2
locale si riconoscesse nell’organizzazione distrettuale e possedesse, al
proprio interno, le capacità necessarie per realizzarla. Altri fattori,
direttamente legati alle economie di localizzazione e ritenuti quindi
indispensabili per il successo del distretto, erano:
ξ l'organizzazione del lavoro fra imprese (specializzazione delle
imprese);
ξ la presenza di macchinari specializzati;
ξ un mercato del lavoro specializzato e l'accumulo di competenze
tecniche;
ξ lo sviluppo di attività sussidiarie alla specializzazione produttiva
dell’area (servizi specifici alla produzione);
ξ la riduzione dei costi di transazione;
ξ un’ atmosfera industriale, identificabile in una generica "capacità
di saper fare che derivava dal patrimonio cumulato di conoscenze e
di preparazione dei lavoratori e degli imprenditori (questo concetto,
peraltro, risulta essere il carattere distintivo e non replicabile dei
distretti industriali, il quale permette, non solo di produrre nel
modo più efficiente date le condizioni tecnico-economiche, ma
anche di accogliere prontamente ed applicare vantaggiosamente
tutte le innovazioni interessanti);
ξ un positivo atteggiamento verso l’innovazione (l’ambiente socio-
economico è, infatti, disponibile ad accogliere, discutere e
applicare le nuove idee, risultando in tal modo, un terreno
particolarmente fertile allo sviluppo di ulteriori miglioramenti).
Inizialmente, Marshall non pose il distretto industriale come
oggetto di interesse principale delle proprie analisi, ma lo studiò
3
all’interno dell’organizzazione industriale intesa come fattore
produttivo.
In “Industry and Trade” - l’opera della maturità - egli ha modo
di scrivere: “Quando si parla di distretto industriale si fa riferimento
ad un’entità socioeconomica costituita da un insieme di imprese,
facenti generalmente parte di uno stesso settore produttivo e
localizzate in un’area circoscritta, tra le quali vi è collaborazione ma
anche concorrenza.”
1
Fondamentale, dunque, è il richiamo alla
categoria socioeconomica - con tutto quello che ne consegue in
termini di fiducia reciproca tra i residenti di un certo territorio -, alla
concentrazione territoriale, e alla divisione del lavoro tra imprese in
modo da scomporre il processo produttivo, e dare a tante imprese
separate - ma in concorrenza con altre omologhe, della stessa fase-
spezzoni della lavorazione che prima era integrata verticalmente nella
stessa impresa; in questo contesto si inserisce l’immaginifico richiamo
alla “atmosfera industriale”, così definita da Marshall: “In un distretto
industriale dove si concentrano grandi masse di persone addette a
mestieri specializzati simili, i misteri dell’industria non sono più tali; è
come se stessero nell’aria, e i fanciulli ne apprendono molti
inconsapevolmente”
2
.
Sulla base di questa impostazione, ed avendo sotto gli occhi la
realtà sua più vicina (il distretto laniero di Prato), Giacomo Becattini -
1
A. Marshall, “ Industry and Trade. A study of industrial technique and business
organization”, Macmillan & Co, London, 1919. Grazie a questo interesse per il distretto
marshalliano, Marco Balestri nel 1981 ha provveduto a tradurre di nuovo l’altra opera
fondamentale del nostro :“Priciples of Economics”.
2
A. Marshall, “Principles of Economics”, Macmillan & Co, London,1890; trad. italiana
“Principi di Economia”, UTET, Torino, 1959; per un’antologia dei principali scritti di
Marshall, e per consistenti brani di “Industry and Trade”, si consulti: G. Becattini (a cura
di), “Marshall.Antologia di scritti economici”, Il Mulino, Bologna, 1981.
4
ordinario di Economia Politica presso l’Università di Firenze - amplia
e puntualizza il concetto: “Il distretto industriale è un’entità socio-
territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area
territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata,
di una comunità di persone e di una popolazione di imprese
industriali”, mentre “per quanto concerne la comunità di persone, il
tratto più rilevante è costituito dal fatto che essa incorpora un sistema
abbastanza omogeneo di valori che si esprime in termini di etica del
lavoro e dell’attività, della famiglia, della reciprocità, del
cambiamento”
3
. Questa definizione sintetica di distretto è
generalmente condivisa dagli studiosi che di questo argomento si
occupano.
