4
. Sezione 1 . Funzione coscienziale del tempo nel diritto e
caratteri generali dell’istituto.
La concatenazione cronologica dei fatti costituisce non solo l’elemento
essenziale per la formulazione della definizione di ‘tempo’
1
, ma anche
la base materiale per la esplicazione della sua funzione ‘significante’ o
‘coscienziale’
2
.
E se è la concatenazione cronologica ad attribuire un senso ai singoli
elementi dell’esistenza, ciò vale anche per il mondo del diritto: i fatti
assumono un significato giuridico anzitutto in ragione della loro
successione temporale.
3
La funzione coscienziale del tempo nel diritto può cogliersi
pienamente nell’istituto della prescrizione. La prescrizione infatti
conferisce rilevanza giuridica al mero trascorrere del tempo: il
superamento di un intervallo temporale prestabilito, decorrente dalla
commissione di un reato, esaurisce la facoltà di punire.
4
Pertanto essa si qualifica anzitutto come istituto di durata
(Zeitdauerbegriff), poiché il trascorrere del tempo ne è elemento
costitutivo: tale decorso poi opera come una presunzione e non
richiede ulteriori apprezzamenti giudiziali (diversamente, ad esempio,
dal riconoscimento della permanenza del disegno criminoso nei reati
continuati); tale presunzione infine è invincibile e i suoi effetti sono
1
Il tempo può essere definito come “ineluttabile e irreversibile successione di fatti”:
si articola in un ‘prima’, un ‘adesso’, un ‘dopo’, tale articolazione è inesorabile e
unidirezionale, e può essere colta solo se rapportata ad una qualche forma di realtà,
G. CAPOZZI, L’individuo il tempo la storia, Napoli, 2000, p. 27ss.
2
G. CAPOZZI, L’individuo il tempo la storia, Napoli, 2000, p. 43ss.
3
S. COTTA, Diritto e tempo. Linee di una interpretazione fenomenologia, in AA. VV., La
responsabilità politica. Diritto e tempo, a cura di R. ORECCHIA, Milano, 1982, p. 142ss
e G. CAPOZZI, Temporalità e norma, Napoli, 1996, pp. 280ss., 315ss., 383ss.
4
F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della
pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, pp. 8-9, e, per le
successive definizioni, K. ENGISCH, Die Zeit im Recht, in Vom Weltbilb des Juristen,
Heidelberg, 1965, p. 66ss.
5
indisponibili
5
(diversamente, ad esempio, dalla presunzione di
imputabilità penale connessa al raggiungimento della maggiore età).
La prescrizione si qualifica poi come istituto di relazione temporale
(Zeitrelationsbegriff), in quanto stabilisce fino a quando un fatto di reato
può collegarsi al tempo presente ed essere ancora perseguito: il
referente dell’istituto non è però un reato in senso tecnico, ovvero un
fatto tipico, antigiuridico e colpevole, ma un reato in senso storico,
ovvero una situazione che appare come reato alla collettività ma che
va ancora verificata nella sua effettiva consistenza all’interno del
processo; il tempo della prescrizione non rileva solo sul piano
giuridico, ma anche sul piano storico, è il tempo che in una società
allontana il presente da un fatto qualificabile come reato.
6
La prescrizione si qualifica infine come istituto di delimitazione
temporale (Zeitgrenzbegriff), in quanto circoscrive l’intervento punitivo
entro un determinato tempo. La prescrizione penale – diversamente
dall’omonimo istituto civilistico, meccanismo di natura sicuramente
sostanziale che limita nel tempo l’azionabilità di un diritto
7
con lo
scopo di cancellare quei rapporti a cui nessuno ha più interesse
8
– è un
meccanismo di natura controversa
9
che limita nel tempo la punibilità
di un reato con lo scopo di tralasciare quei fatti di cui nessuno ha più
memoria. Mentre in diritto civile la funzione coscienziale del tempo si
coglie rispetto al futuro
10
, in diritto penale si coglie rispetto al passato.
