2
contratti, di rinunciare a carriere intese come percorsi professionali
disegnati e garantiti nel lungo termine, di convincersi che non esistono
più stabilità e fedeltà all’azienda?
1
Alla base di tale scelta vi è, innanzitutto, per una parte di questi
lavoratori, l’idea per la quale il lavoro è considerato non solo più come
mezzo per avere uno sostentamento economico ma anche come strumento
di realizzazione personale, per raggiungere uno status o per fare carriera;
dunque, le persone, soprattutto i giovani, sono indotti a rifiutare posti di
lavoro ritenuti non congrui con le proprie aspettative o con quelle del
proprio ambiente sociale e familiare.
A ciò si deve aggiungere che le trasformazioni in atto nei modi di
produrre e di organizzare il lavoro, supportate dall’incessante ricerca di
maggiore qualità ed elasticità, creano sempre nuovi mestieri, i quali
richiedono preparazione e professionalità più qualificate, innescando così
inevitabili processi di flessibilizzazione e segmentazione del mercato del
lavoro. Crescono, di conseguenza, la differenziazione professionale, la
complessità delle prestazioni lavorative e si allarga l’area dei lavori
“atipici” (contratti a termine, job-sharing
2
, part-time).
Va, tuttavia, segnalato che in questo clima di differenziazione si assiste,
altresì, ad un processo di destrutturazione di tempi e di processi
nell’ambito delle imprese, per effetto del quale, da un lato, è
estremamente improbabile che si possa restare tutta la vita nella
medesima azienda e, dall’altro lato, è assai probabile che soltanto a pochi
capiterà di svolgere lo stesso lavoro o di mantenere il medesimo mestiere
per tutta la vita
3
.
La diffusione del lavoro interinale è, peraltro, favorita da una
strumentazione normativa più duttile e articolata, che ha consentito non
solo di progettare il “nuovo”, ma anche di rimediare alle carenze connesse
1
R.Sennet, “L’uomo flessibile”, Ed.Feltrinelli, Milano 2003, pag 10
2Job-sharing : lavoro condiviso o ripartito. E’ un contratto che può essere a tempo determinato indeterminato.Consente a
due persone di dividersi un’unica prestazione lavorativa, le ore di lavoro e la retribuzione. Entrambi si assumono l’impegno
di sostituire l’altro in caso di indisponibilità.
3
A.Accornero,”Questo secolo se ne va, e il lavoro cambia in fretta…”, in “Il Mulino”, 6/1996, pp.1027-1036
3
alla struttura e al funzionamento del mercato del lavoro, ponendosi, in
quest’ultimo caso, come strumento essenziale per combattere la
disoccupazione e per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
In questa prospettiva, il lavoro interinale, introdotto in Italia dalla legge
196 / 1997 dopo un lungo iter legislativo, ma già presente nel panorama
europeo da diverso tempo, costituisce uno strumento innovativo, “utile al
fine di ridurre in via diretta la precarietà dell’occupazione presente in
determinati segmenti della forza lavoro” (Liso,1992)
4
.
Va, peraltro, considerato che, se la flessibilità rappresenta una costante di
ogni discorso sugli scenari attuali e futuri del mercato del lavoro, la
parola d’ordine in riferimento al rapporto tra lavoro e famiglia, soprattutto
in ambito di studi e di proposte relative alle esperienze e alle prospettive
della componente femminile, è, invece, quello di conciliazione
5
.
