2
servizi tipici della progettualità creativa italiana, si inserisce bene all’interno di un
contesto che sta maturando velocemente, e la sfida dell’Architetto Luca Trazzi ha
affrontato delle tematiche scottanti come quelle della proprietà intellettuale e della
contraffazione, ricordando però che il valore del Made in Italy risulta un perno
fondamentale su cui puntare per rinnovare l’immagine dell’Italia nel mondo, proprio a
partire da un Paese come la Cina, che apprezza le qualità dei prodotti italiani e che
sembra pronto ad adeguare le sue industrie ad elevati livelli di qualità progettuale.
Nonostante ciò l’esportazione di servizi di design in un Paese dove sembra ancora
dominare la contraffazione e la scarsa qualità dei prodotti potrebbe essere considerata
una mossa ardua e controproducente, ma come vedremo, un‘attenta analisi delle
procedure necessarie e delle modalità di approccio al mercato consigliate porta a
considerare un investimento di questo genere come una manovra che potrà far
raccogliere molti frutti dai semi che cautamente avrà disseminato.
Infatti, come accade a qualsiasi investitore voglia allargare i propri confini, per
comprendere le dinamiche economiche, culturali e sociali di un Paese, è necessario
avvicinarsi alla sua cultura, vivendo ed entrando in contatto con la società che le
permea, acquistando una giusta consapevolezza delle tradizioni e delle modalità di
gestire il proprio business in quel territorio.
L’acquisizione di una conoscenza adeguata della cultura della Cina è oltremodo
importante, con particolare riferimento alle modalità di relazionarsi con le persone e ai
metodi più corretti per gestire le trattative d’affari: infatti le differenze culturali che
permeano nella vita di tutti i giorni si riflettono anche nelle pratiche relative alla
gestione del proprio business, per cui per esempio il bere abbondantemente
superalcolici durante una colazione d’affari non è certo segno di maleducazione, anzi!
Le pagine che seguono sono frutto di uno sforzo focalizzato a comprendere il più
possibile la natura di un Paese che sta avvicinandosi alle nostre logiche di mercato, pur
mantenendo, nella contraddizione, un sistema che si scontra con le principali massime
del cosiddetto “capitalismo occidentale”.
A livello strutturale abbiamo deciso di suddividere il lavoro in due macroparti, l’una
dedicata all’analisi del contesto economico/culturale cinese e alla sua apertura verso gli
investimenti stranieri, l’altra focalizzata sul caso dell’Architetto Luca Trazzi, che ha
deciso appunto di entrare nel mercato cinese aprendo uno studio di consulenza di
3
design.
La nostra attenzione si è catalizzata sulle nuove opportunità che sta incubando la Cina e
sulle modalità con cui sta affrontando la sua crescita economica, delineandone gli
ostacoli e i punti di forza, insieme alle metodologie attraverso cui si può approcciare
questo nuovo mercato. Ci siamo concentrati sul “Sistema Italia” e sulle tematiche
relative al design e al Made in Italy, che rivestono grande importanza soprattutto in
relazione al caso di investimento specifico, di cui si analizzerà il modello di
realizzazione, ma che risultano altrettanto fondamentali per qualsiasi investitore italiano
voglia decidere di affrontare questo nuovo mercato.
Ci si propone dunque di offrire un valido schema di orientamento per un investitore
intenzionato ad avvicinarsi alla Cina, scoprendone le peculiarità fondamentali e le
tipologie di avvicinamento più idonee.
Ed è grazie al punto di vista di un investitore italiano, che ha deciso di guardare da
vicino ed andare incontro alle opportunità che sta offrendo la Cina, che è stato possibile
“riconoscere” un Paese che da lontano può essere solo raccontato.
Così la nostra “montagna” e il nostro “fiume” è stata la Cina, rispetto alla quale
abbiamo cercato di analizzare un’esperienza pilota che possa risultare replicabile per gli
investitori italiani desiderosi di guardare verso Oriente.
