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L'espressività del non verbale in Helmuth Plessner

Il presente lavoro tenta di mettere in luce una specifica condizione umana, quella di esprimersi ridendo e piangendo, cioè le due manifestazioni principe dell'espressività non verbale.
L'uomo è l'unico essere vivente che ha accesso a questa modalità espressiva e insieme andremo ad analizzare le manifestazioni e le differenze sostanziali fra le due apparentemente antitetiche reazioni.
Comunemente si dice che gli uomini ridono perché si divertono e piangono perché soffrono, ma è veramente tutto così lineare?
Plessner ci fa notare come in entrambe le manifestazioni ci sia un carattere eruttivo ed improvviso, che ci porta ad una sfera dove manca quell'impronta simbolica per il quale tutto è razionalizzabile, rimanendo così tutto ciò che è manifesto, sotto una forma opaca e incomprensibile; la disorganizzazione è il terreno fertile per la nascita e l'affiorare di questa espressività irruenta da un lato e graduale dall'altro.
Plessner ci fa comprendere che l'uomo perdendo l'equilibrio non perde sé stesso, perché il corpo funge da soluzione ultima ed estrema, mostrandosi così, capace di dare una risposta anche quando nessuna risposta è possibile.
Cercheremo di capire inoltre come Plessner individui nei sensi quel fondamento per una totalità dell'essere umano, che è venuta a mancare con la scissione post-cartesiana, cercando appunto di recuperare quella rottura creatasi.
È fondamentale per questo, comprendere che anima e corpo sono una totalità, un unico indivisibile e non una frattura derivante dal dualismo cartesiano.
Piante ed animali come vedremo, per Plessner non sono meno importanti dell'uomo, ma vengono classificati secondo un ordine di apertura e di chiusura, dove solo l'uomo è in grado di percepire le proprie percezioni.
L'eccentricità è la caratteristica chiave, dove l'uomo ha la capacità di prendere la distanza da sé stesso, percependo ciò che percepisce è quindi consapevole di dover dirigere in un modo culturale la propria vita; scoprendo che l'artificialità è nella sua natura e viceversa la sua natura risiede proprio nell'artificialità.
Quale sia il destino dell'uomo rimane oscuro, un problema aperto ed indefinibile, dove la necessità di divenir coscienti del proprio essere indecifrabile, lo porterà sempre a spostarsi oltre ogni tentativo di conoscenza.

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22 Capitolo secondo Filosofia dei sensi e dell'espressione. 2.1 L'unità molteplice dei sensi. Secondo Plessner l'unità dei sensi è l'unità della persona umana presa nella pluralità dei suoi aspetti, unità che emerge nelle opere e nei comportamenti, molteplici nel tempo e nello spazio. 36 La singola analisi di ogni senso, non può portare alla reale comprensione dell'essere uomo nel suo complesso vivere, è come tentare di sezionare l'acqua in un fiume che scorre; si può mettere un po' d'acqua in un bicchiere, ma quel bicchiere non rappresenterà mai il fiume nella sua totalità. Plessner evidenzia che: considerati di per sé, i sensi non rivelano il segreto della loro molteplicità. Solo inserendoli nell'insieme dell'organismo, che servono e che – come ogni autentico servire - anche dominano, ci si procura l'accesso alla loro unità complessiva. 37 Plessner, inizia a parlare della questione dell'unità molteplice dei sensi ponendosi una semplice domanda: 36 H. Plessner, Antropologia dei sensi, a cura di M. Russo, Milano, Cortina, 2008, pag. 110 37 Ivi, pag. 91

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Informazioni tesi

  Autore: Luciano Maciariello
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Maria Teresa Pansera
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 55

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Parole chiave

antropologia
riso
limite
funzione simbolica
pianto
sensi
helmuth plessner
eccentrico
leggi antropologiche
filosofica dei sensi

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