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Tra arte e graphic design

Nell’immaginario collettivo l’artista viene per lo più rappresentato come un uomo solitario, che vive ai margini della società e che, in quanto “genio”, risulta incompreso e inavvicinabile. Niente di più falso in realtà. Da quando, verso la fine del secolo scorso, con la sostituzione della libera concorrenza alla committenza, comincia a svilupparsi il mercato dell’arte nel senso moderno del termine, l’artista è costretto ad avere contatti con il pubblico, prima quello dei mercanti e dei collezionisti, quindi quello sempre più vasto degli appassionati.
A causa di un cambiamento del contesto socio-economico, l’artista è stato costretto a trasformarsi in “manager” di se stesso . Egli non può più rifugiarsi in una torre d’avorio, ma deve far conoscere le proprie posizioni teoriche e le proprie opere d’arte al pubblico. Da un’esigenza di carattere pratico nasce un fenomeno molto diffuso, soprattutto fino al secondo dopoguerra : l’uso del medium della stampa da parte degli artisti, per comunicare con il proprio pubblico.
Soprattutto a partire dai primi anni del Novecento, con l’avvento delle Secessioni e delle Avanguardie , l’uso degli stampati diviene quasi canonico. Non si tratta solo di periodici, che costituiranno l’oggetto d’analisi di questa tesi, ma anche di manifesti o brevi saggi, finalizzati alla spiegazione delle proprie teorie artistiche.
“Tra arte e graphic design” indica il punto in cui si situano le riviste degli artisti. Si tratta infatti di forme ibride, poste tra lo stampato paralibrario, affine al libro, e la stampa d’arte, prodotta in pochi esemplari. Raramente queste forme di stampa appaiono sui manuali di grafica come prodotti di graphic design. Nel caso in cui vengano citate, esse servono solo a rappresentare le origini storiche della grafica contemporanea, pubblicitaria o editoriale. Spesso dunque si dimentica il reale valore comunicativo di queste riviste. Con il termine “grafica” si intendono tutte le attività connesse con le tecniche della scrittura , tuttavia si è soliti operare una distinzione ben precisa tra grafica d’arte e graphic design. La prima è caratterizzata da una diffusione limitata ed esclusiva, il secondo invece viene applicato a prodotti grafici di larga diffusione, solitamente “di massa”, come la pubblicità o lo stampato paralibrario di attualità o costume. Il graphic design utilizza i media definiti “di massa” come la stampa e questa peculiarità dovrebbe distinguerlo da tutte le forme di stampa degli artisti. Tuttavia, questa impostazione è in contraddizione con la constatazione empirica dell’esistenza di forme di comunicazione tra artista e pubblico che si avvalgono della stampa come mezzo di comunicazione di massa. L’espressione “tra arte e graphic design” utilizzata nel titolo indica proprio la caratteristica peculiare delle riviste di gruppi artistici di situarsi a metà strada tra la grafica d’arte a tiratura limitata (xilografie, litografie e acqueforti) e il graphic design di massa.
Le riviste dei movimenti artistici, definite talvolta “petites revues”, per la loro tiratura bassa e per la mancanza di scopi commerciali , sono dunque stampati differenti tanto dalle opere d’arte a tiratura limitata quanto dalle riviste d’arte di tipo generalista. Esse rappresentano i primi tentativi, purtroppo non sempre realizzati nelle dimensioni volute dagli artisti stessi, di una comunicazione di massa tra artista e pubblico. Gli artisti si impadroniscono a pieno degli strumenti del graphic design tradizionale, ma li utilizzano in maniera insolita, creando risultati tipografici innovativi, che rispecchiano, da un punto di vista visivo, le proprie teorie artistiche. Essi, ricercando una comunicazione visiva efficace e adatta al proprio messaggio artistico, contribuiscono allo stesso tempo a rinnovare profondamente la grafica tradizionale, sia pubblicitaria che editoriale.

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La ricerca di un nuovo stile : “Jugend” (1896-1922) Il periodico d’arte “Jugend” (“Münchner Illustrierte Wochenschrift für Kunst und Leben” recita il sottotitolo) rappresenta un caso particolare all’interno del gruppo delle piccole riviste. Esso si propone infatti non tanto di rappresentare le teorie di un movimento o di una tendenza quanto piuttosto di farsi portavoce di un rinnovamento della vita artistica. Fondato da Georg Hirth nel 1896, “uomo pieno di vitalità, di nuove idee e d’entusiasmo” e “promotore di tutto ciò che fosse considerato moderno” 1 , il periodico dà largo spazio ai giovani artisti e alle loro opere, manifestando una sincera predilezione per l’irrazionale, che rappresenta chiaramente una reazione “all’ingenuo razionalismo del diciannovesimo secolo” 2 . Lo Jugendstil si inserisce all’interno di un contesto artistico caratterizzato dal senso di ribellione contro le tradizionali istituzioni didattiche, che si manifesta nel fenomeno delle cosiddette accademie private, come quella di Gustave Moreau, presso cui si forma Matisse, oppure in quello delle Secessioni. La Secessione monacense del 1892, capeggiata da Franz von Stuck, rappresenta in qualche modo il terreno di formazione dello Jugendstil. Le altre Secessioni più importanti in Europa sono quella di Berlino del 1898 e quella di Vienna del 1897 3 . Si percepisce dunque un clima di ribellione e una volontà di forte rinnovamento. Le altre riviste tedesche artisticamente affini a “Jugend” sono : “Pan” a Berlino e “Deutsche Kunst und Dekoration” a Darmstadt, anch’esse nate intorno al 1895-1896. Proprio questa coincidenza di date rappresenta un’indicazione certa di una precisa volontà : “fondare uno stile” 4 . Generalmente gli stili vengono definiti a posteriori, mentre l’unica preoccupazione dell’artista è proporre semplicemente una tendenza artistica, un proprio modo di “fare arte”. Lo Jugendstil nasce invece come stile, vale a dire come un insieme di regole e principi formali pervasivi finalizzati a “creare ex novo una siffatta unità formale, una siffatta intima connessione tra tutti i fenomeni della vita” 5 . 1 FRANZ SCHOENBERNER, Confessions of a European intellectual, New York, Collier Books, 1965, p. 273. 2 v. SCHOENBERNER, op. cit., p. 284. 3 v. DRAGONE ; ROSCI ; NEGRI, op. cit., p. 12. 4 DOLF STERNBERGER, Jugendstil, Bologna, Il Mulino, 1977, p. 37. 5 Ibidem.

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Informazioni tesi

  Autore: Stefania Cima
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1997-98
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze della Comunicazione
  Relatore: Anna Marotta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 485

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Parole chiave

arte
comunicazione visiva
entipologia
graphic design
semiotica
critica d'arte
avanguardie artistiche
periodici d'arte

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