4
PARTE PRIMA
ANALISI DEL CONTESTO ECONOMICO/CULTURALE CINESE
LA CINA ACCOGLIE L’ESTERNO: LO SCAMBIO E LA
TRASFORMAZIONE
5
PREMESSA
Al fine di far comprendere al meglio l’attuale condizione del mercato cinese risulta
opportuno offrire al lettore una panoramica che coglie i passi fondamentali che ha
compiuto la Cina fino ad oggi in campo politico/economico e culturale. Solo attraverso
una visione più completa del quadro di riferimento si potranno cogliere gli avvenuti
cambiamenti e le continue trasformazioni che questo Paese sta attraversando. Ci
concentreremo in un primo momento su alcuni cenni di storia politico/economica della
Cina antecedenti al periodo delle riforme che hanno segnato il sempre più graduale
processo di trasformazione del Paese e la sua apertura verso l’esterno. In un secondo
momento analizzeremo il modo in cui vengono regolamentati gli investimenti stranieri,
la loro natura e la loro diffusione. L’analisi verterà in seguito sulla realtà
imprenditoriale cinese e sulla metodologia di approccio delle aziende al business. Qui ci
soffermeremo ad osservare in che modo alcune compagnie cinesi hanno superato le
barriere nazionali e su come attualmente moltissime aziende stanno lavorando per
costruirsi un brand riconoscibile e pregno di valori. Ci sposteremo perlopiù tra i settori
che stanno incubando alcune delle realtà più interessanti: aziende manifatturiere
nell’area dell’elettronica di consumo, elettrodomestici e personal computer e compagnie
che forniscono servizi. In relazione ai servizi verranno presi in considerazione casi
diversi che stanno o sono già proiettati al di fuori del mercato cinese. Si discuterà della
capacità o meno di riuscire a costruire una valida identità aziendale, portando come
esempio realtà imprenditoriali che stanno sviluppando efficaci sistemi di comunicazione
coniugati ad altrettanto efficienti performance finanziarie sia nazionali che extra-
nazionali.
Dopo aver studiato il modo in cui le aziende cinesi si sono costruite e tutt’ora stanno
costruendo la loro scalata verso i mercati internazionali, porremo l’attenzione a come la
presenza internazionale si sia inserita all’interno di questo Paese. Vi sarà un
approfondimento concernente il mercato del lusso, e il cambiamento non solo della
percezione al consumo del consumatore cinese, ma anche del tessuto urbano a seguito
dell’apertura di nuovi spazi commerciali, con particolare riferimento alla città di
Shanghai.
In seguito ci concentreremo sul Sistema Italia, analizzando l’evoluzione
dell’investimento italiano in Cina e della progressiva evoluzione di quest’ultimo fino ad
6
oggi. Scopriremo quali sono i settori di investimento più coinvolti e i trend di sviluppo
della presenza italiana in Cina, per evidenziarne lo stato attuale e gli attori principali
interessati. La nostra attenzione si concentrerà sulla percezione della Cina da parte
dell’Italia e viceversa, toccando la tematica della proprietà intellettuale e del design, che
verrà analizzato a fondo nella parte successiva dell’elaborato, grazie alla focalizzazione
sulla procedura di apertura di uno studio di Italian design a Shanghai
1
.
Esamineremo il modo in cui il sistema istituzionale italiano incentiva i rapporti
commerciali ed industriali con la Cina, vedendo in modo approfondito la modalità
attraverso cui le associazioni/istituzioni operano nel territorio cinese per facilitare agli
investitori la penetrazione all’interno del mercato locale.
Al termine di questa approfondita analisi che prevede una visione pressoché
caleidoscopica della situazione economico/culturale cinese e dei suoi rapporti
commerciali con l’estero e in particolare con l’Italia, ci avvieremo nella parte successiva
ad osservare in modo dettagliato il processo che ha permesso ad uno studio di design
italiano (Luca Trazzi design) di costituire una società a responsabilità limitata di diritto
cinese (Wholly Foreign Owned Enterprise).
1
Luca Trazzi Design Consultancy Co., Ltd.
7
ANALISI DEL CONTESTO ECONOMICO/CULTURALE CINESE
CAP 1 DALLA POLITICA DELLA PIANIFICAZIONE ALL’AVVIAMENTO
DELL’ECONOMIA SOCIALISTA DI MERCATO
1.1 La Cina antecedente alle riforme che attivano la “modernizzazione socialista”
del Paese
La Repubblica Popolare Cinese (People’s Republic of China) è stata fondata nel 1949 e
il partito comunista cinese è sempre stato al potere sin dal suo avvio. Politicamente la
Cina rimane uno stato di politica filo marxista ma le riforme economiche di libero
mercato attuate dal 1978 hanno trasformato la sua struttura economica e innalzato il
tenore di vita dei sui cittadini.
Tappe fondamentali:
(1953-57 ) Nascita dell’economia pianificata
1953/57 primo piano quinquennale: si verifica una rapida crescita degli investimenti
destinati all’industria. In questa fase svolgono un ruolo determinante gli aiuti tecnici ed
economici provenienti dall’URSS e dai paesi dell’Est Europeo.
