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Analisi da un punto di vista sociologico e comunicativo del regime di Kim Jong-un

La libertà di stampa e di informazione

La Corea del Nord si è classificata ultima nell’indice World Press Freedom 2017, peggiorando, ove fosse possibile, il penultimo posto dell’anno prima. La graduatoria tiene conto del dato numerico che si forma mediante un questionario, distribuito da Reporters sans frontières, in cui associazioni e giornalisti di tutto il mondo rispondono in merito a sette argomenti: pluralismo, indipendenza dai media, autocensura e contesto, legislatura, trasparenza, infrastrutture e abusi.

In questo modo si ottiene un primo punteggio, al quale verrà sommato un secondo che tiene conto dei giornalisti uccisi, minacciati, arrestati o licenziati per ingiusta causa. Chi riceve un punteggio minore si colloca in una posizione di vertice, chi ottiene un punteggio elevato va ad occupare la parte conclusiva della griglia di valutazione. Su un massimo di punti totale pari a 100, la Nord Corea è riuscita ad attribuirsene ben 84.98, preceduta da Eritrea e Turkmenistan.

“Un popolo di ignoranti è più facile da governare” è citazione di cui si sono fatti padri in molti, ma mai, come in questo caso, è più appropriata. Il regime della Corea del Nord continua, nell’odierno 2018, a tenere i suoi cittadini in uno stato di ignoranza e paura. Motivo? Perché non avere la libertà di informare, di essere informati (da un solo punto di vista) e di informarsi non permette al cittadino di potersi costruire un’opinione. L’agenzia di stampa coreana, la KCNA, è l’unica fonte di notizie ufficiali per i media e per la televisione.

La conseguenza, per direttissima, è che il cittadino sia obbligato a credere all’unico ente giornalistico, benché tra quotidiani e periodici (tutti rigorosamente pubblicati nella capitale) la scelta sia numerosa (20 e 12). Essa si conferma come ennesima prova della maschera illusiva che il regime vuole apporre sugli occhi dei propri cittadini; quale motivo c’era, altrimenti, di stampare così tanti cartacei, se tutti fanno riferimento alla stessa fonte? Allo stesso tempo, è giusto specificare che ogni notizia, non ha praticamente bisogno di essere controllata poiché è autorizzata dal governo stesso. È un giornalismo fatto “dall’alto”, tipico dei paesi totalitari, in cui la censura è totale e il flusso di informazione assolutamente unidirezionale, dove la verità assume contorni opachi e non c’è possibilità di confronto né verifica. Infatti, anche per quanto riguarda Internet, la Corea del Nord dispone di un proprio browser che però non permette l’accesso ai siti extra-coreani.

Ovviamente, così come non è possibile informarsi, è assolutamente vietato informare. Il giornalismo amatoriale non è concesso, tanto più non esiste, in relazione ad esso, il diritto di cronaca (la facoltà di raccontare notizie e pensieri prevalentemente altrui). In ugual misura, cercare di informarsi può risultare pericoloso. Qualora un cittadino nordcoreano fosse sorpreso con l’intento di, ad esempio, effettuare una chiamata internazionale per ricevere informazioni, la pena potrebbe essere molto severa. Rischia infatti di essere inviato in una struttura detentiva, in un campo di prigionia o, peggio, condannato a morte. Comunque, se il punto di vista giornalistico è uno ed è statale, gli altri media non sono di certo in una posizione migliore. In tutto il territorio sono presenti solamente 3 emittenti televisive, anche queste statali, e in ambito radiofonico il governo di Pyongyang trasmette “La Voce di Corea”, unica emittente, sempre statale, che diffonde a livello mondiale contenuti sull’informazione e sulla glorificazione del paese.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Analisi da un punto di vista sociologico e comunicativo del regime di Kim Jong-un

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Informazioni tesi

  Autore: Simone Pradelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Antonella Mascio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 41

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Parole chiave

libertà
diritti dell'uomo
pena di morte
censura
diritti civili
campi di concentramento
corea del nord
kim jong-un

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