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Valutazione degli effetti del greening sulle aziende agricole italiane

Nella proposta della nuova politica agricola comunitaria per il periodo 2014-2020 è stato introdotto il concetto di greening (inverdimento); con questo termine si indicano le attività agricole considerate favorevoli al mantenimento dell’ambiente e del territorio che saranno remunerate con il 30% del budget PAC, ma che comporteranno nuovi vincoli per gli agricoltori.
Da qui è nato il mio interesse per l’argomento che ho così deciso di approfondire, in particolare per quanto riguarda l’impatto prevedibile per le aziende agricole italiane che ad esso si dovranno adeguare.
Tre sono i principali obblighi del greening, ovvero la diversificazione colturale, il mantenimento delle foraggere permanenti e la destinazione di una parte delle superficie ad aree ecologiche. Le superfici maggiormente soggette a modifiche sono quelle a seminativi e, in particolare, quelle maggiori di 10 ettari.
Per poter valutare l’impatto che causeranno questi tre vincoli, con prevalente attenzione a diversificazione colturale ed aree ecologiche, sono stati utilizzati i dati del database INEA-RICA riguardanti 11.000 aziende campione rappresentative dell’universo agricolo italiano.
Attraverso varie elaborazioni statistiche di questi dati, effettuate tramite Excel, si sono potute ottenere informazioni riguardanti alcuni aspetti fondamentali, quali il numero di aziende italiane che risultano obbligate a introdurre le nuove pratiche colturali, le aree maggiormente interessate dal greening (regioni e zona altimetrica), l’orientamento tecnico economico delle aziende prevalentemente colpite dai suoi effetti e le colture che, più delle altre, subiranno diminuzioni a causa dell’introduzione dei nuovi vincoli.
In sintesi si può dire che: circa il 70% delle aziende agricole italiane si devono adeguare alle nuove normative previste dall’Unione Europea; del restante 30% una piccola parte non rientra nell’obbligo grazie a varie esenzioni. Tra le prime, la maggior parte si trova in Emilia Romagna e in pianura. Il loro orientamento tecnico economico prevalente è quello specializzato nei cereali.
Invece, la coltura che subirà maggior danno dal greening è risultata essere il frumento duro.
In conclusione, non credo che il greening apporterà benefici alle aziende agricole italiane in quanto l’adeguamento che esso richiede è elevato, mentre non appaiono particolarmente evidenti i benefici per l’ambiente ed il territorio.

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1. RIASSUNTO Nella proposta della nuova politica agricola comunitaria per il periodo 2014- 2020 è stato introdotto il concetto di greening (inverdimento); con questo termine si indicano le attività agricole considerate favorevoli al mantenimento dell’ambiente e del territorio che saranno remunerate con il 30% del budget PAC, ma che comporteranno nuovi vincoli per gli agricoltori. Da qui è nato il mio interesse per l’argomento che ho così deciso di approfondire, in particolare per quanto riguarda l’impatto prevedibile per le aziende agricole italiane che ad esso si dovranno adeguare. Tre sono i principali obblighi del greening, ovvero la diversificazione colturale, il mantenimento delle foraggere permanenti e la destinazione di una parte delle superficie ad aree ecologiche. Le superfici maggiormente soggette a modifiche sono quelle a seminativi e, in particolare, quelle maggiori di 10 ettari. Per poter valutare l’impatto che causeranno questi tre vincoli, con prevalente attenzione a diversificazione colturale ed aree ecologiche, sono stati utilizzati i dati del database INEA-RICA riguardanti 11.000 aziende campione rappresentative dell’universo agricolo italiano. Attraverso varie elaborazioni statistiche di questi dati, effettuate tramite Excel, si sono potute ottenere informazioni riguardanti alcuni aspetti fondamentali, quali il numero di aziende italiane che risultano obbligate a introdurre le nuove pratiche colturali, le aree maggiormente interessate dal greening (regioni e zona altimetrica), l’orientamento tecnico economico delle aziende prevalentemente colpite dai suoi effetti e le colture che, più delle altre, subiranno diminuzioni a causa dell’introduzione dei nuovi vincoli. In sintesi si può dire che: circa il 70% delle aziende agricole italiane si devono adeguare alle nuove normative previste dall’Unione Europea; del restante 30% una piccola parte non rientra nell’obbligo grazie a varie esenzioni. Tra le 3

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Maria Locatelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Milano
  Corso: Scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali
  Relatore: Roberto Pretolani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 44

FAQ

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Parole chiave

unione europea
economia agraria
pac
aziende agricole
greening
diversificazione colturale

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