Da un lato, proprio l’aumentata richiesta di flessibilità da parte delle
aziende e delle organizzazioni invade oggi il tempo della vita in modo
così massiccio che il problema di come conciliare i due tempi non può più
essere lasciato all’esclusiva capacità dei soggetti; dall’altro lato, sono
diventate più visibili le modificazioni relative ai soggetti del lavoro: al
centro della scena lavorativa e dei discorsi sul lavoro non troviamo più
solo i soggetti “forti”, lavoratori maschi in età centrale, ma anche una
pluralità di soggetti - maschi e femmine, giovani e anziani, connazionali
ed immigrati - aventi diversi bisogni, prospettive e “presenze”, sia sul
fronte del lavoro per il mercato che su quello delle aspettative di vita al di
fuori del lavoro
Ed è proprio dall’assumere come punto di vista principale le
trasformazioni dei soggetti nel mercato del lavoro e i rilevanti
cambiamenti nella composizione della mano d‘opera (crescita numerica
delle donne, aumento delle donne qualificate e scolarizzate, aumento delle
4
F.Liso, “La proposta De Michelis per un disegno di legge sul lavoro intermittente tramite agenzia”, in Diritto delle
relazioni industriali, 1/1992, pp.109-116.
5
S.Gherardi, B.Poggio, “Pratiche di conciliazione: tra fluidità e trappole di genere”, in Atti del Convegno Nazionale ed
Europeo CIRSDe “Che genere di conciliazione? Famiglia, Lavoro e Genere: equilibri e squilibri”, tenutosi a Torino il 28-29
maggio 2003.
4
coppie a doppia carriera e delle famiglie monogenitoriali, crescente
predisposizione dei giovani padri a seguire la cura dei figli, aumento della
complessità del lavoro familiare e dei soggetti destinatari del lavoro
familiare, ad esempio anziani non autosufficienti,ecc.) che si può e si
deve parlare di conciliazione tra tempi diversi della vita.
La ricerca
L’obiettivo che ci si prefigge in questa sede è quello di studiare il
fenomeno dell’espansione dei contratti atipici, in particolare il contratto di
lavoro interinale, e di analizzare in quali tipologie familiari vivono le
persone che hanno un contratto di lavoro interinale, spostando quindi
l’attenzione dall’individuo all’unità sociale a lui più prossima.
A questo proposito si vuole, quindi, cercare di mettere in luce come siano
le strategie familiari uno dei principali fattori per i quali determinate
categorie di lavoratori – donne, giovani, disoccupati a lunga durata ecc..-
, a fronte di una maggiore domanda di flessibilità nei contratti di lavoro
nei vari settori produttivi ed occupazionali, ricorrano sempre più
frequentemente ad esso. Se da un lato ci sono lavoratori, e di conseguenza
famiglie, penalizzati dalla condizione di precarietà e instabilità di uno o
più componenti, in altri casi riescono a tramutare questo stato in una
condizione vantaggiosa.
Quindi, è necessario focalizzare l’attenzione, da un lato, sulle
caratteristiche, le modalità di funzionamento e le potenzialità di questo
lavoro “atipico”, anche alla luce delle modifiche introdotte nel 2003 con
la Riforma Biagi, e, dall’altro lato, sulle conseguenze della sua diffusione
come strumento di ausilio alle imprese e a quei lavoratori, che non
riescono ad inserirsi nel mercato del lavoro, oppure come opportunità per
conciliare le attività di cura con quelle di lavoro per il mercato.
Infatti, non interessa solo i giovani che , non trovando un’occupazione
stabile , sono costretti a collezionare differenti lavori, ma anche adulti
usciti dal mondo del lavoro, che si trovano a sperimentare questa
5
condizione in un mondo del lavoro con caratteristiche differenti rispetto al
passato.
Per svolgere questa ricerca, occorre utilizzare le famiglie come unità di
analisi e di riferimento, ma bisogna innanzitutto anticipare un aspetto
importante che emerge da recenti ricerche, ovvero la mancanza di fonti di
dati che includano informazioni dettagliate sulle condizioni familiari dei
lavoratori interinali.
