5
sociali
3
. Questa classificazione segue un percorso temporale che vede
storicamente prima la rivendicazione dei diritti civili, cioè di quelli che
attengono all’uomo come persona (il diritto alla vita, alla libertà di pensiero, di
religione, al commercio ecc.), per cui all’individuo deve essere garantita una
sfera di arbitrio o liceità nella quale lo Stato è obbligato a “non impedire”.
Si verifica, cioè, una limitazione del potere statale, limitazione che funge da
garanzia per quei diritti che si percepiscono come naturali, come prestatali e
quindi non “calpestabili”, non alienabili se non in casi del tutto eccezionali e
ben regolamentati.
Una volta affermatisi i diritti civili, succedono i diritti politici (entrambi
classificati di prima generazione), quali il diritto di associazione, il diritto di
voto, e in genere i diritti elettorali, che sono stati conquistati con la
trasformazione dello Stato autocratico in Stato democratico rappresentativo;
questi implicano una libertà attiva, una partecipazione sociale e politica, e,
inoltre, si può affermare che questi diritti siano i naturali “genitori” dei
successivi diritti sociali, che sono una logica ed inevitabile conseguenza di
questi, definiti di seconda generazione.
Infatti, questi ultimi nascono dalla constatazione che per una corretta e
democratica partecipazione politica e sociale, sia necessario creare le
condizioni di massima eguaglianza e di pari dignità sociale dell’uomo.
Pertanto, l’uomo deve essere oggetto di tutela da parte dallo Stato. Si profila
così la nascita del Welfare State. L’individuo può pretendere, cioè, prestazioni
che garantiscano un minimo indispensabile per vivere dignitosamente; in tal
3 N.Bobbio, N.Matteucci, G.Pasquino (a cura di), Dizionario di politica, Torino, UTET, 2004,
Vol.1, p. 539.
6
modo acquistano tutela giuridica il diritto al lavoro, all’assistenza, allo studio,
alla salute, ecc.
Anche secondo T. H. Marshall, i diritti sociali sono il prodotto finale
dell’evoluzione della società industriale.
Infatti nella prima fase, che può essere collocata intorno al XVIII secolo, la
lotta contro il potere stabilito è quella per la conquista dei diritti civili (libertà
di pensiero, libertà di parola ecc.); nella fase successiva, e siamo già nel XIX
secolo, le forze sociali combattono per il riconoscimento dei diritti politici
(diritto di organizzazione, diritto di propaganda, diritto di voto ecc.) e culmina
nella conquista del suffragio universale; nella fase finale, l’allargamento
universale del diritto di voto consente lo sviluppo della democrazia e quindi del
potere politico delle organizzazioni operaie e ciò permette l’attenzione verso il
riconoscimento dei diritti sociali la cui attuazione diventa un obiettivo in
quanto pre-requisito per il conseguimento di una vera e piena partecipazione
politica democratica
4
.
E’ indubbio che durante la prima fase del periodo di industrializzazione,
nelle città sono concentrate masse di lavoratori (il proletariato industriale
novella categoria sociale), per la cui accoglienza il contesto urbano non è
risultato preparato.
Nel contempo il vecchio sistema sociale agricolo, che sino ad allora ha
rappresentato una rete di sostegno per la popolazione non più attiva, venendo a
mancare buona parte dei suoi componenti, comincia a smagliarsi perdendo
l’originaria capacità di sostegno sociale e, d’altra parte, non è sostituito da un
4 Sull’argomento si veda: T.H.Marshall, Cittadinanza e classe sociale (1963), Torino, UTET,
1976.
7
analogo e alternativo sistema urbano; tutto ciò determina l’accumulo di forti e
pericolose tensioni sociali dovute alle conseguenze degli eventi negativi e
drammatici, alle quali sono stati soggetti i lavoratori (malattie, licenziamenti,
maternità, vecchiaia, ecc.).
Lo Stato, a questo punto, per la sua stessa sopravvivenza, deve operare scelte
atte a contenere e limitare questi fenomeni corrosivi per la società
riconoscendo l’impellente necessità di attuare una politica sociale al fine di
migliorare le condizioni e le speranze di vita dei lavoratori prima e dei cittadini
poi, e quindi allentare gli attriti sociali.
