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CAPITOLO I
I LUOGHI NARRATIVI DELLA TRILOGIA
BUÑUELIANA
Pur nella variegata e complessa opera di Buñuel è stato possibile
rintracciare alcuni fondamentali luoghi narrativi, veri e propri temi
ricorrenti che costellano la sua produzione.
Essi sono otto: animali, borghesia, cibo e bevande, eros, politica,
religione, sadismo, sogno e narrazione; di seguito saranno argomentati
offrendo così un quadro completo, seppur nei limiti, dell’artista.
1) Animali:
Una cifra estremamente presente nel cinema provocatorio di Buñuel.
Ossessione e interesse conosciuti fin dalla più tenera età, come egli
ricorda, una delle prime immagini della morte fu la vista di un asino
putrefatto che giaceva in una campagna
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.
Da questa inquietudine infantile ad una curiosità scientifica il passo è
breve: alla “Residencia” legge avidamente “i ricordi di un entomologo” di
Fabre e ne contempla le figure e i disegni, sono soprattutto gli insetti ad
attrarre Buñuel, con i ragni però ha un rapporto di amore e odioso,
stranamente condiviso con tutta la famiglia
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.
Sempre alla “Resi” (nomignolo dato in illo tempore dagli studenti)
segue i corsi del famoso entomologo Ignacio Bolivar, ha scritto Buñuel: «A
tutt’oggi, sono ancora capace di riconoscere a prima vista numerosi insetti,
classificandoli con il loro nome latino
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».
Gli animali sono per il regista spagnolo la parte irrazionale e
imprevedibile dell’uomo, ed è “logico” che compaiono nel grido surrealista
di Un chien andalou, le formiche che escono dalla mano, sebbene siano un’
idea di Dalì, viene accettata anche da Buñuel nel segno di una appartenenza
ad uno stesso universo culturale, oltre che da un profondo sodalizio
artistico.
A proposito di Un chien Andalou, è curioso notare come, nonostante
questo appartenga al metodo paranoico – critico di Salvador Dalì ma di cui
Buñuel è a conoscenza, la posizione degli amanti sepolti nella sabbia au
Printemps ricordi la coppia dell’Angelus di Millet, l’interpretazione che
l’eccentrico pittore fornisce nel suo “le mythe tragique de «L’Angelus» de
Millet”
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lo portava a vedere una somiglianza tra la donna e l’uomo nel
quadro, con la mantide è pronta a tagliare la testa e a fagocitare il maschio;
Gli autori scelsero questo riferimento animale per sottolineare il macabro
rituale di morte e castrazione che sottintende tutto il film.
Quindi, come si vede gli animali “saltano fuori” dallo schermo
Buñueliano anche come contesto sottile e velato, difficilmente decifrabile.
Il cane preso a calci e lo scarafaggio calpestato in l’Âge d’or
evidenziano un clima fortemente rabbioso, iconoclaste e rivoluzionario.
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Gli insetti hanno però una complessa codifica sociale ed interazione
intraspecifica, delle ritualità precise e delle gerarchie da rispettare,
pensiamo alle api o gli scorpioni, il prologo dell’ Âge d’or con il
documentario sulla vita degli scorpioni, è come se volesse istituire un
collegamento, un parallelismo tra la vita sociale dei borghesi che
partecipano al ricevimento e questi aracnidi dalla puntura velenosa.
Questa identità uomo e animale è molto marcata in Las Hurdes, dove
la gente dell’Estremadura inzuppa le molliche nell’abbeveratoio dei maiali,
solo che qui non c’è una provocazione come in L’Âge d’or, ma una
preoccupazione, un bisogno di mostrare una realtà sociale insopportabile e
facilmente dimenticata nella stessa Spagna; anche l’inserto sulla zanzara
anofele che genera la malaria ha uno scopo differente dal prologo sugli
scorpioni.
Stessa continuità di destino, ma stavolta tra infanzia abbandonata e
cani randagi, si trova in Los olvidados.
