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L‟ultimo capitolo affronta la crisi del 2009 e le reali conseguenze che hanno dovuto
affrontare le aziende e il mercato economico.
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CAPITOLO PRIMO
“CONCETTI TEORICI”
1.1 IL MARKETING
Il termine “marketing” racchiude una miriade di concetti e informazioni, nonché di
definizioni che talvolta vengono mal interpretate anche dagli esperti del settore.
Per questo, mi sembra giusto dedicare una piccola parte alla chiara identificazione
della disciplina.
La definizione più diffusa è che il marketing è un ramo della scienza economica che
si occupa dello studio descrittivo del mercato e dell'analisi dell'interazione del
mercato, degli utilizzatori con l'impresa. Il termine prende origine dall'inglese
market, cui viene aggiunta la desinenza del gerundio per indicare la partecipazione
attiva, cioè l'azione sul mercato stesso.
Marketing significa letteralmente "piazzare sul mercato" e comprende quindi tutte le
azioni aziendali riferibili al mercato destinate al posizionamento di prodotti,
considerando come finalità il maggiore profitto e come causalità la possibilità di
avere prodotti capaci di realizzare tale operazione.
La definizione principe viene da Philip Kotler, riconosciuto all'unanimità quale padre
dei più recenti sviluppi della materia per i lavori apparsi dal 1967 ad oggi. Ma le
origini del concetto di marketing hanno radici ben lontane.
Con l'economista italiano Giancarlo Pallavicini, già nel 1959, queste radici si
accompagnano agli iniziali approfondimenti delle ricerche di mercato, costituenti, di
fatto, i primi strumenti di quello che divenne poi il marketing moderno; egli
introduce infatti le seguenti definizioni1:
ξ Il marketing viene definito come quel processo sociale e manageriale
diretto a soddisfare bisogni ed esigenze attraverso processi di creazione e scambio di
prodotto e valori. È l'arte e la scienza di individuare, creare e fornire valore per
soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento, realizzando un profitto: delivery
of satisfaction at a price.
ξ Il marketing management consiste invece nell'analizzare, programmare,
realizzare e controllare progetti volti all'attuazione di scambi con mercati-obiettivo
1
Def. www.wikipedia.com
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per realizzare obiettivi aziendali. Esso mira soprattutto ad adeguare l'offerta di
prodotti o servizi ai bisogni e alle esigenze dei mercati obiettivo ed all'uso efficace
delle tecniche di determinazione del prezzo, della comunicazione e della
distribuzione per informare, motivare e servire il mercato.
Attualmente si scontrano tre tipi di concezione (Lambin):
Il marketing è la pubblicità, la promozione e la vendita sotto pressione, vale a dire un
insieme di mezzi di vendita particolarmente aggressivi, utilizzati per conquistare i
mercati. Con questa accezione troverebbe sicuramente più applicazione nel mercato
dei beni di largo consumo e molto meno in settore come la tecnologia,
l‟amministrazione pubblica o i servizi culturali e sociali.
Un‟altra concezione è vedere il marketing come un insieme di strumenti e di analisi,
di indagini e ricerche di mercato, con l‟obiettivo di fare previsioni sui bisogni e sulla
domanda. Questo, potrebbe sembrare limitato alle grandi imprese e non alle piccole
che, non avrebbero troppo capitale da investire in statistica.
La terza concezione è la visione del marketing come un architetto della società
consumistica, un grande seduttore in un sistema mercantile nel quale gli individui
sono oggetto di uno sfruttamento commerciale da parte del venditore. Avere questo
punto di vista, significa avere la concezione che l‟uomo, il consumatore, sia alienato
e vittima del sistema, che lo vuole incapace di decidere e lo vede manovrato verso un
acquisto di un bisogno “pilotato”.
Dietro queste tre accezioni ci sono tre orientamenti al mercato da parte del marketing
che sono: una dimensione di azione (conquista dei mercati), di analisi (conoscenza)
e di cultura (la filosofia di gestione). La tendenza più frequente è quella di ridurre
tutto all‟azione, cioè al marketing operativo sottovalutando le altre due dimensioni
strategiche.
