ottavo capitolo, infine, cercherò brevemente di rintracciare il dominio entro il quale può
rimanere valida l’immagine della scienza che andrò a delineare progressivamente. Sono
infatti convinto che esistano o possano esistere altre forme di conoscenza altrettanto
significative, che non rispondono ai criteri che andrò progressivamente delineando. Non
si tratterà quindi di bollare come metafisica tutto ciò che non è scienza, seguendo un
percorso simile a quello tracciato da Carnap1 e condiviso dai suoi colleghi
neopositivisti, ma di lasciare aperta la possibilità di studio di altre forme di conoscenza.
1
Carnap, 1932, pag. 219-241
4
I. IL CONCETTO DI INCOMMENSURABILITÀ
Prima di iniziare a trattare l’argomento è necessario definire nella maniera più
chiara possibile il termine incommensurabilità. Nella Stanford Enciclopedia of
Philosophy2, non compare una esatta definizione di incommensurabilità, ma una lunga
spiegazione sulle somiglianze e differenze tra l’uso che ne ha fatto Kuhn e quello di
Feyerabend, poiché il termine è stato introdotto da loro nel dibattito epistemologico. In
questa tesi intendo per lo più usare il termine “incommensurabile” nel significato
comune ad entrambi i pensatori, anche se, studiando e confrontando il pensiero di
Forster, Laudan, Pera e soprattutto Shapere, ho avuto la necessità di chiarire
ulteriormente il significato del termine cominciando a distinguere vari tipi di
incommensurabilità. Per questo motivo, quando non specificherò il tipo di
incommensurabilità, il termine sarà da intendersi genericamente nel senso comune usato
da Kuhn e Feyerabend. Partiamo perciò da questa definizione generica. Uno dei punti di
partenza è definire incommensurabile come “senza una misura in comune”. Il termine si
può applicare sia alle singole teorie scientifiche sia soprattutto ai cosiddetti paradigmi
(nel senso kuhniano) o teorie di sfondo non problematiche (nel senso feyerabendiano).
Si dice che una teoria o un paradigma è incommensurabile con un’altra se non esistono
criteri comuni per poter stabilire quale delle due sia più adatta a spiegare la realtà.
Secondo l’interpretazione kuhniana e feyerabendiana della scienza, teorie o paradigmi
incommensurabili possono essere perfetti in se stessi perché contengono al loro interno i
metodi per la verificazione dei loro asserti, i criteri per interpretare i dati empirici, oltre
ad includere un certo tipo di linguaggio specifico e a comprendere un certo dominio di
esperienza. Si arriverà dunque, tramite la tesi dell’incommensurabilità, a proporre una
2
http://plato.stanford.edu/entries/incommensurability/#ComKuhFeyInc.
5
immagine della scienza come arte, affermando che non esistono misure in comune se
non il gusto personale (come nell’arte appunto) per scegliere tra paradigmi supposti in
competizione (anche se non ci sarebbe alcun motivo di confrontarli se tutti possono
“andare bene”, come ritiene Feyerabend)3. Questa interpretazione crea almeno due
grandi problemi, oltre all’ovvia svalutazione dell’impresa scientifica: innanzitutto ci si
potrebbe chiedere fino a che punto questa interpretazione sia storicamente valida,
problema che affronteremo. Ma il problema principale di Kuhn e Feyerabend è la
mancanza di chiarezza nello specificare, in ogni singolo esempio di presunta
incommensurabilità, quali sono stati i singoli fattori che hanno reso le teorie in
questione “senza una misura in comune”, lasciando il termine con una molteplicità di
significati che rischiano solo di confondere le idee. Per questo motivo, dopo aver
approfondito alcuni tratti dell’epistemologia di Shapere e Forster, ho sentito il bisogno
di suddividere il termine in diverse parti trovando per adesso almeno tre tipi di
incommensurabilità; incommensurabilità semplice, linguistica e di dominio. La
necessità di tale divisione sarà analizzata nello specifico in seguito, soprattutto nel
paragrafo “un confronto tra Forster e Shapere sul problema della razionalità”. Studiando
la struttura delle rivoluzioni scientifiche di Kuhn, Alai ha invece individuato otto punti
che caratterizzano l’incommensurabilità tra due paradigmi; 1) gli obiettivi della
disciplina 2) i problemi da risolvere 3) il metodo da seguire 4) degli esempi di soluzione
5) alcuni presupposti basilari indiscussi 6) una metafisica di fondo 7) i significati dei
termini 8) uno schema concettuale e l’interpretazione implicita in ogni esperienza
percettiva4. Vorrei includere questi punti nella mia suddivisione perchè il mio intento è
quello di focalizzare l’attenzione non tanto sul numero ma sulla differenza qualitativa e
3
Per approfondire vedi Pera, 1996, pag. 109-117.