Quindi per avere un quadro più completo sulle condizioni di vita dei
lavoratori interinali e delle famiglie in cui vivono è necessario avviare
un’indagine sul campo, che consenta di ricostruire la struttura socio-
demografica della famiglia, individuare tutti gli attori presenti nella
famiglia, sia coloro che ne costituiscono la parte attiva (i lavoratori) , sia
coloro che ne costituiscono la parte non ancora attiva (i giovani ancora
inattivi) e quella inattiva ( coloro che per scelta o condizione , non si
relazioneranno mai con il mondo del lavoro) e le condizioni di vita. Data
questa premessa, si è deciso di condurre un’indagine esplorativa,
effettuata a Casale Monferrato, mediante interviste a 20 lavoratori
selezionati all’interno di agenzie di lavoro interinale e suddivisi in egual
numero tra uomini e donne. L’idea di scegliere Casale Monferrato come
città in cui svolgere questa ricerca nasce dal fatto che essa mi ha visto
nascere e in cui ho vissuto per molti anni, e quindi l’interesse è senz’altro
maggiore, dettato anche da una maggiore conoscenza del suo tessuto
economico.
La struttura della tesi
La tesi sviluppa due momenti distinti.
In un primo momento si analizza il mercato del lavoro, oggetto negli
ultimi quindici di profonde trasformazioni, che hanno portato a ripensare
al lavoro come legato sempre più ad una logica di flessibilità, derivante
da una molteplicità di fattori, alcuni dei quali mondiali (concorrenza
internazionale, globalizzazione), altri più legati alla società locale ( Cap
6
1). E’ importante non solo studiare le cause di questa logica, , ma anche le
conseguenze e le implicazioni delle forme di flessibilità di lavoro sui
lavoratori (Cap 2). A questo proposito si vuole approfondire un esempio
di flessibilità: il lavoro interinale (Cap 3). In un secondo momento
l’attenzione è rivolta al contesto socio-economico primario nel quale
l’individuo è inserito, ovvero la famiglia, in quanto soggetto di decisioni e
attore che partecipa alla vita quotidiana della società. In particolare si
vuole guardare il lavoro attraverso la famiglia non semplicemente come
“luogo economico”, dove converge il frutto monetario del lavoro dei
singoli al fine di soddisfare la necessità dei consumi familiari, ma come
luogo dove si intrecciano le differenti condizioni lavorative e
professionali e comprendere l’impatto della precarietà e della instabilità
sui sistemi familiari (Cap 4) .
L’ultima parte del lavoro fa riferimento all’indagine condotta. Dopo una
presentazione della struttura del mercato del lavoro del territorio casalese
(Cap1), della struttura del campione e del tipo di interviste somministrate
(Cap 2), segue l’illustrazione dei risultati della ricerca (Cap 3).
In appendice si riporta la traccia dell’intervista condotta.
7
PARTE I
CAPITOLO I
LE TRASFORMAZIONI DEL LAVORO NELLA SOCIETA’
POST-INDUSTRIALE
1. L’idea di lavoro nella modernizzazione
Il tema del lavoro con le sue trasformazioni e le sue riforme è divenuto
nuovamente quanto mai attuale nell’odierno panorama politico e sociale . Si sta
,infatti, assistendo ad un proliferare di studi che analizzano con sistematicità il
modo in cui il lavoro sta cambiando , che ne prospettano il declino o ne
tratteggiano il futuro. Si tratta di descrizioni e tentativi di rappresentazione di
un mutamento del lavoro , che non può essere compreso secondo i vecchi
sistemi interpretativi , poiché si sta privando di molte sue precedenti
caratteristiche e si sta nuovamente individualizzando.
La letteratura ci indica quanti possano essere i modi di considerare il lavoro, nei
differenti momenti storici e nelle varie prospettive disciplinari ,dalla filosofia
,al diritto ,all’economia , alle scienze sociali, che hanno bisogno di interagire se
si considera il lavoro come un “fatto sociale totale”. Non soltanto esistono
molteplici prospettive da cui guardare il lavoro, inteso come ipotetico tema
unificante ,ma il concetto stesso di lavoro rischia oggi di mascherare la grande
diversità di situazioni ad esso sottesa, a cominciare dai molteplici “ mondi di
produzione” e tipi di lavoratori .
