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Il recesso nella s.r.l.

Il diritto di recesso, nella storia anteriore alla riforma del 2003 era visto con sfavore dal legislatore italiano. Fu sempre più messo ai margini, in quanto ritenuto istituto contrario all'integrità del patrimonio sociale, che rappresentava garanzia per i creditori e per la continuità aziendale, e poiché tale strumento era considerato un ostacolo allo svolgimento degli affari sociali.
La riforma del diritto societario ha ridisegnato i tipi societari, inizialmente con la legge Draghi del 1998, poi con la legge Bassanini del 2000, ed infine con la legge-delega Castelli, ovvero L. 366/2001, seguita dal D. Lgs. 6/2003.
Si cercò di affrancare la normativa della s.r.l. da quella della sorella s.p.a., anche aumentando lo spazio riconosciuto all'autonomia statutaria, in modo da rispondere alle esigenze di maggiore flessibilità e personalizzazione insite nelle imprese medio-piccole.
Da una maggiore semplicità della disciplina in oggetto dovrebbe discendere una migliore appetibilità e concorrenzialità del nostro ordinamento con quelli del resto d'Europa, quindi la riforma mirò pure ad una crescita delle imprese e dell'economia del Bel Paese.
Quanto detto è riscontrabile proprio nella regolamentazione del recesso con il quale si volle aumentare la possibilità di investimento come risultante di una più ampia possibilità di disinvestimento, dato che qualora sia riconosciuta una facile uscita dalla società, più probabile sarà l'entrata in essa.
Tra gli obiettivi della Commissione Mirone, che elaborò la Legge n. 366 del 2001, vi fu quello di ampliare il diritto di recesso, come si legge dall'art. 3 comma 2º, lett. f) "…la riforma è ispirata ai seguenti principi e criteri direttivi: … ampliare l'autonomia statutaria con riferimento alla disciplina del contenuto e del trasferimento della partecipazione sociale, nonché del recesso, salvaguardando in ogni caso il principio di tutela dell'integrità del capitale sociale e gli interessi dei creditori sociali;…" Il tutto, quindi, in coerenza a quanto detto precedentemente.
Come si legge dalla Relazione Mirone il legislatore ha cercato di permettere al socio di uscire dalla compagine sociale nonostante la difficile negoziabilità della partecipazione, consentendogli di utilizzare il mezzo oggetto di questa tesi dapprima per contrattare con la maggioranza le scelte di quest'ultima minacciandone l'uso, ed in via successiva, quale extrema ratio, al fine di sottrarsi agli effetti derivanti dalle decisioni della maggioranza a lui non congeniali o addirittura in contrasto con i suoi interessi. Questa scelta troverebbe giustificazione nell'esigenza di creare un contrappeso all'ampia libertà statutaria riconosciuta ai soci in seguito alla riforma.
Merita subito evidenza che siffatta autonomia, sul tema del recesso, accorda ai soci la capacità di prevedere ipotesi convenzionali accanto a quelle legali (oltre a numerose altre aperture), superando la tipicità che lo contraddistingueva.
Oggi il recesso nel suo complesso apre le porte ad una maggiore tutela del socio, cui è appunto permesso di contrattare con la maggioranza e cui è garantita una liquidazione a valori equi, oltre al fatto che talvolta garantisce alla maggioranza una gestione più efficiente in quanto consente di dirimere le controversie che possono insorgere tra i soci nelle more della gestione aziendale.
Tuttavia va sottolineato che siffatta propensione alla possibilità di exit potrebbe portare a degli abusi dell'istituto per raggiungere fini opportunistici ad opera del recedente, trascinando la società in un alveo di incertezza ed instabilità patrimoniale, a danno dei creditori e dell'attività sociale stessa.
Questa tesi vuole analizzare l'istituto del recesso, rinvenendone pregi e difetti, pure al fine di meglio comprendere come l'autonomia delle parti dovrebbe muoversi nel disciplinare efficacemente questo diritto all'interno dell'atto costitutivo. Cercherò di fare chiarezza, per quanto possibile, nei meandri della dottrina, anche metabolizzando le mie convinzioni formatesi nello studio dei molti testi interessati.
Mi auguro che chi nella sua strada dovesse incrociare questo elaborato possa apprezzarne il valore, il tempo speso, lo studio a mio parere approfondito, ma soprattutto possa trovare giovamento da quanto riportato se nella sua realtà lavorativa dovesse essere interessato dagli eventi che andrò ad esporre e criticare.
Sottolineo che nello scritto farò riferimento per lo più alla dottrina di quei commentatori (non tutti ovviamente) che si sono interessati al problema, poiché sono ancora scarse le pronunce giurisprudenziali in materia.

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CAPITOLO PRIMO CONSIDERAZIONI GENERALI SULLA NORMATIVA IN TEMA DI RECESSO. SOMMARIO: 1.1 La nascita del diritto di recesso; 1.2 Verso la riforma della s.r.l.; 1.3 Il “nuovo” diritto di recesso nella s.r.l.: la riforma del 2003; 1.4 Sulle funzioni del recesso; 1.5 I rimedi atti a paralizzare il recesso. In generale; 1.5.1 a) La revoca della delibera; 1.5.2 (segue): Le cause legittimanti diverse dalla delibera; 1.5.3 b) Lo scioglimento; 1.6 Il problema del termine per ricorrere ai rimedi ex art. 2473 comma quinto c.c.; 1.7 Il potere del socio di revocare il recesso; 1.8 Cenni sul problema delle lacune e dell’analogia nella nuova disciplina del recesso. 1.1 La nascita del diritto di recesso. Un primo embrione del diritto di recesso apparve nel nostro ordinamento con il codice di commercio del 1865, nel quale era contenuto un generico cenno alle possibilità di recedere dalle società commerciali 1 . La sua presenza definitiva si ebbe con il codice di commercio del 1882 che lo introdusse contestualmente alla previsione del principio maggioritario (fu inquadrato come principio derogatorio rispetto alla regola per cui un contratto può essere modificato solo con il consenso di tutti i contraenti 2 ; l’idea era concederlo al socio che dopo avere investito in una società si fosse trovato in una situazione completamente diversa 3 ). 1 R. RORDORF, Il recesso del socio di società di capitali: prime osservazioni dopo la riforma, in Le Società, 2003, p. 923 ss. 2 A. DACCO’, Il diritto di recesso: limiti dell’istituto e limiti all’autonomia privata nella società a responsabilità limitata, in Rivista del Diritto Commerciale e del Diritto Generale delle Obbligazioni, 2004, p. 471 ss. 3 S. PARMIGGIANI, La dichiarazione di recesso del socio di s.r.l., in Giurisprudenza Commerciale, 2009, p. 529 ss. 1

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Informazioni tesi

  Autore: Michael Longo
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Silvia Guizzardi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 193

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Parole chiave

giusta causa
legittimazione
trasformazione
recesso
termini
s.r.l.
criteri
autonomia statutaria
modalità
analogia
indeterminato
direzione e coordinamento
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clausola compromissoria
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ultra vires
riforma del 2003
ad nutum
ad personam
recesso parziale
oggetto sociale
medio tempore
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