5
Per affrontare razionalmente il tema bisogna partire da una definizione di
“bene immateriale” o dalla individuazione delle caratteristiche che tale bene
deve presentare.
L’accezione di componente immateriale è stata definita da autorevoli
studiosi, che hanno esaminato il problema della iscrivibilità in bilancio di tali
risorse. Zappa
1
, ad esempio, scrive che il patrimonio è costituito da due
categorie di beni economici: quella materiale (macchinari, mobili, altri oggetti
“materiali” di proprietà, ….) e quella immateriale, costituita dai beni che
“permettono di procacciarsi beni materiali”, comprensiva della clientela, e di
“tutto quello che rappresenta l’avviamento e l’organizzazione dell’esercizio e
dello studio …”. Il sostenimento di un costo e il fatto che un bene abbia un
presunto valore di scambio sono le condizioni per individuare un elemento del
capitale. Tuttavia, la prima rappresenta la condizione fondamentale a seguito
della consapevolezza dell'esistenza dei " costi sospesi", ovvero di costi che
continuano a originare utilità " certa " anche negli esercizi futuri, quali i costi
di impianto, e " i segreti e i metodi di fabbricazione non brevettati ", ma che
non possono avere un valore di scambio
2
. Zappa così individua gli elementi
patrimoniali, considerando le modalità in base alle quali vengono
contabilizzati, e qualifica beni immateriali gli oneri pluriennali, l'avviamento e
le invenzioni industriali non brevettate ( know how )
3
.
1
Cfr. G. ZAPPA, Il reddito d’impresa, Giuffrè, Milano 1950, pp. 68-69.
2
Cfr. G. ZAPPA, op. cit., pp. 70-71 e pp.129-130.
3
Besta ritiene ricchezze o beni economici soltanto le " cose corporee " e definisce i crediti e
l'avviamento di impresa " condizioni o mezzi per il futuro acquisto di beni "; raggruppa poi gli
elementi attivi del patrimonio in quattro categorie:
1. beni che presentemente appartengono all'azienda
2. i capitali investiti in imprese collettive;
3. i crediti;
4. gli elementi complementari,
E relativamente a quest'ultima spiega che comprende: l'avviamento delle imprese, cioè il valore che
un'impresa prospera ha indipendentemente dai beni suoi o anche il maggior valore che acquistano
questi beni per il fatto che si trovano congiunti insieme e impiegati in modo proficuo oltre il
normale; le quote di somme impiegate per ottenere ricchezza maggiore, le quali non sono ancora "
con assunte " come ad esempio agli affitti di edifici, i canoni per derivazione d'acqua, ....Cfr. F.
BESTA, La ragioneria. Ragioneria generale, Vallardi, Milano 1992, Vol I, pp. 83-ss.
6
L’impostazione zappiana è stata poi seguita dagli economisti aziendali che
hanno così inserito i fattori produttivi strutturali caratterizzati dalla
intangibilità, nel capitale di funzionamento nella voce “immobilizzazioni
immateriali”
4
.
Questi fattori produttivi sono stati individuati considerando la precedente
normativa civilistica sul bilancio d’esercizio:
• beni immateriali in senso stretto o diritti d’uso
• oneri pluriennali
• avviamento
Nel primo gruppo, rientrano i diritti riconosciuti e tutelati legalmente, come i
diritti di brevetto industriale, i diritti di utilizzazione delle opere di ingegno, le
concessioni, le licenze, i marchi. Gli oneri pluriennali sono gli oneri che
vengono capitalizzati perché ritenuti produttivi di redditi per gli esercizi futuri,
come i costi di impianto e ampliamento, i costi di ricerca e sviluppo, ecc …..
L'avviamento infine è inteso come il corrispettivo pagato per l'acquisto di un
complesso aziendale funzionante e il capitale netto di bilancio rivalutato dello
stesso
5
.