Se si parla di teoria alla base del processo di marketing, si considera la teoria delle
scelte individuali fondata sulla sovranità del cliente. Nel 1776, Adam Smith si
esprime dicendo che “il benessere sociale non dipende in definitiva dall‟altruismo,
ma deriva anzitutto dall‟unione degli impulsi egoistici dei produttori e dei
consumatori, attraverso lo scambio volontario e concorrenziale”, ciò significa che le
persone si devono lasciare così come sono, ma si deve sviluppare un sistema (mano
invisibile) che porta anche i più egoisti, senza volerlo, a contribuire al bene comune.
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Giustamente rivisto dagli studiosi nelle epoche successive, questo principio è rimasto
una linea guida per le imprese che operano in un mercato di libera concorrenza.
Da questa idea di base si sviluppano i tre Principi dell‟economia di mercato: gli
individui cercano un‟esperienza gratificante, ciò che è gratificante dipende dalle
scelte individuali ed è attraverso lo scambio volontario e concorrenziale che gli
individui e le organizzazioni che si rivolgono ad esse, realizzeranno al meglio i
propri obiettivi.
Il processo di marketing trova i suoi fondamenti in questi tre principi che sfociano in
una filosofia di azione valida per ogni organizzazione al servizio di un pubblico di
utenti.
Si possono dividere tre categorie: il marketing dei beni e servizi di consumo o
marketing business to consumer (B2C), il marketing industriale, business to business
(B2B) che gestisce i rapporti tra organizzazioni e infine, il marketing sociale, che
riguarda le organizzazione senza fini di lucro, come musei ed università.
Sono da citare anche il marketing dei servizi (compagnie aeree, catene alberghiere,
etc.) e il marketing istituzionale (fatto cioè da istituzioni). Di significato meno
economico è il marketing politico, così come quello che le aziende riservano ai
propri dipendenti e che viene comunemente definito, sebbene impropriamente,
marketing B2E (business to employee, "da impresa a dipendente").
Il marketing è inoltre volto alla creazione del valore per il cliente, e uno dei suoi
scopi è creare un posizionamento della marca nella mente del consumatore attraverso
tecniche di brand management. Le ultime tendenze sono volte allo studio del
marketing esperienziale, trattato successivamente, che abbraccia la visione del
consumo come esperienza, in cui il processo di acquisto si fonde con gli stimoli
percettivi, sensoriali ed emozionali.
1.2 IL RETAIL MARKETING
Il retailing è l‟insieme delle attività commerciali che aggiungono valore ai prodotti
e servizi venduti ai consumatori per soddisfare i loro bisogni. Spesso le persone
pensano che il retailing consiste nella vendita del prodotto all‟interno del punto
vendita, ma è riduttivo fermarsi a questa considerazione. In realtà, il termine ricopre
significati più ampi, come tutti i servizi che ruotano intorno al bene in sé. Per
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esempio, la consegna di pizze a domicilio, l‟affitto di dvd, il pernottamento in
albergo, e tutti altri servizi che vanno oltre l‟acquisto classico nel negozio.
Un “dettagliante” è colui che si occupa della vendita di beni e servizi al cliente
finale; il suo obiettivo è offrire il giusto prezzo, la giusta distribuzione, il giusto
merchandise, per posizionarsi sul mercato nel posto ottimale, rispetto alla
concorrenza.
Sebbene è molto più conveniente e semplice acquistare direttamente dal produttore,
come la vendita esclusivamente on line praticata da Dell Computer, i retailers
offrono importanti attività che aumentano il valore del prodotto e quindi
dell‟acquisto.
Il retailing è l‟attività finale della catena di distribuzione che unisce i produttori ai
consumatori attraverso i distributori.
Sicuramente trovare nel punto vendita un assortimento vasto, oppure sapere che c‟è
un magazzino che fornisce in poco tempo il prodotto mancante, o ancora, essere
sicuri che esista un servizio prima e dopo l‟acquisto, aumentano realmente e nella
mente del consumatore il valore e, quindi, anche il prezzo del bene. Tutte queste
funzioni, che caratterizzano il retailing, aiutano il cliente a non sentirsi solo nel
momento della scelta.
Il retailing colpisce ogni aspetto della vita quotidiana, basti pensare a tutti i contatti
che abbiamo ogni giorno, dal cibo che mangiamo, ai vestiti che compriamo per
qualche occasione particolare.
