obbligatorio tra i due soggetti, ma piomba tra di
loro inevitabile come ogni rottura traumatica e
imprevista di un rapporto, recando con se
strascichi dilazionati lungo la direttrice temporale
se non dell'intero rapporto, almeno della sua fase
patologica, aprendo così la discussione sull'intero
significato che la revocatoria fallimentare assume
nei confronti delle parti menzionate dall'articolo:
il correntista/i correntisti e l'intermediario
bancario nel caso del contratto di conto corrente
bancario, il mandatario o chi per lui (il suo
curatore fallimentare) per il mandato. Ulteriore
ambito di discussione nel corso di questa
trattazione diventerà la natura dei singoli istituti,
almeno per quanto attiene le loro conseguenze.
1.2. I CONTRATTI IN ESAME
1.2.1. IL CONTRATTO DI
CONTO CORRENTE
Nella pratica bancaria prende nome di
“conto corrente” ogni conteggio che, in un
5
prospetto di dare e avere, registra le risultanze di
operazione, saltuarie e continuative, compiute
dalla banca con propri clienti o con
corrispondenti, non soggetto ad uno speciale
regime giuridico. Questo nome evoca infatti il
concetto di “corrente di affari”, risalente alla
dottrina veneziana del XII secolo, quando sorse il
bisogno di regolamentare una serie ininterrotta di
flussi di denaro in entrata e uscita tra i ricchi
mercanti bisognosi di somme liquide, ma soggette
ad una primitiva dematerializzazione per
acquistare merci nei paesi del Levante, e un
intermediario di fiducia che potesse conservare i
ricavi.1
Infatti, sebbene almeno fino al 1942 si sia parlato
di un solo contratto di “conto corrente”, la
Relazione Ministeriale del 1942 introduce nel
nostro ordinamento il concetto del contratto di
1 “Questo nome è stato introdotto dai banchieri veneziani del
XII nei conti che aprivano ai loro corrispondenti del levante,
probabilmente riferito all'esistenza di una relazione di affari
durevole tra le parti, cioè metaforicamente di una corrente di
affari che il conto rispecchia” I contratti bancari, Giuffrè, Il
conto corrente bancario, pagg. 365 e sgg.
6
conto corrente come “contratto complesso”, in
grado di fornire ai clienti “vari servizi, tra i quali
principalmente quello di cassa, quelli dei
giroconti e delle stanze di compensazione,
assume[re] mandati e delegazioni in forme
diverse, tra cui primeggiano le varie specie di
assegni bancari” 2. Si parla insomma di un
contratto di conto corrente definito dalla dottrina
dell'epoca come “improprio” a causa dei suoi
diversi principi di specialità, di cui sarà bene fare
una piccola trattazione, nei limiti dello spazio
consentito.
E' importante a questo punto, ma a ragion
veduta per quanto sarà esposto nel prosieguo della
mia piccola esposizione, considerare come
l'articolo 1956, nonostante equipari il mandato al
contratto di conto corrente bancario come
esecuzione, ribadendo che “la banca risponde
secondo le regole del mandato” per l'esecuzione
di incarichi ricevuto dal correntista o da altro
2 Pietro Rescigno, Trattato di Diritto Privato, UTET, tomo
quarto
7
cliente”3, non intenda affatto equiparare i due
istituti, spezzando completamente l'artificiosa
catena del legame genetico tra i due tipi di
contratto, i cui profili di similarità evidenti sono
sfruttati dalla giurisprudenza per rendere la
comprensione più agevole, e non più complicata,
e inquadrare il contratto di conto corrente di
corrispondenza come una species puramente
autonoma, ma geneticamente connettibile al
conto corrente propriamente definito, ma con le
dovute differenze.
