5
La volontà della Corte di rimanere vaghi in una definizione generica ed
ampia ha lo scopo di non escludere alcun oggetto né alcuna sostanza dal
vasto elenco che si potrebbe creare.
Infatti si annoverano nella nozione di merce: il petrolio, l’energia elettrica, gli
stupefacenti, ma anche le monete che non hanno più corso di validità, i
dischi e le videocassette
4
.
Un caso particolare è rappresentato dai rifiuti.
Solo per accennare il pensiero della Corte in materia si ricorda che “tutti gli
oggetti trasportati al di là di una frontiera per dar luogo a transazioni
commerciali sono sottoposti al regime della libera circolazione delle merci,
quale che sia la natura della transazione
5
”.
La libera circolazione delle merci ha una propria sfera di applicazione
territoriale, che coincide con il territorio degli Stati membri.
Tale zona comprende anche le zone di mare e gli spazi aerei che
soggiacciono alla giurisdizione dei medesimi Stati.
Il mercato unico copre pertanto un vasto territorio, corrispondente al
continente europeo.
Le merci, così come garantito dal Trattato, possono circolare liberamente,
senza essere colpite da dazi doganali, tasse di effetto equivalente e anche
imposizioni fiscali discriminatorie.
La libera circolazione delle merci è tutelata contro ogni forma di ostacolo
che si manifesti sotto forma di un’imposizione fiscale discriminatoria o una
restrizione quantitativa.
A conferma di ciò vi è l’art. 90 del Trattato, che riguarda il divieto alle
imposizioni fiscali interne discriminatorie.
In merito a quanto appena detto si è ormai accettata come consuetudine la
formula Dassonville, secondo cui “ogni normativa commerciale degli Stati
membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in
4
TESAURO, cit., p. 374.
5
Sentenza della Corte del 9 luglio 1992, Commissione c. Belgio, causa C-2/90, in Racc.,
4431, punto 26.
6
potenza, gli scambi intracomunitari va considerata come una misura di
effetto equivalente a restrizioni quantitative
6
”.
In relazione ai rifiuti, una recente sentenza della Corte, evidenzia, che
anche il rifiuto in quanto merce, non può subire appunto misure fiscali
interne discriminatorie.
La Corte ha dichiarato che “l’art. 90 costituisce un complemento alle
disposizioni relative all’abolizione dei dazi doganali e delle tasse di effetto
equivalente, ed è per questo volto a garantire la libera circolazione delle
merci fra gli Stati membri mediante l’eliminazione di ogni forma di
protezione che possa risultare dall’applicazione di imposizioni interne
discriminatorie nei confronti delle merci originarie di altri Stati membri
7
”.
Nella stessa sentenza viene ribadito prima “che i rifiuti, riciclabili o no,
devono considerarsi prodotti la cui circolazione, in conformità all’art. 30 del
Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE), non dovrebbe, in
linea di principio, essere impedita”.
Quindi essa ha aggiunto che “...i rifiuti destinati all’eliminazione, anche se
privi di valore commerciale intrinseco, possono tuttavia ingenerare
transazioni commerciali relative alla loro eliminazione o al loro deposito in
discarica.
Un’imposta interna che colpisce tali rifiuti può rendere più difficili o più
gravose tali transazioni commerciali per l’operatore che intenda liberarsi dei
rifiuti: essa è di conseguenza in grado di costituire una restrizione
dissimulata alla libera circolazione dei rifiuti stessi, restrizione che
l’art. 90 CE ha lo scopo ultimo di escludere nel caso di trattamento
discriminatorio dei rifiuti importati
8
”.
Si ricordano inoltre gli artt. 28 e 29 del Trattato, che vietano fra gli Stati
membri le restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione di
merci.
6
TESAURO, cit., pag. 404.
7
Sentenza della Corte del 8 novembre 2007, Gemeindebetriebe Frohnleiten GmbH c.