4
Alai, 1998, pag. 59.
6
sul peso epistemologico di questi fattori. Mi limito ora ad anticipare quello che sarà
frutto di successive considerazioni sul problema.
1. Incommensurabilità semplice
Si presenta una incommensurabilità “semplice” (include i punti 3, 4, 5, 6, 8 di
Alai) quando esistono i seguenti fattori che caratterizzano questo tipo di
incommensurabilità, rendendo impossibile la ricerca di una misura in comune:
A) la differenza del metodo che viene utilizzato nella verifica di A e B; entrambe
possono essere ugualmente giustificate dai loro metodi (mi riferisco al punto 3).
Propongo due esempi di due differenti tipi di incommensurabilità del metodo. Nel
primo caso, si potrebbe trattare dell’impossibilità di accordarsi su una regola
metodologica che dovrebbe verificare o falsificare una teoria. Pera riporta un chiaro
esempio tratto dalla lettura di alcuni dialoghi di Galileo contro i sostenitori del sistema
aristotelico-tolemaico5. Galileo, quando cerca di confutare il vecchio sistema, sembra
adottare la seguente regola metodologica: un’ipotesi le cui conseguenze dedotte sono
contraddette da un fatto empirico accertato deve essere rifiutata.
Ma è lo stesso Galileo che adotta una variante della stessa regola quando si tratta
di difendere il nuovo sistema dalle critiche degli aristotelici, una volta scoperta una
anomalia nel sistema che abbracciava. Egli infatti adotta anche la seguente regola:
un’ipotesi le cui conseguenze dedotte sono contraddette da un fatto empirico accertato
deve essere rifiutata a meno che tali fatti non costituiscano anomalie secondarie.
L’incommensurabilità sul metodo potrebbe consistere nell’impossibilità di accordarsi su
uno standard di falsificazione valido per tutte le teorie, in questo caso, sui tipi di
anomalie che possiamo ritenere secondarie. Un diverso esempio di incommensurabilità
5
Pera, 1982, pag. 18-25.
7
metodologica è legato all’utilizzo di apparecchiature tecnologiche utilizzate per la
verifica di ipotesi. Supponiamo per esempio che una ipotesi di una veccia teoria “V”,
facente parte di una scienza ai suoi primi stadi di sviluppo necessiti solo
dell’osservazione ad occhio nudo per essere confermata. Supponiamo inoltre di
scoprire, adottando un insieme di teorie più recenti che ci permettono di costruire un
particolare strumento tecnologico per l’osservazione del fenomeno in questione, che
l’osservazione fatta ad occhio nudo è ingannevole. L’osservazione fatta con il nuovo
strumento conferma invece l’ipotesi fatta da una nuova teoria “N”. Supponiamo infine,
che le teorie utilizzate per costruire un tale macchinario e confermarne l’attendibilità,
siano teorie ausiliarie che chiamiamo “AN” interne ad un paradigma “PN” che include
la teoria stessa “N”. Nemmeno in questo caso potrebbe esistere una misura in comune
per scegliere tra i due metodi di osservazione dato che, abbracciando la teoria più antica,
si ha un certo metodo di osservazione che conferma la teoria “V”, mentre adottando
“PN” utilizziamo le teorie ausiliarie “AN” per confermare “N”.
B) Diversi esempi di soluzione e spiegazione scientifica, cioè di adattamento di un
paradigma alla realtà circostante (punto 4): parleremo in seguito in maniera dettagliata
della differenza dell’interpretazione del moto di un pendolo tra gli aristotelici o del
moto di un proiettile. Per ora, anticipo e riassumo i risultati del secondo esempio. Un
certo fenomeno, come il moto di un proiettile, può essere descritto in vari modi a
seconda dei vari paradigmi che si adottano nella descrizione ed interpretazione di esso.