Dove il contratto di conto corrente descritto
a tutt'oggi dal codice civile (art 1823) i crediti
annotati nel conto vengono resi inesigibili e
indisponibili sino alla chiusura del conto stesso,
aperti dunque alla compensazione con eventuali
crediti futuri il conto corrente bancario, più
elastico, consente una disponibilità istantanea
calcolata su un saldo giornaliero. E' dunque un
rapporto di fiducia così stretto da consentire alla
3 G. Minervini, Mandato, Submandato e sostituzione del
mandatario nella prassi bancaria e nella giurisprudenza,
Rivista diritto civile I, 1976, 474 ss
8
banca di “rischiare” l'adempimento di un credito il
cui saldo potrebbe non essere immediato. Dove
l'impulso di un contratto di conto corrente è dato
dal principio della reciprocità delle rimesse,
questo precario bilancio viene del tutto a mancare
in un contratto di conto corrente bancario. E' il
correntista a dare l'impulso, è il correntista a dare
gli ordini e la banca ad eseguire, i depositi a titolo
di restituzione delle somme ricevute, i pagamenti
in adempimento della concessione di credito.
Questo impulso costituisce istantaneamente
di conferire una dimensione rigidamente giuridica
a quanto esposto nel proemio di questa
discussione: l'intuitus personae diviene un
rapporto di stretta fiducia, dove la corretta e
tempestiva annotazione in conto dei prelievi e dei
versamenti del correntista diviene per la banca
un'obbligazione di facere, con quanto comporti
secondo i profili civilistici, e sul calcolo della
disponibilità in conto nel dato momento. Autori
come Caltabiano si spingono addirittura a
ipotizzare l'esistenza di una sorta di “limbo” nel
9
quale un debito bancario non accreditato non
possa rientrare nel conteggio della disponibilità
del conto, e autori quali Campobasso legano la
disponibilità all'accredito, sua condizione
necessaria e sufficiente4.
Questo profilo acquisisce un'importanza a
dir poco capitale per quanto attiene al problema
della compensazione, problema assolutamente
incontestato da gran parte della dottrina e della
giurisprudenza per quanto attiene al contratto di
conto corrente semplice, e anzi, motivo cardine
dell'inesigibilità temporanea dei crediti residui, e
contestato per il conto corrente di corrispondenza.
E' da questo punto infatti che possiamo far risalire
tutti i problemi che vengono a sorgere in caso di
forzosa chiusura del rapporto tra cliente e
intermediario bancario in caso di fallimento.
4 Caltabiano ricorda infatti come il cliente ha il diritto a che
l'accredito avvenga senza indugio alcuno, e compatibilmente
coi mezzi tecnici dell'impresa bancaria. Sebbene nello stesso
testo si indichi esplicitamente che l'accredito non ha che
efficacia probatoria nei confronti del cliente, la mancanza di
annotazione comporta mancanza di disponibilità e di capacità
di movimentazione del conto. A. Caltabiano, Il conto
corrente bancario, CEDAM, Padova, 1967
10
Consideriamo infatti l'ipotesi prevalente e
semplice del prelievo per cassa di tutto o parte del
saldo disponibile: avremo così un'annotazione
necessaria che non esprime un credito della banca
che si oppone ed estingue un pagamento, o una
serie di pagamenti precedentemente avvenuti, una
semplice operazione matematica che porta il
risultato di 0+a ad essere uguale ad a, e
successivamente a-a a restituire zero. Appurato
che il debito di una banca di esprime non per
compensazione, ma per pagamento, quello che
abbiamo di fronte è semplicemente un soggetto,
l'intermediario bancario, che si impegna a fornire
una somma non strettamente determinabile ma
legata da un fido a un soggetto, il correntista, e
custodire determinate somme onde renderne
l'accesso più semplice.5
Parleremo di un potere di disposizione
quindi, conferito dalla banca al suo cliente. Il
cliente dispone di alcune somme, la cui
disponibilità potrà essere accresciuta o diminuita
5 Di questa opinione appare Martorano nel suo manuale,
Federico Martorano, Il Conto Corrente, ESI, 1982
11
dall'ingresso nel conto di nuova valuta, non più in
funzione matematico-algebrica, ma in un
complesso “non-calcolo” comprendente strumenti
come lo scoperto, calcolati sul rapporto di fiducia
che travalica e distrugge anche il confine
dell'articolo 1834, che renderebbe, mediante la
disciplina del deposito bancario, sin troppo
semplice identificare a priori le somme
eventualmente travolte e investite da vicende
gravi come il fallimento: pacifico e incontestabile
come in un deposito sia ragionevole identificare
un impegno della banca alla custodia di una
determinata somma rilevabile a priori.6
Più difficile tracciarne i confini in un
contratto evanescente come il conto corrente per
corrispondenza, comprendente anche fattispecie
diversissime tra loro, quali l'assegno, figura
giuridica riconosciuta come appartenente al genus
6 Tale rilevazione infatti sarà fornita “alla data della
dichiarazione di fallimento” per il correntista in bonis, e
generalmente al momento di scioglimento del rapporto per
tutti gli altri effetti. Il fallimento del correntista bancario e
gli accreditamenti successivi alla dichiarazione di
fallimento. Differenza col deposito bancario, Maura
Castiglioni, 2001, www.magistra.it
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della delegazione, e ancora una volta
pericolosamente avvicinata a quella del mandato.
