4
CAPITOLO 1
IL PROCESSO D’ACQUISTO TRA RAZIONALE ED EMOTIVO
1.1 Concezione e limiti dell’approccio tradizionale.
L’approccio tradizionale al marketing identifica nel consumatore un soggetto che attraverso il
processo d’acquisto mira a soddisfare un bisogno.
Alla base di questo comportamento si individuano alcune ipotesi:
- il consumatore ha un bisogno/desiderio e sa come poterlo soddisfare;
- l’acquisto è il nesso per la soddisfazione del suo bisogno;
- il consumatore riconosce tale nesso.
L’idea di consumatore che ne scaturisce è quella di un soggetto razionale, in grado di capire quale
bisogno gli si pone di fronte e in quale modo esso può essere soddisfatto attraverso l’acquisto di
determinati beni o servizi. Un soggetto che agisce secondo criteri logici. Tuttavia l’approccio
tradizionale non è il solo a descrivere il processo d'acquisto del consumatore. La logica bisogno–
acquisto– beneficio presenta dei limiti interpretativi.
Nello studio della decisione del consumatore, infatti, occorre porre attenzione anche al fattore
emotivo. A tale scopo, è di fondamentale importanza comprendere come il problema sia
riconducibile al concetto di bisogno.
Per bisogno si intende “una forza fondamentale che segnala uno stato di malessere fisico o
psicologico, reale o percepito come tale dal soggetto, che induce tensione e che può essere placato o
trasformato in un appropriato stato di benessere mediante l’ uso di un dato bene e servizio”
[Collesei, 2000, 72].
L’approccio tradizionale identifica in tale insoddisfazione il nesso fra prodotto e scelta d’acquisto,
costituendo lo stimolo ad eliminare la tensione che genera una pulsione d’acquisto.
In tal senso, si può fare una prima distinzione tra acquisti razionali e acquisti emotivi. Ai primi si
giunge a termine del processo d’acquisto intenso in senso tradizionale: percezione del bisogno Æ
identificazione di una possibile soluzione Æ valutazione delle diverse alternative Æ decisione di
acquisto.
Gli acquisti emotivi invece, sono frutto di un processo che introduce necessità di tipo emozionale,
fattori talvolta istintivi, non necessariamente riconducibili al bisogno che determina l’avvio del
processo d’acquisto. Il fatto di giungere all’acquisto di un nuovo modello di cellulare in circostanze
5
che prescindono dalla necessità di cambiarlo perché non più funzionante o obsoleto ma bensì legate,
ad esempio, ad una casualità per cui ci si è trovati vicino al punto vendita e vi si è stati attratti, può
rappresentarne un’esemplificazione.
Anche acquistare un set di lampade in un pomeriggio di svago dedicato ad una visita al centro
commerciale, quando ciò non si collega minimamente alla necessità di illuminare ulteriormente la
casa.
In tali situazioni, le fasi del processo d’acquisto così come prima descritte non sono in grado di
spiegare l’effettivo svolgersi della scelta e del consumo. Possono piuttosto essere rappresentate da:
impulso indefinito Æ decisione di acquisto.
Appare quindi plausibile il verificarsi di processi d’acquisto nei quali bisogni e valutazioni intesi in
senso tradizionale passano in secondo piano rispetto a pulsioni tipo emotivo. Ciò avviene in quanto
ognuno di noi è mosso da stimoli inconsci, dovuti ad un’insoddisfazione, piuttosto che a desideri o
curiosità che si trasferiscono nel comportamento d’acquisto. Non è raro ad esempio acquistare un
oggetto solo nella speranza che questo ci permetterà di essere rivalutati agli occhi di altri soggetti.
Spesso diviene difficoltosa anche la semplice individuazione dei bisogni. Di frequente, infatti, si
giunge all’acquisto convinti di aver trovato soluzione ad una necessità, quando invece si è appagata
solo una motivazione apparente. I bisogni di stima e di appartenenza della scala di Maslow (1982)
forse sono i più adatti per comprendere questo aspetto. Il primo riguarda la ricerca da parte
dell’individuo di un riconoscimento che lo faccia sentire positivamente valutato e apprezzato; il
secondo si riferisce all’ identificazione o alla affiliazione che gli individui desiderano sentire nei
confronti dei soggetti con cui entrano in contatto, appartenenti a determinati gruppi sociali.
Le osservazioni fatte, quindi, evidenziano come gran parte dei comportamenti dei consumatori
appaiono irrazionali, imprevedibili e di difficile comprensione proprio perché letti con strumenti
inadatti. La distanza che separa aspetto irrazionale da quello emotivo, ci permette di affermare che
gli strumenti del marketing tradizionale non sono in grado di spiegare tutti i processi di acquisto.
Due recenti filoni del marketing che appare opportuno richiamare, spostano l’attenzione dai
benefici di tipo funzionale dei prodotti (caratterizzanti l’oggetto della valutazione razionale del
consumatore), prendendo in considerazione l’aspetto che a noi più interessa: quello emotivo.