La prescrizione opera dunque una restrizione della memoria
ordinamentale. Difatti le norme penali tendono ad orientarsi sia al
5
L’unica eccezione è costituita dalla richiesta di accertamento nel merito
proveniente dallo stesso imputato.
6
Sulla distinzione fra reato in senso stretto e reato in senso processuale, A.
PAGLIARO, Presupposti della commissione, in AA. VV. Connessione di procedimenti e
conflitto di competenza, Milano, 1976, p. 18; sulla distinzione fra tempo giuridico e
tempo storico, M. LEONE, Il tempo nel diritto penale sostantivo e processuale, Napoli,
1974, p. 14ss.; sulla dimensione sociale e prenormativa della prescrizione, E.
GROPALLO, Contributi alla teoria generale della prescrizione, Milano, 1930, p. 29ss.
7
H. KELSEN, General Theory of Law and State, tr. it., Milano, 1994, p. 18ss.
8
G. PANZA, Contributo allo studio della prescrizione, Napoli, 1984, p. 3ss.
9
Del dibattito circa la natura sostanziale o processuale della prescrizione si tratterà
in seguito [cfr. infra, I.4 e III.7].
10
G. PUGLIESE, La prescrizione estintiva, Torino, 1914, p. 21ss. e ID., La prescrizione
acquisitiva, Torino, 1921, p. 28ss.
6
futuro, costituendo regole di comportamento (Bestimmungsnorm),
11
sia al
passato, costituendo criteri di giudizio (Bewertungsnorm)
12
e il loro
potenziale operativo sembra illimitato. La prescrizione funge allora da
limite confermativo del precetto: “e ciò, non solo per ragioni di
‘economia giuridica’, non potendo il diritto, destinato ad una saltuaria
applicazione, occuparsi di una sterminata mole di dati, ma anche e
soprattutto perché, altrimenti, la società del presente, che intendesse
servirsi di una norma penale come strumento di controllo, sarebbe
lasciata libera di pescare dal suo passato applicativo qualunque fatto
che, da essa punito, possa utilizzarsi come strumento di asseverazione
del precetto violato”.
13
Un tale limite, non solo non minaccia la
capacità della norma di tramandare i valori della società nel tempo
14
,
ma anzi asseconda un’aspettativa di ‘definitività’ delle valutazioni
espresse dal diritto rispetto ai fatti della storia.
15
11
Il fatto che il diritto penale disciplini i propri mutamenti (art. 2 c.p.), che vi siano
norme ad efficacia temporale limitata (art. 2.4 c.p.) e che in certi momenti le riforme
penali risultino frequenti non mina l’assunto che una norma penale mira a
consolidare i valori primari di una società e sia pensata in vista di una applicazione
duratura. Infatti le variazioni delle norme penali comportano di rado un
ribaltamento assoluto del giudizio di valore sottostante alle norme modificate, P.
SIRACUSANO, Successione di leggi penali, Messina, 1988, p. 65.
12
Si noti però che una norma penale per poter essere applicata ad un fatto passato
deve esistere già dal tempo in cui il fatto si è verificato. Quanto è stabilito tramite
legge ordinaria per gli altri rami del diritto (art. 11 disp. prel. c.c.) è stabilito tramite
legge costituzionale per il diritto penale (art. 25 Cost.), quindi in modo inderogabile
(fatti salvi i crimini contro l’umanità), F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori
cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del
processo, Torino, 2003, p. 18.
13
F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della
pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, pp. 18-19.
14
E. OPOCHER, Diritto e tempo, in AA. VV. La responsabilità politica. Diritto e tempo,
Milano, 1982, p. 154ss.