6
Molte sono le tappe attraverso le quali è passata nella storia la definizione di
lavoro e il valore attribuito a questa manifestazione dell’attività umana, a partire
dalla tradizione greca classica. In questo contesto ci si limiterà a coglierne i
6
Renata Semenza, Le trasformazioni del lavoro, Ed.Carocci, Roma 2004, pag 16
8
tratti essenziali riferiti a un modello di società nella quale il lavoro diviene
flessibile , diversificato e caratterizzato dall’incertezza , che si succede a quello
di una società del lavoro industriale, standardizzato e prevalentemente stabile.
Vastissima è stata la letteratura che si è sviluppata in Europa e nel Nord
America sul lavoro e sul suo ruolo sociale nella società industriale. In sintesi,
però, si può affermare che la riflessione negli anni’ 60 fosse polarizzata fra due
opposte concezioni del ruolo del lavoro. Una sosteneva che il lavoro avesse
perso la sua centralità e il suo valore sociale, come conseguenza delle
innovazioni tecnologiche e organizzative che ne avevano trasformato i
contenuti, e che gran parte della partecipazione e dell’identificazione sociale
avvenisse ormai nella sfera del tempo libero. In opposizione a questa visione ,
un po’ riduttiva e schematica , vi era la posizione di coloro che continuavano
invece ad attribuire al lavoro un’importanza centrale nella vita dell’uomo, e non
solo, esso diveniva in quegli stessi anni “azione storica”, motore di un
cambiamento della società , che ha portato all’auto-riconoscimento di gruppi e
classi sociali e all’ingresso del lavoro stesso nella sfera pubblica e collettiva (
Touraine, 1965), attraverso le lotte operaie e il consolidamento della
rappresentanza sindacale. Molto più incerto si presenta, invece, il quadro
teorico in cui immettere il lavoro in questo passaggio al nuovo secolo, data la
forte diversificazione che il concetto di lavoro oggi richiama. Il lavoro ,oggi,
pur essendo al centro del dibattito sociale, non ha ancora ottenuto una
sistemazione precisa : rimane infatti ora un fattore di produzione , ora il
simbolo della libertà creatrice, ora il possibile mezzo della distribuzione delle
ricchezze. Resta anche irrisolta l’ambiguità che lo vede confuso con il termine
impiego
7
. Il disincanto verso il lavoro lascerebbe il posto a un modello di
società “pienamente attiva” , che presuppone una riduzione del posto occupato
dal lavoro nella vita individuale e sociale, a favore di un maggiore sviluppo di
attività private (amicizie, famiglia, vita culturale) e pubbliche ( attività politica
e associativa) , che si consoliderebbe nel tempo e nello spazio lasciati liberi dal
lavoro.
8
7
D, Méda , “Società senza lavoro”, Feltrinelli, Milano 1997
8
D. Méda, “ New Perspective on Work as Value” , in International Labour Review, n.6, ILO, Geneva, pag 633-643
9
Il tema del lavoro e delle trasformazioni del mercato del lavoro occupa un posto
centrale nella spiegazione di molti teorici della transizione ( Giddens, Bauman,
Sennet, Beck ..), che analizzano il passaggio da una società ad un’altra,
mostrando ciò che la società si sta lasciando alle spalle nella transizione dal
fordismo e dal capitalismo organizzato e ciò a cui la società sta andando
incontro, ossia nuove condizioni di post – modernità. Si fa dunque strada, per la
prima volta, una riflessione più consapevole sulle conseguenze sociali e
individuali di un mondo del lavoro trasformato, dalla tecnologia,
dall’economia, dalla globalizzazione. I teorici della modernizzazione hanno
introdotto il concetto di rischio, evidenziando la crisi delle forme sociali,
culturali e organizzative della società industriale e le particolari conseguenze
sulla stabilità dell’occupazione e la sicurezza del lavoro. Essi reintroducono due
categorie forti, che sono l’individualizzazione e la riflessività, al fine di
interpretare la fase di passaggio. Con la fine della società industriale
l’individualizzazione, definita come “ l’inizio di un nuovo modo di sociazione ,
come una sorta di metamorfosi del rapporto tra individuo e società”, si riflette
in tutte le sfere sociali.
