Emigrato negli Stati Uniti, indirizzò le sue sperimentazioni verso un uso
terapeutico del teatro, mettendo a punto, negli anni '30, una tecnica di
esplorazione e di analisi che chiamò "psicodramma" (Moreno, 1946).
Nello psicodramma classico un direttore - che è un terapeuta - con l'aiuto di
alcuni assistenti, invita un paziente a rappresentare scenicamente una
situazione per lui conflittuale, mettendosi a confronto con un antagonista. In un
momento successivo il paziente stesso viene invitato, in un'inversione dei ruoli,
ad interpretare il suo antagonista per vivere dall'interno i sentimenti dell'altro.
Infine la situazione, che spesso giunge a momenti altamente drammatici, viene
discussa collettivamente con il gruppo dei terapeuti e degli spettatori. L'effetto
liberatorio di questo gioco di ruolo è alquanto complesso da controllare
psicologicamente. Lo psicodramma è una tecnica terapeutica molto sofisticata
che ha dato luogo a una vera e propria "scuola" largamente diffusa in tutto il
mondo (Schutzenberger, 1975).
Anche in campo educativo fu Moreno stesso ad avvertire per primo il valore
pedagogico della drammatizzazione e chiamò "tecniche di role-playing" le
applicazioni del "teatro della spontaneità" a fini formativi, per non ingenerare
confusioni con lo psicodramma terapeutico.
Un'altra tecnica utilizzata in questo settore è la simulazione giocata, un modo
di apprendere dall'esperienza, basato sulla possibilità di giocare con situazioni
ricreate artificialmente.
In campo ludico troviamo i cosiddetti role-playing game che, secondo
l'accezione data da A. Fine (1983), corrispondono ad un particolare tipo di
gioco da tavolo in cui i giocatori assumono i ruoli da protagonisti di una
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situazione avventurosa, sotto la guida di un direttore di gioco (genericamente
definito "Dungeon Master" o semplicemente "DM") il quale descrive lo
scenario in cui ci si muove, interpreta il ruolo di ogni singolo personaggio non
assegnato ad altri, risolve le azioni intraprese applicando determinate regole di
simulazione. Il primo role-playing game della storia è "Dungeons & Dragons"
(o D&D), un gioco Fantasy, ossia ambientato in un medioevo fantastico, dove
il giocatore può assumere maschere fittizie e interpretare avventure complesse
grazie ad un'interfaccia base, costituita dalle schede delle caratteristiche del
personaggio, dalle regole e dalle istruzioni operative.
In questi ultimi anni, grazie all'ausilio delle nuove tecnologie ed in particolar
modo del computer, si sono sperimentate numerose trasposizioni informatiche
dei giochi di ruolo. A tal proposito esistono programmi per computer capaci di
rappresentare, per mezzo di un modello matematico, un sistema reale. Si
creano così ambientazioni, situazioni artificiali, in cui è possibile addestrarsi o
apprendere attraverso i feedback presenti nel sistema. In questo modo è
possibile manipolare il modello in modo da rendere visibili cambiamenti e
processi che altrimenti non sarebbero stati percepibili osservando la situazione
naturale, perché avrebbero richiesto tempi troppo lunghi o perché avrebbero
comportato costi e rischi eccessivi. Un altro vantaggio offerto dalle nuove
tecnologie riguarda la possibilità di ottenere delle simulazioni multiutente,
ossia, accessibili a più persone contemporaneamente. Per mezzo di una rete
telematica si crea così una realtà sociale condivisa, in cui ai feedback
matematici si aggiungono quelli umani. In tal modo viene ad essere coinvolta
non solo l'abilità del giocatore ma l'identità stessa della persona che gioca.
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Uno degli esempi più riusciti in tal senso è denominato MUD, o Multi-User
Dungeons. In questo role-playing game lo scopo dei "giocatori" consiste nel
manovrare il proprio personaggio (o personaggi) e nell'interazione con gli altri.
Sono nati all'inizio degli anni '70 quando il gioco di D&D si trasformò da gioco
da tavolo a gioco informatico.
Per una migliore comprensione delle applicazioni nei settori terapeutico
formativo e ludico dei giochi di ruolo vengono quindi presentate cinque
tecniche: psicodramma, role-playing, role-playing game, MUD e simulazione
giocata.
E' bene tuttavia precisare che non esiste una corrispondenza univoca fra
tecniche e settori applicativi, viceversa, sono presenti alcune "invasioni di
campo" che riguardano un po' tutti i giochi di ruolo.
Un degli obiettivi della presente tesi è, infatti, quello di effettuare una
descrizione che metta in evidenza le eventuali affinità e/o differenze esistenti
fra le differenti tecniche esposte.