Non distante da queste ragioni storiche si colloca la lettura che dà del
fenomeno Carl Marx; egli, infatti, intravede nella nascita delle politiche sociali
dello Stato (il Welfare State) una consapevole scelta strategica della borghesia,
determinata ad usare il potere statale per contrastare il potere crescente delle
organizzazioni operaie e mantenersi, così, come classe dominante assorbendo
per l’appunto le tensioni sociali crescenti.
In questo quadro l’obiettiva funzione del Welfare State è considerata quella
di un potente strumento di controllo sociale, una “sovrastruttura”, compatibile
con il riconoscimento dell’importanza delle lotte del movimento operaio contro
le fazioni più conservatrici e retrive del capitalismo.
Il diritto di libertà, dirà Marx, è un diritto borghese e deve essere superato
dai diritti sociali che sono i diritti principali, superiori ad esso perché
attribuibili sulla base etica del lavoro della classe operaia
5
.
Già J.Locke si è interrogato sulle potenzialità del lavoro, sulla sua
5 N.Bobbio, N.Matteucci, G.Pasquino (a cura di), Dizionario di politica, Torino, UTET, 2004,
Vol.3, p. 530.
8
importanza nel contesto sociale, a tal punto da affermare che è proprio il lavoro
dell’uomo lo strumento che, trasformando in meglio il territorio, rendendolo
fattore di benessere, diventa la fonte del diritto di proprietà più che il suo
semplice possesso
6
.
Da qui deriva che il diritto di proprietà è venuto inquadrandosi non più in un
diritto di mero possesso tramandato, magari, per successione (come diritto
successorio feudale), ma diventa un diritto in continuo movimento, perché
derivato dal lavoro di trasformazione dell’uomo e, pertanto, il diritto al lavoro
(il primo e principale diritto sociale) acquista un ruolo determinante all’interno
della società.
Lo sviluppo dei diritti sociali (appartenenti ai diritti di seconda generazione),
anche se non del tutto attuati e diffusi in tutto il globo, non si è fermato ma ha
dato la stura a movimenti sociali e politici che hanno generato i diritti di terza
generazione comprendente i diritti all’autodeterminazione, alla pace, allo
sviluppo, all’ambiente
7
.
Questi si configurano più come diritti dei popoli o dell’umanità nel suo
complesso più che diritti del singolo, come nel caso dei diritti di prima e
seconda generazione. Inoltre, ultimamente si sono posti i diritti di quarta
generazione, come il diritto alla protezione dei bambini dalle insidie di internet,
il diritto ad avere cibi non geneticamente modificati, il diritto all’integrità del
genoma umano.
6 Sull’argomento si veda: J. Locke, Secondo trattato sul Governo, Torino, UTET, 1982.
7 Sull’argomento si veda: Peces-Barba, G., Teoria dei diritti fondamentali, Milano, Giuffrè,
1993.
9
§.2 - Riconoscimento storico dei diritti sociali
Uno dei primi riconoscimenti codificati dei diritti sociali da parte dello Stato
si è avuto in Inghilterra agli albori del XV secolo attraverso la promulgazione
della Legge per i poveri, la poor law, che ha rappresentato un primo concreto
impegno che lo Stato, in questo caso inglese, si è assunto per migliorare il
benessere sociale dei suoi cittadini. Provvedimenti di questo tipo sono stati
presi durante il periodo di Enrico VIII, periodo in cui la Chiesa anglicana si è
scissa da quella romana.
A seguito di tale scissione lo Stato, oltre ad appropriarsi delle rendite
ecclesiastiche, delle chiese, dei possedimenti terreni ecc., si è appropriata anche
dei doveri morali come quello di “pubblica carità”, consistente nell’assistere i
bisognosi e ha centralizzato l’assistenza sociale presso le parrocchie.
Ufficialmente, la poor law, promulgata nel 1601, durante l’età elisabettiana, è
consistita nel dare sussidi ai disoccupati e ai poveri allo scopo di prevenire le
conseguenze dovute alla povertà: il vagabondaggio, l’accattonaggio, il disturbo
sociale.
Essendo le quote di denaro destinate ai bisognosi detratte dal reddito del
singolo lavoratore, le proteste verso questa legge, non si sono fatte attendere
molto, in particolar modo da parte della classe borghese, il cui attivismo
economico è stato più di tutti esposto a rischio per questa iniziativa filantropica
dello Stato. Ma, in un primo momento, queste proteste sono state contrastate
10
dai movimenti dei Livellatori, i levellers
8
, cioè dei fautori dell’eguaglianza, che
hanno lottato per la causa dei poveri sostenendo il principio di solidarietà
economica, che è alla base della poor law.