9
Si può dire che questi contributi teorici recenti
convergano nel mettere in comunicazione tre sfere concettuali: il progetto
biografico, il lavoro e l’identità . L’ipotesi forte è che il progetto di vita
individuale si realizzi attraverso il lavoro e che lo stesso lavoro divenga il
cardine dell’organizzazione sociale.
Viene ipotizzato un ritorno all’idea di lavoro, non nel senso in cui la società
industriale ha utilizzato questo termine parlando di civiltà del lavoro,
organizzata, cioè, intorno alla formazione professionale e alla razionalizzazione
dei diritti collettivi dei lavoratori. Il lavoro, secondo questa diversa concezione,
non è più l’elemento centrale di una filosofia del progresso, né il motore del
cambiamento sociale, ma è più di prima una forma di resistenza alle pressioni
del mercato e un mezzo di costruzione dell’identità individuale. Uscita dalla
civiltà del lavoro, l’organizzazione perde la sua capacità di integrazione e
diviene, dunque, un luogo di incontro fra il mercato e l’insieme dei progetti
professionali e personali. Quanto più il lavoro e la professione diventano un
9
U. Beck, “ La società del rischio. Verso una seconda modernità “, Carocci, Roma , pag 111- 112
10
elemento di continuità e, quindi, una condizione di identità individuale, tanto
più si accentua la discontinuità e la temporaneità dei rapporti contrattuali nel
mercato del lavoro.
2. La decomposizione del mondo del lavoro
Nelle teorie della transizione il tema del lavoro che cambia è declinato secondo
il principio della de – standardizzazione, che sta a indicare il passaggio dal
sistema dell’occupazione standardizzata della società industriale fondata sul
lavoro salariato ad un sistema caratterizzato da un’elevata flessibilità, da forme
di lavoro pagato de – regolato, time – intensive e decentralizzato. Lo scenario
che si prospetta per il mercato del lavoro è che il primo sistema non sarà
soppiantato dal secondo, ma che i due sistemi occupazionali tenderanno a
sovrapporsi a continue pressioni di adattamento . La descrizione del processo
di “de – costruzione del mondo del lavoro “ è stata associata ai cambiamenti
interni all’organizzazione del lavoro e al tessuto produttivo. Si parla di
precarietà del lavoro sia legata alla natura del rapporto di impiego (temporaneo,
parziale, interinale ), che alla sua collocazione nelle imprese sub – fornitrici ,
che sono le prime a subire le variazioni della congiuntura e,, quindi, sono anche
forti utilizzatrici del lavoro precario. Da quando la regolazione fordista ha perso
la sua egemonia vi è necessità di una cooperazione attiva dei dipendenti, di
risorse umane motivate, il cui potenziale contributo viene considerato
essenziale per l’efficienza dell’impresa .
La decomposizione del mondo del lavoro va inserita in un più vasto orizzonte
di cambiamento economico, istituzionale e ideologico, e proprio a livello
istituzionale si possono prendere in considerazione le risposte fornite. Il
principale filone teorico che è stato sviluppato da sociologi, economisti e
giuristi del lavoro, sia in Italia che in Europa, appare fortemente centrato sul
tema della flessibilità del lavoro e degli interventi di de - regolazione, in
rapporto ai regimi istituzionali e normativi presenti nei diversi contesti
nazionali. Forme di liberalizzazione dei contratti di lavoro e norme più elastiche
sui licenziamenti sono riscontrabili con diversa intensità in tutti i Paesi europei,
11
i quali hanno mantenuto l’ossatura portante del sistema di welfare e di
protezione del lavoro, con degli aggiustamenti al margine.
