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Il consenso ai trattamenti sanitari per i minori

Chi è legittimato a prestare il consenso ad un trattamento sanitario per il minore? La tesi mira ad approfondire come il minorenne dotato di capacità di discernimento, non possa più essere escluso dal processo decisionale sul trattamento sanitario che lo riguardi, secondo il principio dell'autodeterminazione intesa in senso debole. Quanto detto si giustifica in base alla concezione della potestà genitoriale, non più intesa come mero potere del genitore sul figlio, ma come dovere- potere che esprime la funzione educativa genitoriale. Nelle decisioni in questione, quindi, il genitore non potrà più sostituirsi alla volontà del figlio capace di discernere, ma lo dovrà affiancare e sostenere nel rispetto della decisione che sia espressione del suo miglior interesse.

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6 Capitolo primo LA POTESTÁ GENITORIALE: DA POTERE ASSOLUTO A POTERE – DOVERE La potestà genitoriale e la famiglia costituiscono, nel quotidiano vivere di genitori e figli, il contesto entro cui vengono delineate decisioni e comportamenti che riguardano i membri del nucleo familiare, soprattutto in merito ad atti di natura personale, ad esempio per il consenso ad un trattamento sanitario da sottoporre al figlio minore. Oggi, la concezione comune di potestà genitoriale e del ruolo della famiglia non rispecchiano il modo di concepirla del passato ove, secondo l’etimologia della parola, potestà esprime l’idea del potere nella forma più immediata, comando diretto e supremazia di un soggetto su altri che inevitabilmente versano in una posizione di soggezione. È vero che l’istituto in questione nasce nel mondo romano, ma ricordare che cosa sia la patria potestas originaria e la sua evoluzione nel corso dei secoli sino all’Europa postnapoleonica pare poco rilevante, quando società, costumi, diritti e la stessa concezione di famiglia sono così mutati, tali da rendere non comparabili i modelli attuali con quelli anteriori. Se è pur vero che sia il modello di famiglia riconosciuto dal Codice unitario Pisanelli del 1865, che il contesto sociale italiano per oltre un secolo ancora, continuavano ad attribuire al marito padre capofamiglia, l’esercizio esclusivo della potestà 1 , in una famiglia ancora intesa come ente dotato di un proprio interesse preordinato (tale da sopprimere e limitare gli interessi individuali dei singoli membri) e dominio assoluto del maschio adulto, il secondo dopoguerra e la nascita della nuova Carta Costituzionale italiana cominciano ad incrinare questa concezione della potestà e della famiglia, retaggio di epoche ormai passate. La caduta del fascismo e l’entrata in vigore dal primo gennaio 1948 della Costituzione, innovano la natura nonché i contenuti dell’intero ordinamento italiano. Vengono introdotti nuovi valori e principi, espressi nell’esigenza di tutelare la dignità della persona umana e nella garanzia del suo sviluppo; la Costituzione inaugura una società in cui la persona è il suo centro motore; gli articoli 2, in merito ai diritti inviolabili dell’uomo come singolo e come membro di formazioni sociali ove si svolge la propria 1 Alla madre spettava l’esercizio della potestà solo in caso di morte del marito. La consorte veniva ritenuta soggetto da proteggere, tale da obbligare il marito a tenerla presso di sØ somministrandole tutto ciò necessario ai bisogni della vita, in proporzione alle sue sostanze, ritenendo quale unica posizione consentita per la moglie, quella di accondiscenza verso le scelte in merito all’esercizio della potestà del marito.

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Informazioni tesi

  Autore: Luca Marenchino
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Leonardo Lenti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 160

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