15
F. MENCARELLI, Tempo e processo. Profili sistematici, in Giust. pen., 1975, III, c.
16ss. Si è poi avanzata una teoria concernente la funzione di estremo confine
dell’interpretazione evolutiva svolta dal tempo prescrizionale. Questo istituto
assicurerebbe cioè la coincidenza fra la regola di giudizio alla luce della quale la
condanna è pronunciata e la regola di comportamento che l’agente doveva
osservare: se infatti trascorre troppo tempo tra fatto e giudizio, potrebbe variare il
significato attribuibile all’enunciato precettivo [l’interpretazione non è un processo
di sussunzione diretta tra il fatto e le parole della legge, ma mette in relazione il
7
Si vede insomma che le principali qualificazioni che sono state
attribuite alla prescrizione evidenziano come tale istituto trovi nel
trascorrere del tempo il suo principale elemento costitutivo. È proprio
il trascorrere del tempo infatti ad innescare una presunzione assoluta
di definitivo distacco del reato passato dalla memoria presente e ad
inibire così la potestà punitiva statale rispetto ai fatti più risalenti.
Si è lungamente dibattuto sulla rilevanza che potesse assumere il
tempo ai fini dell’accertamento e della punizione di un reato, ovvero
sul senso di un istituto in grado di estinguere la punibilità per decorso
del tempo. Secondo alcuni, il tempo non doveva rivestire alcuna
rilevanza e quindi la prescrizione non doveva esistere. Tuttavia, oggi si
ritiene pressoché unanimemente che la prescrizione assolva precise
funzioni nell’ordinamento e che quindi sia necessaria.
Nella prossima sezione si renderà conto delle dottrine che sono state
elaborate a giustificazione di tale istituto, e si vedrà anche che
l’esistenza e le caratteristiche concrete della prescrizione dipendono
soprattutto dalle funzioni che si assegnano alla sanzione penale.
. Sezione 2 . Le teorie giustificative della prescrizione e il loro
rapporto con le teorie della pena.
L’analisi del fondamento della prescrizione e la riflessione sulla
funzione della pena devono procedere congiuntamente non solo
perché dalla funzione astrattamente riconosciuta alla sanzione penale
discende la fisionomia concretamente riservata a ciascun istituto
penalistico, ma anche perché la prescrizione, causa estintiva del reato
fatto e il significato che la società del presente riconosce a quelle parole, G.
FIANDACA, Ermeneutica e applicazione giudiziale del diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen,
2001, p. 353ss], e questo comprometterebbe il rispetto del principio di legalità
formale, che invece postula la coincidenza tra Bewertungsnorm e Bestimmungsnorm [A.
CADOPPI, Il valore del precedente nel diritto penale. Uno studio sulla dimensione in action
della legalità, Torino, 1999, p. 118ss. e passim e B. PASTORE, Tradizione e diritto,
Torino, 1990, p. 115ss. e passim]. Si è però notato che la prescrizione svolge questa
funzione di limite all’interpretazione evolutiva solo eventualmente e in via di fatto
[F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della
pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, pp. 19-21].
8
per decorso del tempo, costituendo un limite al raggio d’azione della
risposta punitiva, un “fattore inibente del dover essere della pena”,
16
una “soglia temporale oltre la quale la pena cessa di corrispondere allo
scopo per cui era stata pensata”,
17
consente di evidenziare chiaramente
i tratti peculiari delle varie teorie della pena. Ratio della prescrizione e
ratio della pena sono cioè inscindibilmente legate: la configurazione e la
stessa esistenza dell’istituto in un ordinamento testimoniano il
significato che quell’ordinamento attribuisce al punire.
La presenza della prescrizione nei sistemi penali moderni è segno
anzitutto del superamento di quelle teorie della pena che risultano
inconciliabili con l’idea stessa di estinzione della punibilità per decorso
del tempo, ovvero la teoria retributiva della Scuola classica e la teoria
utilitaristica della Scuola positiva.
Retribuzionismo significa che la pena deve compensare la
colpevolezza del reo. Si tratta di una concezione assoluta, svincolata da
ogni finalismo, che “non attribuisce alla pena alcuno scopo da
perseguire ma un’idea di giustizia da riaffermare”.