La presentazione di ciascuna di esse segue una comune impostazione, che
descrive le origini, la definizione, gli aspetti teorici ed operativi, le tipologie e
le applicazioni pratiche della stessa, con il compito di facilitare proprio il
confronto fra paragrafi di capitoli diversi
In questo modo è possibile notare come, ad esempio, i role-playing game, che
ad una prima analisi sembrano esperienze ben lontane da quelle riportate negli
scritti di Moreno, siano stati, in realtà, sperimentati dall'autore stesso,
certamente non in una " modalità da tavolo ", ma in un modo che, nell'infanzia,
ci ha visto un po' tutti come protagonisti. Questo perché i giochi di ruolo in
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generale, cioè intesi come attività ricreativa derivante dall'impersonare la parte
di qualcuno, sono una tappa obbligata per lo sviluppo dell'individuo, il giocare
con le bambole o con i soldatini, infatti, rappresentano modalità di gioco
simbolico esperibili solo attraverso funzioni mentali superiori (Vygotskij,
1990).
Un altro elemento comune fra settori diversi riguarda, ad esempio, lo scenario
dei role-playing game costituiti spesso da labirinti e mostri, che rappresenta un
immagine del mondo come un enigma di cui è consentito svelare i segreti. Il
sotterraneo in tal senso richiama l'idea junghiana del profondo, del nascosto,
del rimosso, il luogo delle ombre, dei fantasmi, dei misteri, dello sconosciuto e
dell'inconscio. Allo stesso modo, i MUD rappresentano lo sfondo ideale per
scoprire ciò che si è o ciò che si desidera essere (S.Turkle, 1995) anche senza
la presenza di un trainer effettivo, come avviene invece per lo psicodramma
(gli unici controllori delle azioni dei giocatori sono i costruttori del programma,
chiamati WIZARD o AVATAR, i quali però non hanno nessuna competenza
psicologica).
Si può affermare così che in qualsiasi gioco di ruolo, l'identificazione con un
particolare personaggio o gruppo di personaggi porta ad un'evoluzione nei
rapporti con gli altri giocatori e quindi anche con il proprio personaggio.
Anche nell'esempio delle simulazioni giocate troviamo molte situazioni
ambigue in cui è difficile stabile se il gioco di ruolo appartenga al settore
formativo piuttosto che a quello ludico o terapeutico. Nella simulazione la
possibilità di esplorare diverse alternative possibili e di verificare le proprie
ipotesi ed intuizioni la rende un valido strumento per riflettere su di se e sugli
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altri. Confrontando il comportamento del sistema, il modello sottostante ed i
dati reali, è possibile arrivare ad una comprensione dei modelli mentali con cui
si affronta, il più delle volte inconsapevolmente, la realtà.
Le sovrapposizioni fra tecniche e campi d'interesse sono quindi numerose, ma
il mondo scientifico appare ancora diffidente ad usare le nuove tecnologie
come strumento di terapia psicologica per la loro presunta pericolosità, legata,
in parte, all'insicurezza che traspare dall'impersonalità della situazione, e in
parte, alla temuta mancanza di privacy presente nella Rete.
Un'ulteriore obiettivo di questa tesi è appunto quello di sfatare alcune false
convinzioni connesse all'utilizzo delle nuove tecnologie in psicologia, facendo
chiarezza su quelle che sono le potenzialità e i limiti degli attuali strumenti
informatici di simulazione mediante role-playing.
A tal fine, nell'ultimo capitolo, è descritto, analizzato e commentato, "Supply
Chain", un programma di simulazione aziendale per la formazione attraverso
role-playing. Attraverso questo esempio pratico risulta più chiaro comprendere
come è possibile creare modelli per l’apprendimento attraverso le nuove
tecnologie e come una Business Simulation possa rappresentare un ottimo
strumento per imparare facendo.
In conclusione possiamo riscontrare che, pur essendo molte le affinità esistenti
fra ambiente informatico e setting psicologico, mancano purtroppo esempi
corrispettivi alle simulazioni giocate o ai giochi di simulazione in campo
terapeutico, e che pur esistendo nella Rete "ambulatori" di teleconsulto
psicologico-psichiatrico, non sono poche le polemiche che si aggirano attorno a
questo e ad altri argomenti di simile fondamento (Esposito, 1998).
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1. DEFINIZIONE DEL TEMA
L'identificazione, la delimitazione e la definizione dell'oggetto di studio in
questione è stata la prima tappa del mio lavoro di ricerca. L'esame della
letteratura relativa all'argomento è risultato molto impegnativo poiché ha
coinvolto tre settori di notevole spessore culturale, ricchi di riferimenti storici,
di teorie psicologiche e di applicazioni pratiche in diversi campi di intervento.