Gli animali testimoniano la passione, l’Amour fou, per il fatto di non
avere un Super-Io censorio, come gli amanti di Un chien andalou insabbiati
e divorati dagli insetti, acquisiscono una suggestiva potenza evocativa; Uno
stesso riferimento erotico si ha in Viridiana quanto Jorge seduce Romana,
il montaggio alternato ci mostra un gatto che balza su di un topo,
richiamando anche l’idea di possesso della donna, nello stesso film Teresita
Rabal che ha un ruolo enigmatico, saltare la corda ma anche spiare
Viridiana, afferma piagnucolando di aver visto un toro gigante proprio
mentre don Jaime contempla Viridiana addormentata dal narcotico e le
slaccia il corsetto, Buñuel fa una riduzione a simbolo del desiderio
sessuale, servendosi proprio del toro simbolo a sua volta della Spagna (per
via della Corrida)
5
.
Il rapporto con gli animali è caratteristico in Le avventure di
Robinson Crusoe: quando il peso della solitudine si va facendo
insostituibile Robinson cerca compagnia tra gli insetti: «Miei piccoli
amici… non so come chiamarvi ma voi siete i miei piccoli amici, vero? »,
li tratta come un alter-ego o li umanizza, dall’impronta veramente
Leopardiana del passero solitario.
Ancora Buñuel all’età di ottant’anni afferma :«mi piacciono le bisce
e soprattutto i topi»
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, più oltre enfatizza l’estasi che gli procura
l’osservazione dei piccoli animali:«mi piace osservare gli animali,
soprattutto gli insetti. Ma il funzionamento fisiologico, l’anatomia non
m’interessano. È guardare i loro usi e costumi, che mi piace»
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; Però il
cineasta ha anche una sua etica precisa:«aborro la vivisezione. [...]
Approvo caldamente uno dei miei nipoti, grande neurologo americano sulla
via del Nobel, che ha sospeso le sue ricerche per colpa della vivisezione. In
certi casi bisogna mandare al diavolo la scienza. ».
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Nella vita privata egli ha pianto la morte della sua cagnetta che porta
il nome di una delle eroine dei suoi film: Tristana, forse è per questo che ne
Il fascino discreto della borghesia Fernando Rey spara non ad un vero
cane, ma al meccano, inqq. 51/52/53, (découpage), mentre l’Âge d’or fa
vedere Modot nel mentre prende a calci un innocuo cagnolino.
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L’altro riferimento importante sugli animali nel Fascino discreto è
costituito dall’episodio del brigadiere insanguinato: mentre il giovane viene
messo a “suonare il piano”, un eufemismo per indicare la tortura elettrica,
cadono sul pianoforte dei grilli, ora questi insetti non erano previsti nella
sceneggiatura e furono inseriti dal regista ipsofacto, testimoniando ancora
una volta una sua ossessione permanente e mettendo in scena l’irrazionalità
bieca e l’incomprensibilità del dolore, perché dicevano prima, siamo in un
contesto di tortura e persecuzione. Vedi inq. 231.
La dialettica libertà/prigionia ne Il fantasma della libertà utilizza gli
animali in gabbia come metafora dell’uomo moderno prigioniero di se
stesso, indicando che una precisa lotta per la libertà non può esimersi dal
liberare gli altri esseri viventi reclusi, cadendo così in contraddizione, di
qui l’utopia della libertà, perché alcune bestie feroci potrebbero costituire
una seria minaccia pubblica.
Il signor Focauld collezionista di ragni e tarantole costringe la
figlioletta ad imparare i loro nomi scientifici con ostentazione tipica
dell’entomologo, durante il sonno egli vede un grosso gallo e poi uno
struzzo, quest’ultimo chiude la sequenza finale del film, come poter
spiegare d’altronde l’ossessione per i gallinacci, così presenti in alcune
opere: la piume dell’ Âge d’or che svolazzano dalla finestra, quelle piume
del sogno di Pedro in Los Olvidados, nell’Angelo sterminatore dalla borsa
di una nobildonna spuntano delle zampe di gallina, nel finale di El bruto
Paloma (che tradotta sta per colomba) scorge atterrita un enorme gallo che
la fissa.
