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Morfologia dell'inganno. Parzialità, disinformazione e menzogna nella comunicazione giornalistica.

La possibilità di ingannare esiste perché esiste la possibilità di essere ingannati: la fallibilità e la debolezza cognitiva di ciascuno di noi, la fiducia che riponiamo nei principi comunicativi di Grice, sono il presupposto dell’inganno.Che la possibilità dell’inganno sia insita nella natura umana, e in particolare nel linguaggio, strumento primo di comunicazione umana, lo sostengono diversi autori, da Esopo (e il mito di Prometeo), a Sant’Agostino (e il limite umano del suo non essere cordis inspector), da Ludwig Wittgenstein (Die Sprache verkleidet den Gedanken), a Umberto Eco (e la sua definizione della semiotica come la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire), da Luigi Pirandello (e l’impossibilità della comprensione reciproca nella vuota astrazione delle parole), ad Andrea Tagliapietra (e la phoné che consente di manifestare l’indole ingannatrice dell’uomo).Che l’inganno sia una forma di interazione umana frequentissima, lo dimostra già la ricchezza di espressione a livello lessicale e la vastissima bibliografia che in ogni secolo se n’è occupata. Fatta eccezione dell’inganno intrinseco(lo scherzo, la rivalità) e delle cosiddette menzogne di cortesia non si inganna per il gusto di ingannare(scopo endotelico), ma con il sovrascopo(scopo esotelico) di manipolare le conoscenze dell’altro in modo da influenzare i suoi comportamenti, ed indurlo ad agire in modo che noi possiamo perseguire i nostri scopi. Di conseguenza, quando l’inganno fa uso della comunicazione, esso non la stravolge, non produce discomunicazione: se infatti lo scopo della comunicazione è influenzare l’altro, l’inganno, come strumento di influenzamento, non può che definirsi a tutti gli effetti una forma di comunicazione. Da una prima distinzione tra lo scopo di far credere il falso e lo scopo di non far sapere il vero, si possono dedurre sei strategie d’inganno (omissione, occultamento, falsificazione, falsa conferma, negazione, mascheramento),ma le forme in cui esso si esplica, sono molte: la finzione; la produzione di oggetti falsi; la falsa notizia e i cosiddetti collective misbeliefs (Marc Bloch); la menzogna; il bluff.Ciò che caratterizza l’inganno come tale è l’intenzione, la consapevole volontà di trarre in errore. È l’intenzionalità l’elemento distintivo dell’agire umano. L’intenzione, e quindi lo scopo (endotelico) dell’inganno, non devono essere esplicitati se si vuole che l’inganno abbia successo. Si potrebbe parlare di controperformatività dello scopo di ingannare: esplicitare tale scopo comporta, cioè, la vanificazione dell’atto di inganno. Vi sono, però, casi in cui si esplicita intenzionalmente lo scopo di ingannare: nell’arte, nella letteratura, nell’ironia, nella metafora, nella recitazione, nella magia, nella cortesia, nello scherzare. In tutti questi casi è proprio l’esplicitazione dello scopo (spesso tramite segnali) a permettere la riuscita dell’interazione comunicativa: si potrebbe dunque parlare di performatività (condizione di felicità dell’atto performativo, sarebbe la capacità del destinatario di cogliere i segnali che esplicitano l’intenzione di dare informazioni non vere). Se l’inganno è presente in tutti i fenomeni comunicativi umani, mi sono chiesta se lo sia nella comunicazione su larga scala dei mass media. A proposito dell’informazione giornalistica, si parlerà di disinformazione in quei casi in cui l’informazione falsa, incompleta o fuorviante ha lo scopo di falsificare il vero e diffondere il falso. Forme di disinformazione possono essere dovute alle cosiddette “distorsioni inconsapevoli”, cioè alle pratiche produttive e ai criteri di notiziabilità (newsworthiness) applicati dai giornalisti agli avvenimenti.L’ipotesi di agenda-setting pone l’accento sul ruolo che hanno i media nel determinare, a seguito della loro selezione delle notizie, le priorità dei temi nella consapevolezza del pubblico, e i criteri interpretativi e valutativi da esso applicati alla realtà sociale.Più in generale Gabriel Galdón López individua la causa di “un’informazione distorta” nella pretesa di oggettività del giornalismo(nessuna valutazione critica delle notizie, deresponsabilizzazione del giornalista)che porterebbe a una visione riduttiva, superficiale, frammentaria della realtà e ad un’ipertrofia di informazione, la cui conseguenza sarebbe l’omissione (le cause e le conseguenze degli eventi, i controlli critici sulle fonti, gli eventi ritenuti non notiziabili, le opinioni delle fonti prive di potere) e la falsificazione(i fattoidi).Le nuove forme d’inganno sono oggi l’ostentazione, l’inondazione, il bombardamento di notizie, che impediscono la tematizzazione e portano al dissolvimento dei contenuti.La soluzione sarebbe che il giornalista si rendesse consapevole che la ricerca della verità è possibile solo tramite il giudizio critico sulla realtà, e tramite un’adeguata conoscenza di essa; e che si assumesse la responsabilità di quanto scrive lasciando spazio anche al dubbio.

