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Intelligence in un mondo multipolare

Il mondo dell'intelligence appare, alla gran parte dell’opinione pubblica, un ambiente ricoperto da un alone di mistero, da un’aurea d’illiceità e pericolosità, più che un settore speciale dello Stato. Ogni qualvolta nel nostro Paese si argomenta di servizi segreti o d’informazione si tende ad inquadrare il contesto nelle attività “deviate”, in cui l'elemento del sospetto è preponderante, che hanno caratterizzato, nella considerazione generale l’attività degli organi informativi italiani negli ultimi decenni. In realtà, il cittadino non conosce le vere funzioni dell’intelligence per diversi ragioni; la prima motivazione è da imputare alla naturale ed istituzionale ritrosia del sistema di sicurezza ad esporsi all’esterno, in un’ottusa visione dei rapporti che devono intercorrere con la società e col dovuto e necessario controllo politico, da parte degli operatori di “intelligence”; in secondo luogo, comunque, una vera e propria cultura delle istituzioni è ancora oggi assente in Italia, attesa la mancanza nella stessa struttura pubblica di “senso dello Stato”. In tale situazione, è ovvio che la funzione svolta dagli apparati d’intellligence, che operano in uno dei settori chiave di uno Stato moderno, risulti pressoché sconosciuta. Quest'anomalia non è solo italiana , tuttavia, in Italia per ragioni politiche e culturali emerge con preponderanza. L'approccio psicologico al mondo dell'intelligence, inoltre, a volte trascende la politica e la strategia, riconducendosi all'intima natura umana, diffidente verso tutto ciò che non sia direttamente controllabile e visibile. Negli altri paesi europei, e nel resto del mondo occidentale, il rapporto fra opinione pubblica e servizi d'informazione, seppur non sempre limpido e lineare, viene a svilupparsi in maniera più trasparente e pragmatica, in virtù, forse, di una concezione di Stato e di ragion di stato che, sempre per ragioni culturali e politiche, è maggiormente radicata in tutti i settori politici dei vari Stati. Esistono sì polemiche, ma queste non si spingono mai oltre il limite di negare, a priori, l'utilità delle stesse strutture d'intelligence, per l’evidente pericolo che ne potrebbe derivare alla sicurezza nazionale.
I servizi d’informazione sono, principalmente, uno strumento essenziale d’adattamento al cambiamento, uno Stato che non sappia o preveda le azioni o le intenzioni dei suoi vicini, paga conseguenze molto care e spesso fatali. In ogni epoca della Storia, il conoscere in anticipo gli intenti degli Stati (amici o nemici che fossero), ha costituito il dilemma fondamentale ed il problema principale da risolvere per i decisori di politica estera; le informazioni raccolte da spie, diplomatici, traditori, sono state utilizzate per dirigere le scelte politiche, per decidere della pace e della guerra. Ogni Nazione ha bisogno d’informazioni, l’individuo ha necessità di conoscenze e dati, per tale motivo, specie in un’epoca come quell’attuale detta dell’Information Technology, la valenza e l’attitudine a conoscere “le carte in mano all’avversario” , appare sempre più utile e vitale. Nel periodo successivo alla Guerra Fredda, in cui l'ordine bipolare (schematico e rigido) ha ceduto il posto all'instabilità di un sistema multipolare , anticipare le mosse degli avversari o modellarle secondo i propri interessi nazionali, ci sembra debba costituire un imperativo per ogni nazione.D’altro canto, l’attività d’intelligence è strettamente collegata all’attributo della sovranità statale, ed è una funzione così intima cui difficilmente le nazioni rinunciano od intendono mettere in discussione; raramente i paesi condividono i loro segreti, fra Stati amici si può mettere in comune le Forze Armate, vincolandole con la formazione d’alleanze militari, ma il settore informativo rimane sempre saldamente nelle mani dei vari esecutivi. Per quanto riguarda gli studi universitari sull’intelligence, poi, si evidenzia un gran divario fra paese e paese e, in particolar modo, fra le due sponde dell'Oceano Atlantico; mentre nella vecchia Europa il settore è misconosciuto, negli Stati Uniti fioriscono le cattedre di Relazioni internazionali, con i relativi corsi d'intelligence strategico , giacché per il pragmatismo tipico di quella Nazione, sono considerati insegnamenti utili a fornire, alle future classi dirigenti, gli strumenti per poter ben operare nel contesto strategico internazionale.
Obiettivo di questa tesi è quello di evidenziare l’utilità dell’intelligence, chiarendo i motivi che, in generale ed a maggior ragione dopo la Guerra Fredda, premono non solo per la conservazione ma, addirittura, verso l'incremento delle competenze dei servizi d'intelligence, proprio alla luce (ed in relazione) dei nuovi scenari mondiali che, attese le strette connessioni esistenti col ben più ampio settore delle Relazioni Internazionali, influenzano i processi decisionali degli Stati.

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4 INTRODUZIONE Il mondo dell'intelligence (o dei servizi segreti che dir si voglia) appare, alla gran parte dell’opinione pubblica, un ambiente ricoperto da un alone di mistero, da un’aurea d’illiceità e pericolosità, più che un settore speciale dello Stato. Ogni qualvolta nel nostro Paese, poi, si argomenta di servizi segreti o d’informazione, quasi inconsciamente, si tende ad inquadrare il contesto nelle attività “deviate”, in operazioni poco pulite (in cui l'elemento del sospetto è preponderante), che hanno caratterizzato, nella considerazione generale (quanto più o meno giustamente è difficile a dirsi), l’attività degli organi informativi italiani negli ultimi decenni. In realtà, il cittadino non conosce le vere funzioni dell’intelligence per diversi ordini di ragioni; la prima motivazione è da imputare alla naturale ed istituzionale ritrosia del sistema di sicurezza ad esporsi all’esterno, in un’ottusa visione dei rapporti che devono intercorrere con la società e col dovuto e necessario controllo politico, da parte degli operatori di “intelligence”; in secondo luogo, comunque, una vera e propria cultura delle istituzioni è ancora oggi assente in Italia, attesa la mancanza nella stessa struttura pubblica di “senso dello Stato”. Appena si parla di problemi che riguardano i Servizi di sicurezza, ci si scontra con miti, pregiudizi o fantasmi di un’opinione pubblica che ignora il contenuto dell’attività di questi organi. Purtroppo questa situazione non riguarda solo la gran massa del pubblico ma esiste anche nell’Amministrazione, nei più alti livelli della classe politica, dell’industria ed economia. 1 In tale situazione, è ovvio che la funzione svolta dagli apparati d’intellligence, che operano in uno dei settori chiave di uno Stato moderno, risulti pressoché sconosciuta. Quest'anomalia non è solo italiana 2 , tuttavia, in Italia per ragioni politiche e culturali emerge con preponderanza. L'approccio psicologico al mondo dell'intelligence, inoltre, a volte trascende la politica e la strategia, riconducendosi all'intima natura umana, diffidente verso tutto ciò che non sia direttamente controllabile e visibile. Negli altri paesi europei, e nel resto del mondo occidentale, il rapporto fra opinione pubblica e servizi d'informazione, seppur non sempre limpido e lineare, viene a svilupparsi in 1 Pierre Lacoste, “Cultura ed intelligence: un progetto per l’Università”, in “Per Asperam ad veritatem”, anno II, nr. 6, 1996, pp.671-687 2 Henri Brigitte, Le Renseignement. Un enjeu de pouvoir, Paris, 1998.

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Informazioni tesi

  Autore: Marco De Marchi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2000-01
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Giovanni Buccianti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 197

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