Bundesminister für Land- und Forstwirtschaft, Umwelt und Wasserwirtschaft, causa C-
221/06, in Racc., 9643, punto 30.
8
Sentenza della Corte del 8 novembre 2007, cit., punti 37 e 38.
7
Essi quindi interessano da vicino anche il movimento transfrontaliero dei
rifiuti, quando questi sono da considerarsi come delle merci
9
.
L’art. 30 del Trattato, invece, ci espone i casi in cui sono ammesse delle
deroghe al principio della libera circolazione delle merci.
Ci sono quattro motivi che possono limitare il principio sopra indicato:
ξ ragioni di moralità pubblica
ξ ragioni di ordine pubblico
ξ ragioni di sicurezza pubblica
ξ tutela della salute, del patrimonio artistico, storico o archeologico e
tutela della proprietà industriale e commerciale
10
.
Tale norma, al fine di non limitare eccessivamente la libera circolazione
delle merci, deve essere interpretata restrittivamente ed unitamente al
principio della proporzionalità.
A partire dall’entrata in vigore dell’Atto Unico Europeo del 1987 è sorta poi
l’esigenza di considerare la libera circolazione delle merci in relazione al
tema della tutela dell’ambiente
11
.
Se prima di tale data la Comunità Europea aveva percepito il tema
ambientale lontano dai propri interessi, prevedendolo si nella direttiva
75/442/CEE
12
relativa ai rifiuti, ma supportandolo poco, in seguito all’AUE, il
precedente orientamento comunitario cambia in modo.
Un esempio di ciò sono le numerose direttive ed i regolamenti emanati in
materia.
Un’importante prova di quanto appena detto è data dalla grande rilevanza
acquisita dall’art. 6 CE, che statuisce che “esigenze connesse con la tutela
dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione
9
ORLANDI M., “Libera circolazione delle merci e deroghe giustificate da esigenze di tutela
dei diritti fondamentali”, in Il Diritto dell’Unione Europea, fasc. 4/2003, pag. 905.
10
TESAURO, cit., pag. 425.
11
CAPELLI F., “Tutela ambientale e libertà di circolazione delle merci: due principi a
confronto”, in Diritto Comunitario e degli Scambi Internazionali, fasc. 3/2003, pag. 620.
12
L’art. 4 della direttiva 75/442 recita:
“gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano ricuperati o
smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e in particolare:
- senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora;
- senza causare inconvenienti da rumori od odori;
- senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse”.
8
delle politiche e azioni comunitarie di cui all’art. 3, in particolare nella
prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile
13
”.
Il mutamento avvenuto a livello di legislazione comunitaria, è stato
prontamente recepito dalla Corte di giustizia, la quale da quel momento ha
prodotto una giurisprudenza, che ha cercato di non trascurare la libera
circolazione delle merci, garantendo però in contemporanea il rispetto e la
tutela dell’ambiente.
Un esempio di tale tentativo è rappresentato dalla sentenza del 1992 sulla
normativa della Vallonia in materia di rifiuti.
Tale normativa vietava il deposito in Vallonia di rifiuti provenienti da altri
Stati membri e dalle altre regioni del Belgio. Nella fattispecie la Corte ha
distinto tra rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi; per i primi ha constatato la
presenza di una direttiva comunitaria, la n. 84/631/CEE, che disciplinava la
materia e ha quindi sancito l’illegittimità della normativa della Vallonia.
Per i secondi, invece, non essendoci una specifica normativa comunitaria,
ha statuito la legittimità della suddetta normativa, cercando così di
bilanciare le esigenze di tutela dell’ambiente e quelle della libera
circolazione delle merci
14
.
A conferma della grande rilevanza della tutela dell’ambiente, la Corte in una
sua sentenza successiva all’entrata in vigore dell’AUE ( causa C-302/86)
ha affermato che “la tutela dell’ambiente costituisce un’esigenza imperativa
che può limitare l’applicazione della libera circolazione delle merci”
15
.