Il primo filone è rappresentato dal marketing esperienziale, basato più sull’esperienza del consumo
che sul prodotto in sé e in cui obiettivo del marketing è proprio quello di individuare che tipo di
esperienza più valorizzerà il prodotto.
Il marketing esperienziale costituisce secondo Pine e Gilmore (2000) l’attuale fase dello sviluppo
economico, successivo ad economia industriale ed economia dei servizi. Considera l’esperienza di
consumo, in particolare dell’uso del bene da parte del consumatore, come offerta e fonte di valore
che eccede quella derivante da beni e servizi [Resciniti, 2004].
6
Il concetto vede alla base il coinvolgimento su dimensioni cognitive, emotive e sensoriali del
consumatore e lo scopo che si prefigge è quello di aumentare l’interazione emotiva tra prodotto,
servizio e ambiente da un lato, e consumatore dall’altro: eliminando ogni possibile barriera al
contatto come fanno ad esempio i negozi della catena di profumerie Sephora, in cui tutto è
accessibile fisicamente, oppure cercando di esaltare quanto più possibile gli stimoli sensoriali, come
ad esempio fa un’azienda tedesca produttrice di biscotti, la Bahlsen, assoldando addirittura un
esperto acustico per rendere più coinvolgente il rumore dei biscotti al momento del loro assaggio
[Resciniti, 2004].
Nel presente lavoro ci si propone di focalizzarsi proprio su quest’ultimo aspetto introducendo il
concetto di marketing polisensoriale.
Tema d’avanguardia per il marketing e per questo ancora poco trattato, almeno in Italia, il
marketing polisensoriale si basa sulla constatazione che le sensazioni irrazionali che accompagnano
il processo d’acquisto dipendano molto dagli stimoli sensoriali indotti nel consumatore al momento
della decisione.
Se questo è vero, l’azienda potrebbe cercare di trasmettere gli stimoli sensoriali più efficaci al fine
di convincere il consumatore sulla compatibilità del prodotto o servizio con le proprie esigenze.
Acquista quindi la possibilità di concentrarsi su un tipo di comunicazione che solleciti
adeguatamente i sensi del consumatore, spesso eccedendo rispetto alle sole espressioni visive e
auditive e conferendo quindi all’oggetto da promuovere un’identità a tutto tondo.
Problema del marketing polisensoriale è quindi quello di comunicare sensazioni.
Diventa di conseguenza opportuno, prima di soffermarsi sul concetto di marketing polisensoriale,
prestare attenzione al fattore comunicazione.
7
1.2 Nuove potenzialità per la comunicazione.
In generale, per realizzare gli obiettivi di marketing e quindi anche fornire informazioni e
influenzare il comportamento del cliente l’impresa utilizza i più svariati strumenti di comunicazione:
pubblicità, vendita personale, relazioni pubbliche, promozioni. La comunicazione è indispensabile
per creare quel rapporto duraturo impresa-cliente di cui si necessita per ottenere un vantaggio
competitivo rispetto ai concorrenti.
A causa dell’incessante evoluzione dei prodotti e della loro rapida imitabilità è tuttavia necessario
comunicare valori che restino nel tempo stabili e possano essere ricollegati solo alla impresa che li
comunica. Valori che la rappresentino e che ne delineino preferenze ed opinioni inducendo i
riceventi a condividere i suoi obiettivi. Per l’impresa è necessario esprimere la sua identità; e fa
questo attraverso la comunicazione di costanti, di somiglianze strutturali al variare dei singoli
elementi necessari al suo giudizio [Collesei, 2000].
Non è opportuno inoltre che trasmetta contraddizioni tra immagine di marca e immagine di impresa.
Di conseguenza l’immagine che ne scaturisce riguarda tutte le funzioni aziendali e comunicante
diviene l’impresa nella sua globalità.
Si avranno in questo modo più livelli di comunicazione:
-comunicazione di marca, l’immagine che il consumatore si fa di una marca in concorrenza con
altre. A volte coincide con quella di prodotto essendone una specie d'involucro protettivo. Altre
volte è necessario che prodotti della stessa azienda destinati a pubblici diversi siano differenziati
proprio tramite la brand communication
-comunicazione di marketing, il modo in cui i clienti percepiscono la qualità dell’intera offerta di
marketing (marketing mix, prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione, attraverso cui
l’impresa introduce, afferma e difende una certa combinazione prodotto/mercato). L'immagine di
marketing dell’ impresa è il modo in cui il consumatore valuta l’offerta dell’impresa rispetto quella
dei suoi concorrenti
-comunicazione di prodotto, che riguarda gli atteggiamenti e le credenze del consumatore verso un
prodotto.
-comunicazione corporate, che racchiude l’immagine marketing e questa, a sua volta, l’immagine
concernente marca e a prodotto.
Individuato l’obiettivo che ci si pone in questo lavoro, particolare interesse acquista la
comunicazione di prodotto. Oggigiorno gli attributi dei prodotti in grado di fornire efficaci varianti
in prestazione e funzione d’ uso sono sempre più rare e di conseguenza la comunicazione deve agire
sempre più a livello di immagine: migliorare l’immagine che il consumatore si è fatto o si deve fare