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Acolismo e affettività: resoconto di un'esperienza di tirocinio

La stesura di questo elaborato è il tentativo, non solo di raccontare la mia esperienza di tirocinio e le emozioni ad essa correlata, ma di approfondire la conoscenza di una realtà che molti di noi credono sia solo un malessere di una parte della società, che colpisce solo determinate persone, e che invece è una malattia nella quale tutti noi direttamente o indirettamente possiamo essere coinvolti.
“Il resoconto è un qualsiasi tipo di narrazione che consente a chi la racconta di descrivere un’esperienza e le emozioni ad essa correlate, ciò però non deve essere considerato un mero riassunto di quanto è successo con il paziente, bensì deve essere considerato come un percorso che, da quanto si è fatto conduca in seguito ad una riflessione sulla teoria della tecnica utilizzata all’interno del contesto” (Grassi, 2002). La stesura del resoconto che si riferisce ad esperienze di lavoro, costituisce l’iter formativo d’ogni psicologo clinico, ma è importante differenziare i resoconti clinici da quelli sperimentali. I primi fanno riferimento ad un metodo idiografico - consente di osservare un evento e di interpretarne il significato, risalendo ai momenti che lo hanno determinato - focalizzandosi sulla singola situazione clinica (Lancia, 1990). In psicologia clinica, il resoconto costruisce uno spazio di riflessione sull’esperienza clinica, che permette l’istituzione di un processo conoscitivo che attraverso categorie di lettura rende possibile il costituirsi dell’azione clinica (Gandini, et al., 1990).
Le due categorie di lettura sono:
ASSERTIVA: la descrizione dell’evento è realizzata tramite lo stesso modello interpretativo che rende non verificabile e quindi non confutabile la proposta esperenziale;
INDAGATORIA: il resoconto clinico è inserito nell’ambito di nuove modalità di riconsiderazione teorica.
Entrambe queste categorie si pongono come criteri organizzanti il render conto della propria prassi clinica, riferendosi alle due componenti principali dell’azione psicologica clinica: la teoria e l’evento (Carli, 1987).
Ho provato ad utilizzare questo strumento secondo una modalità indagatoria per avere la possibilità di narrare gli eventi accaduti presso l’ambulatorio d’alcologia - dove ho svolto il tirocinio - non attraverso una semplice descrizione dei fatti, ma esplorando le mie emozioni all’interno della relazione con gli altri psicologi e tirocinanti della struttura, e con gli stessi pazienti.
In sei mesi di tirocinio in un contesto del tutto pratico e poco teorico ho avuto l’opportunità di mettere in discussione la studentessa universitaria che sono e la persona stessa. Inizialmente, ho cercato di adeguarmi al contesto in cui mi trovavo, ma tutto ciò che mi circondava continuava a provocare dentro di me un senso di disagio e, nello stesso tempo, paura di non riuscire ad avere gli strumenti necessari per affrontare un’esperienza nuova e importante. Avvertivo la necessità della presenza di qualcuno o qualcosa che mi guidava giorno per giorno in quest’esperienza e che riuscisse, soprattutto, a farmi diventare parte di quell’ambiente.
Nei primi seminari, tenuti dagli psicologi, ascoltavo ciò che dicevano e mi rendevo conto che non ascoltavo per imparare qualcosa di nuovo, ma, semplicemente per cercare dentro le loro parole ciò che io avevo studiato per tre anni all’università. Sicuramente molto di quello che ho studiato sui libri, non avrei mai potuto riscontrarlo nella pratica perché l’ambulatorio è prettamente clinico.
Mi resi conto, dopo qualche tempo che non era quello il modo giusto per affrontare un’esperienza che mi avrebbe dato molto dal punto di vista professionale e umano, così decisi di cambiare il mio atteggiamento verso l’opportunità che mi era stata offerta.
Da questo momento per me era diventato importante andare oltre a ciò che succedeva quotidianamente in ambulatorio e cominciare a comprendere quello che suscitava dentro di me ciò che giornalmente avveniva.
Da tutto ciò si evince che questi sei mesi, per me, sono stati importanti non solo per integrare la pratica a tre anni di studio teorico, ma anche per crescere e acquisire strumenti necessari per affrontare altre esperienze.

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2 INTRODUZIONE LA SCELTA DI UN RESOCONTO La stesura di questo elaborato è il tentativo, non solo di raccontare la mia esperienza di tirocinio e le emozioni ad essa correlata, ma di approfondire la conoscenza di una realtà che molti di noi credono sia solo un malessere di una parte della società, che colpisce solo determinate persone, e che invece è una malattia nella quale tutti noi direttamente o indirettamente possiamo essere coinvolti. “Il resoconto è un qualsiasi tipo di narrazione che consente a chi la racconta di descrivere un’esperienza e le emozioni ad essa correlate, ciò però non deve essere considerato un mero riassunto di quanto è successo con il paziente, bensì deve essere considerato come un percorso che, da quanto si è fatto conduca in seguito ad una riflessione sulla teoria della tecnica utilizzata all’interno del contesto” (Grassi, 2002). La stesura del resoconto che si riferisce ad esperienze di lavoro, costituisce l’iter formativo d’ogni psicologo clinico, ma è importante differenziare i resoconti clinici da quelli sperimentali. I primi fanno riferimento ad un metodo idiografico - consente di osservare un evento e di interpretarne il significato, risalendo ai momenti che lo hanno determinato - focalizzandosi sulla singola situazione clinica (Lancia, 1990). In psicologia clinica, il resoconto costruisce uno spazio di riflessione sull’esperienza clinica, che permette l’istituzione di un processo conoscitivo che attraverso categorie di lettura rende possibile il costituirsi dell’azione clinica (Gandini, et al., 1990).

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Informazioni tesi

  Autore: Serafina Scannone
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze psicologiche
  Relatore: Chiara Simonelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 58

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Parole chiave

affettività
alcolismo
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