La dottrina aziendalistica tende a suddividere le immobilizzazioni
immateriali in due categorie:
1.immobilizzazioni immateriali in senso stretto
2.immobilizzazioni immateriali non rappresentate da beni.
4
A questo riguardo Superti Furga afferma che il concetto di immobilizzazione si rifà a principi
finanziari più che economici, in quanto è connesso alla durata di investimenti di mezzi pecuniari:
sono essi che rimangono immobilizzati nell’impresa per un determinato periodo. Cfr. F. SUPERTI
FURGA, Reddito e capitale nel bilancio d’esercizio, Giuffrè, Milano 1987, p. 108.
5
Cfr. A. AMADUZZI I bilanci d’esercizio delle imprese Utet, Torino 1976, pp. 168-ss; V. CODA – G.
FRATTINI Valutazioni di bilancio Libreria Universitaria Editrice, Venezia 1984, pp.27-ss; P. ONIDA
Il bilancio d’esercizio nelle imprese Giuffrè, Milano 1974, pp. 445-ss; C. CARAMIELLO, Il bilancio
d’esercizio, ieri e oggi, Giuffrè, Milano 1994, p. 87.
7
Alla prima categoria appartengono i brevetti, i diritti di utilizzazione delle
opere dell’ingegno, di diritti di concessione, le licenze, i marchi; alla seconda
fanno invece riferimento i costi capitalizzati, come le spese di impianto e
ampliamento, il disaggio di emissione delle obbligazioni, le spese di studio e di
ricerca, di progettazione, di pubblicità e propaganda, di rappresentanza (..).
Importante è anche la distinzione tra
6
:
1. intangibles specifici autonomi, considerati i veri e propri beni immateriali,
che possono godere di vita propria ed essere teoricamente separati dal
processo economico in cui hanno preso vita ( essi hanno un “ valore di per
sé ”): tipicamente marchi, brevetti e contratti di varia natura.
2. intangibles generici, collegati alle strutture organizzative nei loro diversi
livelli, o riconducibili a specifici beni materiali: la categoria è vastissima ...
Importante è il contributo di G. Brugger
7
, secondo il quale un bene per essere
immateriale deve:
1. essere all'origine di costi a utilità differita nel tempo;
2. essere trasferibile, cioè cedibile a terzi, anche a certe condizioni e
talvolta congiuntamente ad altri beni materiali o immateriali;
3. essere misurabile nel suo valore.
Innovativo appare il requisito della trasferibilità. Esso va inteso nel senso
che il bene può essere ceduto estraendolo dall'azienda in cui si è formato;
tutt'al più concedendo che ciò possa avvenire congiuntamente ad uno o pochi
altri beni materiali ed immateriali. Non è invece bene immateriale un costo
che, pur dotato di utilità differita non sia estraibile o cedibile.
6
Cfr. S. PODESTÀ, “Intangibles e valore” in: Atti del Convegno “Valori di capitale economico e valori
di mercato delle imprese: quali strumenti per attenuare i divari”, Università Bocconi 27/11/1992.
7
Cfr. G. BRUGGER, “La valutazione dei beni immateriali legati al marketing e alla tecnologia” in:
Finanza, Marketing e Produzione, n.1 1989; Cfr. anche L. GUATRI,Trattato sulla valutazione delle
aziende, EGEA, Milano 1998, p. 240.
8
In quest'ultimo caso si potrà solo configurare, ai fini della misura del
reddito, una posta contabile pluriennale
8
.
Il requisito della trasferibilità risponde ad una esigenza rilevante ai fini
dell'individuazione e classificazione dei beni immateriali: esso protegge dal
rischio frequentissimo di sovrapposizioni e di duplicazioni. Nel marketing si
citano come esempi di beni immateriali, le quote di mercato, la rinomanza del
nome, i marchi, i prodotti, le reti di vendita, un management commerciale
efficiente, e così via. Più di una di queste voci sono in realtà modi diversi per
enunciare, più o meno, le stesse cose.