1950 riforma agraria e redistribuzione delle terre.
1952 vengono creati la Commissione statale della pianificazione, l’ufficio di Stato delle
Statistiche e alcuni Ministeri specializzati.
1956 lo Stato estende la propria influenza sull’industria: sussistono le due categorie
delle imprese collettive, che non gravano sul bilancio dello stato e delle imprese
pubbliche.
(1958/61) La crescita economica e gli anni bui
A partire dal 1958 la Cina assiste ad un’alternanza di fasi in cui le ambizioni
rivoluzionarie si scontrano con lo slancio economico. Sarà quest’ultimo a prevalere e a
portare il Paese verso l’economia socialista di mercato.
1958 lancio dei temi ideologici e ufficializzazione delle ambizioni del grande balzo
nell’ottavo congresso nazionale del partito, con la dichiarazione dell’intento di colmare
in quindici anni il divario con l’Inghilterra.
8
Nasce il movimento delle comuni popolari (unità di base dell’amministrazione rurale),
sotto la spinta di Mao Zedong. Esplode la febbre dell’acciaio che vede venti milioni di
contadini trasferirsi nelle acciaierie rurali. Si verifica una pesante ripercussione
sull’agricoltura e carestia e malnutrizione imperversano nel paese.
1959/61 un nuova riforma tenta di riattivare il sistema agricolo cercando di ristabilire il
sistema della pianificazione.
1966 la Cina salda il suo debito con l’Unione Sovietica.
(1966/1970) La rivoluzione culturale
La sinistra radicale lancia l’appello alla trasformazione della società cinese per mezzo
degli ideali rivoluzionari nel pensiero di Mao Zedong. Questo è il periodo in cui molti
focolai di guerra civile si accendono nel paese fino a che nel 1969 si riparte nella
ricostruzione dell’apparato del partito.
Durante questi anni il progresso economico ha subito un rallentamento, dovuto in gran
parte anche al non efficiente uso del capitale umano all’interno della società.
(1970/1978) Gli anni antecedenti al riassetto
Fino al 1977 sono presenti contemporaneamente tendenze che denunciano la via della
politica economica pragmatica ed orientamenti che al contrario la appoggiano, in uno
stato di parziale calma.
Nel 1978 viene lanciato un piano che appoggia notevolmente lo sviluppo dell’industria
dell’acciaio grazie ad ingenti investimenti di macchinari. Il piano viene però sostituito
lo stesso anno con una politica di riaggiustamento e con un primissimo abbozzo di
riforma economica.
La Cina attraversa queste fasi storiche sorreggendosi su uno Stato che ha il compito di
mobilitare le risorse nei settori che ritiene più prioritari. Le imprese industriali sono
perlopiù di proprietà statale, costituendo dei prolungamenti dell’apparato
amministrativo, versano i loro proventi al bilancio dello Stato e sono senza autonomia
decisionale. Gli scambi con l’estero vengono gestiti dal Monopolio dello Stato.
Gli anni 1958-78 registrano una rapida crescita economica trainata dallo sviluppo
dell’industria, possibile grazie ai prelievi sul settore rurale.
L’evoluzione economica della Cina è caratterizzata in questo periodo da:
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Tassi di accumulazione molto elevati. Oscillano tra il 20% e il 30% annuo, canalizzati
all’ampliamento dell’apparato industriale.
Autosufficienza. E’ il nucleo della politica maoista che prevedeva una mobilitazione
della manodopera nelle zone rurali.
Progressiva apertura verso l’esterno. Si verificano acquisizioni di impianti occidentali
in concomitanza col lancio di programmi di investimento. Gli accordi di commercio e di
cooperazione iniziano a moltiplicarsi fino al 1978, quando il credito occidentale inizia a
divenire sempre più rilevante.
1.2 La politica delle riforme dopo il 1978 e la successiva trasformazione del sistema
economico cinese
Il 1978 vede l’avvio della cosiddetta “demaozzazione” dell’economia del Paese.
Si distinguono quattro grandi fasi di riforme:
(1978/84) Fase iniziale
E’ sotto la spinta di Deng Xiaoping, allora viceministro e vicepresidente del Partito, che
prende il via la liberalizzazione economica del Paese.
Nella prima fase si assiste allo smantellamento delle Comuni popolari, seguito da una
spinta allo sfruttamento familiare delle terre. Negli altri settori si avviano politiche di
miglioramento del sistema senza la sua rimessa in discussione sostanziale, ad eccezione
del ristabilirsi del profitto, da considerarsi criterio gestionale delle imprese.