Nella realizzazione del bilanciamento tra tutela dell’ambiente e libera
circolazione delle merci la Corte ha sempre tenuto presente l’importante
principio della proporzionalità tra la misura adottata a livello nazionale e
l’obiettivo perseguito.
Infatti nel caso in cui una normativa nazionale è posta in essere per
salvaguardare l’ambiente, ma eccede il criterio di proporzionalità, nel senso
13
IZZO S., “Gestione dei rifiuti: ancora una bocciatura per l’Italia”, in Diritto Pubblico
Comparato ed Europeo, fasc. 1/2000, pag. 322.
14
CAPELLI F., cit., pag. 622.
15
CAPELLI F., cit., pag. 626.
9
che è sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, essa è da considerarsi
illegittima
16
.
Una parte della dottrina è recentemente giunta ad affermare la superiorità
della tutela dell’ambiente rispetto alla libera circolazione delle merci.
Si è arrivati a sostenere tale tesi considerando la legittimità del regolamento
del Consiglio n. 931259/CE, sulla sorveglianza ed il controllo delle
spedizioni dei rifiuti all’interno della Comunità.
Detto regolamento aveva come scopo principale la tutela dell’ambiente, in
quanto fondato sull’art. 130s del Trattato (salvaguardia, protezione e
miglioramento della qualità dell’ambiente), e solo come obiettivo secondario
la libera circolazione delle merci
17
.
L’ambiente e la sua tutela sono al centro di numerosi dibattiti: appare però
azzardato fare delle graduatorie, in quanto non si deve dimenticare che una
libertà sancita dal Trattato, se pur mitigata per motivi di interesse generale,
deve essere comunque garantita.
Si può pertanto ritenere che i rifiuti godono del principio della libera
circolazione delle merci, solo nel caso in cui sono considerati delle merci, e
quindi quando sono prodotti valutabili in denaro, potenzialmente oggetto di
una transazione commerciale e comunque nei limiti del rispetto della tutela
ambientale.
È necessario capire che cosa si debba intendere per rifiuto, quindi valutare
la presenza o meno di una normativa comunitaria che ne regoli il
movimento ed il trasporto, capire quali rifiuti si devono considerare merci,
ed infine il rapporto tra le normative comunitarie in materia di rifiuti e il
principio della libera circolazione delle merci.
Partendo dal presupposto che i rifiuti possono essere di diverse tipologie, si
può intuire come la nozione di rifiuto sia di difficile delimitazione.
Come è stato“…i rifiuti sono instabili perché la loro evoluzione non è
omogenea. Essendo il risultato di un processo dinamico, il fattore tempo è
16
CAPELLI F., cit., pag. 629.
17
GRATANI A., “Il fondamento giuridico degli atti comunitari in materia ambientale. La priorità
della tutela dell’ambiente rispetto alla libera circolazione delle merci”, in Rivista Giuridica
dell’Ambiente, fasc. 2/1995, pag. 284.
10
fondamentale: in quanto biodegradabili, i rifiuti domestici spariscono
velocemente; la durata di altri rifiuti, particolarmente quelli nucleari,
perdurerà per millenni;…i rifiuti solidi si disperdono nell’atmosfera sotto
forma di particelle inquinanti…i rifiuti liquidi si dissolvono nell’ambiente
acqueo…infine i rifiuti si caratterizzano per la loro relatività. L’oggetto che
sembrerebbe inutilizzabile in un certo momento, in un certo luogo e da
parte di una certa persona, non è necessariamente tale in altro luogo o da
parte di altra persona
18
”.
La giurisprudenza comunitaria è certamente utilissima per la risoluzione di
tale problema, in quanto fornisce un’ampia spiegazione della nozione di
rifiuto.
La stessa nozione di rifiuto ha da sempre rappresentato un tema molto
caldo, motivo di ampio dibattito da parte dei giudici comunitari, essendo di
difficile interpretazione ed applicazione.