Continuiamo ad richiamare i film in cui gli animali sono presenti:
Quell’oscuro oggetto del desiderio ha due connotazioni importanti, il
primo, quel topolino catturato con la tagliola ci riporta al significato
generale del film: l’uomo nella trappola di una donna a causa del suo stesso
desiderio, in secondo luogo il maialino portato in braccia accentua la tenera
impotenza di Matthieu, pronto ad essere immolato dalla “devoradora”
Conca.
Un Buñuel entomologo non solo per le sue passioni e ossessioni per
gli animali ad insetti che siano, ma anche per la costruzione metodologica
delle sue opere: Èl ne costituisce un buon esempio in quanto il protagonista
Francisco Galvan è studiato come l microscopio, con un certo distacco da
parte del regista, «il protagonista di Èl mi interessa come uno scarabeo o un
anofele»,
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la gelosia possessiva di Francisco è scientificamente esposta
come il documentario degli scorpioni, l’aggettivo scientifico non ci sembra
fuorviante visto la calda accoglienza che il film ha avuto dagli psichiatri e
da Jacques Lacan in persona, il quale lo proiettava ai suoi studenti.
Uno studio “entomologico” sulla personalità umana si palesa in
Ensayo de un Crimen: il protagonista di questo film del periodo messicano
è Archibaldo de la Cruz che vive delle allucinazioni omicide, quest’uomo
nevrotico ha modo sotto la M.d.P. di farsi scrutare e studiare.
Nel Fascino discreto della borghesia Buñuel si diverte a collegare i
personaggi in situazioni strane o paradossali, quasi come delle cavie, per
verificare le proprie idee o dimostrarle al pubblico; Pensiamo alla scena in
cui i borghesi cambiano ambiente a loro insaputa, cioè il palcoscenico di un
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teatro, o quella ancora più fantasiosa di trovarsi nel sogno di uno o più
protagonisti: Sénéchal, Thévenot, Acosta, etc., o altresì la lunga strada
senza fine con i borghesi che camminarono come a voler trovare l’uscita, a
mo di ratti skinneriani chiusi in un labirinto, nel film il rinforzo può essere
costituito dal cibo che essi non riescono a mangiare, vedi inqq.
103/210a+b/270/271/272; Questo piccolo inventario dimostra quanto sia
sottile lo sguardo e l’approccio entomologico del regista di Calanda, a
suggello di tutto ciò c’è un intervista di François de la Breteque dove
Buñuel dichiara:«Io inventerei dei personaggi così realistici come quelli
che animano Un chien andalou o l’Âge d’or, ma che possiedano le
caratteristiche di certi insetti: l’eroina si comporterebbe come l’ape, l’eroe
come lo scarabeo, etc. ».
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Perciò sono ravvisabili due versanti nello studio di questo luogo
narrativo, una prima osservazione sugli animali che compaiono nello
schermo, con la loro presenza misteriosa ed inquietante, l’altro riguarda lo
sguardo entomologico proprio di Buñuel con il quale costruisce le sue
storie e i suoi personaggi, con le loro manie e rituali.
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2) Borghesia:
Il regista aragonese ha attaccato minuziosamente e ripetutamente
questa classe sociale con le armi dello scandalo, dell’ironia o
dell’umorismo velato di nero, ma la contraddizione del suo pensiero è che
anch’egli si definisce borghese per la giunta “discreta”, 11 appartenente ad
una ricca famiglia borghese la quale lo sosterà nei momenti
economicamente più difficili, se non addirittura finalizzando alcuni suoi
film (Un chien andalou per es.).