Inoltre, sugli assetti della flessibilità del lavoro, il dibattito e gli studi
internazionali hanno dimostrato che due sono gli aspetti che concorrono a
spiegare la nuova frantumazione del lavoro e la proliferazione dei contratti
atipici.
Il primo è costituito dai “ fattori della domanda”, legati al ciclo economico, alle
tecnologie, alle caratteristiche dei sistemi produttivi e alla crescita dei servizi
che, a partire dagli anni’80, hanno reso la flessibilità elemento centrale della
strategia di impresa.
Il secondo è rappresentato dai “ fattori dell’offerta”, relativi alla crescita della
partecipazione femminile, all’innalzamento dell’istruzione, alla trasformazione
delle famiglie. Sono fenomeni che incidono sulla formazione di una nuova
cultura del lavoro, che affonda le sue radici nell’ampliamento delle possibilità
di scelta e, quindi, nella scansione variabile delle tappe lavorative e dei percorsi
professionali, meno pre-definiti che nel passato.
3. I comportamenti femminili
La letteratura ha costantemente concentrato la propria attenzione sul lavoro
maschile e solo in tempi recenti, in concomitanza con il progressivo aumento
del numero delle donne presenti sul mercato del lavoro, verificatosi in tutti i
Paesi occidentali nel secondo dopoguerra, è emersa l’esigenza di estendere la
ricerca, anche, al lavoro femminile. Occuparsi del lavoro femminile significa, in
questa società, comprendere il lavoro svolto complessivamente dalle donne,
ovvero il lavoro familiare e il lavoro professionale, entrambi presenti
nell’esperienza della generalità delle donne.
Nei paesi industriali avanzati la condizione tipica della donna si presenta,
infatti, come la combinazione sistematica tra attività svolte nell’ambito del
mercato e attività connesse con i compiti della gestione familiare. In particolare,
è stato utilizzato dalla maggior parte degli studiosi il termine extradomestico e,
12
da parte della letteratura tedesca, quello di professionale per contrapporlo al
lavoro domestico, usato solo a proposito del lavoro femminile.
Il termine professionale comprende qualsiasi attività retribuita, che compare
sul mercato del lavoro, sia istituzionale che non. In altri termini, Il lavoro
professionale risulta essere il lavoro per la produzione, basato sul valore di
scambio, presente sul mercato del lavoro, retribuito.
Al contrario, il lavoro familiare è da intendere come il lavoro erogato nella e
per la famiglia. Esso comprende i compiti attinenti la riproduzione
(procreazione, cura dei figli, ecc.), i compiti domestici (cura della casa),
burocratici (rapporti con enti, istituzioni, con i servizi), assistenziali ( assistenza
a malati, anziani ecc.) . Tale lavoro è gratuito, ma non vuol dire che sopravvive
come fenomeno precapitalistico e che, col tempo, tende a diminuire o
scomparire automaticamente, ma che piuttosto le sue mansioni diventano il
frutto di un processo di separazione istituzionale o di specializzazione
funzionale.
10
La letteratura tedesca e quella italiana – in particolare, Marina Bianchi –
tendono a negare che esista una scissione all’interno del lavoro complessivo che
le donne svolgono.
Un primo aspetto del “doppio lavoro” è che mercato del lavoro e famiglia
richiedano alle donne comportamenti e prestazioni diversi, e che le costringano
a volte ad optare per una o per l’altra sfera; esiste, peraltro, un’altra tendenza,
che sta alla base della conciliazione tra i due ruoli, per cui è possibile trasferire
capacità, logiche del lavoro familiare nel lavoro professionale.
Il doppio lavoro è destinato, quindi, ad essere, per periodi sempre più lunghi
della vita, la condizione della grande maggioranza delle donne.