Consapevole dell'impossibilità di sondare l'intero scibile umano, tanto più in
una tesi di laurea, mi sembra metodologicamente doveroso dichiarare le fonti
della documentazione a cui si fa riferimento.
Le fonti bibliografiche vanno rintracciate soprattutto in una serie di ricerche
effettuate nella Biblioteca “Valentini” della Facoltà di Psicologia, nella
Biblioteca Nazionale, nelle Biblioteche Comunali di Roma, nelle Biblioteche
On-line (BDP, AIB, BNCF) e in alcune librerie di Roma, in cui si è rivelata
particolarmente attinente alle mie indagini la casa editrice Franco Angeli.
Un'altra fonte di informazione sono stati gli articoli individuati in alcune riviste
di settore, soprattutto nei volumi di Simulation&Games che vanno dal marzo
del 1988 al settembre del 1999, in alcuni database come il MacSPIRS o il
WinSPIRS, in cui figurano sia gli articoli dell'American Psychological
Association (PSYCLIT) che quelli del National Library of Medicine
(MEDLINE). Un altro tipo di fonti sono stati i contatti avuti con vari professori
della facoltà (appendice A) e con conoscenze personali, molte delle quali
avvenute “in Rete”.
Il metodo di indagine si basa sull'impiego della parole chiave "gioco di ruolo" e
sulle successive voci estratte dalla ricerca e selezionate in base alla loro
pertinenza con l'argomento trattato.
Attraverso l'analisi del materiale trovato sono state costruite cinque aree
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tematiche, che corrispondono poi alle cinque tecniche in esame.
Seguirà ora una breve descrizione di tali categorizzazioni seguita dalla relativa
rilevanza riscontrata in campo scientifico e letterario:
Lo psicodramma è uno strumento d'analisi e di terapia psicologica che si
avvale dell'interpretazione drammatica per sbloccare, attraverso la catarsi, quei
sentimenti repressi che sono all'origine del disturbo in questione.
La sua diffusione risale al periodo in cui gli ambienti scientifici erano
particolarmente favorevoli agli studi sulle tecniche di formazione attraverso il
gruppo, più precisamente intorno al 1950, a ben trent'anni di distanza dalla sua
ideazione, e da allora tale tecnica non ha mai perso il suo fascino. Ha
interessato gli studiosi di quasi tutte le parti del mondo, dalla Russia, dove
incontrò meno ostacoli rispetto alla psicoanalisi, agli Stati Uniti, che per primi
incoraggiarono l'azionismo di J. L. Moreno, ed in Europa, dove riscosse
attenzioni particolari soprattutto in Francia che istituì il primo Comitato
Internazionale di Psicoterapia di Gruppo.
Tutt'oggi è usato come metodo attivo da psichiatri, psicoanalisti, psicologi e
psicoterapeuti appartenenti a diverse scuole di pensiero. In Italia è praticato
ormai da molti anni in diversi settori e da diverse scuole, fra le quali si
distinguono soprattutto l'Associazione per lo Sviluppo dello Psicodramma
Individuativo (ASPI) di Torino e di Roma, e lo studio di Psicodramma di
Milano, che offrono un'ottima varietà di approcci teorici e metodologici a
questa tecnica. Numerose sono anche le riviste, le più conosciute sono quella di
Psicodramma Analitico, curata dall'ASPI, e la "Rivista Italiana di
Psicodramma", pubblicata fino al 1989 da Ottavio Rosati che, tra l'altro, è
doveroso citare in quanto fu il primo in Italia ad aver portato lo psicodramma
in televisione.
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Il role-playing è una tecnica di formazione che prevede la sperimentazione di
un ruolo lavorativo in un ambiente artificiale il più vicino possibile alla realtà,
con gli stessi colleghi ed incarichi, ma sotto il controllo di un'analista che fa
emergere i problemi di quella realtà sociale.
Le sue origini sono strettamente connesse a quelle dello psicodramma ma,
soprattutto ultimamente, l'attenzione dedicatagli in campo formativo ne ha fatto
quasi una disciplina a se stante. Numerosi sono gli studi e le applicazioni
soprattutto nel settore della formazione del personale nelle aziende e più in
particolare dei quadri e dirigenti, ma anche nel settore dell'educazione scolare
(scolastica) media e superiore in cui si nota qualche tentativo di inserire queste
tecniche attive nel contesto fondamentalmente passivo dell'istruzione di base.