Nel 1979 vengono promulgati il codice di procedura penale e le leggi organiche sui
tribunali e le procedure del popolo.
(1984/89) Sistema economico dualista
Il Comitato centrale appoggia l’esistenza di un sistema misto in cui vengono a
coesistere la pianificazione e il mercato. I prezzi vengono liberalizzati, si decentra il
commercio con l’estero e viene ampliata l’autonomia decisionale delle imprese. Nel
1984 viene promulgata la prima legge sui brevetti. Nel 1986 vengono emanati i principi
generali del diritto civile.
In questo periodo esplodono tensioni inflazionistiche dovute alla coesistenza di due
strutture di prezzo che provoca distorsioni di costo tra imprese differenti e nelle singole
imprese.
10
La liberalizzazione dell’economia ha preso piede nel paese seguendo una via poco
controllata, infatti si è verificata la scomparsa dei metodi di pianificazione ancora prima
che venissero implementati tutti i mezzi necessari alla regolamentazione di
un’economia di mercato.
(1989/1991) Congelamento delle riforme
A causa dell’inflazione il Governo si avvia a congelare le riforme e a ristabilire i prezzi
amministrati.
Nel 1991 il crollo del comunismo in Unione Sovietica convince in via definitiva che la
legittimità del potere in Cina ha le basi nel suo sviluppo economico e sul miglioramento
delle condizioni di vita della popolazione.
Verso l’economia socialista di mercato
Nel 1992 viene rilanciata in via ufficiale da Deng Xiaoping la politica delle riforme. Il
nuovo obiettivo sarà “l’economia socialista di mercato”. Il calo dell’inflazione permette
una progressiva liberalizzazione dei prezzi. Viene prevista nel 1993 la diversificazione
delle forme di proprietà. Si attua la riforma del sistema bancario, che prevede il
rafforzamento della banca Centrale e impone un funzionamento su base commerciale da
parte delle banche possedute dallo Stato. Si stabiliscono le basi per un sistema di
prelievo fiscale.
Sempre nel 1993 il partito dichiara che la Cina deve dotarsi di un “sistema d’impresa
moderno” e che le imprese pubbliche devono essere trasformate in società. Il 1994 vede
la nascita della prima legge in cui si definisce lo statuto della società a responsabilità
limitata e della società per azioni. Vengono promulgate in questo anno anche la legge
sui marchi e la legge sulle società.
Nel 1997 il Congresso del partito decide che deve essere mantenuta dallo Stato una
posizione dominante in particolari settori strategici, disimpegnandosi dalla proprietà
delle altre imprese. Nello stesso anno compare il nuovo Codice penale, che prende il
posto di quello promulgato nel 1979.
Nel 1998 ha luce la legge sui titoli mobiliari, seguita nel 1999 dalla nuova legge
unificata sui contratti.
Alla fine del 1999 circa la metà delle imprese pubbliche sono state trasformate in
società, tramite un processo di privatizzazione che prevede il diretto coinvolgimento
11
delle autorità locali. Le imprese vengono perdipiù vendute al personale, cedute ad
investitori esterni o ai dirigenti e quadri locali.
Il settore privato inizia a coprire una considerevole importanza nell’economia cinese,
anche se una costante incertezza nei diritti di proprietà delle imprese ha fatto da
protagonista al processo di liberalizzazione del mercato. Nella pratica esiste una
discriminazione nei confronti delle imprese private, che per esempio non possono
accedere a particolari settori strategici dell’economia come le infrastrutture, la
distribuzione di acqua ed elettricità e il settore auto, a cui però hanno accesso gli
investitori stranieri.
12
CAP 2 GLI INVESTIMENTI STRANIERI
2.1 L’apertura della Cina agli investimenti stranieri e la partecipazione all’OMC
La prima legge che regola l’investimento straniero in Cina è stata promulgata nel 1979.
Lo stesso anno vengono istituite quattro zone economiche speciali (ZES) destinate ad
attrarre gli investitori esteri attraverso delle condizioni preferenziali come la riduzione
della tassazione e delle tariffe doganali. Queste condizioni facilitanti l’investimento
vengono estese negli anni ’80 anche alle regioni costiere. L’unico investimento ad
essere permesso nella Repubblica Popolare Cinese era la Joint Venture. Tale legge,
costituita da solo 15 articoli, ha preceduto di 15 anni la più approfondita ed ampliata
“Company Law” del 1993. Questo testo è il fondamentale riferimento per il diritto
societario cinese, e definisce per la prima volta le due forme di società di capitali
ammesse in Cina: la Limited Liability Company e la Joint Stock Company, analoghe alle
nostre S.r.l e S.p.a.
