2
Molteplici sono gli strumenti a disposizione degli operatori economici
per perseguire tale scopo competendo tra loro: la qualità del prodotto
o del servizio offerto, il contenimento dei prezzi, la riduzione dei
costi, la pubblicità.
Ma può accadere anche che,allo stesso scopo, gli operatori economici
si alleino, stipulando tra loro accordi che non li vedono in posizioni
contrapposte, bensì uniti da intenti comuni, uniscano
cioè,occasionalmente o stabilmente, in tutto o in parte, le loro
forze,anziché utilizzarle solo per competere tra loro.
Nelle sue forme più intense, questa cooperazione tra operatori
economici -la cui categoria giuridica di riferimento generale è
costituita soprattutto da quella dei contratti plurilaterali con
comunione di scopo
1
- può essere realizzata mediante il coordinamento
o l’integrazione, più o meno estesa, tra le rispettive strutture
organizzative e/o tra le rispettive attività o addirittura mediante la
costituzione di organismi comuni, anche dotate di una propria
soggettività o personalità giuridica.
1
Alla generale categoria dei contratti plurilaterali con comunione di scopo (o, più precisamente ai
“contratti con piu di due parti, in cui le prestazioni di ciascuno sono dirette al conseguimento di
uno scopo comune”) fanno riferimento l’art. 1420 e, indirettamente gli artt. 1446, 1459 e 1466 cc,
anche se solo al fine di disciplinare gli effetti sul contrattto della nullità e dell’ annullabilità che
riguardi il vincolo di una delle parti e dell’inadempimento e dell’impossibilità sopravvenuta della
prestazione di una delle parti. Sul tema dell’identificazione dei caratteri propri dei contratti
plurilaterali con comunione di scopo si veda, soprattutto, Marasà, Le Società, Milano, 2000 p. 9 ss.
3
E’ in questo ambito che si collocano i fenomeni economici dei
consorzi, delle società e dei gruppi europei di interesse economico,
tutti utili e strumentali per la trattazione delle joint ventures, che
rappresentano a mio avviso, la migliore riposta alle istanze e
situazioni contingenti create dall’attuale contesto economico
determinato dalla globalizzazione del mercato. Infatti, l’era della
globalizzazione economica,nella quale tendono a diventare più labili i
confini dei singoli Stati in vista del delinearsi di uno scenario
mondiale,accentua la vitalità e l’utilità della scelta di tali “schemi
organizzativi” come forma più idonea a valutare investire ed operare
nelle diverse realtà dei Paesi che si muovono in questo contesto
globale.
L’impresa, operando in più realtà economiche, lavorative e fiscali,
finisce spesso per acquisire una connotazione “multinazionale” e
l’associazione tra imprese costituisce senz’altro la soluzione per tenere
insieme tutte queste distinte realtà, esaltarle nei loro aspetti positivi,
riconducendole, tuttavia, ad unità come singole forze di un unico
fenomeno giuridico-economico.
E una protagonista tanto vitale in senso economico non poteva non
attrarre l’attenzione del legislatore europeo e del nostro legislatore
civilista, che all’associazione temporanea d’impresa hanno dedicato
4
importanti interventi a partire dal 1971, anno in cui si registra il primo
intervento legislativo a livello comunitario con la direttiva del
Consiglio Cee 26 luglio 1971 n.305, alla quale a fatto seguito la
prima legge nazionale in materia di raggruppamenti temporanei
d’impresa la n. 584/1977 adottata in attuazione della previa direttiva.
5
CAPITOLO I
IL MODELLO JOINT VENTURE
1.1. Origine e funzione
Il ricorso alle joint ventures e con esso l’interesse della dottrina, si è
visibilmente accentuato negli ultimi decenni, a seguito del crescente
affermarsi di processi di integrazione industriale funzionali alla
realizzazione di investimenti, la cui importanza economica o
complessità tecnica richiede l’integrazione,da parte di più imprese,di
risorse complementari
2
.
