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Interazione tra un alteratore endocrino riconosciuto, il nonilfenolo, e la comunità microbica di un refluo urbano.

L’impiego diffuso dei tensioattivi nonilfenoli polietossilati (NPEO) in diversi settori industriali ha fatto sì che nell’ambiente acquatico fossero riversate grandi quantità dei loro intermedi metabolici, in particolare attraverso gli effluenti degli impianti di trattamento dei reflui urbani e industriali. Questi ultimi, di fatto, non sono in grado di rimuoverli efficientemente, soprattutto se localizzati in aree densamente popolate. Gli NPEO non sono classificati come sostanze altamente tossiche o con attività estrogena, ma durante i processi di biodegradazione negli impianti di trattamento delle acque di scarico generano metaboliti più refrattari alla degradazione, quali in nonilfenolo (NP) ed i suoi precursori mono-e dietossilati (NPE1 e NPE2) che vengono, in seguito, rilasciati nell’ambiente acquatico. Il NP, in particolare, ha destato notevole interesse perché presenta effetti di induzione estrogenica sulla fauna acquatica. Una volta raggiunto il corpo idrico recettore, tale contaminante si ripartisce nei vari comparti ambientali secondo le proprie caratteristiche idrofobiche, le condizioni idrodinamiche ed i processi chimico-fisici e biologici che hanno luogo nell’ecosistema e che ne possono influenzare fortemente il destino, la biodisponibilità e l’impatto ecotossicologico. Per quanto riguarda il nonilfenolo ed i suoi precursori, le carenze maggiori riguardano la valutazione dell’esposizione degli organismi alle concentrazioni ambientali ed il loro bioaccumulo negli organismi acquatici. Nonostante i batteri siano alla base della catena trofica, la conoscenza dell’impatto che gli alteratori endocrini possono avere, in particolare, sulla struttura e sulla funzionalità di tale comunità è tuttora molto limitata, così come l’azione che tali microrganismi esplicano nel determinarne il destino.
Oggetto di questa tesi di laurea, è lo studio delle possibili interazioni tra il nonilfenolo e la comunità microbica originaria di un refluo in entrata ad un impianto di depurazione che raccoglie i liquami urbani della zona nord di Roma. La popolazione microbica presente in un habitat peculiare quale risulta essere un refluo, può essersi adattata alla presenza del contaminante che, in tale matrice acquosa, può riscontrarsi a concentrazioni dell’ordine dei g/L; ciò può consentire loro di rispondere in maniera più selettiva ed efficace rispetto alla comunità naturale di un corso d’acqua superficiale. Si è voluto, in particolare, osservare l’effetto prodotto dalla presenza del NP sulla crescita e sulla composizione della comunità batterica del refluo. A questo scopo, sono stati allestiti microcosmi in scala di laboratorio, costituiti da acqua sintetica inoculata con la comunità batterica isolata dal refluo e artificialmente arricchiti con diverse concentrazioni di NP. Pur con i limiti che l’allestimento di colture in batch presenta rispetto alle condizioni naturali, il sistema in microcosmo ha consentito di variare in maniera controllata alcuni parametri (presenza di nutrienti organici e inorganici, temperatura, luce ed agitazione) in modo da poter interpretare in maniera univoca le eventuali variazioni osservate sulla comunità microbica.
Tramite prelievi effettuati a tempi programmati, sono state eseguite analisi di tipo microbiologico e chimico sulla matrice acquosa del microcosmo. Le misure di biomassa (ATP, conta diretta delle cellule e biovolume) e diversità batterica (FISH) hanno consentito di ottenere informazioni su eventuali variazioni di tipo strutturale e metabolico della comunità durante il periodo di incubazione. Parallelamente sui campioni prelevati è stata effettuata la determinazione analitica del NP tramite cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) e rivelazione in fluorescenza. Ciò ha consentito di identificare e quantificare il contaminante, in modo tale da seguirne le eventuali modificazioni di concentrazione e distribuzione nel periodo di incubazione.

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1 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 1.1 COSA SONO GLI ALTERATORI ENDOCRINI E’ opinione diffusa tra gli esperti del settore che questa vasta gamma di composti chimici possa agire simulando o ostacolando l’azione degli ormoni naturali degli organismi viventi, determinando gravi disfunzioni ai danni non solo del sistema riproduttivo, ma anche del sistema immunitario e nervoso, tutti regolati dal sistema endocrino (Neubert, 1997). A seguito di numerosi riscontri di tipo ecotossicologico e del rischio associato all’esposizione a tali composti per la salute umana, l’Agenzia di Protezione Ambientale statunitense (EPA, 1997) e l’Unione Europea, insieme con altri organi scientifici di controllo, hanno intrapreso numerose ricerche sugli alteratori endocrini. Per la loro peculiarità di interferire con il sistema ormonale, sono stati definiti alteratori endocrini tutti quei “composti chimici esogeni, o miscele di composti, potenzialmente in grado di alterare le funzioni del sistema endocrino, quali la sintesi, la secrezione, il trasporto, il metabolismo, il legame, l’azione o l’eliminazione degli ormoni naturali dell’organismo vivente, che sono responsabili del mantenimento dell’omeostasi e della regolazione dei processi riproduttivi e di crescita, e causare conseguentemente effetti dannosi alla salute di organismi sani o della loro progenie” (Vos et al., 2000). Tra gli alteratori endocrini si distinguono gli estrogeni ambientali (che agiscono in modo simile agli estrogeni) e gli antiandrogeni (che agiscono similmente agli ormoni androgeni); inoltre sono indicati con questo nome anche tutti i composti xenobiotici che alterano una qualsiasi funzione del sistema endocrino. Intorno al problema degli alteratori endocrini si è acceso un intenso dibattito scientifico che ha portato alla consapevolezza dell’esistenza di un potenziale rischio per l’uomo, e più in generale per gli organismi viventi, che deve essere sottoposto ad un’indagine più approfondita. Le fonti di diffusione di molti alteratori endocrini sono molteplici e non sempre chiaramente individuabili. Per alcuni di questi composti l’immissione nell’ambiente avviene principalmente attraverso gli scarichi diretti e gli effluenti degli impianti di trattamento di reflui urbani, industriali e zootecnici. Non sempre, infatti, gli impianti

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Informazioni tesi

  Autore: Silvia Venditti
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi dell'Aquila
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Scienze Ambientali
  Relatore: Claudio Pantani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 128

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Parole chiave

acqua reflua
atp
batteri
biomassa batterica
biovolume
conta cellulare
crescita batterica
fish
hplc
microcosmi
nonilfenolo
tensioattivi non-ionici

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