Aver istituzionalizzato il dato della doppia presenza della donna adulta è la
specificità che caratterizza le società tardo capitaliste . La circostanza che le
donne sommassero i due ruoli si verificava, in verità, anche nel passato, ma i
costi ne erano così elevati che, col tempo, si allargava la fascia di coloro che, se
potevano, sfuggivano questa condizione. Ora, invece, il sistema sociale si
organizza in modo che, in certe fasi, della donna si utilizza totalmente il
10
Marina Bianchi , “ Oltre il doppio lavoro”, in Riv Inchiesta, n° 32 marzo- aprile 1978, pag. 7
13
potenziale di lavoro per il mercato, in altre, quello di mansioni per la famiglia,
in altre, appare possibile e necessaria una combinazione di entrambe.
Data questa premessa, quindi, anche le donne, come gli uomini, sono da anni
lavoratrici nel mercato. Lo stesso mercato del lavoro capitalistico ha dunque
assorbito una forza lavoro di cui, ad un certo momento del suo sviluppo ha
avuto necessità, e cioè che costasse poco, che fosse flessibile.
11
Ne è stato un
esempio, per diversi Paesi europei, l’espansione, nel secondo dopoguerra, del
settore del terziario, della società dei servizi, grazie proprio all’utilizzo di gran
parte della forza lavoro femminile, certamente meno cara di quella maschile,
che si è adattata a orari flessibili e a mansioni di bassa qualificazione.
Un altro fattore che ha portato i Paesi europei ad avviare politiche del lavoro
rivolte alle donne, è stata la decisione di sostituire, in certe occupazioni, gli
immigrati con le donne. Così, negli anni passati, non soltanto nell’ambito dei
servizi, ma anche nelle industrie, in corrispondenza di compiti propri di
un’organizzazione di lavoro ripetitivo e parcellare, sono state avviate le donne.
Quindi, nell’analisi dei cambiamenti del lavoro professionale, occorre, anche ai
fini di questo lavoro, porre grande attenzione all’analisi della moderna adesione
delle donne perché l’incremento della partecipazione e dell’occupazione
femminile si configura come la tendenza più importante e persistente in tutti i
mercati del lavoro europei negli ultimi vent’anni.
Il tema della parità di genere nel lavoro ha avuto un forte impulso dalla strategia
europea per l’occupazione a partire dal 1997
12
, anche perché è cresciuta la
consapevolezza che le donne giocano un ruolo importante nella configurazione
del futuro mercato del lavoro, rappresentando, di fatto, la maggior fonte di
offerta di lavoro potenziale.
Nel contempo, la consistente presenza femminile nel mercato del lavoro va
considerata come un fatto sociale, poiché condiziona ed è essa stessa
condizionata dalla società, in misura maggiore di quella maschile, certamente
11
Laura Balbo , “ La doppia presenza”, in Riv Inchiesta, n° 32 marzo- aprile 1978, pag 4
12
Nel Consiglio Europeo di Lussemburgo (novembre 1997) il tema delle “pari opportunità” veniva inserito come uno dei
quattro pilastri della nascente Strategia europea per l’occupazione ,insieme a “imprenditorialità, “occupabilità”e
“adattabilità”
14
meno influenzata dai vincoli istituzionali, culturali o sociali.
13
Si consideri, ad
esempio, il dilemma della fecondità: il calo della natalità è una conseguenza del
fatto che le donne tendono sempre più a entrare nel mercato del lavoro e a
prolungarne la permanenza in modo simile al comportamento lavorativo
maschile, o è, invece, proprio la scelta procreativa a indurre la necessità di un
secondo reddito? In modo apparentemente anomalo in Italia, come in altri paesi
del Sud Europa, vi è un basso tasso di fecondità e, nel contempo, una scarsa
presenza delle donne sposate con figli nel mercato del lavoro, in controtendenza
rispetto ad altri Paesi europei (Svezia e Paesi del Nord, ma anche Francia e
Gran Bretagna), dove il livello di natalità è più alto ed è tanto maggiore là dove
il tasso di occupazione è più elevato.