Due profili sono presenti nelle sue opere: uno è la disperata miseria e
povertà spinta alla commiserazione in ambienti come Las Hurdes, Los
Olvidados, Nazarin o Viridiana; l’altro profilo riguarda lo snobismo, la
ricchezza ed il potere, tutti elementi della condizione borghese secondo il
regista, evidenziata nella complessa architettura di molti suoi film: l’Âge
d’or, El, L’angelo sterminatore, Il fascino discreto della borghesia.
Partiamo da quest’ultimo che maggiormente incarna codesta
categoria sociale all’interno dell’economia della produzione Buñueliana, ed
analizziamo in che modo egli la mette in scena.
L’ingresso dei borghesi in casa Sénéchal trasportati da un auto
imponente, con l’autista che ossequiosamente domanda:«attendo qui
signore?», notare il servilismo altrui che circonda la borghesia, inqq. da 1 a 10.
Il cerimoniale è sacro è aspettato alla lettera: i saluti, il baciamano
dei due uomini a madame Sénéchal, c’è da tenere a bada la sorellina
Florence, perché si sottrae bizzarramente a questo rituale, in quanto si isola
spessa dal gruppo, beve a dismisura e fuma tranquillamente marijuana nel
salotto, viene rimproverata per avere le unghie sporche, si può capire
l’importanza per loro della pulizia esteriore o l’apparenza estetica: non
bisogna farsi cogliere dalla morte col vestito non adatto alle circostanze,
ing. 81, ma è anche vero che madame Sénéchal esce di casa in pigiama
vestito non adatto ai rigori dell’inverno, in cui è ambientata la scena, non
affatto decoroso per presenziare in invito al ristorante.
La mancanza di una o più regole del codice borghese determina
subito ansietà nei protagonisti: «che strano, il caminetto è spento», frase
pronunciata da Simone Thevenot di fronte a qualcosa che sfugge alla loro
comprensione e mina le loro piccole sicurezze, un altro riferimento è
costituito dall’apprensione suscitata dalla fuga dei coniugi Sénéchal dalla
loro casa, essi cercano un tentativo di giustificazione: «è una retata della
polizia?» atto a risvegliare sensi di colpa.
Sull’importanza del vestire e dell’apparire il film presenta ancora due
scene interessanti: il vescovo che negli abiti da giardiniere viene subito
sbattuto di casa con modi particolarmente bruschi, ma subito dopo viene
riabilitato con tutti gli ossequi di circostanza, quando è in abiti religiosi
propri del suo status. Inqq. 95 e 96/100 e 101, verso la fine del film mime
Sénéchal commette lapsus quando suggerisce a Muni di cercare un prete in
parrocchia per confessare il moribondo, questo perché il vescovo indossa i
vestiti da giardiniere. Inq. 214.
L’utilizzo costante delle regole del galateo a tavola è un’ossessione
ricorrente dei borghesi, come non notare la tavola perfettamente
apparecchiata con piatti, sottopiatti e bicchieri di cristallo, ricordiamo che
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anche Matthieu la prima volta che vede Conchita le rimprovera di servire
il vino dalla parte sbagliata vedi “Quell’oscuro oggetto del desiderio”,
oppure l’avvertimento di Henri Sénéchal: « Per tagliare il coscio bisogna
alzarsi in piedi ».
Un’altra componente è l’etichettatura che i personaggi dell’alta
società applicano ad un insieme di cose o eventi: se non si beve il Martini
dry in un certo modo (“masticando”) si viene considerati popolino incolto,
vedi 77/78/79, un ristorante non affollato è sospetto, infine “il complesso di
Euclide” è l’auto attribuzione di Florence nel ricordare la propria infanzia.
