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Approcci ''Open'' e ''User-led'': il ruolo delle tecnologie Web

Quando in azienda si parla di innovazione, i problemi a cui si va incontro sono due: tempi e costi di ricerca. Questi problemi nascono poiché l’opinione prevalente è che le attività di Ricerca e Sviluppo (R&S) debbano essere svolte all’interno dell’azienda. Tuttavia, occorre osservare che questa impostazione è subordinata al ruolo che l’azienda attribuisce alle Information & Comunication Technology (ICT).
Dagli anni ‘80 ad oggi, strumentale ICT si sono evolute notevolmente, i computer sono passati dall’essere dei semplici calcolatori elettronici a strumenti di comunicazione di massa, tramite i quali è possibile integrare diverse fasi del processo produttivo, pensiamo ad esempio ai sistemi di CRM e SCM per l’integrazione, rispettivamente, con clienti e fornitori. L’innovazione che ha più di tutte modificato il modus operandi delle aziende è Internet. In particolare, l’avvento del Web 2.0 ha modificato il ruolo degli utenti del Web, che sono passati dall’essere “osservatori passivi” dei contenuti presenti su Internet, all’essere “attori/creatori” degli stessi contenuti. Questo ha permesso alle aziende di creare un canale diretto con i suoi potenziali clienti, in modo tale da renderli partecipi non solo nelle fasi conclusive della catena del valore.
La comparsa di questo nuovo tipo di utente, ha portato alla creazione di comunità, forum, blog e di numerose piattaforme, dove persone provenienti da tutto il Mondo, possono incontrarsi e scambiarsi opinioni. Spesse volte, tali comunità sono create ad hoc dalle stesse aziende, in modo tale da poter monitorare le opinioni dei consumatori. Tuttavia, la semplice interpretazione di un commento o di un’intera discussione tra utenti, può essere fuorviante. Le aziende si sono quindi poste un interrogativo: “Perché non chiediamo direttamente consiglio agli utenti? Facciamoci dire da loro, cosa vogliono che facciamo per loro stessi”. In questo modo le aziende hanno la possibilità essere informate direttamente dai consumatori “cosa produrre”. Questo fenomeno non va confuso con “la commessa”, in cui il cliente si rivolge ad un’azienda per la realizzazione di un bene personalizzato. Il nuovo fenomeno si sta delineando è caratterizzato da una quantità di dati, generati da un numero elevato di utenti/clienti, indirizzati ad un’azienda che estrapola da essi l’informazione che rappresenterà la base della sua produzione.
In questo modo si è risolto il problema, o meglio il rischio, di produrre un bene che non verrà accettato con successo dal mercato. Restano però in piedi i problemi inerenti i tempi e i costi di R&S. Di conseguenza, le aziende hanno individuato una nuova modalità di utilizzo degli utenti. Invece di farsi dire cosa produrre, fanno in modo che siano i clienti/utenti stessi a produrli.
Alla base di questa strategia c’è il concetto di Maker. Ogni essere umano, dedica il proprio tempo libero alla pratica di un hobby. Una parte di questi hobby concernono la creazione di un qualcosa. Immaginiamo ad esempio, un impiegato di banca che nel proprio tempo libero si dedica alla creazione di mobili in legno nel proprio garage. Questo svilupperà delle competenze nuove, che non utilizzerà nel proprio lavoro e che sviluppa quindi solo per hobby. Le aziende si sono quindi chieste: “Perché non permettiamo a questi individui di utilizzare queste loro competenze in qualcosa di concreto e che può anche garantire loro un ritorno economico?”. Su questa impostazione, aziende come Eli Lilly, hanno creato InnoCentive, dove l’azienda propone dei problemi incontrati nella fase di R&S ai Makers, che possono proporre soluzioni e ricevere dei compensi in denaro.
Questo fenomeno è conosciuto come Crowdsourcing. Secondo il suo creatore, Jeff Howe, la folla di Internet ha una conoscenza collettiva nettamente superiore a qualsiasi laboratorio di R&S, occorre soltanto comprendere attraverso quali modalità è possibile sfruttare a fini commerciali questa conoscenza. Bisogna quindi trovare il modo per incanalare tale conoscenza all’interno dell’azienda per ottenere un vantaggio competitivo. Come tutti i tipi di innovazione, anche in questo caso è necessario introdurre profonde modifiche strutturali all’interno dell’azienda, ma più di altro, è necessario modificare l’approccio di tutti i livelli aziendali nei confronti della cultura Open. Come ha teorizzato Chesbrough, esistono delle barriere psicologiche che impediscono alle innovazioni sviluppate all’esterno dell’azienda di essere prese realmente in considerazione.

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1 Introduzione La tesi che andremo a sviluppare avrà come obbiettivo quello di illustrare i principali approcci Open e User-Led, utilizzati dalle aziende per esternalizzare il processo innovativo. Nel primo capitolo parleremo dell’evoluzione del web, dalla versione 1.0, prettamente monodirezionale, a quella 2.0, che apre le porte agli utenti e consente loro di partecipare attivamente alla creazione dei contenuti web. Il secondo capitolo invece si occuperà di illustrare le 3 pratiche principali: Open Innovation, Open Source e Crowdsourcing. Per quanto riguarda l’Open Innovation, abbiamo preso spunto dal testo di Henry Chesbrough, Open, enfatizzando prima le opportunità derivanti dall’innovazione aperta, e poi, nel Terzo Capitolo, illustrando come le aziende possono sfruttare tali opportunità modificando la propria struttura. Per il Crowdosurcing, abbiamo usato come fonte, l’omonimo libro di Jeff Howe. Come lo stesso Howe, abbiamo impostato l’argomento sul concetto di Folla e di Makers. A supporto della teoria, abbiamo chiesto ai The Jackall, autori di Lost in Google, di parlarci della loro esperienza nel crowdsourcing. Infine, per l’Open Source, abbiamo analizzato il codice dell’Open Source Definition.

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Informazioni tesi

  Autore: Oreste Camera
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli studi di Napoli "Parthenope"
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze economico-aziendali
  Relatore: Concetta Metallo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 185

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