Questo nuovo fenomeno giuridico-economico tende a stabilire stretti
rapporti tra investitori per raggiungere un obiettivo economico di
comune interesse mediante l’integrazione di risorse
3
.
Il raggruppamento temporaneo tra imprese che viene a determinarsi, è
quindi, un sistema di coordinamento delle capacità delle singole
imprese,una forma di cooperazione temporanea ed occasionale tra più
imprese, posta in essere per realizzare congiuntamente un’opera od un
affare complesso, per il quale le capacità di una singola impresa non
sarebbero sufficienti.
1
Astolfi A., Il contratto di joint venture, La disciplina dei raggruppamenti temporanei tra imprese,
Giuffrè, Milano 1981, p. 1.
3
Azzini L., I Gruppi aziendali, Giuffre, Milano 1975, p. 59.
6
Tale “riunione” sorge per esigenze della pratica ed è caratterizzata
dall’occasionalità, temporaneità e limitatezza del raggruppamento
sicchè non si crea un nuovo soggetto né una nuova associazione
4
. Ciò
comporata l’impossibilità di configurare: un autonomo centro
d’imputazione, una nuova figura soggettiva e una nuova struttura
d’impresa.
L’origine dell’istituto va individuata negli ordinamenti anglosassoni,
dove il termine indica genericamente forme assai eterogenee di
collaborazione temporanea fra imprese, in cui queste si uniscono per
la realizzazione di un obiettivo comune. Le prime relazioni associative
note alla prassi commerciale inglese sin dal primo Medioevo sono
testimoniate dalle compagnie di mercanti ventures, che, già, in epoca
normanna, dalle principali città inglesi si spingevano oltremare
5
.
Con il passare del tempo la joint venture si è trasformata in uno
strumento sempre più frequentemente utilizzato in ambito
internazionale per sviluppare forme complesse di collaborazione fra
imprese appartenenti a Paesi diversi. La diffusione di tale strumento al
di fuori dei confini “nazionali” è stata favorita dal processo di
progressiva liberalizzazione degli scambi internazionali e di
4
T.A.R. Puglia Bari, Sez I, 28 Maggio 1994 N° 962 in Foro Amm. , 1994, 2009.
5
Vaccà, Origini e lineamenti dei contratti di joint venture, in Le joint venture: profili giuridici e
modelli contrattuali, Egea, Milano 1992, p. 50.
7
integrazione dei mercati mondiali. Ciò ha comportato l’individuazione
di tale contratto come strumento di collegamento di imprese
(prevalentemente) di Paesi lontani nell’ambito del diritto del
commercio internazionale; sotto tale profilo questo strumento è stato
prescelto anche con finalità di cooperazione allo sviluppo, mirante
cioè a realizzare progetti comuni diretti al trasferimento di risorse
economiche, finanziarie e tecniche a favore dei Paesi in via di
sviluppo, in quanto le joint ventures, comportando il coinvolgimento
dell’operatore locale unitamente all’imprenditore straniero, agevolano
il trasferimento di tecnologia e la formazione professionale del
personale locale nonché favoriscono la nascita di infrastrutture in loco
a supporto alle nuove iniziative, rivelandosi quindi ben più utili per lo
Stato ospite di un investimento diretto del solo imprenditore
straniero
6
.
Nei Paesi di “civil law” e nel nostro ordinamento in particolare,
l’istituto è giunto senza una chiara definizione, finendo per
identificare forme di associazione assai diverse tra loro.
6
Corapi e Serravalle, Le joint venture nella nuova disciplina della cooperazione italiana allo
sviluppo, in DCoI 1988, p. 23.
8
In Europa il termine viene utilizzato in un’accezione assai più ampia,
riferendola a qualsiasi iniziativa congiunta da parte di più imprese
volte alla realizzazione di un obiettivo condiviso
7
.
