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Il principio di non contestazione: genesi, disciplina e potenzialità semplificatorie nell'ottica del nuovo art. 115 c.p.c.

In via di prima approssimazione può dirsi che il principio di non contestazione, la cui ammissibilità nel nostro ordinamento è stata oggetto di un lungo e tormentato dibattito, si concreta nell'onere della parte, rectius della parte costituita, di contestare i fatti allegati dalla controparte; in mancanza, la parte che quei fatti ha originariamente allegato nel processo deve ritenersi sollevata dall'incombenza di fornire la prova dei medesimi: si tratta della c.d. relevatio ab onere probandi cui fa eco, dal punto di vista del soggetto chiamato a convincersi in merito alla fondatezza dei fatti di causa, ossia del giudice, la possibilità di porre quei fatti, qualora non contestati, a fondamento della propria decisione.

Il ricorso al meccanismo della non contestazione è noto come un espediente di tecnica legislativa dei più antichi, volto a ridurre i tempi necessari per il corretto espletamento della fase di istruzione probatoria, dal momento che i fatti non contestati, proprio in quanto tali, si presumono non più bisognosi di essere corroborati dalle prove, in quanto divenuti ormai 'pacifici' per effetto della non contestazione della parte che avrebbe avuto interesse a contestarli.
Il presente lavoro si prefigge di analizzare se e fino a che punto le ragioni giustificative sottese all'espediente della non contestazione ne autorizzino non solo e non tanto l'adozione nella sede e attraverso le modalità prescelte dal legislatore del 2009, ma ne rendano altresì auspicabile un'eventuale estensione, anche ad ambiti non coperti dall'attuale normativa codicistica. Il riferimento va, in particolare, alle parti contumaciali, che appaiono, prima facie, irragionevolmente escluse dall'esercizio dell'onere di specifica contestazione di cui all'art. 115 c.p.c.

L'analisi assumerà come costante punto di confronto e riferimento la Zivilprozessordnung tedesca, che conosce un utilizzo alquanto esteso del meccanismo di ficta confessio in cui si concreta il ricorso al principio della non contestazione: il sistema processualcivilistico tedesco riconosce valore confessorio non solo al silenzio delle parti in udienza ma anche a quella forma di inattività processuale ben più grave e radicale, che si realizza con la mancata comparizione in giudizio. Si tratta della Versäumnisurteil di cui al § 331 della Zivilprozessordnung, che equipara l'assenza al procedimento civile alla non contestazione: si legge infatti nella disposizione che i fatti affermati dall'attore si danno, in caso di contumacia del convenuto, per ammessi (als zugestanden). La contumacia del convenuto, dunque, viene ritenuta tutt'altro che un comportamento neutro, considerazione di cui, invece, gode pressoché da sempre, secondo una tradizione iniziata con la cognitio extra ordinem sotto l'impero di Giustiniano, presso l'ordinamento processualcivilistico italiano, cristallizzata da ultimo con la sentenza costituzionale n. 340 del 2007 ove appunto la Consulta, nel cassare una disposizione dell'abrogato rito societario che prevedeva appunto una ipotesi di ficta confessio, ha avuto modo di tacciare il suddetto meccanismo come in contrasto con la tradizione del diritto italiano.

Il riferimento al sistema tedesco pare allora particolarmente azzeccato: da un lato, infatti, la disciplina sancita nella Zivilprozessordnung pone non pochi e considerevoli oneri in capo alle parti, a partire da quell'onere di dichiarazioni veritiere in merito ai fatti che diversi progetti di riforma del codice di rito, a partire dal testo predisposto da Chiovenda sino alla più recente proposta Mastella, hanno tentato invano di introdurre nel processo civile, ma senza conseguire alcun risultato concreto, cui fanno eco altrettanti poteri direttivi in capo al giudice, per incentivare tutti gli attori coinvolti nella dinamica processuale a porre in essere una gestione della causa intesa alla sua più razionale e leale risoluzione; dall'altro lato, il canone della ragionevole durata del processo, elevato oggi a principio di rango costituzionale dall'art. 111, comma 2, Cost., come riformato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, risulta pienamente soddisfatto dalla durata media dei processi in Germania, solitamente inferiori all'anno. Tali fattori depongono per considerare il processo civile tedesco quale modello di efficienza; efficienza che, come si vedrà, rappresenta un concetto ben più ampio di quello evocato dal mero principio della ragionevole durata.

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7 INTRODUZIONE Con la legge 18 giugno 2009, n. 69, contenente Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile, in vigore dal 4 luglio 2009, il tradizionale impianto processualcivilistico dell’ordinamento giuridico italiano ha conosciuto non poche innovazioni, assai eterogenee nei loro presupposti nonché nella relativa regolamentazione, ma rispondenti tutte ad un medesimo obiettivo di politica legislativa: rimuovere il principale nemico della giustizia 1 , unanimemente identificato nell’eccessiva durata dei processi. Tale è dunque il filo conduttore della riforma 2 del processo civile. La novella mostra di recepire, quantomeno nelle intenzioni, la diffusa preoccupazione che la tanto criticata lunghezza dei tempi della giustizia italiana possa minare l’effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 Cost., oltre che porsi in evidente contrasto con il principio di ragionevole durata del processo, consacrato dall’art. 111, secondo comma, Cost., così come riformato dalla legge cost. 23 novembre 1999, quale valore fondamentale del nostro tessuto costituzionale. Prima e ancor più che in relazione al processo penale, ciò è innanzitutto vero per quanto riguarda il processo civile, nel quale per eccellenza vengono in gioco gli 1 In questi termini si espresse l’allora guardasigilli Angelino Alfano nella nota lettera aperta che il ministro stesso indirizzò al direttore del Corriere della sera, il 4 luglio 2009. 2 Sulla critica avverso la riconducibilità della novella del 2009 ad una vera e propria riforma del diritto processuale civile v. soprattutto G. BALENA, secondo il quale la millantata riforma si riduce in realtà ‘a una serie di interventi del tutto eterogenei, i quali […] hanno ben poche chances d’incidere positivamente, nel complesso, sulla durata media dei giudizi, ed in qualche caso hanno addirittura un sapore deprecabilmente demagogico’ (G. BALENA, La nuova pseudo riforma della giustizia civile (un primo commento della legge 18 giugno 2009, n. 69), in www.judicium.it.

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Informazioni tesi

  Autore: Rossella Casillo
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Ferrara
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Andrea  GRAZIOSI
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 238

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Parole chiave

tedesco
ragionevole durata
processo civile
confessione
procedura civile
ficta confessio
principio di non contestazione
zivilprozessordnung
115 c.p.c.
relevatio ad onere probandi

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