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Le popolazioni non urbanizzate della Sardegna romana fra III sec. a.C. e IV sec. d.C.

Oggetto principale di questo lavoro sono le popolazioni che, durante il periodo della dominazione romana, non avevano un’organizzazione urbana e che quindi vivevano presso insediamenti agricoli legati allo sfruttamento dei latifondi o in villaggi legati ancora ad un’arcaica struttura di tipo tribale ereditata dalle culture, autoctone e non, che si erano sviluppate nell’isola prima dell’arrivo di Roma.
Subito dopo la pre-colonizzazione fenicia, in cui sono testimoniati numerosi scambi fra Fenici, Sardi, Etruschi e Greci, i Fenici si insediarono lungo le coste dell’isola fondando numerose città che, con la conquista cartaginese, si ingrandiscono e si arricchiscono. L’espansione cartaginese verso l’interno è dimostrata delle guerre contro i Sardi, eredi della civiltà nuragica. La civiltà nuragica arrivò ad un passo dallo stadio urbano: la sconfitta contro gli eserciti cartaginesi segnò, invece, l’abbandono delle zone pianeggianti e collinari per la zona montuosa, di difficile accesso e perciò meglio difendibile. Quando Roma arrivò nell’isola si trovò di fronte a due zone nettamente in contrasto fra loro: lungo le coste, gli insediamenti fenicio-punici con i rispettivi territori sfruttati con la cerealicoltura intensiva erano abitati da una popolazione mista di Punici, Libici e Sardi; nel centro montuoso le popolazioni di cultura nuragica continuarono, invece, la loro esistenza secondo gli usi arcaici razziando le vicine, ricche, zone pianeggianti. Durantè l'età romana il territorio era sicuramente suddiviso in pagi e vici in cui erano presenti piccoli insediamenti abitati da popoli che si erano trasferiti in Sardegna attratti dall’abbondanza di terre da coltivare. Accanto a popoli pre-esistenti l’arrivo di Roma, soprattutto di origine libica, sono segnalate popolazioni di città italiche che, trasferite nell’isola, ottennero in concessione lo sfruttamento di vasti latifondi. La conoscenza di queste popolazioni è dovuta al ritrovamento di cippi di confine in cui sono ricordati i nomi, nella maggior parte dei casi di dubbia identificazione, di queste popolazioni. La zona del centro montuoso che, fino al I secolo d.C., non era completamente romanizzata fu chiamata dai romani Barbaria. L’amministrazione di questa zona dell’isola richiese provvedimenti eccezionali giacché abitata da civitates che non si erano mai sottomesse a Roma. L’organizzazione di queste civitates era di tipo cantonale, in quanto la sovranità non coincideva con una città ed il suo territorio ma con il popolo ed il suo cantone. Roma accerchiò il centro montuoso con una serie di insediamenti militari soprattutto per il controllo delle strade che attraversavano i territori abitati dalle popolazioni più bellicose. Accanto all’aspetto militare rimane l’interrogativo se Roma riuscì mai a sottomettere queste popolazioni: lo studio degli odierni dialetti, vicini come nessun’altra lingua romanza al latino, secondo alcune ipotesi testimonierebbe l’avvenuta sottomissione mentre, secondo altri, la sostituzione delle lingue indigene avvenne solo con l’arrivo del Cristianesimo e quindi le zone montuose si mantennero indipendenti.
La maggior parte di questi popoli non sono localizzabili con certezza mentre, per altri, una semplice menzione di un autore antico o su un cippo permettono di ricostruire in parte il territorio occupato. La scarsezza di informazioni non permette di chiarire se Roma sottomise tutte le popolazioni dell’interno, tuttavia la presenza di strade, ponti, terme, botteghe di lapicidi anche in questi territori sicuramente conferma l’inarrestabile avanzamento del processo di romanizzazione lungo i secoli dell’impero. Accanto alle tracce della romanizzazione permangono, soprattutto nelle epigrafi, elementi legati alla tradizione indigena, testimoni, forse, di un periodo di bilinguismo in cui Roma non era ancora tanto forte da soppiantare le tenaci e resistenti tradizioni arcaiche di questi popoli.

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1 INTRODUZIONE Oggetto principale di questo lavoro sono le popolazioni che, durante il periodo della dominazione romana, non avevano un’organizzazione urbana e che quindi vivevano presso insediamenti agricoli legati allo sfruttamento dei latifondi o in villaggi legati ancora ad un’arcaica struttura di tipo tribale ereditata dalle culture, autoctone e non, che si erano sviluppate nell’isola prima dell’arrivo di Roma. Questo lavoro nasce principalmente dall’esigenza di indagare alcuni aspetti della storia della Sardegna non sufficientemente analizzati e approfonditi: nella sempre più ricca bibliografia riguardante la Sardegna di epoca romana non esiste alcuna monografia specifica che ha dedicato particolare attenzione allo studio di queste popolazioni. Basi indispensabili di partenza per questo studio sono state le opere a carattere generale che hanno dedicato spazio a questo argomento come la Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano di Ettore Pais (in due volumi, del l923), La Sardegna e i Sardi nella civiltà del mondo antico di Camillo Bellieni (in due volumi, del 1928 e del 1931) e La Sardegna romana di Piero Meloni (del 1975 e, in seconda edizione, del 1990): eccetto l’opera di Meloni, si tratta, come si vede, di lavori datati e, appunto, di carattere generale, che

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Informazioni tesi

  Autore: Mauro Montalto
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2003-04
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia
  Relatore: Silvia Giorcelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 243

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Parole chiave

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punici
sardegna
epigrafia
popoli
cippi
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romani
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popolazioni
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