Il maggior numero di pubblicazioni sono state redatte soprattutto dalle
università più all'avanguardia nel campo formativo, come quella di Cambridge
in Inghilterra o quelle di Harvard e di Tulsa negli USA, i cui professionisti
vengono contattati per gli scopi più diversi, dal training per i venditori porta a
porta, all'addestramento di reparti speciali della CIA.
In Italia gli studi sul role-playing sono numerosi e altrettanto numerose
appaiono le scuole di formazione dislocate pressoché sull'intero territorio, dalla
Liguria alla Sicilia, dalla Lombardia alla Puglia.
Come tecnica educativa è ampiamente usata, da sola o associata ad altri tipi di
simulazione, sia come strumento professionale sia culturale, in campo
scolastico o aziendale ma anche in contesti familiari o in strutture sociali.
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Nei giochi di ruolo, che qui chiameremo role-playing games secondo la
definizione data da Gary Alan Fine (1983), il dramma "vissuto" è invece
stabilito da un Dungeon Master, un direttore del gioco, che crea un mondo
dove il giocatore può assumere maschere fittizie e interpretare avventure
complesse attraverso un interfaccia base, costituita dalla scheda su cui sono
scritte le caratteristiche del personaggio, dalle regole, dalle istruzioni operative
e dai dadi.
Dal 1970 in poi si assiste allo stesso fenomeno di crescente espansione
avvenuta per le tecniche di role-playing formativo, tuttavia, essendo un genere
intrattenitivo, non ha mai ottenuto lo stessa attenzione in campo scientifico. La
letteratura internazionale si è pressoché astenuta dal fare valutazioni
approfondite in merito, eccezion fatta per alcune descrizioni di tipo sociologico
degli ambienti di gioco e per alcune applicazioni in campo educativo, lasciando
il campo ad analisi di basso rigore scientifico volte a screditare queste pratiche
attraverso frettolose tesi allarmistiche (un riassunto della crociata americana
del 1980 contro i giochi di ruolo è presente nel libro "In Pursuit of Satan: The
Police and the Occult", di Robert D. Hicks).
In Italia, seppur siano stati oggetto di studio ancor più limitato (i ricercatori da
me trovati si contano sulle dita di una mano), questo non ha impedito tuttavia
l'arrivo, anche se con circa quindici anni di ritardo, della stessa quantità di
analisi scandalistiche, frettolose e demonizzanti che la stampa americana aveva
pubblicato intorno agli anni '80.
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I Multi-User Dungeon o MUD sono ambienti virtuali in cui più persone hanno
la possibilità di dialogare, attraverso un sistema di scrittura collegato ad una
rete telematica, e di avventurarsi nell'ambiente circostante, descritto dal
programma su cui ci si collega, per diletto o per intraprendere le avventure in
cui ci si imbatte.
L'attenzione dedicata al fenomeno dei MUD è stata simile a quella avuta per i
giochi di ruolo, una miscela di curiosità e demonizzazione, forse proprio per la
loro affinità negli scopi e nelle modalità d'intrattenimento, tuttavia, grazie
all'interesse crescente che rotea intorno alle nuove tecnologie, un maggior
numero di studiosi si è interessato al fenomeno. Le caratteristiche che hanno
catturato maggiormente l'attenzione dei ricercatori, riguardano gli aspetti
interattivi del mezzo, quelli che hanno permesso la creazione delle cosiddette
"comunità virtuali", e i cambiamenti che questo tipo d'interazione comporta a
livello delle singole esperienze dei partecipanti.
Il primo aspetto è stato oggetto di studi principalmente nelle università che si
occupano di comunicazione e di nuove tecnologie, soprattutto il MIT e lo
XEROX Parc di Palo Alto, mentre il secondo è stato sviluppato soprattutto da
Sherry Turkle. In Italia sono un fenomeno abbastanza recente, solo da pochi
anni sono apparsi nella Rete esempi di MUD in italiano e le ricerche
scientifiche in merito sono, anch'esse, molto scarse.
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Le Simulazioni Giocate sono esperienze molto affini al classico role-playing di
formazione, prevedono una situazione, degli incarichi, delle risorse e delle
conseguenze, con la differenza che l'attenzione è rivolta principalmente verso il
raggiungimento di un risultato, motivo questo per cui non sempre è necessario
un'analista e spesso ci si avvale di modelli logico-matematici.
Ovviamente anche le simulazioni hanno subito un'impennata poderosa, essendo
uno dei campi in cui il progresso tecnologico ha dato i frutti migliori. Bisogna
prestare attenzione a non intendere il termine "simulazione" esclusivamente
come sinonimo di "informatica". Di fatti nel caso specifico della simulazione
giocata, che è quello da me analizzato più a fondo, la letteratura scientifica
internazionale risale a tempi ben diversi dall'attuale.
