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Mémoire de Fille di Annie Ernaux: «Le texte toujours manquant»

Mémoire de fille: una poetica della vergogna

"J’avais grandi sans honte sociale, sans honte sexuelle, l’une et l’autre me sont tombées dessus. La deuxième l’été 58. La double aliénation, où je puise tout ce que j’écris, mais à l’aveugle". L’autrice, in questo estratto del suo journal privé, utilizza l’espressione tomber dessus per descrivere la sensazione che si prova nel venire colpiti dalla vergogna. Questo perché la vergogna è un’emozione complessa: essa tende ad insinuarsi in un lasso di tempo variabile, rimanendo latente e silenziosa anche per molto tempo e manifestandosi, senza possibilità di evasione, all’improvviso, lasciando il soggetto colpito completamente disarmato. Secondo Ekman si tratta di un’emozione secondaria inevitabilmente scaturita da un confronto del soggetto con l’ambiente sociale, un confronto che ha visto frantumarsi la maschera atta a nascondere qualcosa di segreto e l’irrimediabile mostrarsi della sostanza sottostante.
Annie Ernaux ha fatto della sua letteratura uno studio e un’analisi della vergogna, cercando in tutte le sue pubblicazioni di raccontarla, esplicitando al lettore le sensazioni e le difficoltà riscontrate nell’affrontare un argomento così vasto, sfuggente e doloroso. Nel 1997 l’autrice pubblica La Honte, testo in cui racconta, attraverso la lucidità dell’écriture plate, la scena matrice di quell’emozione diventata poi caratterizzante d i tutta la sua vita: la vergogna, infatti, adattandosi alle diverse età della donna, arriverà a contaminarne in modo profondo l’intera esistenza, influenzando principalmente la sfera sociale e quella sessuale.
"Mon père a voulu tuer ma mère un dimanche de juin, au début de l’après-midi": questo è l’incipit del libro. In questa frase breve e concisa Annie Ernaux racchiude una confessione a lungo ritardata: la scena domestica fondante della vergogna che l’ha accompagnata per quarantacinque anni viene così svelata, colpendo il lettore con la sua cruda realtà. "C’était le 15 juin 52. La première date précise et sûre de mon enfance", giorno su cui non aveva mai avuto il coraggio di scrivere, quasi si trattasse di un gesto proibito che avrebbe comportato una punizione: nella paralisi della vergogna si tende a pensare di essere gli unici a provare una simile sensazione e che a quella sciagura non vi sia scampo. Ciò comporta una chiusura, per l’appunto una paralisi, che impedisce al soggetto colpito di reagire, arrivando a credere "qu’à la honte il faut plus de honte encore". Dopo aver scritto le prime pagine del libro però, affiora una sensazione di sollievo:

Il n’était rien arrivé de terrible. […] Même, depuis que j'ai réussi à faire ce récit, j'ai l'impression qu'il s'agit d’un événement banal, plus fréquent dans les familles que je ne l'avais imaginé. Peut- être que le récit, tout récit, rend normal n'importe quel acte, y compris le plus dramatique.

La scrittura è il solo mezzo per elucidare la vergogna provata, tramite un’analisi minuziosa delle circostanze attorno alle quali essa ha iniziato a radicarsi; bisogna, insomma, "définir le terrain – social, familial et sexuel".
Annie Ernaux, come possiamo vedere nella breve frase all’inizio di La Honte, non ricerca tramite l’introspezione l’emozione provata, non attinge alla sensazione di allora e di conseguenza rinuncia ad ogni pathos. Al contrario, l’autrice raccoglie le prove reali dell’emozione nell’atto di imprimersi: sarebbe impossibile riuscire a spiegare a parole ciò che una grande vergogna fa provare al soggetto colpito nel momento in cui essa si esprime, poiché si tratta di un’emozione silenziosa e alienante, a cui nessuna frase, concetto o analogia potrebbe rendere giustizia. Ciò che resta è interrogare "sia le risorse che i limiti della scrittura e della memoria", poiché il ricongiungimento con la sensazione "première, originelle", e quindi con il passato, è solo parziale. Questa ricerca di una poetica della vergogna porta la scrittrice ad esaminare gli aspetti più reconditi della propria esistenza, a raccoglierne i dati e a catalogarli quasi si trattasse di uno studio minuzioso della propria persona. L’unico modo per rendere una sensazione quale la vergogna, è quello di inserirla nel flusso delle ragioni che l’hanno scatenata e delle conseguenze che essa ha avuto sulla realtà, interna ed esterna.
Il fatto che Ernaux associ l’inizio della propria vergogna con il violento litigio e addirittura tentato omicidio della madre da parte del padre colloca irrimediabilmente la scrittrice in una classe sociale ben precisa. Assistendo a quella scena, infatti, la Annie dodicenne ha avuto un’importante conferma: "“il n’y a que nous” qui sommes ainsi", un nous che nell’immediatezza del fatto identificava solo la sua famiglia – suo padre, sua madre e lei – ma che nel momento della scrittura rappresenta una classe sociale intera, quella classe sociale che mandava i figli alla scuola pubblica, che conosceva il duro lavoro nei campi e ogni metodo di conservazione degli alimenti; quella stessa classe sociale che Annie Duchesne riconosceva come la propria e che, fino a quel momento, non aveva mai disprezzato. Non aveva mai provato nessun tipo di gelosia nei confronti degli abitanti dei quartieri più agiati, e questo perché le mura del café-épicerie erano state per lei, durante tutta la sua infanzia, delle "murs de chair tiède qui [la] pressaient et [la] protégeaient".
Questo inizia a cambiare quando la piccola Annie viene ammessa alla scuola privata, luogo in cui la sua inferiorità sociale viene messa in luce sia dagli insegnanti che dai compagni di classe. Ella, in risposta, si sforza di eccellere in tutte le materie. In Mémoire de fille, l’autrice racconta:

[D]es maths, du latin, de l’anglais, des dissertations de littérature, toute chose dont personne autour d'elle n'a la moindre représentation. D'être l'exception, reconnue comme telle par tout le reste de la famille, ouvrière, laquelle cherche aux repas de fête de " qui elles tient ça ", le " don " d’apprendre.

Come analizza Michèle Bacholle, la bambina cerca di compensare una sofferta inferiorità sociale con una conquistata superiorità intellettuale: i suoi risultati scolastici diventano quindi "sa liberté", la sua forza di reagire ad un ambiente che l’ha creata inferiore e che la porta ad affacciarsi ad un mondo che, invece, inizia a riconoscerla per ciò che è: una ragazza con un’intelligenza fuori dal comune. La scena descritta in La Honte si realizza nel periodo in cui Annie è nel pieno di questo passaggio, motivo per cui percepisce quell’episodio di violenza domestica in modo ancora più forte, con un significato che trascende il crimine che stava per essere compiuto e che permea tutta la sua realtà con un nuovo, profondo, senso di vergogna e di disprezzo: "Coupée en deux, c’est ça, mes parents […] et l’école […]. Le cul entre deux chaises, ça pousse à la haine, il fallait bien choisir". La ragazza, quasi adolescente, non riconosce più nei suoi genitori le figure che lei tanto ammirava da bambina: lo statuto di "fille de l’épicier-cafetier" che le procurava un sentimento di superiorità durante l’infanzia, diviene fonte di malessere per la giovane donna, che inizia ad accusare i genitori di far ricadere su di lei la loro inferiorità sociale.
I successi scolastici non le forniscono però l’ammirazione dei suoi compagni di classe; durante l’adolescenza, infatti, l’apprezzamento dai pari non si conquista tramite l’intelligenza e i successi accademici, ma tramite una molto più frivola qualità: l’aspetto esteriore. Come spiega Michèle Bachole, "À l’adolescence, le corps devient le site d’une double souffrance. À la souffrance du corps, marqueur d’identité sociale, s’ajoute la dictature de la beauté physique. L’inégalité sociale s’efface presque devant l’inégalité des corps". La giovane Annie Duchesne si ritrova spesso ad osservare le altre ragazze, a studiarne gli atteggiamenti, le movenze, il linguaggio, l’abbigliamento. Desidera avere la loro libertà ed esperienza, lei, che proviene da una famiglia in cui la madre "appartenait à la génération d’avant-guerre, celle du peché et de la honte sexuelle", in cui le era proibito desiderare le attenzioni maschili di cui, però, sognava ardentemente lo sguardo.
Questo periodo della sua vita racchiude i fatti antecedenti a Mémoire de fille: la ragazza ha dato il suo primo bacio solo qualche mese prima di varcare il grande cancello della colonia, e, cosa più importante "elle n’a jamais vu ni touché un sexe d’homme". L’autrice stessa, all’interno del libro, è in dubbio sulla possibilità di riuscire a rendere, tramite la scrittura, la sensazione di incompetenza e il profondo desiderio che la sommergevano:

Comment faire pour retrouver l’imaginaire de l’acte sexuel tel qu’il flotte dans ce moi au seuil de la colonie? Comment resusciter cette ignorance absolue et cette attente de ce qui est alors tout l’inconnu et le merveilleux de l’existence – le grand secret chuchoté depuis l’enfance mais qui n’est alors ni décrit ni montré nulle part ? Cet acte mystérieux […] sur lequel pèsent l’interdit et l’effroi des conséquences.