Gli anni compresi dall’85 all’88 e dal ’91 al ’94, sono quelli che più hanno visto il
fermento di normative riguardanti l’investimento straniero in Cina. Solo dopo il 1997 si
è assistito alla creazione di norme che prevedono la nascita di nuove forme di
investimento straniero, in linea con gli standard internazionali.
Si può affermare che il corpus legislativo in Cina, riguardante la materia degli
investimenti esteri, si sia sviluppato prima, grazie alla creazione di regolamenti,
direttive e “piccole leggi”; per poi arricchirsi grazie a leggi fondamentali, o meglio,
“leggi quadro”, che fissano in modo definitivo le coordinate per comportamenti di
investimento già presenti in alcune aree del paese.
A questo proposito sembra opportuno citare alcune leggi che costituiscono un punto di
riferimento per un operatore straniero che voglia investire in Cina:
1979 - Sino Foreign Equity Joint Venture Law (EJV Law).
1983 - Sino Foreign Equity Joint Venture Law implementing (EJV Regulations).
1986 - Wholly Foreign Owned Enterprises Law (WFOE Law).
1995 - Wholly Foreign Owned Enterprises Law implementing (WFOE Regulations).
1988 - Sino Foreign Cooperative Joint Venture Law (CJV Law).
1995 - Sino Foreign Cooperative Joint venture Law implementing (CJV Regulations).
1991 - Foreign Investment Enterprises and Foreign Enterprises Income Tax Law.
13
1995 - Establishement of Foreign Investment Companies Limited by shares tentative
Provisions.
1996 - Foreign Exchange control regulations.
1999 - PRC Contract Law; grazie alla quale vengono sostituite molte normative
precedenti e vengono unificate le discipline dei contratti domestici con quella dei
contratti stranieri.
Si prevede una sempre più progressiva convergenza tra la legislazione societaria delle
società di capitale straniero con quella applicabile alle società di capitale cinese.
L’ordinamento cinese può considerarsi diviso in due filoni di produzione normativa:
∞ Norme relative alle SOE (State Owned Enterprises). Riforme delle società dello
Stato.
∞ Norme relative all’introduzione di strumenti di tutela degli investitori e relative
al controllo delle società quotate in borsa.
Un passo decisivo della Cina verso l’accettazione degli investimenti stranieri è stato
effettuato grazie al suo ingresso nell’OMC (Organizzazione Mondiale per il
Commercio) l’11 dicembre 2001. Bisogna però ricordare che nonostante la progressiva
apertura del Paese verso gli investimenti, la Cina impone che determinate aree e settori
dell’economia mantengano nelle mani dello stato il loro controllo strategico.
Le principali implicazioni a seguito dell’accordo con l’OMC sono state:
∞ La riduzione progressiva dei dazi doganali.
∞ L’eliminazione progressiva del sistema delle quote in tutti i settori.
∞ La liberalizzazione progressiva degli investimenti stranieri in diversi settori
dell’economia.
Dopo il 2001 dunque si è assistito ad un aumento delle attività di commercio diretto, sia
import che export, con la registrazione di un incremento degli investimenti diretti
all’interno del Paese.
Nello sforzo di rendere chiari il suo sistema economico e le priorità del proprio sviluppo
sociale, il governo centrale ha promulgato nel 1995 il “Foreign Investment Industrial
14
Catalogue” che controlla strategicamente tutti gli investimenti stranieri. Questo
compendio normativo viene continuamente aggiornato e denominato più semplicemente
“catalogo”.
2
Questa norma offre alla Commissione per sviluppo dello stato e per le riforme (SDRC-
State Development and reform Commission); al Ministro del Commercio (MOFCOM) e
alla Commissione per l’economia e per il commercio (ora assorbita nel MOFCOM) la
responsabilità di pubblicare regolarmente un catalogo per guidare gli investimenti
stranieri.
Il MOFCOM e altre autorità utilizzano questo catalogo come guida all’esame e
all’approvazione di tutti gli investimenti stranieri.
La norma inoltre incarica il SDRC e il MOFCM di pubblicare una lista separata di
settori in cui viene incoraggiato l’investimento straniero, principalmente nelle regioni
interne e meno sviluppate della Cina.
La norma prevede che gli investimenti stranieri cadano in 4 categorie: incoraggiati,
limitati, proibiti e permessi. I progetti di investimento che cadono nelle prime tre
categorie sono elencati nel catalogo; i progetti permessi invece si suppongono essere
tutti quelli non citati all’interno del catalogo. Per esempio compagnie che esportano il
100% del loro output si considerano incoraggiate, invece compagnie ritenute limitate
potrebbero diventare permesse se iniziassero ad esportare almeno il 70% del loro
output.