Il riconoscimento giuridico del distretto industriale (L. 317/91)
e i provvedimenti di politica economica che ne sono derivati hanno
poi, definitivamente contribuito a rendere popolare il termine
"distretto industriale", facendolo diventare un’espressione del
linguaggio corrente.
È da rilevare, tuttavia, come questa popolarità non abbia,
assolutamente contribuito ad un inquadramento teorico preciso del
distretto industriale e soprattutto, non abbia permesso agli stessi
"distrettualisti" di far capire quanto la società locale, attraverso il
territorio dove appunto economia e società si compenetrano, fosse
determinante nella spiegazione del cambiamento economico, così che
le politiche per lo sviluppo locale avrebbero dovuto abbandonare
visioni settoriali e diventare, invece, politiche territoriali.
3
G. Becattini ,“Il distretto industriale: un nuovo modo di interpretare il cambiamento
economico” ,Rosenberg & Selier,Torino, 2000.
5
È accaduto, spesso, al contrario, che il distretto industriale fosse
interpretato, in modo semplicistico, come un mero raggruppamento
territoriale di piccole e medie imprese o come una localizzazione
industriale caratterizzata da una certa forma organizzativa, quando
invece la sua natura è di costituire una "macchina" sociale attraverso
la quale produrre beni e soddisfare, contestualmente, il bisogno di
integrazione sociale degli agenti umani della produzione.
Al di fuori, infatti, di un sistema locale che identifica un
ambiente di vita quotidiano non vi possono essere distretti industriali.
Se l’individuazione del distretto industriale, nella realtà
concreta, muove direttamente dalla ricerca della presenza di industrie
nel territorio e non dall’identificazione come distretti industriali dei
sistemi locali, ciò che si ottiene è solo una mera descrizione della
distribuzione geografica dell’industria. A ciò si potrebbe peraltro
obiettare che l’industria, così individuata, è organizzata da imprese fra
loro interdipendenti che condividono uno stesso processo produttivo,
una caratteristica questa, tipica dell’impresa distrettuale. Ma questa,
come altre caratteristiche relative alle imprese, non basta a fare di quel
territorio un distretto industriale.
Neppure la specializzazione produttiva ci dice granché sulla
distrettualità di quel territorio. Il ritrovamento empirico di industrie
specializzate è la norma in un’indagine geografica, non l’eccezione.
L’evoluzione teorica che dalle economie esterne di
localizzazione arriva fino alla formulazione di un "paradigma
distrettuale" nasce, quindi, come superamento del concetto di industria
e si propone come un nuovo modo di interpretare il cambiamento
6
economico nella convinzione che questo non può essere compreso al
di fuori della società, sempre considerata nella sua territorialità, vale a
dire come società locale all'interno della quale le forze economiche
concretamente agiscono ed evolvono
4
. È nella società locale, anche
attraverso la sua apertura verso l’esterno, che si forma un ambiente
socio-culturale adatto alla realizzazione di forme diverse di
organizzazione industriale. Di conseguenza, il semplice
riconoscimento di concentrazioni industriali nel territorio non
avvalora l’esistenza di un distretto industriale
5
.
Il concetto di distretto industriale prevede, infatti, che struttura
produttiva e struttura sociale si compenetrino vicendevolmente.
In termini operativi questo principio di compenetrazione può
essere interpretato attraverso l’individuazione, in un sistema locale, di
una struttura produttiva che si riflette in quella sociale e viceversa (ad
esempio nel senso che ad un’industria, il cui tratto statistico più
rilevante delle imprese che la costituiscono è la modesta dimensione,
corrisponde una società locale, il cui tratto statistico più rilevante degli
individui che la costituiscono è la presenza di piccoli imprenditori e
lavoratori autonomi). L’interdisciplinarietà, quindi, degli elementi,
oggetto di analisi e l’oggettiva difficoltà di inquadrare il fenomeno
all’interno di un univoco paradigma teorico, hanno avuto come
conseguenza diretta, nel corso di questi ultimi anni, la proliferazione
di numerose definizioni di "distretto industriale".
4
Cfr.: BECATTINI G., Dal "settore" industriale al "distretto" industriale. Alcune
considerazioni sull’unità di indagine dell’economia industriale, Rivista di economia e
politica industriale, 1979, n. I, pag. 7-21.
5
Cfr.: SFORZI F., LORENZINI F., "Le economie esterne marshalliane e il distretto
industriale", in IPI L’esperienza italiana dei distretti industriali, Roma, 2002, pag. 20.