18
In questa prospettiva, la prescrizione costituisce un limite
all’affermazione di quel ‘giusto assoluto’ cui la pena dovrebbe tendere
e dal quale sarebbe ispirata, e conduce alla negazione stessa del diritto
penale
19
. L’obiezione storicistica, secondo cui i parametri della giustizia
sono relativi e pertanto il tempo può far estinguere un reato che ha
perso il suo disvalore giuridico, non viene accettata dal
retribuzionismo: infatti, o il mutamento dei parametri della giustizia ha
portato ad una modifica della norma penale, e allora non si procede
perché la norma è venuta meno, e non perché è intervenuta la
16
E. ANTONINI, Contributo alla dommatica delle cause estintive del reato e della pena,
Milano, 1990, pp. 133ss., 142ss.
17
F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della
pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, p. 22.
18
T. PADOVANI, Diritto penale, Milano, 2004, pp. 290-291.
19
La prescrizione “ripugna all’essenza e alla natura stessa della pena”, “alimenta la
speranza di impunità”, “eccita alla perpetuità dei delitti”, “sottrae la vittima alle
difese offerte dalla sanzione penale”, è il mezzo con cui “la legge penale uccide se
stessa”, E. BIANCHINI, La prescrizione in diritto penale, Reggio Emilia, 1881, pp. 10,
21, 24, e passim, ma anche E. HENKE, Handbuch des Criminalrechts und der
Criminalpolitik, vol. II, Berlin, 1826, p. 47ss. e E. PESSINA, Elementi di diritto penale,
vol. I, Napoli, 1882, p. 394, nt. 1ss.
9
prescrizione; oppure non vi è stata una modifica della norma penale, e
allora la prescrizione ostacolerebbe una reazione punitiva ancora
ritenuta doverosa secondo l’immutato senso di giustizia
20
. Questa
argomentazione è molto suggestiva e ha trovato seguito anche in tempi
moderni
21
.
Una simile interpretazione della prescrizione tuttavia muove da una
concezione della pena ormai superata. Il diritto penale infatti non è più
inteso in senso etico, come mezzo di affermazione di una giustizia
astratta, trascendente o immanente, ma in senso utilitaristico, come
mezzo di controllo sociale
22
. E in una tale prospettiva secolarizzata
ben si può accettare l’idea dell’estinzione del reato per decorso del
tempo, ove si dimostri che più il fatto di reato si allontana nel tempo,
meno la sanzione ad esso applicabile si dimostra utile.
In realtà una parte della corrente retribuzionista aveva legittimato
l’esistenza della prescrizione, benché sulla base di argomenti molto
distanti dalla sensibilità odierna. La c.d. Sühnetheorie, pur continuando a
sostenere il carattere ineluttabile della pena, riconosceva la necessità
della prescrizione. La pena infatti era un’emenda, un patimento inflitto
al reo perché si purificasse dai mali compiuti. Ma la lunga attesa di una
condanna, trascorsa nell’incertezza circa la propria sorte, già costituiva
un patimento
23
. Così, una sanzione tardivamente imposta dallo Stato
sarebbe stata ingiustificata e crudele, in quanto il reo già aveva
20
E. BIANCHINI, La prescrizione in diritto penale, Reggio Emilia, 1881, p. 19ss.
21
A. AURICCHIO, Appunti sulla prescrizione, Napoli, 1971, p. 39ss.
22
J. J. ANOSSOV, Il tempo nel diritto penale. Contributo alla posizione del problema, in
Giust. pen., 1935, I, c. 61ss. e AA. VV., La funzione della pena: il commiato da Kant e da
Hegel, a cura di L. EUSEBI, Milano, 1989, p. 3ss.