Adottando il principio di inerzia o l’impeto di Buridano, non è necessario attribuire
all’aria circostante la causa del moto di un oggetto, una volta che esso si è staccato dal
motore primario. Invece la teoria aristotelica presuppone che un qualsiasi oggetto che si
muove di moto non naturale debba essere continuamente sostenuto da una forza
8
impressa da un motore a contatto con esso. Adottando questo presupposto è perciò
necessario identificare nell’aria circostante la causa del moto di un oggetto.
L’incommensurabilità della spiegazione scientifica è dovuta all’assenza di una misura in
comune per la scelta di una teoria da adattare alla realtà circostante: apparentemente,
anche se Shapere ci mostrerà il contrario, sia la spiegazione aristotelica sia la teoria
dell’impeto o il principio di inerzia sembrano andare bene.
C) Alcuni presupposti generali indiscussi (punto 5), a volte derivanti da una
metafisica di sfondo (punto 6) di un paradigma A diversa da quella del paradigma B:
l’immobilità della terra, la tridimensionalità dello spazio, la perfezione dei moti
circolari… Ovviamente, se nel confronto tra due paradigmi ogni scienziato decide da
prima di non mettere in discussione certi presupposti che sono veri indipendentemente
dalla ricerca scientifica, essi sono volutamente incommensurabili.
D)Una interpretazione implicita in ogni esperienza percettiva, inteso come
orientamento gestaltico: gli scienziati appartenenti alla teoria o paradigma A, guardando
il cielo, vedono delle comete mentre quelli appartenenti a B vedono dei pianeti.
Questi fattori possono essere presenti singolarmente o contemporaneamente e
questo renderà più o meno ardua la risoluzione di questa incommensurabilità. Ho
pensato in ogni caso di raggrupparli sotto la definizione di incommensurabilità semplice
perché come vedremo in seguito, questi fattori sono meno gravosi di altri. Infatti, nella
valutazione delle teorie, questi fattori di incommensurabilità possono essere risolti,
evitandoli tramite il metodo della comparazione tra i modelli, proposto da Forster.
9
2. Incommensurabilità linguistica
Si presenta una incommensurabilità linguistica (che include anche il punto 7) in
diverse situazioni. La prima, quando il significato dei termini è determinato dalla teoria
in cui essi compaiono, per cui lo stesso termine può comparire in due teorie diverse con
significati diversi. L’incommensurabilità sta nella apparente impossibilità di decidere
quale sia il significato corretto da attribuire ad esso. Kuhn, ne La struttura delle
rivoluzioni scientifiche6, porta alcune prove a favore di quella che ora chiamiamo
incommensurabilità linguistica. Egli rifiuta l’interpretazione neopositivistica secondo
cui la meccanica newtoniana è un caso particolare della relatività di Einstein perché,
nonostante sia vero che le leggi della meccanica classica possono essere utilizzate come
un caso limite delle leggi relativistiche, il passaggio dalla meccanica newtoniana alla
teoria di Einstein porta con sé una incommensurabilità linguistica sulla natura dei
termini scientifici. Per esempio il termine massa, acquista uno slittamento di significato
notevole in quanto la massa rimane una grandezza immutabile nella meccanica
newtoniana mentre è convertibile in energia nella interpretazione relativistica.
Tuttavia, con incommensurabilità linguistica non intendo solo il senso attribuito
da Kuhn ma esistono altri casi maggiormente problematici. Per esempio, come vedremo
in seguito nel caso della rivoluzione chimica che tratteremo con Shapere, non esiste
apparentemente nessun metro in comune per preferire una nomenclatura degli elementi
in base alle loro proprietà chimiche (la struttura molecolare degli atomi) ad una in base
al loro aspetto esteriore (il colore, la durezza, la forma). In questo caso
l’incommensurabilità linguistica non sta tanto nel dare un significato diverso allo stesso
termine ma nell’uso di termini diversi per trattare gli stessi elementi, ovvero la scelta di
una nomenclatura.
6
Kuhn, 1962, pag. 130.
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