Da una statistica effettuata, su 25 retailers più grandi gli indiscussi restano sempre
Wal- Mart con più di 190 milioni di dollari, seguita da Carrefour e Kroger.2
Il sistema di distribuzione al dettaglio negli Stati Uniti è abbastanza unico rispetto al
resto del mondo, essendo caratterizzato dalle imprese più grandi, sia dal punto di
vista di dimensioni, che raggiungono i 20.000 piedi di superficie, che di
concentrazione.
Molte aziende americane sono abbastanza grandi da avere degli stabilimenti di
proprietà e non appoggiarsi ad ingrossi esterni. Questa combinazione di grandi
industrie con punti vendita di enormi dimensioni è il risultato di un sistema di
distribuzione molto efficiente.
2
Levy Weitz, Retailing management, 2004, McGraw-Hill Company
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Al contrario, il sistema giapponese è caratterizzato da negozi di piccole dimensioni,
di proprietà di piccole aziende che si appoggiano a grandi spazi all‟ingrosso
indipendenti.
Spesso i passaggi per arrivare ai retailers finali sono ancora più lunghi, a volte
passano anche per tre distributori diversi. La convenienza e l‟efficienza rispetto agli
Stati Uniti sta nella forza lavoro giapponese.
Per quanto riguarda la situazione europea, c‟è una differenza tra il Nord, centro e il
Sud. Il primo è molto simile al sistema americano, il Sud è composto da produttori
tradizionali operanti in alcuni settori che affiancano aziende di “grandi formati”
(big box), mentre il centro è caratterizzato dalla privatizzazione del commercio al
dettaglio, che ha subìto un cambiamento. Precedentemente era un sistema fortemente
concentrato sotto il controllo del governo mentre, ora, c‟è una situazione di estrema
frammentazione formata da piccole imprese a conduzione familiare.
Alcuni fattori che hanno causato queste notevoli differenze nei mercati sono politici,
sociali, geografici e dimensionali. Solo considerando la popolazione statunitense,
così variegata e multietnica, si può immaginare come si soddisfi esclusivamente in
superfici enormi che contengono prodotti di tutti i tipi, prezzi e provenienze.
Altri importanti cambiamenti che hanno caratterizzato la diversità dei retails, sono
l‟incremento della concentrazione delle industrie, la globalizzazione e l‟utilizzo di
molteplici canali di interazione con i consumatori.
Da circa 20 anni si sono sviluppati retails con nuovi format; i consumatori ora,
possono acquistare da una più ampia varietà di punti vendita. Le categorie che per
prime hanno fornito un nuovo modo di offrire i loro prodotti, sono le aziende di
giocattoli, di prodotti tecnologici e di accessori per la casa che, si sono uniti con la
grande distribuzione.
Wal-Mart ha chiuso alcuni dei suoi discount tradizionali per aprire i suoi
“supercenter” quindi, ha cercato la combinazione ottimale tra discount e supermaket.
Anche Internet rappresenta un nuovo canale di vendita al dettaglio.
Nuovi retailers offrono al consumatore l‟opportunità di acquistare il merchandise e il
servizio a prezzi fissi (www.amazon.com), partecipare ad aste (www.ebay.com)
oppure essere catturati dalle offerte “take it or leave it” (www.priceline.com). Altri
esempi da citare possono essere le aziende di cosmetici francesi e il modo in cui
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hanno cambiato il sistema negli Stati Uniti, oppure Tesco, distribuzione alimentare
inglese, che ha puntato sulla quantità di merce in spazi diversi tra loro, per coprire
segmenti diversi. Unendo la qualità alla dimensione dei punti vendita, ha creato dei
nuovi format. Tesco express, sono i convenience store adiacenti i distributori di
gasolio, Tesco metro, sono piccoli alimentari nelle zone urbane, Tesco extra, sono
invece gli hypermarket di grandi superfici che offrono la convenienza e la varietà di
prodotti, spesso in zone poco centrali ma con grandi parcheggi per le auto, proprio
perché puntano alla grande quantità di spesa.
Questi nuovi formati di retail coesistono con quelli più tradizionali. Spesso offrono
differenti benefici quindi, conducono il consumatore stesso a scegliere dove e come
acquistare, in base ai suoi bisogni momentanei. Può capitare che lo stesso
consumatore acquista un bene su una rivista, oppure on line e poi si rivolge al
piccolo alimentari tradizionale per i beni quotidiani di prima necessità, nel week end
invece, frequenta l‟hypermarket per cercare la convenienza e fare la spesa per il mese
successivo.
Mentre il numero di retails differenti è in aumento, quello della concorrenza
decresce.