Come strumento educativo, infatti, non ha mai smesso di essere sperimentato,
poiché da sempre si cerca di trovare un modo per esercitarsi con il minimo
rischio ottenendo poi, nella pratica effettiva, i massimi risultati.
Negli ultimi anni anche in Italia si è assistito ad un notevole sviluppo degli
studi e delle applicazioni di simulazione giocata in numerosi e diversi ambiti.
Studiosi e ricercatori delle discipline più diverse e professionisti di enti,
imprese e amministrazioni le più varie si trovano sempre più spesso coinvolti
nell'uso di giochi di simulazione per affrontare e risolvere una gamma sempre
più ampia di problemi, senza che però vi sia una vera e propria raccolta
sistematica di studi, in riviste o in giornali di settore, eccezion fatta per i
"Quaderni di comunicazione audiovisiva" a cura di L. Galliani (1986) e per
alcune raccolte di giochi psicopedagogici a cura di G. Contessa e M. Sberna
(1988).
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2. I GIOCHI DI RUOLO
Prima di affrontare l’argomento relativo ai vari “settori applicativi” dei giochi
di ruolo, è opportuno dare di questi una definizione generale.
E’ bene specificare che il concetto di gioco di ruolo si riferisce ad un campo
troppo vasto e polimorfo per consentire una definizione onnicomprensiva. Si
procederà quindi nell’analisi semantica delle sue componenti, costituite
rispettivamente dalla parola “gioco” e dalla parola “ruolo”. (Il prossimo
capitolo sarà invece dedicato alla descrizione dei diversi “settori applicativi” in
cui si è sviluppata maggiormente questa realtà. )
2.1. GIOCO:
Il termine gioco (dal latino iocus, scherzo e per traslato gioco) è
un'occupazione per se stessa piacevole la quale non ha bisogno di altro scopo
che se stessa. Lo scrive Kant nella Critica del Giudizio, ma la definizione non è
esaustiva, perché dà sì il criterio necessario, ma non quello sufficiente.
A ciascuno di noi vengono in mente attività "per se stesse piacevoli" diverse
dal gioco, numerose e differenziate, secondo le ideologie, esperienze, visioni
del mondo, fantasie e perversioni individuali.
Un aiuto ci può venire allora dalle definizioni trovate sui vocabolari di lingue:
il Battaglia ha 25 definizioni, il Garzanti 11, lo Zingarelli 13, 19 il Devoto-Oli,
il Molinier (pre juego) 17, 19 (per jeu) il Robert, ben 40 (tra game e play) il
Webster. Sembrerebbe una vera e propria Babele, ma in realtà i significati
hanno qualcosa in comune.
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Nella lingua italiana il termine è descritto ora come esercizio di forza o di
destrezza, ora come l’insieme delle regole del gioco, ora come azione o
circostanza che implica rischio e incertezza, ora come scherzo o beffa, ora
come finzione o artificio e, per concludere, come il breve movimento
consentito nel piccolo spazio compreso tra due superfici affacciate di due
elementi meccanici accoppiati. Tuttavia, mentre in italiano esiste solo un
termine (e come l’italiano si comporta il francese, il tedesco e lo spagnolo)
“gioco”, in inglese ne troviamo due e ben distinti, “game” e “play”. Tale
distinzione risulterà molto importante per la nostra analisi.
Riassumendo, fuorché in inglese, il “gioco” come matrice astratta di regole e
concreta azione del “giocare”, sono confusi in un unico termine (per una dotta
e chiara analisi di tale questione si veda l’introduzione di Umberto Eco al
fondamentale Homo Ludens di Hunziga, edizione Einaudi).
La distinzione, invece, nella lingua inglese, tra game e play è assai rigorosa e
ricalca quella tra competence e performance, tra potenza ed atto, tra oggetto e
soggetto (non esiste il gamer, ma solo il player; il verbo to game, intransitivo, è
sinonimo di to gamble, giocare d’azzardo, mentre il verbo to play, transitivo e
intransitivo, copre tutto l’insieme dei significati del nostro “giocare”).
Nella definizione di “gioco”, c’è da aggiungere che, a volte, appaiono
intrecciati in modo inestricabile, due concetti antinomici, la libertà e la
necessità; infatti, il gioco è (definizione 12 dello Zingarelli):
“In un accoppiamento meccanico mobile, spazio residuo tra le due
superfici di accoppiamento.”
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