La letteratura ha documentato che l’occupazione femminile delle madri (con
figli minori) è influenzata da alcuni fattori cruciali che comprendono le
politiche rivolte alle famiglie (congedi parentali, servizi, sussidi per l’infanzia),
l’organizzazione del lavoro e gli orari dei servizi, il trattamento della maternità,
il sistema di tassazione. In tutti i paesi industrializzati i tassi di occupazione
femminile sono cresciuti in modo significativo, ma i profili partecipativi sono
differenziati tra Paesi e influenzati da un insieme di fattori, tra i quali le
modifiche demografiche, la trasformazione della struttura familiare, e i
cambiamenti della struttura economica (espansione del terziario). Molta
letteratura economica e sociale che si è sviluppata sul tema del lavoro
femminile ha analizzato in dettaglio le differenze di genere nei tassi di
occupazione, disoccupazione, attività , nelle retribuzioni e nella qualità del
lavoro, e l’eterogeneità delle posizioni femminili in relazione all’istruzione,
l’età, il contesto territoriale, senza tuttavia arrivare all’elaborazione di modelli
interpretativi di tipo generale.
Quali sono, dunque, i paradigmi sociologici a cui far riferimento per
interpretare un fenomeno così complesso?
L’analisi della letteratura consente di individuare due principali approcci teorici
: uno di tipo macro- strutturale e l’altro di tipo micro – individuale . Il primo
considera il rapporto tra istituzioni, norme sociali e mercato del lavoro e rileva
13
R.Semenza, Le trasformazioni del lavoro,Ed.Carocci, Roma 2004, pag 77
15
l’influenza storica, culturale dei regimi di welfare nella strutturazione di
relazioni di genere e nella divisione sessuale del lavoro all’interno della società.
Il secondo considera il rapporto tra attore e mercato del lavoro, includendovi la
sfera della libertà di scelta, delle preferenze , delle capacità, dei valori e delle
aspettative.
Fra questi due piani, uno macro e l’altro micro, si collocano le caratteristiche
dei mercati del lavoro e il ruolo della regolazione contrattuale (collettiva e
individuale), intese come variabili intermedie influenti.
La presenza di una problematica di genere nella letteratura economica e
sociologica del mercato del lavoro non soltanto è un fatto ormai da tempo
acquisito, ma ha anche contribuito ad arricchire il quadro interpretativo e ad
affinare gli strumenti di analisi teorica.
Accanto alla percezione di una difficoltà teorica a fornire spiegazioni di tipo
generale, vi è, invece, nella letteratura un ampio accordo sul fatto che i
cambiamenti sostanziali avvenuti nei modelli femminili sul lavoro presentino,
in realtà, molti elementi di continuità con il passato, sia sul piano delle
differenze di genere, che su quello della posizione di relativo svantaggio nel
mercato del lavoro per diverse donne. Le tradizionali forme di disuguaglianze si
modificano e altre divisioni si delineano non solo fra donne e uomini, ma
all’interno dell’universo femminile stesso. Tendono a crearsi effetti di dualismo
nelle opportunità occupazionali, nelle condizioni lavorative e retributive fra le
generazioni, fra donne di elevata scolarità e donne poco istruite e qualificate, fra
donne residenti in aree sviluppate e donne residenti in aree economicamente
depresse.
Accanto a un fattore di crescita e di “mobilizzazione” dell’offerta di lavoro
femminile, vi sono i problemi legati alla qualità e alle condizioni di lavoro. Il
crescente investimento nei percorsi formativi, anche in quelli non
tradizionalmente femminili, e il conseguente innalzamento dei livelli di
istruzione, la nuova propensione a restare con continuità e più a lungo nel
mercato del lavoro, i mutamenti nelle strategie matrimoniali e procreative, le
maggiori aspettative lavorative, sono alcune delle trasformazioni associate alla
nuova e massiccia partecipazione delle donne al mondo del lavoro , che procede