Un altro chiaro esempio è quello dei corsi di addestramento del personale;
costi a utilità in parte differita, e con qualche approssimazione anche
misurabile; ma non cedibili separatamente. La loro cedibilità si realizza,
infatti, solo cedendo l'impresa o un ramo d'impresa: non hanno dunque valore
autonomo. In caso di cessione dell'impresa si tiene conto di tali beni attraverso
il generico apprezzamento di un avviamento.
In questa impostazione, l’avviamento rappresenta il modo mediante il quale
si apprezzano sinteticamente:
• sia le condizioni e i fattori specifici che, pur concorrendo positivamente
alla produzione del reddito, formatisi nel tempo in modo oneroso e con
utilità almeno parzialmente differita, non hanno però un valore
autonomo;
• sia i maggiori valori che talvolta i beni nel loro insieme acquisiscono in
quanto composti in un sistema capace di produrre adeguati redditi.
Da ciò emerge di regola che i beni immateriali riguardano, nelle imprese, le
aree del marketing e della tecnologia. Altri fattori che contengono condizioni
essenziali per la produzione del reddito, quali il personale e del management,
8
Cfr. L. GUATRI, op. cit., pp. 240-ss; “ Si possono cedere…, a prezzi definibili, prodotti, marchi
(qualche volta congiunti), reti di vendita, talvolta anche il nome dell’impresa: ma non altro. Questi
ultimi sono perciò, tutt’al più, i beni immateriali.” Cfr. L. GUATRI “Il differenziale fantasma: i beni
immateriali nelle determinazioni del reddito” in: Finanza, Marketing e Produzione, n.1 1989, p.55.
9
ad esempio, difficilmente sono all'origine di beni immateriali. Essi possono
esprimere in altri termini condizioni rilevanti per conservare e sviluppare la
capacità di reddito dell'impresa; ma la carenza del requisito della trasferibilità
non consente di qualificarli come beni dotati di valore autonomo
9
.
Su questi concetti non c’è però concordanza di opinioni. Un approccio
10
che
astrae dal concetto di trasferibilità autonoma lega gli intangibles determinanti
per il successo dell’impresa ai flussi informativi. Secondo tale impostazione
esiste una stretta connessione tra flussi informativi e risorse immateriali,
9
Cfr. L. GUATRI, op. cit., pp.241-242.
10
Secondo una logica impostazione, i flussi informativi sono alla base delle risorse immateriali, le
quali integrano insieme alle risorse materiali il patrimonio aziendale. Le risorse immateriali sono
ricomprese in tre categorie:
• conoscenza
• credibilità dell’impresa
• dedizione e coesione del personale
Cfr. V. CODA “Il problema della valutazione della strategia” in: Relazione presentata al seminario su
La definizione e la valutazione delle strategie aziendali: criteri, metodi, esperienze Bressanone 11-
12 settembre 1989, in A. GOZZI (a cura di), La definizione e la valutazione delle strategie aziendali
Etas, Padova 1991;
Più precisamente possiamo classificare i flussi informativi e le correlate risorse immateriali secondo
la seguente tabella:
Flussi
informativi
Ambientali Aziendali Interni
Risorse immateriali
di ordine superiore
Conoscenza Credibilità Dedizione e
coesione del
personale
Risorse immateriali
di ordine superiore
• know-how
tecnico
• know-how
produttivo
• know-how
commerciale
• immagine
• fiducia
• marchio
• cultura
aziendale
• stato d’animo
dei lavoratori
• impegno del
management
Non va comunque dimenticato che le risorse immateriali in considerazione sono tra loro avvinte da
molteplici relazioni che variamente avviano circoli virtuosi per l’impresa. Così ad esempio, la
coesione e dedizione del personale favoriscono l'apprendimento, e dunque, la conoscenza, la quale a
sua volta contribuisce, attraverso miglioramenti progressivi dei prodotti in relazione ai bisogni dei
consumatori, ad aumentare la credibilità dell'impresa.