Il regista spesso ha rappresentato la borghesia in una situazione
particolare come quella del banchetto o del ricevimento ufficiale, come si
ricorderà ne l’Âge d’or al ricevimento dei genitori della ragazza (Lya Lys)
c’è una possente sfilata di borghesi: eleganti rispettati e rispettosi, in una
sontuosità ovattata essi scendono dalle loro auto; durante il ricevimento, o
la festa che dir si voglia si prende un cocktail, si chiacchiera del più e del
meno, si fanno complimenti ipocriti, diciamo che questo tipo di convito
aduna tutto il fascino borghese, in quanto ritrovo standardizzata, così come
il rudere tra le rocce costituisce il covo dei banditi; in questa
rappresentazione convenzionale Buñuel non ci pensa due volte a scagliare
le sue invettive: il carro che possa nel bel mezzo del salone è
profondamente paradossale, così come altre piccole cose che accadono alla
riunione: deflagrazioni della servitù, etc. siano essi imprevisti o premeditati
come l’episodio del guardacaccia mentre spara a suo figlio.
In Él Francisco seduce Gloria durante il banchetto in casa sua, dove
ostenta anche un gusto fastoso nell’arredamento.
L’angelo sterminatore presenta i borghesi che si riuniscono in casa di
Nobile dopo il teatro, non riuscendo più ad uscirne se non richiudendosi in
una cerimonia ancora più totale e totalitaria come il rito sacro della teologia
cristiana.
Nel Fascino discreto della borghesia ci sono molti conviti ufficiali
tra cui spicca per importanza quello che il colonnello indice mentre si trova
dai Sénéchal, infatti nel grande salone in casa del colonnello, (lo vediamo
nel sogno di Thevenot) si trovano altre persone ugualmente altolocate, si
tratta per lo più di militari e grandame, Buñuel non esita a guastare la festa
con l’immagine shock dell’omicidio del colonnello compiuto
dall’ambasciatore di Miranda. Vedi 181 e 208. la strategia del regista è
dunque quella di attaccare l’establishment nelle sue proprie manifestazioni
esteriori.
Dicevano sopra che Il fascismo discreto della borghesia esteriorizza
al meglio la pantomima borghese, questo grazie anche alla naturale
disposizione degli attori del circuito europeo nel portare il frac con
disinvoltura e ad una più attenta e migliore scenografia, fatta di particolari
più ad hoc in un discorso rappresentativo sulla borghesia, Buñuel stesso
ricorda di aver avuto a disposizione,per la realizzazione dell’ Angelo
sterminatore frac da ottocento pesos, tovaglioli a buon mercato, ed un
unico tovagliolo ricamato che a turno gli attori tenevano in mano durante i
primi piani.
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Viridiana annovera una suggestiva inversione: il cenacolo dei
mendicanti in luogo dell’aristocrazia, tipico ribaltamento dei ruoli della
tradizione goliardico-picaresca, tanto cara al cineasta, questa curiosa
inversione può essere anche linguistica: nella scena successiva al prologo
de Il fantasma della libertà, Mumi chiede lumi all’amica intenta a
sferruzzare su cosa sia un parafernale, ed ella si esprime come una Savant:
«in materia giuridica i beni parafernali sono i beni esclusivi delle donne,
ma in inglese la parola parafernale ha un senso molto più generale: indice
tutti gli oggetti usati di solito in qualche attività, o anche gli accessori per la
pesca o per la sartoria».
Un’altra caratteristica denotativa è il possesso o il legame con gli
oggetti, Robinson può anche in un isola deserta ricostruire come un
mosaico il suo mondo borghese, servendosi degli oggetti che aveva con sé
in nave: fucili, candele, persino le monete, etc.
Nel caso dell’ambasciatore di Miranda può essere la valigetta
diplomatica con cui trasporta la droga, o la pistola che porta d’appresso o
ripone in casa per difendersi dalle incursioni della terrorista, costei per
provocarlo gli infrange il bicchiere e sbatte a terra il lume, in un tentativo di
mettere a soqquadro l’ambiente nel quale si consolidano le sicurezze della
borghesia. Vedi inqq. 138 e 140.
Ma oltre gli oggetti vi possono essere le proprietà terriere di don
Jaime, la vecchia casa di Incarnación, il giardino dei Sénéchal, la prigione
come luogo di controllo e repressione.