Col susseguirsi degli anni, però, questa legge ha provocato quel fenomeno
noto come “disoccupazione volontaria”: è cresciuto sempre più il numero dei
disoccupati, non per la scarsità di lavoro, ma per la comodità di farsi mantenere
economicamente dallo Stato. Nel momento in cui quest’ultimo si è reso conto
di tale situazione ha riformato la poor law inserendo il divieto tassativo di
accattonaggio e l’obbligo di lavoro; in più è stata promulgata l’“Act of
Settlement”, un atto che, tra l’altro, ha allontanato i flussi migratori, e sono
state costruite le “work houses”, case in cui i disoccupati hanno avuto modo di
lavorare impegnati nelle attività agricole e manifatturiere.
La situazione è rimasta, più o meno, stabile fino allo scoppio della
rivoluzione industriale. In questo periodo si è assistito non solo al crollo del
settore manifatturiero, ma anche al fatto che molti lavori, svolti
precedentemente dall’uomo, sono ora eseguiti da macchinari più velocemente e
più efficacemente.
Tale situazione ha provocato un eccesso di offerta di lavoro, un calo della
domanda e, per finire, come estrema conseguenza, l’aumento del tasso di
disoccupazione. Le motivazioni, però, non sono state subito comprese.
Si è indicata la poor law come concausa di ciò. La situazione è degenerata a
tal punto che, infine, nel 1834 il governo inglese, con gioia dei whigs (avversari
del cattolicesimo e progressisti) e sconforto dei tories (fautori in genere della
8 Puritani radicali il cui primo leader è stato John Lilburne.
11
monarchia e conservatori), ha abrogato la poor law.
In Francia, invece, nell’Assemblea Costituente, seguita alla rivoluzione del
1848, si è aperto un serrato dibattito tra i liberali storici come Thiers e
Tocqueville, e i socialisti riformisti, come Luis Blanc.
Da questo dibattito s’intravedono i primi segnali della costituzionalizzazione
della questione sociale, nel senso che tale questione diventa un tema
costituzionale del riconoscimento del primo dei diritti sociali, il diritto al
lavoro, in quanto la società è vista, soprattutto, come “comunità del lavoro”.
Si è posta, allora, la questione dell’opportunità e doverosità del suo
riconoscimento giuridico, inserendolo, appunto, in una norma costituzionale.
Nel 1884, in Germania, Otto von Bismarck ha istituito un regime di leggi
sociali a favore dei ceti più bisognosi, maturando, cioè, il primo intervento
pubblico che va oltre il controllo della povertà; sono state adottate misure che
forniscono una protezione assicurativa ai lavoratori in caso di malattia, di
incidenti sul lavoro e di licenziamento per anzianità.
E, sull’esempio della Germania, nei primi decenni del Novecento, tutte le
nazioni industrializzate hanno avviato programmi per garantire ai lavoratori
qualche indennizzo che li ponga al riparo dalle conseguenze disastrose della
perdita della capacità lavorativa. Sempre in Germania è avvenuto un primo
approccio alla definizione giuridica dei diritti sociali, che entrano a far parte
del testo approvato nel 1919 della Costituzione di Weimar.
In essa il quarto titolo è dedicato al diritto all’istruzione, in cui è previsto il
dovere dello Stato di provvedere all’istruzione; il titolo quinto, invece, è
dedicato alla vita economica; all’art. 152 si afferma che “il lavoro è posto sotto
12
la protezione dello Stato”. Altri articoli seguono questo tema; ma quello più
significativo è il 161, secondo cui lo Stato organizza un sistema di
assicurazioni “per la conservazione della salute e della capacità di lavoro, la
protezione della maternità”, e così via
9
.
Con la costituzionalizzazione dei diritti sociali si è avviata la fondamentale
problematica del rapporto tra i diritti di libertà (dovuti alla dottrina liberale) che
postulano una sfera libera dallo Stato, e i diritti sociali (per i quali è stato
determinante l’elaborazione dottrinaria della social-democrazia) che
richiedono, invece, l’intervento dello Stato.
Ma va rilevato che la perpetua instabilità, che ha caratterizzato la vicenda
weimariana, ha impedito tuttavia a quel regime politico di connotarsi fino in
fondo, secondo i desideri delle sue dirigenze social-democratiche, come una
democrazia caratterizzata dalla centralità della cittadinanza sociale con il
consolidamento dei diritti sociali.