In Italia, dove la realizzazione di tali iniziative viene perseguita
tradizionalmente attraverso forme giuridiche diverse tra le quali i
consorzi,le società ed i GEIE (Gruppi Europei di Interesse
Economico), la figura giuridica che è tendenzialmente assimilabile a
tale modello organizzativo è rinvenibile nelle A.T.I. (Associazioni
temporanee di imprese).
Nel nostro Paese, al di là dell’assenza di un espresso riconoscimento
legislativo dell’istituto, l’espressione “joint venture” è divenuta ormai
di uso comune. La stessa giurisprudenza già da tempo ricorre a tale
termine, per qualificare quelle forme di associazione tra imprese non
riconducibili nelle tradizionali forme di aggregazione
istituzionalizzate dal nostro ordinamento giuridico. Lo testimoniano
ad esempio alcune pronunce della giurisprudenza, sia di merito che di
legittimità, risalenti fin dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso. A
quest’ultimo proposito, vedasi Cass. n.6757/2001
8
, che nell’intento di
tracciare una linea di demarcazione tra tale istituto e quello delle
7
Schillaci C.E.,Profili economico-aziendali della formula joint venture, Giuffrè, Milano 1988, p.
136.
8
In Giust. Civile 2002, I, 7292.
9
associazioni in partecipazione, ha chiarito che con il termine “joint
ventures” devono intendersi quelle “forme di associazione temporanea
di impresa finalizzate all’esercizio di un’attività economica in un
settore di comune interesse,nelle quali le parti prevedono la
costituzione di una società di capitali, con autonoma personalità
giuridica rispetto ai soci, alla quale affidare la conduzione
dell’iniziativa congiunta”.
Il termine joint venture ha, quindi, un significato tutt’altro che
univoco
9
, in particolare per quanto riguarda i giuristi. Viceversa, per
quanto riguarda gli economisti è, invece, abbastanza consolidato il suo
significato
10
. La joint venture è una forma di associazione temporanea
tra imprese, finalizzata alla realizzazione di un investimento o di
un’opera in un settore di interesse comune: esso designa in pratica
l’accordo tra due o più imprese mirate alla creazione di complessi
sistemi industriale, di appalti ovvero alla comune ricerca tecnologica o
allo sviluppo di reti commerciali.
Dalle prime esperienze fondate soprattutto su di un vincolo di natura
contrattuale, dove le singole imprese mantengono la propria
autonomia e contribuiscono ciascuna secondo un determinato ruolo, si
9
Franzoni , Le joint venture, Giuffrè , Milano 1983, p.1.
10
AA.VV. “Le aggregazioni di impresa”, Giuffrè, Milano 1999, p. 48.
10
è passati in alcuni casi,a mio avviso snaturando la ragion d’essere di
tale figura giuridica, a fenomeni ancor più dettagliati e vincolanti in
cui i soggetti coinvolti hanno dato origine ad una terza e distinta
società con il palese vantaggio non solo di mantenere separati i due
soggetti giuridici (la società che ha sottoscritto il capitale della joint
venture e la joint venture stessa), ma di limitare anche la
responsabilità rispetto ai rischi connessi all’esecuzione dell’opera.
Queste ultime sono ipotesi di joint ventures corporation.
L’utilizzo di tale cooperazione tra imprese è destinata ad operare per
la realizzazione di grandi appalti,pubblici o privati, che comportano
sempre più spesso rischi così elevati ed un impegno progettuale,
tecnico, finanziario, organizzativo così complesso e diversificato che
in un sistema economico che si caratterizza per l’accentuata
specializzazione del rischio imprenditoriale difficilmente un
imprenditore da solo è in grado o trova conveniente assumerli per
intero. Il singolo appaltatore (o lo stesso committente)
11
dovrà allora
attivarsi per trovare altri imprenditori egualmente interessati a
partecipare all’esecuzione dell’appalto con i quali stabilire per
11
Non è infrequente il caso in cui sia il committente stesso a creare i presupposti per la
collaborazione tra piu imprenditori. Ad es: per mettere a contatto con le imprese locali le imprese
straniere interessate alla realizzazione di un investimento. Friedman e Kalmanoff , “Joint
International Business Ventures” New York – London 1961, p 17-23 ss.
