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Questione di genere: lavoro, maternità e politiche di conciliazione

Svezia: verso la parità

I paesi nordici sono in assoluto quelli dove le politiche sociali e familiari mirano più apertamente alla parità tra i sessi e all’equadistribuzione del lavoro familiare, tanto che il ruolo del padre come caregiver è ormai socialmente accettato e le donne partecipano in modo molto più attivo al lavoro retribuito.

In Svezia, ad esempio, si parte dal presupposto che il lavoro femminile vada difeso non solo per tutelare i diritti delle donne, ma anche per consentire lo sviluppo economico. Se da noi prevaleva fino a qualche anno fa l'idea della famiglia monoreddito, qui quella della famiglia con due percettori di reddito è comune da molto tempo. Un paese dalla tarda industrializzazione e dalla povertà diffusa, che ha scelto di investire sul collettivismo e che, nel lungo periodo, è diventato il paese con il tasso di occupazione femminile più alto in Europa e, insieme, ha raggiunto la media dei due figli per donna.

Dopo un periodo di crisi economica e la vittoria dei conservatori, a cui fece seguito l'aumento della flessibilità e tagli alla previdenza sociale, il numero dei figli è calato all'1,5. Per recuperare terreno, si è deciso di ripartire dalla loro concezione paritaria tra uomo e donne e, addirittura, si è introdotto il mese di congedo obbligatorio per i papà. Un mese che, se non utilizzato, la coppia perdeva. Dopodiché si è passati a due mesi. La natalità è aumentata e anche l'occupazione femminile. Le svedesi, come oggi le italiane, per fare figli volevano un lavoro sicuro e ben pagato e volevano condividere la cura con il padre.

Gli strumenti sono combinati e prevedono:

* alta spesa pubblica nelle politiche per la famiglia: la Svezia investe il 3,3% del PIL (è uno dei tre paesi europei, con Francia e Danimarca, a spendere di più);

* congedo di maternità di due mesi obbligatori, congedo di paternità di dieci giorni, pagati all’80%;

* congedi parentali lunghi con quote, come già visto, riservate ai padri: 16 mesi nei primi otto anni più due per il padre non trasferibili alla madre, di cui i primi 13 pagati all’80%. Le aziende piccole e medie non ne sono molto contente, quelle grandi si stanno abituando. Alla Ericsson nel 2010 il 28% delle dipendenti e il 24% dei dipendenti ha utilizzato i congedi;

* possibilità di frazionare i congedi anche in ore, a differenza di quanto avviene in Italia;

* permessi per malattie: 190 giorni fino al dodicesimo anno d’età con un massimo di 120 giorni l’anno, tutti pagati all’80%;

* flessibilità di lavoro (le ore si possono recuperare con l’home working) per andare a prendere i figli a scuola;

* scuole e asili curatissimi con alti investimenti pubblici, orari che coprono l’intero arco della giornata e pedagogia di genere introdotta fin dal 2004.

Il sistema tende a spingere al massimo sulla condivisione e a coprire il primo anno di vita del bambino con la cura familiare, per poi fare ampio sostegno al mercato e ai generosi servizi pubblici.

Per la Badinter il mondo svedese non sarebbe perfetto: le donne sarebbero pagate il 20% in meno degli uomini e per lo più occupate nei settori pubblici, a causa dell’onerosità per le aziende dei lunghi periodi di congedo. Molto probabilmente, la Badinter si riferisce al gender pay gap che in effetti riporta valori molto più elevati per la Svezia che non per l’Italia (addirittura la differenza italiana sarebbe solo del 4,9%), ma la spiegazione sta nella più alta occupazione femminile: mano a mano che cresce l’occupazione femminile, aumentano i differenziali retributivi.

In Italia, il tasso di occupazione femminile è molto basso, per cui il mercato semplicemente seleziona le lavoratrici e scarta quelle meno qualificate. La differenze retributive vanno calcolate settore per settore (cfr. 3.3.4 nota 41), l’aumento dell’occupazione permette di includere nel mercato anche lavoratrici meno qualificate o occupate a tempo parziale. In sostanza, i valori del gender pay gap vengono ridimensionati non appena li si compari con il tasso di occupazione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Questione di genere: lavoro, maternità e politiche di conciliazione

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Informazioni tesi

  Autore: Elisa Audino
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Comunicazione Interculturale
  Corso: Sociologia
  Relatore: Antonella Meo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 175

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