Anche quando l'acquisizione di condizioni di produzione nell'ambito del sistema sociale non
riguarda direttamente le risorse immateriali, va comunque considerato che queste ultime, grazie alla
loro caratteristiche in precedenza viste (e in particolare la molteplicità di uso), risultano spesso
determinanti. L'offerta che l'impresa è in grado di proporre è espressione del patrimonio aziendale, e
cioè delle risorse tangibili e intangibili che concorrono a configurarlo. Cfr.L. POZZA, Le risorse
immateriali. Profili di rilievo nelle determinazione quantitativi d’azienda, EGEA, Milano 1999,
p.14.
10
cosicché si può affermare che ad ogni flusso informativo è collegato un
intangible asset.
Vengono individuati tre tipi di informazioni e di correlate risorse
immateriali:
1. informazioni ambientali: sono flussi informativi che muovono
dall'ambiente verso l'impresa e che determinano risorse immateriali
collegate all'ambiente (know how tecnologico, produttivo, commerciale, e
di mercato);
2. informazioni aziendali: hanno un orientamento opposto rispetto a quelle
precedenti; muovono dall'impresa all'ambiente e generano risorse
immateriali ivi immagazzinate ( grado di fiducia verso l'impresa,
immagine della marca, immagine aziendale );
3. informazioni interne: sono flussi informativi originati e assorbiti
all'interno dell'impresa (cultura aziendale, stato d'animo dei lavoratori,
l'impegno del management).
Per altri studiosi
11
, invece, non è necessario considerare il criterio della
trasferibilità: infatti, " se si rinuncia a valutare i beni immateriali non separabili
ci si ritrova a misurare una parte sempre più ridotta del patrimonio aziendale ".
Sarebbero escluse, così, risorse rilevanti; quali le capacità manageriali,
l’immagine aziendale, l'introduzione nei canali distributivi, le relazioni con la
comunità finanziaria, e così via.
In quest'ottica le risorse fondamentali per l'impresa sono costituite da
conoscenza e fiducia, legate da forti interrelazioni e che rappresentano " due
modi diversi di descrivere gli stessi beni immateriali ".
11
Cfr. S. VICARI – B. BUSACCA – G. BERTOLI (a cura di) coordinato da L. GUATRI, “Working Paper”
in: Progetto intangibles, Ricerca promossa dall’Istituto di aziende industriali e commerciali
dell’Università Luigi Bocconi.
11
Da ciò il principio che " in certi settori, dove è più visibile la componente
fiduciaria e di rapporto con il mercato, i beni immateriali possono essere più
agevolmente misurati e stimati facendo riferimento alla fiducia, in altri mercati
è più facile valutare i beni immateriali con riferimento alla componente della
conoscenza. Ad esempio: nei settori ad alta intensità di marketing è bene fare
riferimento alla fiducia, mentre nei settori ad alta intensità tecnologica, il cui
successo appoggia largamente sulla capacità innovativa dell'impresa, è
opportuno riferirsi alla conoscenza."
12
Gli elementi intangibili derivano da molteplici e eterogenei fattori causali che
non sempre possono essere autonomamente identificati, trasferiti e valutati.
13
Il criterio della identificabilità e ancora più, quello della "astratta trasferibilità"
delle risorse intangibili sono stati utilizzati da alcuni studiosi per delineare che
cosa si deve intendere per beni immateriali.
14
Si possono configurare come " beni immateriali " solo i valori " intangibili "
che, oltre ad essere derivati da un flusso di investimenti e all'origine di benefici
differenziali di entità apprezzabile, sono dotati di " autonoma rilevanza ".
