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Il piano esecutivo di gestione: finalità, limiti e controllo

Gli anni ’90 sono stati caratterizzati da un momento di grande crisi politica e istituzionale che ha finito per coinvolgere anche la pubblica amministrazione. La grande produzione normativa avvenuta nell’ultimo decennio del secolo appena trascorso è stata segnata da una grande coerenza che la lega ad un filo comune: quello di avvicinare la P.A. alla società civile con il decentramento di molte funzioni dallo Stato agli Enti Locali e riformando tutta la P.A. su criteri di:
· efficienza cioè competenza e prontezza nell’assolvere le proprie mansioni;
· efficacia cioè la capacità di produrre l’effetto voluto;
· economicità.
I provvedimenti che possano significativamente rappresentare il nucleo del processo di rinnovamento sono riscontrabili nella legge 8 giugno 1990 n. 142 - ordinamento delle autonomie locali; nel decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 - ordinamento finanziario e contabile degli enti locali; nel decreto legislativo n. 286/99 - meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche ed infine nel Decreto Legislativo n. 267/2000 Testo Unico sull’ordinamento degli Enti Locali (TUEL).
Ed è proprio in questo contesto che deve essere analizzato il Piano Esecutivo di Gestione, introdotto col decreto legislativo 77 del 1995. Si tratta, infatti, del documento che dà attuazione concreta al cosiddetto “principio di separazione” tra le funzioni di direzione e controllo, da un lato, e competenze gestionali dall’altro, vero spartiacque tra la vecchia e la nuova pubblica amministrazione.
Per quanto attiene l’impianto espositivo, nel primo capitolo viene a delinearsi sinteticamente il quadro di riferimento nel quale si va a collocare il Piano Esecutivo di Gestione con particolare riferimento all’attività di pianificazione e controllo dell’azione amministrativa dell’ente locale, prendendo in considerazione gli atti a rilevanza finanziaria, programmatoria e gestionale, al fine di fornire le “giuste” coordinate per affrontare l’esame del PEG. Da tale esame affiorano i collegamenti tra il Piano Esecutivo di Gestione e l’organizzazione dell’ente locale nonché il ruolo di raccordo tra organi politici e organi di gestione.
Emerge con chiarezza che il PEG correttamente impostato rappresenta uno strumento programmatico e gestionale di estrema rilevanza per misurare sia la capacità strategica degli organi di governo Sindaco e Giunta, sia la correttezza e la coerenza della gestione, costituendo infatti lo strumento principe per la valutazione delle prestazioni delle risorse umane collegando ad esse la retribuzione di risultato per le figure apicali e gli incentivi alla produttività per le altre categorie di personale.
Il secondo capitolo si occupa in maniera dettagliata del PEG quale strumento che favorisce la distinzione tra le funzioni di indirizzo, che appartengono alla giunta, e quelle di gestione, di competenza dei dirigenti. Si evince, inoltre, la sua importanza perché aiuta la dialettica tra politico e tecnico: la fattibilità degli indirizzi viene "negoziata" tra assessore e dirigente, con il risultato di non avere più "libri dei sogni" irrealizzabili come poteva accadere in passato, ma un budget finalmente credibile, con i responsabili per la sua attuazione individuati in modo preciso.
Il terzo ed ultimo capitolo si sofferma sulle problematiche gestionali degli enti locali. In particolare si evidenzia come il controllo di gestione trattato nei diversi aspetti giuridici, organizzativi ed operativi, sta assumendo sempre più un ruolo centrale nella gestione delle attività pubbliche. La riduzione delle risorse finanziarie disponibili a fronte dei bisogni e domande sociali di intervento crescenti, rende infatti necessario un cambiamento degli strumenti gestionali degli enti, avvicinando
così, il mondo delle aziende pubbliche a quello delle imprese private. Il controllo di gestione, nell’ambito del più ampio sistema dei controlli interni, diventa indispensabile ai fini della necessità di gestire con efficacia ed efficienza le insufficienti risorse a disposizione, puntando su due principali elementi: la strategia e l’organizzazione.
In conclusione, quindi, il PEG può essere considerato il punto cardinale della crescita di cultura manageriale dell’ente: se viene realizzato e utilizzato nella forma programmatica, comprensiva di risorse e obiettivi, segnala un’amministrazione moderna che ha già compiuto l’evoluzione prescritta da tutta la recente normativa in materia; se, invece, è composto da un semplice elenco di capitoli, evidenzia una giunta che intende ancora far sentire il suo peso nella gestione, riducendo o azzerando di fatto le competenze dei dirigenti.

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7 INTRODUZIONE Gli enti locali, cos come altre amministrazioni pubbliche, sono stati oggetto di riforme assai significative nel corso degli anni 90. Questo processo di riforma tende a trasformare la pubblica amministrazione da una configurazione prevalentemente operativa e burocratica in una amministrazione manageriale. I provvedimenti che possano significativamente rappresentare il nucleo del processo di rinnovamento sono riscontrabili nella legge 8 giugno 1990 n. 142 - ordinamento delle autonomie locali; nel decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 - ordinamento finanziario e contabile degli enti locali; nel decreto legislativo n. 286/99 - meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell attivit svolta dal le amministrazioni pubbliche ed infine nel Decreto Legislativo n. 267/2000 Testo Unico sull ordinamento degli Enti Locali (TUEL). Gli appena citati interventi chiariscono il ruolo e le competenze di alcuni strumenti in uso da tempo nella gestione delle imprese private e nelle imprese pubbliche. La strutturazione delle amministrazioni per centri di costo e centri di responsabilit , la contabilit analitica, il contro llo di gestione diventano strumenti di verifica della cosa pubblica e dovrebbero rendere piø trasparente verso l esterno e piø efficiente un apparato dove la consuetudine voleva che fossero tenuti maggiormente in conto gli aspetti formali della gestione rispetto a quelli sostanziali. Ed Ł proprio in quest ottica che deve essere inquadrato il Piano Esecutivo di Gestione, documento centrale del presente lavoro. Il PEG costituisce la cerniera operativa fra organi di governo e organi di gestione, infatti questi ultimi ricevendo obiettivi e risorse assumo la responsabilit di ges tione sia con riferimento alla efficacia che all efficienza. A tal riguardo il PEG costituisce la base di riferimento nonchØ una opportunit per valutare le performance delle risorse umane, collegando ad esso la retribuzione di risultato e gli incentivi di produttivit . Per quanto attiene invece l impianto espositivo, nel primo capitolo viene a delinearsi sinteticamente il quadro di riferimento nel quale si va a collocare il Piano Esecutivo di Gestione con particolare riferimento all attivit di

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Informazioni tesi

  Autore: Angelo Aurigemma
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Salerno
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Commercio
  Relatore: Carmine Pepe
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 108

FAQ

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Parole chiave

decentramento enti locali
piano esecutivo di gestione
riforma p.a.

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