Negli Stati Uniti d'America è stata la Grande Depressione degli anni '30 a
rendere necessaria un'azione a livello federale in quanto le comunità e i governi
locali, così come le charities private, non sono risultate più sufficienti a coprire
i bisogni della popolazione.
Perciò, Franklin D. Roosevelt, nel 1935, propone al Congresso una
legislazione sulla economic security, secondo le raccomandazioni fornite da
uno speciale Committee of Economic Security, appositamente creato. Il 14
agosto 1935, Roosevelt firma il Social Security Act, “Atto per la Sicurezza
Sociale”, pietra miliare nell'edificazione dello Stato sociale, che pone in essere
9 N. Bobbio, Teoria generale della politica, a cura di Michelangelo Bovero, Torino, Einaudi,
1999, p.462.
13
due programmi di assicurazione sociale su scala nazionale, rivolti ai lavoratori
anziani ed ai disoccupati.
Si tratta di un sistema federale di benefici per i pensionati dell'industria e del
commercio ed un altro per i disoccupati. Sono inoltre stabilite forme di
stanziamenti federali per permettere agli Stati di estendere e rafforzare la cura
della salute di madri e bambini ed i servizi del welfare; nasce, così, il
programma Aid to Families with Dependent Children.
La Social Security costituisce il punto centrale del New Deal di Franklin D.
Roosevelt, sebbene programmi pensionistici per alcune categorie di dipendenti
statali o dei governi locali fossero già stati introdotti nel XIX Secolo, come il
piano pensionistico degli insegnanti del New Jersey, probabilmente il più
antico piano pensionistico per dipendenti statali, che risale al 1896.
Ben presto, agli inizi del ‘900, altre municipalità e governi locali
introducono piani pensionistici per i poliziotti ed i vigili del fuoco.
Un'altra area in cui il governo federale si è impegnato fin da subito è stata la
fornitura di una serie di servizi e benefici per chi ha servito nelle Forze Armate
(indennizzi per invalidità acquisite in servizio, pensioni alle vedove etc).
A seguito della Prima Guerra Mondiale è stato varato un sistema su larga
scala per le cure sanitarie e l'assistenza ospedaliera ai veterani.
Bisogna comunque rilevare che il liberismo di fine Ottocento ed inizio
Novecento non ha prestato l’attenzione dovuta ai bisogni sociali delle grandi
masse, e il programma sociale attuato dal liberale inglese Lloyd George è
risultato essere piuttosto una reazione allo statalismo sociale tedesco, al
nascente comunismo russo, e, in generale ai movimenti autocratici nazional-
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socialisti nascenti in Europa, che hanno fatto leva proprio sul disagio sociale
appropriandosi delle problematiche inerenti, con la promessa di una rapida
soluzione.
Questo clima d’instabilità creato, tra l’altro, da una carente e intempestiva
politica sociale, è stato determinante per lo scoppio della II guerra mondiale,
durante la quale il progresso del diritto sociale si blocca, e “parlano le armi”.
Infatti Stalin, Hitler e Mussolini rivendicheranno una maggiore attenzione e
partecipazione da parte dello Stato nei confronti dei diritti sociali dei cittadini
che invece lo stato liberale ha trascurato o ha trattato solo su basi solidaristiche
e caritatevoli.
Non può disconoscersi che uno dei loro punti di forza è stato proprio
l’aspetto delle politiche sociali che, impostate sulla esaltazione dei principi
patriottici, del credo politico ed infine su elementi razziali, ha cementato le
masse delle comunità nazionali sotto un unico condottiero visto come
l’elemento che avrebbe finalmente praticato quegli interventi richiesti a tutela
delle condizioni minime di vita dignitosa.
Ma, come sappiamo, tutto questo è stato un grande bluff.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, le conseguenze da essa prodotte
sono state ancora più determinanti per dare un impulso decisivo allo sviluppo
delle tematiche sociali, per il loro inserimento nelle novelle costituzioni del
dopo-guerra, nelle quali è trasfuso il concetto di uguaglianza di tutti gli uomini,
principio fondamentale della Costituzione degli Stati Uniti d’America e
principio alla base della nascita di precisi doveri per l’azione dello Stato nei
confronti dei cittadini nelle particolari condizioni avverse della loro vita.