7
I.2 Definizioni di distretto industriale
Dopo Becattini, numerose sono state le definizioni che, nel
corso degli anni '90, hanno cercato di individuare in maniera precisa le
caratteristiche del fenomeno distrettuale. Tra queste è opportuno
ricordarne qualcuna.
Nel 1991, l’International Institute for Labour Studies definì i
distretti industriali come "sistemi produttivi geograficamente definiti,
caratterizzati da un alto numero di imprese impegnate in diversi stadi
e in modi diversi nella produzione di un prodotto omogeneo. Una
caratteristica significativa è costituita dal fatto che gran parte di queste
imprese sono piccole o molto piccole". E’ opportuno sottolineare, in
questi studi, l’evidenziazione della particolare "natura sistemica" del
distretto industriale derivante dall’interdipendenza organica tra le
varie unità produttive specializzate, ciascuna, in una particolare fase
della produzione o nell’erogazione di un determinato servizio
6
.
Secondo l’Istituto Tagliacarne il distretto industriale è un
"sistema interattivo di imprese (minori) spazialmente concentrate,
operanti in differenti fasi del ciclo produttivo, che interagisce con una
determinata popolazione, operai e non, su di un territorio ristretto"
7
.
Il Club dei Distretti Industriali definisce il distretto come un
"modulo caratterizzato dalla compresenza attiva, in un’area
6
Cfr.: PIKE F., SENGENBERGER W., "Introduzione", in Pyke F., Becattini G.,
Sengenberger W., Distretti industriali e cooperazione tra imprese in Italia, Banca Toscana
studi e ricerche, Firenze, 1991, pag.16.
7
Cfr.: VISCONTI F. “Le condizioni di sviluppo delle imprese operanti nei distretti
industriali”, Egea, Milano, 1996, pag. 15.
8
circoscritta, di una popolazione di imprese. Una nuova visione del
rapporto tra sistema produttivo e sistema sociale, una realtà che
meglio di ogni altra ha preservato il patrimonio di artigianato, arte,
natura, cultura e gastronomia che ci viene dal passato ma dove meglio
si avvertono i fermenti del nuovo"
8
.
E ancora, l’ISTAT, nel 1996, definisce il distretto industriale
come "un’unità socio-economica a base territoriale locale, dove
interagiscono una comunità di persone e un certo numero di imprese
medio-piccole che prendono parte ad uno stesso processo produttivo"
9
.
Secondo l’IPI (2002) "il distretto industriale si configura come
un sistema locale caratterizzato dalla compresenza attiva fra un
raggruppamento umano e un’industria principale costituita da una
popolazione di piccole imprese indipendenti, specializzate in fasi
diverse di uno stesso processo produttivo"
10
.
All’interno delle definizioni e dei relativi studi posti in essere,
ciò che emerge, in definitiva, è comunque l’esistenza di un tratto
comune, identificabile nel fatto che entrambi insistono molto sul
complesso intreccio di fattori non solo economici ma anche e
soprattutto storici, culturali e sociali che permettono il funzionamento
del distretto, conferendogli nello stesso tempo caratteristiche proprie e
distintive. Come afferma lo stesso Becattini, infatti, il tratto più
importante del "sistema locale – distretto industriale", consiste proprio
nel "fatto che esso è un meccanismo socioeconomico, alternativo alla
8
Cfr.: Il sito http://www.clubdistretti.it.
9
Cfr.: ISTAT, “Rapporto sull’Italia 1995”, Il Mulino, Bologna, 1996, pag.
10
Cfr.: SFORZI F., LORENZINI F., "Una definizione di distretto industriale", in IPI,
L’esperienza italiana dei distretti industriali, Roma, 2002, pag. 22.
9
grande impresa tradizionale, di incentivazione dell’innovazione, da
cui dipende, in definitiva, l’allargamento del mercato e, a sua volta,
l’incremento della produttività"
11
. Il problema fondamentale, quindi,
non è tanto quello relativo ad una specifica definizione quanto
piuttosto quello concernente la necessità di configurare il distretto
stesso come area di studio in continua evoluzione capace, in primo
luogo, di offrire nuovi strumenti concettuali attraverso i quali poter
comprendere l’economia e lo sviluppo economico, e in secondo luogo,
di poter identificare nuovi ruoli per l’impresa, il governo e le
istituzioni, nonché di fornire nuove metodologie attraverso le quali
articolare le relazioni tra imprese e governo e fra imprese e istituzioni.