15
Alcuni studiosi
16
rilevano che il criterio fondato sulla identificabilità
dell'elemento presenta una evidente similitudine con quello basato sulla
" separabilità - trasferibilità"; infatti il requisito della identificabilità della
risorsa invisibile è condizione necessaria, ma non sufficiente per garantire la
trasferibilità in via autonoma dall'azienda, del bene stesso. Spesso infatti un
12
Cfr. L. GUATRI, op. cit., p.242.
13
Anche Bruni e Campedelli affermano che la determinazione dell'area di immaterialità dell'impresa
non è agevole da individuare soprattutto per quanto riguarda i fattori immateriali insiti
nell'organizzazione dell'impresa, attinenti alla sua configurazione istituzionale, localizzazione e
grado di divisionalità, nonché al modello direzionale adottato, al rapporto dell'impresa con il
territorio e l'ambiente circostante, con il mercato, con il sistema finanziario, agli investimenti in
ricerca e sviluppo, all'area del personale, ...Cfr. G. BRUNI – B. CAMPEDELLI, “La determinazione, il
controllo e la rappresentazione delle risorse immateriali nell’economia d’impresa”, in: Sinergie, n.30
1993, pp. 89-90.
14
Cfr. S. BIANCHI MARTINI, Interpretazione del concetto di avviamento. Analisi dei principali
orientamenti della dottrina italiana, Giuffrè, Milano 1996, pp. 222-223.
15
Cfr. G. BRUGGER, op. cit., p. 40.
16
Cfr. A. RENOLDI, La valutazione dei beni immateriali,EGEA, Milano 1992, pp. 24-25.
12
valore immateriale, anche se identificato, non è suscettibile di autonoma
separazione dalla azienda.
17
Possiamo concludere che i beni immateriali hanno un loro autonomo valore
patrimoniale quando si verifichi almeno una delle seguenti due condizioni:
1. che siano effettivamente estraibili dall'impresa cui appartengono senza
compromettere la continuità di vita e perciò l'esistenza;
2. se rimangono nell'impresa, cioè non vengono estratti, che assicurino una
adeguata redditività, cioè risultati storici e prospettici " in linea " con
rischio attribuibile all'investimento in tali beni.
17
Molti autori, fra cui ricordiamo anche Guatri, sostengono che il requisito della “ideale
trasferibilità” sia da preferire a quello della “identificabilità”, poiché protegge maggiormente dal
rischio di sovrapposizioni e duplicazioni. Cfr. L. GUATRI, “Il differenziale fantasma: i beni
immateriali nelle determinazioni del reddito” in: Finanza, Marketing e Produzione, n.1 1989, p. 54.
13
1.1.1 Modelli di classificazione degli intangibles.
Data la complessità della materia, ancora oggi non si è pervenuti ad una
classificazione dei beni immateriali di generale accettazione; o quanto meno ad
una elencazione che non comporti da un lato sovrapposizioni e duplicazioni,
lacune e omissioni dall'altro.
Dalle osservazioni precedenti appare inutile tentare di scomporre gli
intangibles in tante classi : il rischio di sovrapposizioni è troppo alto.
Guatri riconosce che le aree in cui è più agevole identificare gli intangibles
sono il marketing e la tecnologia; ci si potrebbe quindi limitare a queste due
classi definendo adeguatamente i contenuti dell'una e dell'altra.
Tutt'al più si può pensare a tre classi : oltre alle due citate gli " altri
intangibles " legati alla conoscenza e alle capacità, non collegabili
direttamente né al marketing né alla tecnologia. Andare al di là di questa
tripartizione potrebbe portare a inutili ripetizioni.
La soluzione preferibile
18
, almeno nell'ottica delle valutazioni di capitale
economico e di capitale potenziale, è quella che adotta il criterio della
dominanza. Ciò per evitare il rischio di duplicazioni e sovrapposizioni, in
presenza di situazioni in cui i valori degli intangibles appaiono legati sia al
mercato (ovvero in altra versione alla fiducia), sia alla tecnologia (ovvero alla
conoscenza). Tale criterio conviene sulla “opportunità di stimare gli
intangibles globalmente, come beni legati alla tecnologia o al marketing,
secondo la prevalenza dell'uno o dell'altro profilo”.