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5 1.1. L’inganno: il genus Etimologicamente inganno deriva dal latino volgare ingannare, a sua volta derivato dal latino tardo gannat, terza persona singolare del verbo “canzonare”; tale verbo traduce il greco khleuázei, di lontane origini fonosimboliche. In latino classico il termine inganno [deception, Betrug, bluffer, engaño, csalás] può essere tradotto con fraus o fallacia; dolus malus assume il senso di “astuzia maligna”, “frode”, con l’individuazione del valore determinante dell’intenzione malvagia 1 . In greco dólos [δόλoς], ha il senso di “stratagemma”, termine con cui Bowyer definisce l’illusione riuscita, “puntellante lo scopo dell’inganno e pertanto lo scopo strategico” 2 , mezzo cioè per il suo conseguimento; apáte [ πάτη], ha il senso di falsità del racconto per persuadere gli interlocutori 3 . Lo Zingarelli 4 definisce il termine inganno individuando l’aspetto pragmatico dell’intenzione di colui che inganna: “insidia”, “astuzia fraudolenta”, “frode”, “imbroglio”, “raggiro che vuole trarre in errore”. Il Devoto-Oli 5 sottolinea l’aspetto semantico della falsità, in relazione alla rappresentazione della realtà. Nel definire il verbo corrispondente (ingannare) viene sottolineato l’abuso dell’altrui buona fede: “far credere una cosa per un’altra”, “indurre in errore”, “fuorviare”, ma anche “tradire”, venendo meno a un rapporto di lealtà e fiducia, e “deludere le altrui aspettative”. 1 Andrea Tagliapietra, Filosofia della bugia, 2001, p. 192. 2 J. Barton Bowyer, La meravigliosa arte dell’inganno, 1986, p. 71. Con scopo strategico s’intende il “sovrascopo” (scopo finale), per il conseguimento del quale l’inganno risulta essere un mezzo. 3 Andrea Tagliapietra, op. cit., p. 165. 4 Nicola Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, XI edizione, 1990, p. 942. 5 Giacomo Devoto / Giancarlo Oli, Il Devoto-Oli, Vocabolario della lingua italiana 2007, 2006, p. 1392.

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Informazioni tesi

  Autore: Maddalena Crudeli
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Pavia
  Facoltà: Editoria e comunicazione.
  Corso: Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo
  Relatore: Amedeo G. Conte
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 169

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Parole chiave

agenda-setting
comunicazione
controperformativo
discomunicazione
disinformazione
errore
falso
giornalismo
grice
informazione
inganno
intenzionalità
mass-media
menzogna
notizia
notiziabilità
performativo
principi comunicativi
vero

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