Le settimane in colonia saranno catartiche per lei: Annie Duchesne scoprirà, infatti, che non sarà il proprio valore umano a permetterle di attirare le attenzioni maschili, ma che riuscirà nel suo intento solo "en se modelant sur leurs rêves". Quest’ideologia era indotta, da una parte, dall’inesistente riconoscimento della necessità femminile di provare piacere, e dal conseguente tabù riguardo all’argomento; dall’altra, dalla credenza che il ruolo della donna fosse solo quello di soddisfare i bisogni carnali dell’uomo. Scrivendo della notte passata con H l’autrice ammette, infatti, di non essersi sottomessa a lui, ma di essersi arresa "à une loi indiscutable, universelle, celle d’une sauvagerie masculine qu’un jour ou l’autre il lui aurait bien fallu subir". In un’intervista pubblicata su Le Nouvel Observateur, organizzata dopo la pubblicazione di Mémoire de fille, le fu chiesto di quella notte. Lei stessa definirà ciò che avvenne in quella camera come uno stupro:

[L]a fille de 1958, le "moi" de 58, n'a pas considéré le terme de "viol" et jusqu'à maintenant, je ne pourrais pas l'employer. Il ne correspond pas à mon vécu dans la mesure où, effectivement, il s'agissait d'une autre époque, d'un autre monde. […] La façon dont ce livre est reçu [il est paru le mois dernier en France], de façon fervente, m'a étonnée jusqu'à l'incrédulité. J'ai raconté que lque chose qui n'avait jamais été dit comme ça, jamais déployé de cette façon, mais au final, c'était m oi qui l'avais bien cherché, hein? C'est ce qu'on disait et qu'on dit encore: "Elle l'a bien cherché…"

Sebbene in quegli anni Ernaux non l’avesse riconosciuto come tale, quello stupro fu un evento traumatico che pose le nuove fondamenta della sua vita da adulta: quando si è vittima di una violenza psicologica di quella portata, infatti, il cammino che si è percorso fino a quell’istante viene irrimediabilmente compromesso; e, che lo si riconosca o meno, la strada che prima si percorreva viene per sempre interrotta. Scompensi emotivi e fisici hanno, infatti, accompagnato Annie Ernaux per molto tempo: come possiamo leggere in Mémoire de fille, la giovane donna fu colpita da un grave caso di amenorrea – dimostrazione fisica di un malessere interiore ormai fuori controllo – e sviluppò un disturbo alimentare significativo, alternando momenti di digiuno forzato ad altri di binge-eating. Amenorrea e bulimia terminarono contemporaneamente alla fine degli eventi narrati: l’aver intrapreso un percorso di cambiamento profondo – prima in Inghilterra con l’iniziazione alla scrittura, poi con la decisione di iscriversi alla facoltà di Lettere – ha trasformato la vergogna, un tempo silenziosa e distruttiva, in un’emozione costruttiva:

Dans l’amphi, le jour de la rentrée, je suis da ns une intense excitation […]. Je vis dans une effervescence intellectuelle, une expansion heureuse […]. Je marche vers le livre que j’écrirai comme deux ans auparavant je marchais vers l’amour. La nourriture comme idée fixe m’a quittée, mon appétit est redevenu celui d’avant la colonie. J’ai revu le sang fin octobre.

Fu, infatti, un giorno soleggiato di fine estate e una panchina solitaria ad insegnare ad Annie Duchesne il segreto che le cambiò per sempre la vita: l’unico modo per affrontare la vergogna, è scriverla. Da quell’istante, anche se con forme diverse e mutate nel tempo, ogni parola scritta da Ernaux ha avuto lo scopo di spiegare, ed affrontare, la propria vergogna: con le prime pubblicazioni in modo indiretto tramite l’utilizzo della scrittura di finzione; dalla morte del padre nel 1967, invece, tramite la scrittura autosociobiografica. In quel momento Annie Duchesne formalmente non esiste già più: la ragazza di origini contadine ha sposato un uomo benestante di Bordeaux, Philippe Ernaux, si è laureata in Lettere e si è trasferita a Parigi. Annie Ernaux è quindi diventata una transfuga: l’ascesa sociale iniziata in giovane età per volontà della madre ha raggiunto il suo culmine, rimuovendo la scrittrice dalla classe sociale medio-bassa da cui proveniva e facendola entrare a pieno diritto nella borghesia parigina; ascesa accentuata anche dalla notorietà acquisita dall’autrice in seguito alla pubblicazione dei suoi primi libri. Come accennato, fu la morte del padre – che rappresentava in carne ed ossa la classe contadina che la scrittrice aveva abbandonato – ad essere per Ernaux motivo di enorme trasformazione artistica, formale ma anche personale:

Puis mon père meurt en 1967, brusquement. C'est un retournement complet. Ça coïncide avec le fait que je suis éloignée de mes parents par la distance géographique, qu’on vit dan s l’ascension sociale. […] Je suis devenue une bourgeoise, et c’est là que je commence à savoir, exactement, ce que je veux écrire. L'année suivante, c'est 68. Je lis Bourdieu deux ans plus tard. Cette fois, je ne veux pas écrire: je veux écrire sur quelque chose, sur ce monde d'où je viens. Du coup je peux espérer “venger ma race”, la matière est là.

Una volta lasciato il suo mondo d’origine, l’autrice si rende conto dell’impronta che esso ha avuto su di lei e interiorizza "l’expérience précoce qu[‘elle a] eue de la pauvreté", una sensazione antica e viscerale, una paura che le era stata trasmessa dai suoi genitori e insieme ad essa i gesti, i pensieri e le abitudini di una classe sociale intera. Come già accennato, è con il confronto con le ragazze più agiate che la giovane Annie riconosce la propria inferiorità, e quindi la portata dell’influenza che Yvetot, la sua famiglia e le loro abitudini hanno avuto su di lei. Come si può leggere in Mémoire de fille, la ragazza inizia ad intuire una disparità che non riesce ancora ad identificare con chiarezza: si sente straniera, "comme le roman de Camus qu’elle lit en octobre. Lourde e poisseuse au milieu des filles en blouse rose, de leur innocence bien éduquée et de leurs sexes décents". Questa sensazione di estraneità è il risultato di un processo che non riguarda la singola Annie Ernaux, ma che colpisce e plasma intere generazioni. Sofferenze del genere infatti, s’imprimono nella memoria, dove lasciano tracce indelebili: i vettori della dominazione sono spesso non consci dell’estensione e della profondità dei danni che provocano, ma questi ultimi servono a loro volta come motore della rivolta, e forniscono la spinta necessaria alla rivincita: essi diventano "le carburant de l’ascension sociale par l’école, puis de l’écriture et de la mémoire".
Essere transfughi non implica solo l’emigrare da una classe sociale ad una altra, ma comporta anche l’alienante sensazione di non riuscire a riconoscersi pienamente in nessuno dei due mondi. Annie Ernaux, infatti, ha dichiarato più volte di non riuscire mai a sentirsi "à [s]a vraie place". Come lei stessa confessa:

Je me dis que voilà, la coupure est à l’intérieur de moi. Ce sont deux mondes irréductibles. La lutte des classes est en moi. J’ai un mode de vie, une façon physique d’apparaître qui est celle de la classe dominante, je vais pas me le cacher. Mais je sais quelle était ma vision de petite fille, d’adolescente, et ce n’est pas réconciliable. Ma mémoire est dans un monde et ma vie est dans un autre et ça, c’est insupportable. […] Vous savez, c’est un sentiment de honte le sentiment de classe.

Il luogo dove questa lotta interna trova pace è la scrittura, luogo "où tout cela n’existe pas", in quanto, nella scrittura, l’autrice ha trovato il mezzo per riconciliare i due mondi che la compongono, per eliminare quella sensazione di tradimento e per trasformare quella "mémoire humiliée, c’est-à-dire une mémoire de classe" in una "mémoire collective". Gérard Mauger identifica, infatti, quattro possibili postures negli autori autobiografici transfughi: la rinuncia spasmodica alle origini, la lotta per la riabilitazione populista, la “schizofrenia sociale” e l’oggettivazione estrema: quest’ultima è la strada percorsa da Annie Ernaux, che tramite la sua riproduzione sociologica dei gesti, delle abitudini, e di tutto ciò che caratterizzava il mondo da cui proveniva, vuole trasformare quella vergogna in ricerca di verità.
[...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Mémoire de Fille di Annie Ernaux: «Le texte toujours manquant»

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Scalvini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e Culture per l’Editoria
  Relatore: Stefano Genetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 59

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