È evidente che i beni immateriali sono soltanto punti di vista diversi per
esprimere concetti e fenomeni che in parte si sovrappongono. E’ quindi più
18
Cfr. L. GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano 1998, pp. 245-ss.
14
agevole comprenderli in pochi o addirittura in un unico valore, al quale può
essere relativamente indifferente applicare questa o quella denominazione.
L’espressione in un'unica entità del valore dei beni immateriali trova una
necessaria ed ineliminabile verifica nelle capacità reddituali dell'impresa. Se
l'impresa non ha la capacità di produrre adeguati redditi, non ha senso
attribuire valore ai beni immateriali; anche se la loro riproduzione comporta
certi costi, non sarebbe conveniente riprodurli.
Da ciò deriva l'ovvia conseguenza, dato che il reddito è un concetto unitario,
non distribuibile tra i singoli beni immateriali, che la verifica della congruità
del valore attribuito a tali beni deve avvenire complessivamente. Quindi
un'ipotetica attribuzione di valori distinti ai vari tipi di beni immateriali non
potrebbe essere verificata, nell'aspetto reddituale, per singoli beni.
19
Si è osservato
20
che le risorse immateriali si dividono, sul terreno contabile,
in tre categorie:
1. beni immateriali
2. costi pluriennali
3. avviamento
Ciascuna delle categorie ora richiamate ha dei collegamenti più o meno diretti
con le categorie di intangibles definite conoscenza, credibilità dell'impresa e
dedizione e coesione del personale; inoltre, ciascuna delle risorse immateriali
presenta propri " percorsi tipici " di genesi e sviluppo contabile. Le tre
categorie in parola sono a loro volta compendiate, nell'ambito delle sintesi
contabili nelle cosiddette “immobilizzazioni immateriali”.
19
Cfr. L. GUATRI, op. cit., p.246.
20
Cfr. L. POZZA, Le risorse immateriali. Profili di rilievo nelle determinazioni quantitative d’azienda,
EGEA, Milano 1999, p. 107.
15
I caratteri distintivi delle risorse immateriali possono riassumersi
21
nelle
seguenti:
• molteplicità di uso: le immobilizzazioni immateriali costituiscono
tipicamente risorse strumentali per lo svolgimento dell'attività di impresa che
partecipano, contemporaneamente o in tempi diversi, a più processi e a più
combinazioni produttive parziali in contesti competitivi differenti, e ciò con un
grado di elasticità che non è paragonabile con quello che caratterizza le
immobilizzazioni materiali.
• ambiguità causale: spesso non è agevole identificare in modo preciso
tutte le relazioni di causa - effetto che sono alla base di una definita
immobilizzazioni immateriale; ci sono operazioni di gestione corrente non
specificamente riferibili al medesimo intangible che concorrono alla sua
affermazione e al suo consolidamento, espresso in modo inconsapevole.
Questo discorso vale per i beni immateriali, per i costi pluriennali e,
soprattutto, per il valore di avviamento, le cui relazioni di causa-effetto sono
spesso di impossibile identificazione.
• instabilità del valore: le immobilizzazioni immateriali sono soggette, per
loro natura, ad "escursioni di valore” particolarmente ampie e repentine. Il loro
valore, infatti, da un lato è particolarmente sensibile alle varie opzioni che
intervengono nelle variabili ambientali di contesto, cosiddette esogene,
dall'altro soggiace a fenomeni di incremento e di deperimento " endogeno ",
altamente imprevedibili e molto difficili da monitorare. L'instabilità del valore
delle risorse immateriali porta una elevata aleatorietà della vita utile delle
attività in questione e alla non scontata soggiacenza delle medesime a
fenomeni di deperimento economico; infatti alcuni intangibles possono
registrare incrementi del proprio valore in conseguenza di un intenso
“utilizzo”.