23
“La società, se si trova veramente di fronte ad un colpevole, non può non tener
conto che la vita di costui nel più o meno lungo periodo trascorso dal giorno del
reato, è stata una vita orribilmente agitata da trepidazioni, da incertezze, da rimorsi,
che gli han fatta temere la luce del giorno e la compagnia degli uomini, e gli han
turbato nella notte le ore del riposo: sicché egli pel suo reato ha già sofferto tanto,
quanto basta per surrogare la pena meritata”, L. MASUCCI, Prescrizione, in
Enciclopedia del diritto penale, a cura di E. PESSINA, vol. III, Milano, 1905, p. 316 ma
anche K. VON BIRKMEYER, Encyklopädie der Rechtswissenschaft, Berlin, 1901, p.
1086 e A. HIRZEL, Kritische Betrachtung der neuern Doctrin und Gesetzgebung über
Verjährung der Strafen, Zurich, 1860, p. 35ss.
10
sufficientemente sofferto
24
. La teoria della punition par la peur ci appare
oggi come un sofisma. Tale concezione della prescrizione contraddice
il dato reale, in quanto il tempo in attesa della condanna non viene
sempre vissuto come un patimento, ma anche il dato normativo,
poiché la prescrizione opera indipendentemente dallo stato spirituale
che ha contraddistinto la vita del reo nel periodo tra fatto e giudizio.
Pertanto “non sembra corretto ravvisare l’ubi consistam della
prescrizione in una condizione soggettiva non solo eventuale, ma – per
quel che più rileva – del tutto assente nell’ordito legislativo”.
25
Inoltre
“la stessa esistenza della prescrizione smentisce la ratio dell’istituto,
giacchè la consapevolezza che il decorso del tempo determinerà
certamente l’estinzione della pena rende ancor meno probabile che il
reo viva nel timore di una sofferenza che sa non essere ineluttabile,
perché ad essa può sottrarsi”.
26
Utilitarismo significa invece che la pena deve neutralizzare la
pericolosità del reo. Si tratta di una concezione relativa, strumentale,
che giustifica la pena in quanto mezzo di difesa della società dai
soggetti che potrebbero danneggiarla
27
.
L’idea che il diritto penale sia esclusivamente orientato alla difesa della
società presente conduce al ribaltamento del principio cardine di
diritto penale intertemporale, quello dell’irretroattività della legge
penale sfavorevole: la società presente è libera di sanzionare
retroattivamente un fatto che non era considerato illecito ma che, nel
presente, è ritenuto sintomatico di pericolosità sociale
28
.
In questa prospettiva, la prescrizione costituisce un ostacolo alla
effettiva neutralizzazione dell’autore di reati, la cui pericolosità
potrebbe permanere anche molto tempo dopo la commissione degli
stessi: un meccanismo che ricollega il venir meno della punibilità al
24
K. VON BIRKMEYER, Encyklopädie der Rechtswissenschaft, Berlin, 1901, p. 1086 e
A. HIRZEL, Kritische Betrachtung der neuern Doctrin und Gesetzgebung über Verjährung der
Strafen, Zurich, 1860, p. 42ss.
25
F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della
pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, pp. 30-31.
26
F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della
pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, p. 31.
27
F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della
pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, p. 25.
28
E. FLORIAN, La legge penale nel tempo, in Scuola positiva, 1894, p. 492ss.
11
semplice decorso del tempo non garantisce un’adeguata difesa
sociale
29
. Per questo si auspica la trasformazione della prescrizione “da
presunzione a realtà”, attraverso la sostituzione del meccanismo
estintivo per decorso del tempo con un’estinzione della punibilità solo
eventuale e conseguente all’accertato venir meno della pericolosità del
reo
30
. La pena infatti, servendo solo a difendere la società del presente,
deve adattarsi alle valutazioni espresse “nell’ora attuale, nel momento
stesso in cui [l’ordinamento] si difende e applica il mezzo
repressivo”
31
.