In ogni settore dominano pochi retails nazionali. Per esempio, soprattutto negli Stati
Uniti, ci sono tre categorie per l‟elettronica, tre per prodotti d‟ufficio, un‟azienda più
forte per ogni regione nel settore alimentare, Publix (Florida), HEB (Texas), finché
queste ultime non sono state inglobate da nomi nazionali come Wal-Mart, Kroger,
Albertson‟s e Safeway.
La globalizzazione è un altro fenomeno che ha scatenato il cambiamento del sistema.
In passato esistevano retails locali, i proprietari erano cittadini e la gestione avveniva
prettamente da residenti locali. Oggi, alcune aziende, che hanno avuto successo nel
proprio paese, hanno pensato di espandersi all‟estero mantenendo comunque un
livello competitivo molto alto, questo perché anche all‟interno lavoravano con un
concetto “globale”. Per citare alcuni nomi, emblematici sono stati i casi Ikea,
Carrefour, McDonald‟s. Sicuramente ogni retail di successo segna il fallimento di
altri. Alcuni fattori che hanno stimolato la globalizzazione sono la maturità di
mercati domestici, questo comporta troppi stores nella stessa categoria e quindi il
fallimento. Alcuni riescono ad uscire all‟esterno e quindi, creare nel fallimento una
nuova fase di crescita. Altri sono lo sviluppo di skills e sistemi di gestione globale
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e la rimozione di barriere negli scambi internazionali che hanno reso più facile la
relazione. World Trade Organization, Nafta (North America), ASEAN (Southeast
Asia) e l‟Unione Europea sono tutti accordi significativi per il commercio
internazionale.
Le caratteristiche del retail sono rappresentate dal retail mix, l‟insieme di elementi
utilizzati per soddisfare i bisogni del consumatore. Quattro di questi elementi sono
particolarmente usati per i retail tradizionali: il tipo di merchandise utilizzato, la
varietà dell‟assortimento, il livello di servizio al cliente e la strategia di prezzo.
I prezzi e i costi, creano dei trade-off significativi per quei consumatori che cercano
la qualità ma con il risparmio. Per esempio, i department stores attraggono i
consumatori che cercano il meglio, dall‟abbigliamento alla moda agli accessori per la
casa ricercati. Di solito, questi offrono prezzi più alti perché sono più alti i costi in
cui si imbattono, offrono servizi al cliente personalizzati e punti vendita in location
comode ma costose. Viceversa, i discount stores attraggono i consumatori che
cercano il risparmio, che hanno poco interesse verso il servizio in aggiunta e che si
accontentano facilmente di prodotti poco curati nel dettaglio.
Le differenze descritte rappresentano il trade-off che si crea tra il department
e il discount stores. Garantire i servizi aggiuntivi, dal personale specializzato,
all‟atmosfera piacevole dei punti vendita, aumenta i costi.
Per avere profitti e offrire i benefici addizionali, i department sono costretti ad
aumentare i prezzi per coprire quei costi.
Ci sono diverse tipologie di retails. La maggior parte delle differenze si può ritrovare
nella scelta della modalità con cui essi affrontano il mercato, i competitors e la
vendita dei prodotti, garantendo un servizio al cliente. Questo appena descritto non è
l‟unico approccio per classificarli. Un altro, molto utilizzato, è classificare in base al
loro retail mix; il merchandise, la varietà, l‟assortimento, i servizi, le locations, i
prezzi e le promozioni. Le tradizionali forme di retails quali, i supermarkets, i
convenience, i department, i discount e i negozi specializzati, sono stati uniti da
specialisti di categoria in superstores, ipermercati, convenience stores, warehouse
clubs, off price retails e catalog showrooms. Essi rappresentano i vecchi modelli ma
con un‟attenzione particolare nel servizio al cliente. Ora l‟enfasi sta nel servizio, non
più nell‟assortimento e, quindi, nell‟acquisto di nuovi clienti.
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I retail sono stati classificati in store based or nonstore. Della seconda distinzione
fanno parte il settore dell‟elettronica, del direct mail, della vendita diretta, dello
shopping in TV. Chiaramente è importante dire che molte aziende utilizzano anche
più di un canale per coprire una cerchia più vasta di consumatori.