11
l’occasione, forme di collegamento o di collaborazione, più o meno
intensa, più o meno organica, in funzione del preciso e circoscritto
obiettivo di operare insieme per l’aggiudicazione e il compimento di
quella singola opera.
Gli studi sulla joint venture sono stati, sino ad oggi, sostanzialmente
dicotomici:una parte degli studiosi è apparsa interessa
all’individuazione degli obiettivi perseguiti attraverso la joint venture
medesima, mentre un’altra parte si è orientata alla comprensione che il
suo utilizzo ne comporta.
Il primo percorso di indagine ha condotto al riconoscimento di una
pluralità articolata di obiettivi. Un’autorevole dottrina
12
ha indicato tre
tipologie di scopi perseguibili con tale forma di organizzazione: scopi
competitivi, fini strategici e scopi interni.
L’utilizzo della joint venture per scopi competitivi consente alle
imprese, condotte in modo versatile, a fronte di condizioni di mercato
estremamente volatili, l’utilizzo di forme di relazione piuttosto
critiche con gruppi di clienti “chiave”, al fine di accelerare il processo
di diffusione. Poichè tali aziende affrontano uno squilibrio tra le
risorse internamente disponibili, e quelle necessarie per lo sviluppo,
12
Harrigan, “Le joint venture”, versione italiana a cura di F. Corno, Cedam, Padova 1985, p.35.
12
tali accordi offrirebbero soprattutto l’opportunità di limitare i rischi e
di allargare gli spazi di manovra.
Invece, l’utilizzo delle joint venture per fini strategici può rilevarsi
funzionale allorché una impresa decida di modificare il proprio
posizionamento strategico, ad esempio diversificando in aree di
business attrattive ma non del tutto familiari. In tali casi,
l’acquisizione di conoscenze specifiche in nuove aree e in nuovi
mercati rappresenta un elemento essenziale per cogliere le varie
opportunità. Questa conoscenza non può essere spesso accumulata
internamente rendendo necessario per le varie imprese cercare delle
co-ventures.
In ultimo il ricorso alle joint venture può essere utilizzato per scopi
interni, ”come un modo per creare punti di forza interni, per utilizzare
un nuovo processo produttivo un byproduct o una nuova
capacità…Esse possono contribuire a creare punti di forza interni
offrendo alle imprese una nuova finestra su tecnologie
promettenti…”
13
.
Quindi, la complessità tecnica dell’operazione economica, le
dimensioni organizzative che le caratterizzano,le esigenze di tipo
finanziario, oltreché l’opportunità di natura industriale o politica
13
Harrigan, “Le joint venture”, versione italiana a cura di F. Corno, op cit, p. 36.
13
rivolte ad una più razionale distribuzione dei rischi e/o ottimizzazione
delle risorse esistenti sono gli elementi che storicamente sono stati, e
continuano a rimanere, alla base della cooperazione tra imprese
14
.
Talvolta gli imprenditori interessati potranno ritenere opportuno dar
vita a una società per azioni, o comunque ad una figura societaria
dotata di personalità giuridica (es. consorzio), partecipando ad essa in
qualità di soci. In tale ipotesi, per la realizzazione di un opera e la
partecipazione ad una gara dall’appalto pubblico o privato, sarà la
nuova società a presentare l’offerta e, in caso di aggiudicazione, sarà
essa ad obbligarsi ad adempiere al contratto e ad eseguire l’appalto.
Senonché i tempi e i costi solitamente necessari per costituire una
società per azione dotata di mezzi sufficientemente calibrati al
raggiungimento dello scopo, non sempre sono compatibili con
esigenze di tempestività e di convenienza. Gli accordi di cooperazione
tra imprenditori, per il compimento di un singolo affare, sovente
richiedono tempi brevi: devono essere perfezionati nei pochi giorni
che intercorrono tra la data del bando d’appalto e il termine ultimo
per la presentazione dell’offerta
15
.In tal caso una intesa fulminea è
14
Carbone e D’Angelo, Cooperazione tra imprese e appalto internazionale, Giuffrè, Milano 1991,
p.3.