Una simile interpretazione della prescrizione tuttavia muove da una
concezione della pena ormai superata. Il diritto penale infatti non
vuole e non può rispondere solo ad esigenze contingenti, stante
l’inconsistenza della dimensione presente in termini fenomenologici
32
,
ma si rivolge al passato per condizionare il futuro: la norma penale è
criterio di giudizio di fatti passati e paradigma orientativo di fatti
29
La prescrizione è “una tenerezza nei confronti dei malfattori” e quasi un’irrisione
alla società del presente, in quanto impedisce che si persegua un soggetto
pericoloso, e magari reo confesso, solo perché il sintomo della sua pericolosità è
molto risalente, V. OLIVIERI, La prescrizione dell’azione penale, in AA. VV. Appunti al
nuovo codice penale, Torino, 1889, p. 257ss. ma anche A. ZERBOGLIO, Della
prescrizione penale, Torino, 1893, p. 116ss. e ID. La prescrizione penale secondo la scuola
classica e la scuola positiva, in La scuola positiva, 1893, p. 369ss.
30
E. FERRI, Principi di diritto criminale, Torino, 1928, p. 479ss. e A. ZERBOGLIO, Lo
sterminio delle “applicazioni giuridiche” , in Scuola positiva, 1893, II, p. 959ss.
31
E. FLORIAN, Trattato di diritto penale, vol. I, Milano, 1934, p. 206ss.
32
“Il presente, che stava tanto a cuore alla scuola positiva, appare null’altro che un
paralogismo, ove si rifletta che esso può essere colto unicamente in termini
filosofici come l’istante in cui la coscienza si ferma a riflettere sul passato e sul
futuro [S. AGOSTINO, Confessioni, Libro XI, pp. 20 e 26]. Una volta abbandonato
il piano filosofico, però, ben presto ci si avvede che le cose stanno diversamente,
poiché – in termini fenomenologici e, dunque, anche nel campo della vita sociale –
ciò che “adesso è” sarà tra un istante “ciò che è stato”: cosicché le uniche due
effettive situazioni temporali in cui la politica, e quindi anche il diritto, possono
arrivare sono rappresentate soltanto dal passato, quale oggetto di valutazione, e dal
futuro, quale oggetto di condizionamento.” F. GIUNTA, D. MICHELETTI,
Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata
del processo, Torino, 2003, p. 26ss. ma anche A. PAGLIARO, Il fatto di reato, Palermo,
1960, p. 36ss.
12
futuri
33
. In una simile prospettiva ‘circolare’ non si può accettare l’idea
di una società presente che, “forte della sua supremazia storica”, si
senta libera di applicare il principio di retroattività sfavorevole in
ragione di sopraggiunte istanze di difesa sociale o di perseguire un
fatto di reato molto risalente e a lungo dimenticato dall’ordinamento
qualora improvvisamente lo ritenga sintomatico di pericolosità
34
.
I moderni ordinamenti penali invece prevedono l’istituto della
prescrizione. Come si è precedentemente rilevato, questo è segno di un
superamento sia della concezione meramente retributiva della pena sia
della concezione meramente utilitaristica: la teoria polifunzionale della
pena infatti, riconosce ad essa valenza generalpreventiva – impedire
che i consociati delinquano – nella fase edittale, specialpreventiva –
impedire che il reo delinqua – e retributiva nella fase giudiziale, ancora
specialpreventiva nella fase esecutiva.
È una concezione relativa e secolarizzata, in cui la pena non trova il
suo fine in sé, ma nell’utilità che può portare alla società, qualora essa
riesca nell’intento di prevenire la commissione di nuovi reati. E oltre
un certo limite temporale può non ravvisarsi più alcuna utilità sociale
nel punire, e residuare una mera volontà affittiva: e ciò giustifica la
prescrizione.
