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Sicurezza internazionale e peacekeeping operations delle Nazioni Unite: la missione nella Repubblica Democratica del Congo

Il punto centrale del mio lavoro riguarda le operazioni di mantenimento della pace e l’analisi svolta cerca di mettere in luce come quando si parla di operazioni di peacekeeping ci si riferisce ad un concetto molto complesso che tocca numerosi punti e questioni critiche, molte delle quali si inseriscono in quell’esigenza di una complessiva riforma dell’ONU per renderla più capace di fronteggiare le attuali sfide internazionali attraverso una struttura che rispecchi il cambiamento delle relazioni internazionali. Le NU hanno ormai compiuto sessant’anni e nel corso dei decenni hanno affrontato alcune questioni spinose come il difficile periodo della guerra fredda che ha comportato una sostanziale paralisi del Consiglio di Sicurezza a causa di un uso eccessivo del potere di veto concesso ai membri permanenti, così come la non completa attuazione del sistema di sicurezza collettiva che ha portato alla nascita delle operazioni di peacekeeping, le quali costituiscono la forma di intervento più significativa utilizzata dall’Organizzazione per adempiere al suo fine fondamentale. Il sistema di sicurezza collettivo è previsto dal Capitolo VII dalla Carta delle Nazioni Unite all’interno del quale vi sono due articoli importanti: il 42 sancisce che l’Organizzazione può intraprendere ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale, quindi le NU potrebbero agire in via coercitiva, ma il condizionale è d’obbligo perché questa prescrizione non può trovare applicazione senza l’implementazione del successivo articolo 43 il quale doterebbe le NU di una forza a carattere permanente, mettendole nelle condizioni di decidere circa l’uso del militare. I due articoli sono profondamenti connessi e ad oggi paralizzati in quanto gli Stati non hanno mai adempiuto agli obblighi derivanti dall’articolo 43. La conseguenza fondamentale di questa mancanza di volontà da parte degli Stati, è che le Nazioni Unite per conseguire il loro fine principale - ossia il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale - hanno intrapreso, fin dalla loro creazione, le cosiddette azioni di peacekeeping, le quali vedono impegnato sia il personale dell’Organizzazione che i contingenti che gli Stati membri decidono di mettere a disposizione, i quali in genere rappresentano la parte più corposa del personale partecipante ad una missione. L’istituzione del peacekeeping può essere considerata come una delle innovazioni più importanti nella storia delle Nazioni Unite, infatti lo stesso Segretario Generali Ghali aveva definito il mantenimento della pace come l’invenzione delle NU, e può essere considerato la più visibile e riconoscibile attività di human security dell’Organizzazione. Le missioni di mantenimento della pace si sono dimostrate anche uno strumento dinamico in quanto le NU nel corso del tempo hanno saputo adattarle al contesto internazionale in continuo mutamento apportando anche delle riforme soprattutto a seguito della crescente richiesta e della necessità di missioni sempre più sofisticate, complesse ed articolate. Emblematico di questa evoluzione è il passaggio da operazioni tradizionali di mantenimento della pace - tipiche del periodo bipolare - a operazioni multidimensionali di peacekeeping, che sono state avviate a partire dagli anni novanta e dispiegate in un contesto non più caratterizzato da conflitti tra Stati, ma da conflitti interni agli Stati stessi originati da tensioni nazionalistiche, etniche o religiose e comportanti un alto grado di violenza contro la popolazione locale. L’agire all’interno di uno Stato martoriato da un conflitto, nel quale l’autorità governativa potrebbe non essere in grado di mantenere la sicurezza della propria popolazione e gestire l’ordine pubblico, necessita di interventi più complessi, multidimensionali e soprattutto caratterizzati da nuove professionalità e competenze e nelle quali un ruolo maggiore viene riconosciuto alla componente civile. Le attuali missioni multidimensionali di mantenimento della pace sembrano dunque voler tradurre in pratica l’approccio della human security elaborato appunto a partire dagli anni novanta dalle Nazioni Unite, ossia l’idea di una sicurezza tesa alla garanzia dei diritti fondamentali dell’essere umano in tutti gli aspetti della sua vita. Infatti le missioni così strutturate non perseguono semplicemente il raggiungimento di uno stato di non guerra, ma lavorano in vari ambiti per eliminare le cause profonde dei conflitti e per creare le condizioni per una pace stabile e duratura a tutti i livelli. Le missioni di multidimensionali di peacekeeping perseguono quindi obiettivi tanto ambiziosi quanto articolati, e tale complessità si è dimostrata sicuramente nella missione nella Repubblica Democratica del Congo nella quale le Nazioni Unite hanno dovuto affrontare molteplici variabili, e che ha rappresentato e rappresenta un importante banco di prova per il peacekeeping delle Nazioni Unite.

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9 INTRODUZIONE Le Nazioni Unite sono state istituite nel 1945 con il fine primario di mantenere la pace e la sicurezza internazionale e nell‟ottica di salvare le generazioni future dal “flagello della guerra” 1 , le cui conseguenze erano ben vive nei ricordi dei padri fondatori. Nel corso dei sessant‟anni, ed oltre, di attività, questa organizzazione internazionale a carattere universale ha affrontato il difficile periodo della guerra fredda che ha comportato una sostanziale paralisi del Consiglio di Sicurezza a causa di un uso eccessivo del potere di veto - concesso ai membri permanenti - che ha impedito all‟organo di adempiere alla sua responsabilità principale ossia quella del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale 2 . Le Nazioni Unite hanno anche dovuto far fronte alla non completa attuazione del sistema di sicurezza collettiva stabilita dello stesso Statuto, che ha portato alla nascita delle operazioni di peacekeeping, le quali costituiscono la forma di intervento più significativa utilizzata dall‟Organizzazione per adempiere al suo fine fondamentale, diventando un elemento costante – quasi permanente – della sua attività. Le stesse operazioni di mantenimento della pace hanno affrontato i cambiamenti conseguenti alla fine dell‟era bipolare che ha comportato un aumento dei conflitti interni agli Stati caratterizzati da forme di violenza contro la popolazione locale, che, conseguentemente, necessitano di interventi più corposi delle Nazioni Unite, le quali, non disponendo delle risorse finanziare, materiali ed umane sufficienti, devono fare continuo affidamento alle volontà degli Stati membri di contribuire o meno alla risoluzione di una determinata crisi. Tale aspetto fa sorgere problematiche dal punto di vista della condotta e della disciplina di tutto il 1 Preambolo della Carta delle Nazioni Unite “Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all‟umanità (…)”, adottata a San Francisco il 26 giugno 1945 ed è entrata in vigore, con il deposito del ventinovesimo strumento di ratifica, il 24 ottobre 1945. 2 Così come disposto dall‟articolo 24 della Carta ONU.

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Informazioni tesi

  Autore: Cristina Fraccalvieri
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Marco Mascia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 259

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Parole chiave

nazioni unite
sicurezza internazionale
peacekeeping
repubblica democratica del congo
monuc
mantenimento della pace
peacekeepers
onuc
monusco
sistema di sicurezza collettivo
misconduct

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