Il catalogo del 2002, comparato a quello del 1998 vede il numero delle imprese
incoraggiate salire da 186 a 262, e quello delle limitate cadere da 112 a 75. Questa
liberalizzazione è stata causata dall’adesione della Cina all’OMC.
La principale implicazione nella classificazione nel catalogo è in termini del livello di
responsabilità dello Stato per l’approvazione dell’investimento e l’estensione
dell’esenzione delle tasse disponibile. Il catalogo elenca una serie di progetti per cui le
WFOE (Wholly Foreign Owned Enterprises) sono proibite e per cui lo stato deve avere
un controllo d’interesse.
Gli investimenti incoraggiati sono classificabili in:
2
Il testo integrale è consultabile in appendice del testo a pagina 153.
15
∞ Progetti relativi alle nuove tecnologie di agricoltura, risorse per la creazione di
energia, trasporto e materie prime per l’industria.
∞ Progetti che utilizzano nuova o avanzata tecnologia, includendo quelli che
possono incrementare la qualità dei prodotti, risparmiare energia e materie
prime, aumentare l’efficienza economica e alleviare le carenze nel mercato
nazionale.
∞ Progetti che incontrano la domanda internazionale del mercato, innalzano la
qualità del prodotto, aprono nuovi mercati e aumentano le esportazioni.
∞ Progetti che coinvolgono l’uso integrato delle risorse della Cina o l’uso di
risorse rinnovabili, includendo la nuova tecnologia o l’equipaggiamento per
prevenire e controllare l’inquinamento ambientale.
∞ Progetti che possono sviluppare la manodopera e le risorse della Cina centrale e
occidentale oltre al nord est Cina.
I progetti devono comunque essere soggetti alle esistenti esaminazioni e alle procedure
di approvazione per gli investimenti stranieri.
I progetti con restrizioni invece includono:
∞ Progetti già sviluppati in Cina e per cui la tecnologia è già stata importata e dove
la capacità non può incontrare la domanda del mercato.
∞ Progetti con un effetto avverso sull’ambiente e sulla conservazione dell’energia.
∞ Progetti che involvono l’esplorazione per e/o l’estrazione di preziose risorse
minerarie.
∞ Progetti in industrie che richiedono la centrale pianificazione da parte dello
Stato.
Gli investimenti proibiti sono:
∞ Progetti che mettono in pericolo la sicurezza dello Stato o ledono il pubblico
interesse.
∞ Progetti che inquinano l’ambiente o mettono a rischio la sicurezza degli
individui.
∞ Progetti che occupano larghi tratti di campagna o mettono in pericolo la
sicurezza o l’uso efficiente delle risorse militari.
16
∞ Progetti che usano tecniche di manifattura o tecnologie caratteristiche della
Cina.
∞ Altri progetti proibiti dalle leggi dello Stato e dalle norme amministrative.
Ad oggi lo scopo delle operazioni di investimento che sono permesse in Cina includono
la produzione; l’investimento in sussidiarie; la fornitura di materie prime alle
sussidiarie, la consolidazione e il coordinamento di progetti di gestione; la ricerca di
personale e il training per le sussidiarie; la consulenza alle compagnie e il
provvedimento alla manutenzione dei prodotti e al supporto tecnico.
2.2 Le tipologie di investimento
Prenderemo qui in considerazione le tipologie di investimento che hanno in qualche
modo a che fare con la scelta e con la peculiarità di investimento relativo ad uno studio
di design che intende offrire i suoi servizi al mercato cinese. Non andremo a toccare le
dinamiche e le relative problematiche dell’import/export e della costituzione di società
di trading, seppur dotate di un peso notevole nell’intero parco d’investimenti straniero
in Cina. La parte relativa alle WFOE sarà approfondita in seguito grazie alla mappatura
del processo di apertura del nuovo studio, appunto una WFOE.
2.2.1 L’ufficio di rappresentanza
La prima tipologia di investimento con uno scopo di maggiore radicamento nel mercato
cinese è il cosiddetto ufficio di rappresentanza (Representative Office – RO). Per RO si
intende un ufficio aperto da un’impresa straniera in territorio cinese avente come scopo
l’instaurazione di rapporti con altre aziende e clienti cinesi. Solitamente attraverso
questo si svolge un monitoraggio del mercato e dei possibili clienti, fornendo una base
d’appoggio ad eventuali dipendenti inviati o reclutati in loco, assunti attraverso apposite
agenzie. Un RO può svolgere attività di promozione della casa madre tramite la
pubblicazione di cataloghi e materiale informativo.