La sirena del richiamo al mandato consentirebbe
infatti di risolvere diversi problemi, quali ad
esempio il ricostruire le responsabilità della banca
in caso di errori nel pagamento dell'assegno, cosa
peraltro fattibile con un semplice studio dei testi
normativi al riguardo, per giustificare il
comportamento della banca, che potrà richiedere
un rientro monetario in caso di pagamento non
coperto, e per giustificare la compensazione.
Ulteriore problema correlato al problema
del conto corrente è il bonifico e la rimessa di
terzi, che per loro stessa natura costituiscono in
non più un pacifico favor della legge nei confronti
di una banca che potrà usarli per ripianare
eventuali saldi passivi, ma nella gestione
consapevole e trasparente di un correntista che si
affida completamente ad un intermediario che
agirà sicuramente per un interesse globale che
compenetra e comprende entrambi... l'ultima
parola, difatti, spetterà sempre al correntista, che
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avrà la capacità di indicare quali giroconti o
versamenti risultano a lui poco graditi.
Se il bancogiro invece si presenta come una
delegazione, nel quale un delegante ordina alla
banca di pagare presso un beneficiario, la
disciplina legale meno pregnante di quella
dell'assegno consente di applicare la teoria del
mandato per via analogica.
Analizzati brevemente i modi di
interazione, andrà aperto per i non esperti
un'ulteriore tema relativo all'accredito secondo
buon fine, disciplina questa volta comune sia al
conto corrente ordinario che al bancario.
Potremmo parlare di una sorta di
prenotazione, che autori come Martorano
separano nettamente dall'istituto civilistico dello
storno. Qualora un versamento sia fatto in conto
corrente, si avrà dunque per l'utente finale uno
sdoppiamento tra il saldo contabile e il saldo
disponibile, che se nel contratto civilistico è una
pura questione di formalità, dato che il correntista
non avrà alcun interesse concreto alla rilevazione
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del saldo finché questo non gli sarà reso
disponibile, nel contratto di corrispondenza la
perenne disponibilità suindicata rende il calcolo
dell'esigibilità e della disponibilità una questione
di importanza capitale.7
Per prassi quindi l'equivalente del saldo
arricchito delle partite salvo buon fine, i
versamenti approvati dall'autorità bancaria,
prenderà il nome indicato di saldo contabile,
mentre le somme su cui concretamente l'utente
potrà contare saranno definite saldo disponibile.
La chiarezza di Caltabiano su questa e altre
questioni viene a calare, ma nulla toglie che su
questo problema converrà tornare nel terzo
capitolo, dedicato ai problemi tecnici della
questione, quanto afferente strettamente al
problema del fallimento: come infatti calcolare
pacificamente la massa pecuniaria che ricade nella
disponibilità del correntista? Cosa accadrebbe
qualora un credito non sia soddisfatto nel periodo
finale della vita della relazione tra correntista e
7 Corte di Cassazione, Sezione prima, 09-07-2005, n. 14470
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