15
F. Benatti, voce “Associazioni temporanee d’impresa”,cit. in Dizionari del diritto privato,
Giuffrè, Milano 1980, p.77.
14
condizione determinante per l’acquisizione di un affare. Inoltre, non è
infrequente il caso in cui la società, appositamente costituita per la
gara d’appalto, si rilevi del tutto inutile, perché, pur avendo,
presentato tempestivamente l’offerta non è riuscita poi ad ottenere
l’aggiudicazione dell’appalto. In vista di questa sfortunata eventualità
sono preferibili accordi che consentano agli imprenditori una agile ed
immediata cessazione del rapporto di collaborazione instaurato
16
.
In risposta a queste serie di esigenze non adeguatamente soddisfatte
dagli strumenti tradizionali nasce, quindi, il raggruppamento
temporaneo di imprese per l’esecuzione di contratti di appalto di opere
o lavori pubblici
17
, con il varo della l. n. 584 del 1977, legge di
recepimento della prima direttiva Cee in materia – la direttiva n. 305
del 1971 – recante norme disciplinanti gli appalti di lavori pubblici di
importo superiore a un milione di ecu. L’applicabilità di tale istituto
16
D. Bonvicini.”Commento alla L.584/1977 ” in NLCC 1979, p. 355-365 , secondo cui ,con
particolare riferimento agli appalti di opere pubbliche” non è neppure percorribile la via della
società di capitali da costituirsi nel solo caso di esito positivo della gara o della trattativa, con
evidente risparmio di costi ed oneri formali. Infatti, pur essendo ammissibile la presentazione di
offerte per persona da nominare (ex art. 81, R.d. 23 Maggio 1924 N°827), tale soluzione è preclusa
dall’obbligo di (preventiva) iscrizione all’Albo Costruttori nel caso di appalto (art.2. L. n.57 del
1962, e ora anche ex art 14, comma 4°, l.n° 584 in esame) e comunque dall’art. 6 R.d.l. 28 Agosto
1924 n°1396 che vietano all’amministrazione di fare contratti o concessioni a privati per società da
costituirsi.
17
La sua nascita è preceduta da un dibattito piuttosto sostenuto di cui si trova testimonianza
all’interno degli Atti di un convegno nazionale sulle Associazioni temporanee d’imprese
(organizzato dall’ANCE, Roma, 1970), in Riv. Dir. Comm., 1975, I, p.350.
15
anche per gli appalti di importo inferiore a quello allora considerato
di rilevanza comunitaria è stata immediatamente sancita dalla
giurisprudenza amministrativa.
La sostanza di tale fenomeno associativo e la diversità rispetto ad altre
forme di organizzazione è evidenzita rilevando che “i partecipanti ad
un raggruppamento occasionale intendono riunire le proprie risorse
per il solo periodo necessario al compimento del singolo “affare”,
limitatamente alle ben individuate esigenze dello stesso, e, nel
contempo, evitare il ricorso ad organismi tendenzialmente stabili,
quali le figure tipiche societarie le cui caratteristiche strutturali ed i cui
“oneri” delle relative discipline legislative (sotto il profilo
dell’assorbimento dell’individualità giuridica e patrimoniale dei
consociati,dell’esercizio di nuova e diversa attività d’impresa, degli
oneri-qui più propriamente-formali, del regime impositivo ,ecc.) non
lasciano spazio alle esigenze di specie”
18
.
18
T.A.R. Emilia Romagna 9 Dicembre 1986 n°618 in I Tar 1987, I , 629;
T.A.R. Lazio sez. III 30 Novembre 1987, n°1978, in Giur. di merito, 1988, p. 876.