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Misure nazionali di protezione ambientale e libera circolazione delle merci nel mercato interno comunitario

Lo status della protezione dell'ambiente cresce ulteriormente dopo l'adozione dell'Atto Unico. Questo Trattato persegue, da un lato, le finalità enunciate dal Libro Bianco sul completamento del mercato interno attraverso l'eliminazione delle barriere al commercio intracomunitario e, da un altro lato, l'obiettivo della protezione dell'ambiente nei termini suggeriti dalla giurisprudenza della Corte. L'Atto Unico colloca l'obiettivo dell'eliminazione dei residui ostacoli al commercio intracomunitario nella prospettiva di una coerente azione finalizzata alla protezione dell'ambiente. Il Titolo VII, oltre ad attribuire alla Comunità una chiara competenza in materia ambientale, introduce una serie di importanti principi e prevede per la protezione dell'ambiente sia l'intervento della Comunità che quello degli Stati membri. Con l'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, il sistema di norme relative alla protezione dell'ambiente è stato ulteriormente ampliato e perfezionato. A norma dell'art. 2 del Trattato di Maastricht gli obiettivi della libera circolazione delle merci e della protezione dell'ambiente godono, nel sistema comunitario, della medesima rilevanza. Spetta alla Comunità, a norma degli artt. 100A (3) e 130R (2) la predisposizione di una politica ambientale basata su un elevato livello di protezione e, a norma dell'art. 130R (2) terzo comma, l'integrazione delle esigenze connesse alla tutela dell'ambiente «nella definizione e nell'attuazione delle altre politiche comunitarie. Dal canto loro, gli Stati membri, a norma degli artt. 100A (4) e 130T sono autorizzati dal Trattato, anche in presenza di regole comunitarie, a mantenere in vigore od a prendere provvedimenti per una protezione dell'ambiente ancora maggiore. L'adozione di misure ambientali nazionali sembra ulteriormente legittimata dall'art. 3B del Trattato di Maastricht. Tale norma, attraverso il principio di sussidiarietà, sembra tendere a privilegiare in alcune circostanze l'intervento nazionale rispetto a quello comunitario. Fino ad oggi, il sistema di ripartizione delle competenze comunitarie, ha funzionato in maniera tale da privilegiare, al contrario, l'azione comunitaria rispetto a quella degli Stati membri. Benché, infatti, gli Stati membri siano liberi di adottare, in assenza di regole comunitarie, provvedimenti nazionali nell'esercizio delle loro competenze residue, le norme sulla libera circolazione delle merci, l'art. 30 in particolare, tendono a favorire l'esercizio della competenza nazionale fino a quando l'incidenza delle misure nazionali sul funzionamento del mercato interno non superi certi ''limiti''. E' evidente che il rapporto fra le norme che disciplinano la libera circolazione delle merci e che tendono a limitare l'adozione di misure nazionali anche in assenza di regole comunitarie, e le norme relative alla protezione dell'ambiente che, al contrario, riconoscono agli Stati membri il potere di mantenere in vigore o di adottare nuovi provvedimenti nazionali per una protezione dell'ambiente ancora maggiore, risulta piuttosto controverso. In base alle norme comunitarie che disciplinano il perseguimento degli obiettivi della libera circolazione delle merci e della protezione dell'ambiente, in quali casi è dunque ammissibile la prevalenza dell'uno rispetto all'altro? In assenza di norme comunitarie, quali sono i limiti entro i quali uno Stato membro può adottare misure restrittive della libera circolazione delle merci per motivi di protezione dell'ambiente? Fino a che punto occorre considerare prevalente la competenza comunitaria su quella degli Stati membri? La presenza di regole comunitarie esaurisce del tutto l'intervento statale? Per cercare di dare una risposta a questi interrogativi sembra opportuno suddividere l'analisi prendendo in considerazione due differenti ipotesi. Una prima ipotesi riguarda i casi in cui, in mancanza di normative comunitarie, gli Stati membri adottano provvedimenti nazionali relativi alla protezione dell'ambiente che comportano delle limitazioni alla libera circolazione delle merci. Alla luce delle norme del Trattato e della giurisprudenza della Corte si cercherà di porre in evidenza in quali casi e secondo quali condizioni tali misure nazionali restrittive del commercio sono considerate ammissibili e, se è il caso, quale peso relativo è stato riconosciuto al perseguimento di entrambi gli obiettivi. La seconda ipotesi è relativa ai casi in cui, pur in presenza di provvedimenti comunitari, gli Stati membri sono legittimati ad adottare misure di protezione dell'ambiente che incidono sulla libera circolazione delle merci. Anche in questa circostanza, attraverso le norme del Trattato e la giurisprudenza della Corte, si cercherà di definire il quadro normativo di riferimento ed i limiti che caratterizzano rispettivamente l'intervento nazionale e quello comunitario.

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MISURE NAZIONALI DI PROTEZIONE AMBIENTALE E LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI NEL MERCATO INTERNO COMUNITARIO __________________________________________________________________________________ 2 CAPITOLO I GLI ARTT. 30 E 34 DEL TRATTATO E LA LORO INTERPRETAZIONE NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE 1.1. I poteri degli Stati membri in assenza di regole comunitarie In assenza di legislazione comunitaria, gli Stati membri sono competenti ad adottare misure nazionali sia nell'ambito delle materie oggetto di competenza concorrente con quella comunitaria sia nell'ambito delle competenze c.d. «residue» rispetto all'ordinamento comunitario. Tuttavia bisogna tenere in considerazione il fatto che il principio della libera circolazione delle merci impedisce l'adozione di provvedimenti nazionali che abbiano l'effetto di restringere gli scambi intracomunitari. Gli artt. 30 e 34 vietano agli Stati membri di mantenere o adottare fra loro restrizioni quantitative all'importazione e alla esportazione comprese tutte le misure di effetto equivalente. Peraltro, se la Corte interpreta la nozione di «misura di effetto equivalente» nel senso che è vietata dal Trattato «ogni normativa commerciale degli Stati membri atta ad ostacolare direttamente o indirettamente, attualmente o potenzialmente, gli scambi intracomunitari» 1 non si potrebbe ammettere che motivi di ordine ecologico possano giustificare, in linea di principio, l'adozione di misure aventi per oggetto o per effetto di restringere l'importazione o l'esportazione delle merci. Inoltre, in una serie di sentenze riguardanti lo smaltimento degli oli usati, la Corte ha affermato che la protezione dell'ambiente è «incontestabilmente garantita in modo altrettanto efficace 1 Sentenza «Dassonville» dell'11 luglio 1974, 8/74, Raccolta, 1974, p. 837.

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Informazioni tesi

  Autore: Sergio Carbone
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1993-94
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Francesco Francioni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 111

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Parole chiave

ambiente
barriere doganali
barriere tecniche
ecologia
libera circolazione delle merci
mercato interno comunitario
protezione ambientale
protezionismo
scambi commerciali
unione europea

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