La riforma del marzo 2003 opera la distinzione tra due tipi di uffici in relazione
all’apertura di attività commerciali dirette:
∞ RO autorizzato all’apertura di attività commerciali dirette. Società di
consulenza legale, contabile e fiscale o fornitrice altri servizi per conto della
17
casa madre; banche, società di trasporto ed assicurazioni sono da costituirsi delle
branche della casa madre e dunque generatrici di profitti.
∞ RO non autorizzato. Tutti gli altri RO non previsti nella prima categoria che non
possono né fatturare, concludere contratti, né ricevere pagamenti. La
fatturazione giunge direttamente dalla casa madre al cliente cinese.
Il RO inoltre non può svolgere le procedure di importazione dei beni da vendere in Cina
e a questo proposito il cliente cinese è costretto a trovare gli intermediari per
l’importazione delle merci preposte dall’ufficio di rappresentanza.
Tutte le procedure di apertura devono essere condotte attraverso una società “sponsor”
e richiedono circa due mesi.
E’ necessaria l’autorizzazione del MOFCOM (banche, studi legali, revisori e
telecomunicazioni richiedono l’autorizzazione da parte del Ministero competente) e la
registrazione con il SAIC (State Administration for Industry and Commerce – ente
amministrativo incaricato alla registrazione delle imprese).
Solo una volta effettuata la registrazione, valida per 1-3 anni rinnovabile, il RO deve
essere registrato anche presso lo “State Tax Bureau” e il “Local Tax Bureau”.
Di fatto questa tipologia di investimento permette sì di avvicinarsi al territorio cinese in
modo semplice, senza però permettere alla società straniera un radicamento sostanziale
nel Paese. In questo caso l’ufficio può considerarsi una sorta di base operativa straniera
che opera tra differenti paesi mantenendo però la natura legale del Paese originario.
Per questa ragione le compagnie che hanno intenzione di operare costantemente e in
modo solido all’interno del mercato cinese, decidono di costituire una società di diritto
cinese (WFOE).
Tra le motivazioni che hanno spinto lo studio di design “Luca Trazzi” a costituire una
società di diritto cinese spicca infatti la necessità di inserirsi nel mercato cinese in modo
totale, per approcciarlo nel modo più efficiente possibile. A differenza di molti altri
investitori che operavano con il mercato cinese e stabilizzavano qui solo un ponte di
contatto, come l’ufficio di rappresentanza, la sfida di “Luca Trazzi Design” è stata
quella di creare un vero e proprio studio affidandosi alla collaborazione della nuova
generazione di designers locali. Dunque non si è voluto costituire un nucleo di
rappresentanza del proprio studio italiano già avviato, bensì una nuova base operativa
18
cinese a tutti gli effetti, poggiata sulle solide competenze di progettazione tipiche dello
studio di design italiano.
2.2.2 La Joint Venture
Possiamo distinguere innanzitutto tra Equity Joint Venture e Cooperative Joint Venture,
rispetto al tipo di società di capitali in considerazione, distinguibili in base all’oggetto
sociale costituito da attività produttive, commerciali o di servizi.
La Equity Joint Venture è una società a responsabilità limitata di diritto cinese, in cui i
partners stranieri contribuiscono ad una quota di capitale (mai più del 99%). I soci
possono fornire tecnologie, materiali e valuta. La durata è comunemente di 10/20 anni,
estendibile. La costituzione prevede l’accordo di un contratto tra le parti e la redazione
di uno statuto entrambi vagliati dallo Stato cinese al fine d’approvazione.
I passi fondamentali per la costituzione di una EJV sono: la ricerca del partner – la
negoziazione e lettera d’intenti – studio di fattibilità – redazione di contratto e statuto –
approvazione dal MOFCOM e registrazione presso SAIC.
La Cooperative Joint Venture ha una flessibilità superiore in quanto i diritti e gli
obblighi non sono legati, come nella EJV, alla quota di capitale sottoscritta ma stabiliti
dai partners nel contratto di costituzione. Non vi è un capitale minimo per diventare
socio, quando nella EJV è di 1.000.000 RMB
3
, così come non esiste una durata minima.
Inoltre una CJV può non dar vita ad una nuova persona giuridica, creando una semplice
partnership.
