delle donne, le donne in carcere. Trattamento e problematiche.

La criminalità al femminile: la storia minore delle donne

Come già anticipato, quando criminologi e sociologi hanno approntato studi sulla devianza si sono soffermati sulle caratteristiche dei reati sia in relazione al dato quantitativo, tipologico e sociale, sia in riferimento alla personalità degli autori del reato e alle connessioni tra essa
e il contesto sociale e familiare di provenienza, la cittadinanza, l'istruzione, l'occupazione, l'età.
Completamente tralasciata è stata invece l'appartenenza sessuale dell'autore del reato, che non ha mai costituito un criterio specifico fondante tali studi, neanche da parte delle ricercatrici, e, anche se preso in considerazione, ha ricevuto minore attenzione rispetto ad altri fattori, quantomeno a livello statistico, essendo il numero dei reati commessi dalle donne sensibilmente inferiore rispetto a quello degli uomini.
La scarsità di indagini intorno alla donna delinquente è stata testimonianza di una persistente difficoltà culturale ad accettare che la donna possa consapevolmente decidere di uscire dal perimetro delle regole, per cui, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, la donna deviante, cioè colei che contravveniva alle regole che la società maschile si era data, non ha mai assunto il ruolo di portatrice consapevole di ribellione ovvero di disagio sociale, bensì, tenuta conto la sua inferiorità biologica e psichica, o come una "posseduta" (ad esempio le streghe) oppure come una malata di mente (ad esempio l'isterismo).
Secondo altri autori, invece, è stata "la sfera domestico-familiare e assistenziale" a rappresentare "uno spazio "forte" di controllo della trasgressione femminile", "controllo che presumibilmente assorbe all'interno della sfera familiare e assistenziale alcune forme di trasgressione e ne proietta altre nella categoria residuale del penale".
Altri ancora hanno preannunciato un inevitabile aumento della criminalità femminile quale conseguenza dell'emancipazione delle donne: pronostico smentito dal fatto che la percentuale delle donne detenute è rimasta invariata, come visto, sul 5%.
Ma ancor più interessante ci sembra l'osservazione di Elena Marinucci, secondo la quale, di fronte alla forte differenza tra il tasso di criminalità maschile e quello femminile, "a nessuno mai è venuto in mente di riconoscere alle donne qualità positive, su cui fondare il loro buon diritto ad una maggiore presenza nella società, nell'interesse della società stessa. Si è preferito non attribuire alle donne alcun merito per questa minore propensione al crimine e, come sempre, si è fatto ricorso a fantasticherie fondate sulla "natura¬ femminile".
Ma ancora più provocatoria è l'osservazione di Maria Laura Fadda: "la domanda perché le donne delinquono meno degli uomini, è mal posta e risente di un'ottica androcentrica; forse la domanda potrebbe essere rovesciata, perché gli uomini infrangono in tale misura le regole che loro stessi si sono dati?"; andrebbe approfondita "la caratteristica per cui le donne commettono raramente reati, anche come un segno della diversità femminile non tanto in rapporto agli uomini, ma in rapporto alla norma e al suo valore, percepito come cogente".

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il carcere delle donne, le donne in carcere. Trattamento e problematiche.

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Maradei
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Carlo Fiorio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 107

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Parole chiave

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carcere
detenute
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custodia attenuata
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criminalità femminile
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