21
Cfr. L. POZZA, op. cit., pp. 108-109.
16
• specificità aziendale: le immobilizzazioni immateriali coprono una
funzione e un ruolo fortemente integrato con l'azienda di cui sono parte
cosicché è difficile pensare alla loro esistenza e al loro profittevole impiego al
di fuori del contesto che le ha generate e sviluppate. Ciò è intuitivo per i costi
pluriennali e per l'avviamento, il cui trasferimento è subordinato a quello
dell'intera azienda o di un ramo della stessa. E, quindi, il valore delle
immobilizzazioni immateriali è condizionato sensibilmente dal contesto in cui
tali risorse si sono formate e spesso la realizzazione di tale valore è di carattere
indiretto, in quanto non esistono mercati organizzati ed efficienti nell'ambito
dei quali le immobilizzazioni in esame sono scambiate.
Un’altra classificazione
22
che si può ritenere sempre valida individua le
seguenti categorie:
• immobilizzazioni immateriali in senso stretto, ovvero i “beni
immateriali”, suddivise in due sottoclassi:
1. quelle dipendenti da riconoscimenti pubblici come i diritti di brevetto
industriale, i diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno,...;
2. quelle dipendenti da fattori economici come l'avviamento;
• immobilizzazioni immateriali non rappresentate da " beni ", che non
costituiscono, quindi, il cosiddetto " attivo reale ", suddivise in:
1. quelle espressamente previste dalla legislazione come le spese di
impianto e di ampliamento, il disaggio di emissione, le spese di
ricerca e sviluppo, le spese di pubblicità, ecc ...;
22
Cfr. R. POLI, “Problemi attuali di valutazione in tema di immobilizzazioni” in: Il bilancio
d’esercizio.Problemi attuali, Giuffrè, Milano 1978, pp. 100-ss.
17
2. quelle non previste dalla legislazione ma derivanti da costi a
carattere pluriennale come i costi per formule e processi, di
organizzazione, di addestramento del personale, ecc ...
Tale classificazione distingue le immobilizzazioni immateriali considerando se
i fattori produttivi intangibili hanno un riconoscimento giuridico e in tal caso
qualificandosi beni immateriali, oppure sono privi di protezione giuridica e,
perciò, ritenuti strutturali a seguito di una scelta aziendale.
Tuttavia, tale classificazione è in contrasto con la definizione di capitale di
impresa come insieme coordinato di beni economici.
Nell'ambito dei beni immateriali derivanti da scelte del vertice aziendale
23
si
possono distinguere quelli identificati e quelli non identificati dalla normativa
giuridica sul bilancio di esercizio.
Nella prima categoria rientrano i costi di impianto e ampliamento, i costi di
ricerca e sviluppo e i costi di pubblicità; tali beni immateriali sono infatti
previsti nella classe B I dello schema di stato patrimoniale, disciplinato
dall'articolo 2424 del codice civile e 2426.
24
23
Cfr. A. PARIS, I beni immateriali nel bilancio d’esercizio, Giappichelli Editore, Torino 1996, p.18.
24
A questo riguardo è opportuno ricordare lo schema di stato patrimoniale come previsto dall’art.
2424 c.c.: esso suddivide la attività immobilizzate (macroclasse B dell'attivo) in tre classi: le
immobilizzazioni immateriali, materiali e finanziarie, e prevede per le immobilizzazioni immateriali
la seguente articolazione:
Immobilizzazioni
I. Immobilizzazioni immateriali
1. costi di impianto e ampliamento
2. costi di ricerca, sviluppo e di pubblicità
3. diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere
dell’ingegno
4. concessioni, licenze, marchi e diritti similari
5. avviamento
6. immobilizzazioni in corso e acconti
7. altre