2.2.3 La Wholly Foreign Owned Enterprise
L’investitore costituisce in questo modo una società a responsabilità limitata di diritto
cinese da lui posseduta e gestita per intero.
E’ nell’ultimo periodo lo strumento di investimento più utilizzato, sebbene spesso gli
investitori temano un passo di questo tipo a causa dei rischi che la scarsa conoscenza del
mercato cinese può riservare.
Solo da poco sono state incoraggiate maggiormente anche dallo Stato, in quanto
antecedentemente si poteva avere accesso all’apertura di una WFOE solo se questa
risultava “advanced technology-oriented”, sebbene rimanga enunciato che si
3
Renminbi, valuta cinese, detto anche yuan. 1 RMB equivale a 0,1011 Euro (Cambio al
21 settembre 2005, momento di stesura dell’elaborato).
19
incoraggiano le imprese a capitale straniero che producono per l’esportazione o che
utilizzano tecnologia avanzata.
Ci soffermeremo maggiormente su questa tipologia di investimento straniero, essendo
quella che è stata scelta dallo studio “Luca Trazzi” per insediarsi e allacciare rapporti
duraturi con la Cina; anche se vedremo in modo più esaustivo la procedura di apertura
di una WFOE più avanti, proprio in relazione al nostro “case study”.
Il capitale sociale necessario all’apertura di una WFOE è indicato come “proporzionato
alla dimensione delle operazioni dell’impresa” e non può essere ridotto durante la
durata della società, escluso il caso in cui ottenga una specifica approvazione.
Il capitale può essere versato in un’unica soluzione o in successive contribuzioni, non
oltre sei mesi dalla registrazione della società.
Non è prevista una durata minima o massima, sebbene si debba indicare una durata alla
presentazione della domanda di costituzione, che può successivamente essere
prolungata.
Le fasi per la costituzione di una WFOE sono a grandi linee le seguenti:
∞ presentazione della domanda con indicazioni sull’investitore, il settore di
attività, il capitale, l’impatto ambientale ecc.
∞ predisposizione di documenti: studio di fattibilità, statuto e composizione di
organi societari
∞ il MOFCOM ha 90 giorni per esprimersi e durante i 30 giorni successivi
l’autorizzazione è necessario fare domanda al SAIC per la business license. Il
giorno di emissione di quest’ultima risulta quello di costituzione della società.
30 giorni dopo la costituzione si devono completare tutte le registrazioni
successive.
Normalmente una WFOE può sciogliersi a causa di forti perdite da parte dell’investitore
o per revoca dell’autorizzazione da parte della società, per violazione di leggi cinesi o
offesa al pubblico interesse.
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CAP 3 ASPETTI DELLA LEGISLAZIONE CINESE
3.1 La Proprietà intellettuale
Il tema della proprietà intellettuale in Cina è senz’altro uno dei più spinosi e sebbene si
siano fatti passi notevoli a proposito viene fortemente consigliata la registrazione del
proprio marchio direttamente nel territorio cinese, qualora si voglia intraprendere una
qualsiasi attività commerciale nel Paese.
Per far sì che le aziende locali non si “approprino” della notorietà di un marchio è
dunque necessario effettuare o l’estensione della registrazione internazionale di
quest’ultimo o la registrazione in loco.
Sono solo pochi marchi, considerati “notori”, ad usufruire della protezione in territorio
cinese se già in possesso di quella internazionale.
La registrazione internazionale si attiene ai sistemi previsti dal diritto internazionale
pattizio per mezzo dell’Organizzazione mondiale per la protezione dei diritti di
proprietà intellettuale di Ginevra (OMPI) e qualora si voglia ottenere un’estensione
nella PRC questa viene richiesta dall’OMPI e recepita, dopo un anno circa, dall’ufficio
marchi e brevetti cinesi. Una volta recepita dall’ufficio apposito è però necessaria la
richiesta dell’emissione di un certificato che dimostra la validità della registrazione
internazionale nella PRC. I tempi per l’ottenimento di tale certificato sono piuttosto
lunghi e variabili, rendendo in questo modo vulnerabili i marchi che non hanno agito in
largo anticipo a favore della loro protezione locale.
Qualora non si sia in possesso di una registrazione internazionale il marchio dovrà
essere direttamente registrato presso l’ufficio di marchi e brevetti cinesi, presso il quale
è possibile registrare le seguenti tipologie di marchio:
∞ Marchio in lettere latine.
∞ Marchio in ideogrammi cinesi: in molti casi la traslitterazione fonetica del
marchio in lettere latine.
∞ Logo/segno distintivo, che può essere sia un solo segno grafico o composto da
più parti.