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Gheddafi: la fine di un dittatore - Immagini e parole di una guerra mediatica

Tracciare un profilo ben preciso della figura di Mu’ammar Gheddafi è un’impresa piuttosto complicata. La sua condotta è stata caratterizzata da enormi contraddizioni, da promesse non mantenute e da speranze tradite. Teatralità mista a populismo, schiettezza e ambiguità, provocazione e compromesso, hanno sempre contraddistinto i suoi discorsi alla nazione e al mondo, minandone spesso la credibilità.
La sua è stata una vera e propria dittatura in cui i diritti dei singoli sono stati subordinati al bene di tutto il popolo; anche se rinuncia, formalmente, ad ogni carica politica nel 1979, fregiandosi solo dei titoli di qa’id (guida) e mu’allim (maestro), egli mantiene di fatto tutto il potere. Eliminazione fisica degli avversari politici, militarizzazione delle classi dirigenti e populismo sfrenato sono gli espedienti di cui il Colonnello si è servito per governare per ben quarantadue anni.
Ma in quarantadue anni (1969, colpo di stato degli Ufficiali Liberi – 2011, guerra civile libica e assassinio di Gheddafi) la Libia è anche passata da un livello di povertà estrema ad un grado di welfare unico nel continente africano. La Libia è stata strumentalmente intrappolata nella “primavera araba” pur avendo molto poco in comune con i suoi vicini egiziani o tunisini che tra l’altro beneficiavano del benessere libico lavorandovi; è iniziata una vera e propria guerra civile in cui però una delle due parti, quella dei ribelli, ha avuto il sostegno fondamentale della NATO; i movimenti pacifisti e le sinistre europee, tradizionalmente scettiche sulle soluzioni militari, non hanno avuto dubbi e si sono schierati, con una parte massiccia dell’opinione pubblica, dalla parte della «coalizione dei volenterosi» composta dalla NATO e dai suoi amici arabi.
I media mainstream, Al-Jazeera e Al-Arabiya su tutte ma anche BBC, New York Times e in Italia la Repubblica ed il Corriere, hanno bombardato il pubblico con notizie agghiaccianti circa la repressione atroce in atto in Libia nei primi giorni della rivolta, non preoccupandosi minimamente di verificare i fatti e di accertare le fonti. La maggior parte delle notizie sulla Libia diffuse dal 21 febbraio in poi, che hanno occupato le prime pagine dei giornali e che hanno plasmato l’indignazione dell’opinione pubblica, si sono rivelate in seguito false o notevolmente gonfiate. L’ONU ha dato copertura legale all’operazione sfornando due risoluzioni che violano gli stessi principi della Carta delle Nazioni Unite, privando uno stato membro della sovranità nazionale e autorizzando, in nome dell’ambiguo concetto della «responsabilità a proteggere”, paesi terzi a spodestare un governo legittimo, riconosciuto internazionalmente e omaggiato fino al giorno prima, e ad armare l’opposizione.
Ripercorrere la vicenda di Gheddafi, e soprattutto la sua fine, significa avventurarsi in trame politiche non molto comprensibili, caratterizzate dalla menzogna e da interessi oscuri legati alla crescente rivalità economica, soprattutto energetica e finanziaria, tra blocco occidentale e paesi emergenti come Cina e Russia.

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3 Introduzione «Per 40 anni, o magari di piø, non ricordo, ho fatto tutto il possibile per dare alla gente case, ospedali, scuole, e quando aveva fame, gli ho dato da mangiare convertendo anche il deserto di Bengasi in terra coltivata. Ho resistito agli attacchi di quel cowboy di nome Reagan, anche quando uccise mia figlia, orfana adottata, mentre in realtà cercando di uccidere me, tolse la vita a quella povera ragazza innocente. Successivamente aiutai i miei fratelli e le mie sorelle d’Africa soccorrendo economicamente l’Unione africana, ho fatto tutto quello che potevo per aiutare la gente a capire il concetto di vera democrazia in cui i comitati popolari guidavano il nostro paese; ma non era mai abbastanza, qualcuno me lo disse, tra loro persino alcuni che possedevano case con dieci camere, nuovi vestiti e mobili, non erano mai soddisfatti, così egoisti che volevano di piø, dicendo agli statunitensi e ad altri visitatori, che avevano bisogno di “democrazia” e “libertà”, senza rendersi conto che era un sistema crudele, dove il cane piø grande mangia gli altri 1 .» Tracciare un profilo ben preciso della figura di Mu’ammar Gheddafi è un’impresa piuttosto complicata. La sua condotta è stata caratterizzata da enormi contraddizioni, da promesse non mantenute e da speranze tradite. Teatralità mista a populismo, schiettezza e ambiguità, provocazione e compromesso, hanno sempre contraddistinto i suoi discorsi alla nazione e al mondo, minandone spesso la credibilità. La sua è stata una vera e propria dittatura in cui i diritti dei singoli sono stati subordinati al bene di tutto il popolo; anche se rinuncia, formalmente, ad ogni carica politica nel 1979, fregiandosi solo dei titoli di qa’id (guida) e mu’allim (maestro), egli mantiene di fatto tutto il potere. Eliminazione fisica degli avversari politici, militarizzazione delle classi dirigenti e populismo sfrenato sono gli espedienti di cui il Colonnello si è servito per governare per ben quarantadue anni. Ma in quarantadue anni (1969, colpo di stato degli Ufficiali Liberi – 2011, guerra civile libica e assassinio di Gheddafi) la Libia è anche passata da un livello di povertà estrema ad un grado di welfare unico nel continente africano. Nel 2011 la Libia è stata strumentalmente intrappolata nella “primavera araba” pur avendo molto poco in comune con i suoi vicini egiziani o tunisini che tra 1 M.GHEDDAFI,Recollections of My Life: Col. Mu’ummar Qaddafi, The Leader of the Revolution., 8 aprile 2011, in «www.informationclearinghouse.info», trad.it. da «http://www.thepostinternazionale.it/2011/10/il-testamento-di- gheddafi/»

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Informazioni tesi

  Autore: Carmine Rizzo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze storiche
  Relatore: Rosario Giordano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 57

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