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Comunicare il dono: un'analisi della comunicazione sociale sul tema della donazione

Quando si dice fare del bene, si individua un gesto o un comportamento giudicato lodevole da chi lo compie, dall’ambiente che osserva e spesso, ma non sempre, dalle persone cui è rivolto. Può accadere che questi esercizi del bene, salvo casi particolarmente emozionanti, suscitino poca attenzione e appaiano irrilevanti o scontati rispetto ad altri fenomeni sociali. Ma diventano importanti proprio quando ne avvertiamo la mancanza, quando si riduce lo spazio delle azioni benefiche o bene intenzionate (Bruno Manghi, 2007 pag. 11).
C’è un detto di Gesù, che ha più di duemila anni, nel quale si afferma che: “ è più beato chi dà che chi riceve”, tuttavia nella nostra epoca, nella nostra società, c’è molta gente che sembra dominata da un principio che si pone in contraddizione con questa affermazione: “quello che conta è ricevere”. Del resto, basta considerare il modo in cui, al giorno d’oggi, viene condotta la gran parte degli affari, in cui i profitti vengono reinvestiti nello sviluppo, anziché contribuire a buone cause, e molti di quelli che conseguono un nuovo benessere destinano il loro denaro in piani di investimento, nella convinzione che ciò accresca la loro sicurezza di quando saranno in pensione (K. Blanchard, 2006).
“Tuttavia, l’aumento vertiginoso delle risorse a disposizione degli individui, unito alla crescita delle disponibilità soggettive, spiega ragionevolmente perché nella nostra società si moltiplichi l’offerta filantropica e, come spesso avviene, l’offerta finisce per stanare domande fino a quel momento sopite” (Bruno Manghi, 2007 pag. 41).
Donare, come afferma l’executive, protagonista del libro di Blanchard, il proprio talento, il proprio tempo, il proprio denaro, il proprio tatto, può dare fastidio, può comportare dei sacrifici. Un individuo infatti che dà può dover rimandare l’acquisto di un pc nuovo, una famiglia che dà potrebbe dover rinunciare a due giorni in più di vacanza, ma donare può premiare enormemente, sia dal punto di vista emozionale che relazionale. L’individuo, infatti, che coglie il vero senso delle cose capisce che la cosa più grande che si possa realizzare consiste nel servire gli altri e nell’aiutarli a raggiungere i loro fini (K. Blanchard, 2006).
L’obiettivo di questa ricerca, quindi, è di indagare, attraverso l’utilizzo dell’analisi del contenuto, come il concetto di donazione venga espresso nelle pubblicità sociali a mezzo stampa, e di individuare quali siano le caratteristiche formali, strutturali e linguistiche che vengano utilizzate nei suddetti annunci.
Il lavoro è incentrato sull’analisi delle strategie comunicative che sono state utilizzate nella progettazione e nella realizzazione di alcune tra le più significative campagne sociali a mezzo stampa italiane, e di individuare quali siano le caratteristiche comuni e più significative di queste, ma anche gli elementi di contrasto o di vera e propria contrapposizione che possono emergere all'interno dell'analisi.
Il presente lavoro si struttura in tre differenti capitoli:
Il primo capitolo si interessa e cerca di dare una definizione generale di comunicazione non commerciale, specificandone gli scopi, i generi ed i soggetti che la praticano, focalizzandosi in particolar modo sulla pubblicità sociale e su i suoi sviluppi in Italia; l’ultima parte di questo capitolo, poi, è imperniata sulla Pubblicità Progresso, istituto, che, con la sua attività, ha consentito alla pubblicità sociale di svilupparsi nel nostro paese.
Il secondo capitolo, invece, è dedicato ad una generale introduzione sul fenomeno della prosocialità, cercando di delimitare una sua possibile definizione, e specificandone gli elementi costitutivi e i prerequisiti; inoltre si affrontano le più svariate forme di altruismo, tra cui la carità, la filantropia, la solidarietà e il volontariato, e le loro diffusioni nella nostra società. L’attenzione è incentrata anche sui rinforzi e sui modelli da imitare, sulle funzioni sociali e sui metodi utili per rilevare le azioni altruistiche. Questo capitolo, infine, si conclude con una breve quanto importante ricerca sulle caratteristiche tipiche di un atto prosociale, interessandosi del perché, del percome e del perquando un individuo dovrebbe compiere un gesto di puro altruismo.
Il terzo capitolo, infine, descrive quanto emerge da una ricerca di tipo esplorativo svolta su un campione di annunci a mezzo stampa sul concetto di donare. Si entra, infatti, direttamente nel merito dell’ analisi, attraverso la descrizione degli obiettivi, del campione analizzato e del metodo utilizzato, tramite la descrizione dettagliata della scheda d’analisi, utilizzata per la ricerca in questione.
L’ultima parte del capitolo si interessa di illustrare i risultati ottenuti, di porre degli spunti di riflessione, in quanto, naturalmente, l’esiguità numerica del campione, (25 annunci), non può consentire di trarre conclusioni generalizzabili, ma può fornire utili suggerimenti per ulteriori approfondimenti su questo delicato argomento.

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4 INTRODUZIONE L‟altruismo è un fenomeno complesso che interessa ogni sfera dell‟agire umano, senza appartenere in maniera preponderante ed esclusiva a nessuna di esse. Per questo motivo il sentimento dell‟amore per il prossimo è stato nel tempo oggetto di studio di svariate discipline che, con il supporto di tecniche di ricerca e ipotesi iniziali differenti, hanno contribuito a definire, nel tempo, un‟immagine sempre più completa del fenomeno. Quando si dice fare del bene, si individua un gesto o un comportamento giudicato lodevole da chi lo compie, dall‟ambiente che osserva e spesso, ma non sempre, dalle persone cui è rivolto. Può accadere che questi esercizi del bene, salvo casi particolarmente emozionanti, suscitino poca attenzione e appaiano irrilevanti o scontati rispetto ad altri fenomeni sociali. Ma diventano importanti proprio quando ne avvertiamo la mancanza, quando si riduce lo spazio delle azioni benefiche o bene intenzionate (Bruno Manghi, 2007 pag. 11). C‟è un detto di Gesù, che ha più di duemila anni, nel quale si afferma che: “ è più beato chi dà che chi riceve”, tuttavia nella nostra epoca, nella nostra società, c‟è molta gente che sembra dominata da un principio che si pone in contraddizione con questa affermazione: “quello che conta è ricevere”. Del resto, basta considerare il modo in cui, al giorno d‟oggi, viene condotta la gran parte degli affari, in cui i profitti vengono reinvestiti nello sviluppo, anziché contribuire a buone cause, e molti di quelli che conseguono un nuovo benessere destinano il loro denaro in piani di investimento, nella convinzione che ciò accresca la loro sicurezza di quando saranno in pensione (K. Blanchard, 2006). È evidente che in questa situazione il divario fra ricchi e poveri non possa far altro che aumentare, malgrado si vivi nell‟epoca della cosiddetta “new economy”, caratterizzata dalla massima importanza attribuita alla conoscenza e all‟innovazione, utile però solo ai fini del profitto. “Tuttavia, l‟aumento vertiginoso delle risorse a disposizione degli individui, unito alla crescita delle disponibilità soggettive, spiega ragionevolmente perché nella nostra società si moltiplichi l‟offerta filantropica e, come spesso avviene, l‟offerta finisce per stanare domande fino a quel momento sopite” (Bruno Manghi, 2007 pag. 41).

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Informazioni tesi

  Autore: Sergio Costa
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze e tecniche psicologiche
  Relatore: Renata Metastasio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 79

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