Il distretto industriale, quindi, se, da una parte, sfugge ad una
definizione univoca dall’altra deve tuttavia poter rappresentare un
oggetto di indagine rispetto al quale sia possibile delineare in maniera
precisa quelle che possono essere considerate le sue caratteristiche
peculiari.
In relazione a ciò, il distretto può, quindi, essere definito come
un complesso sistema di valori e di orientamenti normativi,
caratterizzato da un incessante spirito di iniziativa, peraltro,
largamente condiviso in relazione ai principali aspetti della vita, quali
il lavoro, il consumo, il risparmio, e l’atteggiamento nei confronti
dell’incertezza, il quale determina, a sua volta, un ambiente culturale
favorevole all’iniziativa economica, influenzandone le relazioni
industriali e l’attività dell’amministrazione pubblica. L’elevata
attitudine e disponibilità delle singole persone e delle famiglie al
11
Cfr.: BECATTINI G.,”Imprese in concorrenza. Distretto competitivo, la bandiera di
Porter” Il Sole 24 Ore, sezione: Cultura e Società, 18/04/99.
10
lavoro autonomo, nelle sue diverse forme di lavoro a domicilio, lavoro
autonomo, artigianato, piccola imprenditoria, favoriscono, inoltre, la
formazione e la diffusione di capacità organizzative e creative, di
pragmatismo, di abilità individuali e di gruppo. All’interno del
distretto, l’organizzazione della produzione si realizza attraverso
piccole e medie imprese indipendenti tendenzialmente coincidenti con
le singole unità produttive di fase che risultano essere collegate tra
loro tramite la connessione di reti informative e di transazioni
specializzate mediante le quali si realizzano forme di coordinamento e
di cooperazione più o meno esplicita. Ciò è reso possibile, inoltre,
dalla divisibilità tecnica del processo produttivo che permette il
conseguimento oltre che di economie esterne di localizzazione anche
delle economie interne di scala. Questa spontanea divisione del lavoro
che si realizza fra le imprese è la naturale conseguenza della notevole
espansione di una domanda di beni non standardizzata, caratterizzata a
sua volta, da un’elevata frammentazione qualitativa e da un’estrema
variabilità temporale a fronte della quale l’industria principale del
distretto manifesta un adattabilità "dinamica" che soddisfa esigenze di
elasticità (variazione quantitativa della domanda) e di flessibilità
(variazione qualitativa della produzione) che gli derivano dalle
capacità funzionali diffuse fra i suoi lavoratori e dalla specificità della
formula produttiva. Intelligenza organizzativa, capacità di
sperimentazione e agire pratico, talento creativo ed inventiva, abilità
artigianali, competenze tecniche e capacità di innovazione, sono, poi,
le qualità intrinseche che conferiscono dinamicità al distretto
11
industriale nel suo insieme e che rappresentano il suo reale punto di
forza nello scenario competitivo internazionale.
L’industria principale del distretto, insieme alle industrie
ausiliari e ai molteplici servizi ad essa funzionali, si dimostra inoltre
pervasiva nei confronti dell’ambiente locale fornendo occasioni di
lavoro virtualmente a tutti gli strati della popolazione: giovani, adulti e
anziani, uomini e donne.
L’affermazione di questi valori, all’interno del distretto,
permette poi, una completa identificazione, da parte della società
locale nel "territorio", piuttosto che nell’azienda, come invece accade
(o dovrebbe accadere) nei poli industriali dominati dalla grande
impresa.
Il distretto industriale, in definitiva, esprime la possibilità, per
una concentrazione geografica di numerose piccole imprese
specializzate, di organizzare la produzione in modo efficiente,
analogamente a quanto avviene all’interno di un singolo grande
stabilimento. Ciò è reso possibile ai flussi di economie esterne che si
generano localmente fra le imprese e che derivano, a loro volta, dal
patrimonio di conoscenze, di valori e di comportamenti tipici, che si
riflettono nelle istituzioni attraverso le quali la società locale agisce
sull’organizzazione industriale
12
.
12
Cfr.: SFORZI F.,LORENZINI F.,”Una definizione di distretto industriale” in IPI,
L’esperienza italiana dei distretti industriali, Roma, 2002, pag. 23.