Nel tempo la Corte ha recepito i cambiamenti della normativa comunitaria in
riferimento alla materia trattata.
In una pronuncia che risale a ben diciotto anni fa la Corte affermava che
“l’art. 1 della direttiva 75/442/CEE definisce rifiuto qualsiasi sostanza od
oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi secondo le
disposizioni nazionali vigenti
19
”.
La definizione è però incompleta, in quanto “l’art. 1, lett. a), primo comma,
della direttiva 91/156/CEE, che ha abrogato e modificato la direttiva
75/442/CEE, definisce il rifiuto come qualsiasi sostanza od oggetto che
rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi
20
”.
Infatti inizialmente la Corte aveva dato grande importanza alla
catalogazione; se una sostanza o un oggetto rientravano in tale allegato si
dovevano considerare dei rifiuti, anche se avevano un valore economico.
18
DE SADELEER N., “Rifiuti, prodotti e sottoprodotti”, in Quaderni della Rivista Giuridica
dell’Ambiente, fasc. 17, 2006, pag. 5-6.
19
Sentenza della Corte del 28 marzo 1990, Zanetti E. e altri, causa C-359/88, in Racc.,
1509, punto 4.
20
Sentenza della Corte del 18 aprile 2002, Palin Granit Oy, causa C-9/00, in Racc., 3533,
punto 3.
11
Gli elementi dei quali si costituisce la definizione sopra enunciata sono
molteplici, pertanto si può capire la complessità esistente nel riconoscere
un rifiuto.
Infatti se per il concetto di detentore non sembrano esserci problemi,
essendo ben definito come “il produttore dei rifiuti o la persona fisica o
giuridica che li detiene
21
”, molti più dubbi sorgono sul concetto di disfarsi o
aver l’obbligo di disfarsi.
Inoltre l’allegato I
22
a cui si fa riferimento non è da considerarsi esaustivo, in
quanto “l’art. 1, lett. a), secondo comma, della direttiva 91/156/CEE affida
alla Commissione il compito di compilare un elenco dei rifiuti che rientrano
nelle categorie di cui all’allegato I
23
”.
I dubbi che potrebbero sorgere in riferimento a quanto appena detto sono
stati parzialmente attenuati dalla Commissione stessa, la quale si è
prodigata, così come previsto dalla direttiva 91/156/CEE, nella stesura di un
elenco di rifiuti, rientranti nell’allegato I.
“La decisione della Commissione 20 dicembre 1993, 94/3/CE, che istituisce
un elenco di rifiuti...ha fissato un elenco di rifiuti denominato Catalogo
Europeo dei Rifiuti
24
(CER).
Il CER è un elenco armonizzato, non esaustivo di rifiuti e sarà pertanto
oggetto di periodica revisione e, se necessario, di modifiche,
conformemente alla procedura del comitato.
Tuttavia, un materiale figurante nel catalogo non è in tutte le circostanze un
rifiuto, ma solo quando esso soddisfa la definizione di rifiuto.
Il catalogo vuole essere una nomenclatura di riferimento con una
terminologia comune per tutta la Comunità allo scopo di migliorare tutte le
attività connesse alla gestione dei rifiuti
25
”.
21
Sentenza della Corte del 5 ottobre 1999, Lirussi e Bizzarro, cause riunite C-175/98 e C-
177/98, in Racc., 6881, punto 8 lettera c.
22
L’allegato I si ispira all’allegato della decisione dell’OCDE del 27 maggio 1988 sui
movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi, ed elenca sedici categorie di sostanze o di
oggetti da considerare come rifiuti.
23
Sentenza della Corte del 18 aprile 2002, cit., punto 6.
24
Il Catalogo Europeo dei Rifiuti si basa sulla classificazione dell’allegato I.
25
Sentenza della Corte del 29 aprile 2004, Commissione c. Repubblica d’Austria, causa C-
194/01, in Racc., 4579, punto 5.1, 5.3, 5.5.