Ma un tale utilitarismo si presenta diverso da come era stato inteso
dalla Scuola positiva: esso va contemperato infatti col principio di
personalità della responsabilità penale, che implica l’adeguamento dei
presupposti della responsabilità e dell’entità della pena alla
colpevolezza del soggetto. Non può accettarsi allora che il soggetto sia
33
“Ogni norma accentua le proprie capacità orientative nel momento in cui viene
utilizzata come criterio di giudizio dei fatti pregressi; e […] ogni asserita funzione
della pena (intimidativa, asseveratrice, culturale, ecc.), naturalmente protesa al
futuro, trova la sua massima espressione quando viene irrogata ai fatti del passato.”
F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della
pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, p. 27.
34
“Il presente in senso stretto è un’utopia, ossia un luogo temporale in cui il
legislatore non può arrivare e, comunque, non ha interesse a coltivare. Il diritto
penale può solo estroflettersi verso il passato onde precostituire le garanzie
dell’uomo d’oggi, delle quali egli si potrà avvalere non appena “ciò che è” diventerà,
a seguito dell’ineluttabile e irreversibile successione di fatti, “ciò che è stato.” F.
GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena
nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, p. 27ss.
13
strumentalizzato in nome di istanze infinite di difesa sociale: un limite
a tali istanze è posto dalla prescrizione.
Si è tentato di spiegare la prescrizione sia in senso specialpreventivo,
sia in senso generalpreventivo.
Per quanto concerne la prevenzione speciale si è parlato di
prescrizione come ratifica del cambiamento individuale. Il tempo,
infatti, incide non solo sulla natura fisica ma anche sulla natura
psichica di una persona, trasformandola in qualcosa di diverso da ciò
che era al momento della commissione del fatto; di conseguenza, se
non vi fosse la prescrizione, la pena finirebbe per colpire un individuo
ormai diverso
35
. Una sanzione giunta troppo tardi, quando ormai si è
allentato o forse spezzato quell’intimo legame fra autore e fatto, non
verrebbe percepita come una conseguenza al reato commesso, ma
quasi come una sventura della sorte, e non avrebbe alcuna valenza
rieducativa
36
. Una risposta tardiva dell’ordinamento andrebbe poi forse
a colpire un soggetto ormai pienamente reintegrato nella società, e non
solo non servirebbe alla sua risocializzazione, ma sortirebbe effetti
desocializzanti.
37
È incontestabile che la pena debba giungere tempestivamente per
poter assolvere al meglio la sua funzione specialpreventiva
38
. Tuttavia
35
H. LAMMASCH, Gutachten über die Frage: soll zur Verjährung der Straferfolgung der
bloβe Ablauf einer gesetzlich bestimmen Zeit seit Verübung der Straftat genügnen oder soll diese
Verjährung auch noch an andere Bedingungen geknüpft werden?, in AA. VV., Verhandlungen
des 24. deutschen Juristentages, vol. II, Berlin, 1897, spec. P. 112.
36
S. LOURIĖ, Die Criminalverjährung (1914), vist. Frankfurt a. M., 1977, pp. 59-60.
37
F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della
pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, p. 32.
38
Una tale idea appartiene alla sensibilità giuridica occidentale fin dai tempi più
antichi. Plinio il giovane, ad esempio, narra di quando, proconsole in Asia, avendo
trovato in questa provincia molti uomini condannati da molti anni ai giochi o ad
opere pubbliche e che non avevano mai scontato la pena, avesse scritto
all’imperatore chiedendogli come doveva comportarsi, osservando che far scontare
le pene a questi vecchi che vivevano onestamente gli pareva troppo severo e poco
vantaggioso, PLINIO, Epistolario, libro X, epistola 40; la tempestività è
universalmente riconosciuta come una caratteristica fondamentale della pena anche
da C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, § XIX (1974), Milano, 1974, p. 67; infatti se
la pena giunge tardivamente, quando ormai si è creato un “intervallo incolmabile tra
l’autore e la propria condotta”, l’utilità personale finisce per perdersi, S. LOURIĖ,
Die Criminalverjährung (1914), vist. Frankfurt a. M., 1977, p. 70.