Nel settore store based c‟era una differenza fra la categoria “food” e “no food”, la
prima si trovava solo nei supermercati, la seconda, come l‟abbigliamento o i prodotti
da ufficio e di elettronica invece, era presente nei negozi specializzati. Adesso,
invece, nei grandi hypermarket si può trovare qualsiasi tipo di merce chiaramente
poco specializzata.
Il cambiamento è avvenuto non appena gli stili di vita frenetici hanno divorato il
tempo libero, nonché la figura della casalinga. Adesso la donna lavora, si prende cura
dei figli e della casa, per questo, ha sempre meno tempo per acquistare ciò di cui ha
bisogno la sua famiglia in posti diversi e soprattutto distanti fra loro. Ora tutto si
trova a portata di mano, l‟hypermarket è il luogo dove trovare prodotti di tutti i tipi,
dai giocattoli all‟elettronica, dal food all‟abbigliamento generalizzato.
Così come esistono differenti retail, anche i canali con cui interagiscono con il
consumatore sono diversi tra loro.
Un retail multicanale, è un retail che vende merchandise o servizi sfruttando più tipi
di canali.
Usando una combinazione di canali, i retail possono non solo abbracciare più
consumatori ma lo fanno sfruttando gli unici benefici forniti da ogni singolo canale.
Questi benefici possono essere poi utilizzati a completamento di altri, forniti da altri
canali.
Per esempio, il canale del negozio, offre benefici che un catalogo on line non può
raggiungere come la sensazione di “sentire, provare e testare il prodotto”, il servizio
personale offerto dai dipendenti, il pagamento in contanti, la gratificazione
immediata che fornisce il prodotto acquistato, l‟esperienza di intrattenimento
e divertimento in un contesto sociale che si vive nel momento della scelta.
Per quanto riguarda il catalogo, i benefici riportati possono essere la convenienza, la
presentazione del prodotto e della qualità attraverso immagini e la sicurezza. Tutto
però non aggiunge niente a livello di sensazioni, rimane un acquisto fred do
e distaccato che compensa con la diversità di prezzo.
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L‟ultimo canale, ma non meno importante, è quello elettronico. I benefici riportati
sono senz‟altro la vastità di prodotti; nel web, il consumatore si trova davanti ad una
selezione di prodotti che supera i due canali sopra citati, ha la possibilità di visitare
molti più punti vendita di quanto possa farne fisicamente nello stesso tempo. In più,
ha la possibilità di valutare i prodotti venendo a conoscenza di molte più
informazioni che si possono avere dal catalogo, nonché, l‟opportunità di
personalizzare il suo acquisto. Il canale elettronico offre anche garanzie sul
pagamento e un servizio post vendita, gran parte dei siti ufficiali garantisce anche il
rimborso, se la merce non è conforme al momento dell‟acquisto.
Gli store based e i cataloghi tradizionali pongono maggiore enfasi sul loro canale
elettronico e stanno lavorando sulla loro multicanalità per cinque ragioni. Prima di
tutto, il canale elettronico permette loro di raggiungere nuovi mercati, poi, possono
ampliare i loro obiettivi per raggiungere elevati profitti e maggiori ricavi.
Come terzo motivo c‟è il fatto che il canale elettronico va oltre qualsiasi limite fisico
sia causato da distanze sia da problemi economici, penultimo motivo è l‟aumento di
visibilità, preziosa per lo store, e ultimo è la costruzione della “share of wallet”, che,
altro non è che la percentuale del totale degli acquisti fatti da un consumatore nello
store.
Anche se, analogamente a quanto avviene nell‟ambito del consumer marketing, il
destinatario delle attività commerciali è il cliente finale, gli strumenti di retail
marketing sono molto diversi. Fra i principali:
- Le offerte speciali e promozionali (in store promotions); oggi le offerte hanno
assunto un carattere continuativo e sono rari i punti vendita di grandi dimensioni che
non offrano regolarmente questo genere di opportunità alla clientela. Si tratta di uno
strumento commerciale basato essenzialmente sul taglio di prezzo, che ha lo scopo di
generare traffico commerciale nei punti vendita dell‟insegna, ma che invita il cliente
a tornare nello stesso punto vendita per beneficiare delle nuove occasioni proposte,
incentivando quindi la sua store loyalty.
- L‟offerta di un assortimento caratterizzato e differenziato. Uno dei rischi
principali per le imprese del grande dettaglio è quello di offrire ai clienti assortimenti
standardizzati ed omologati. Non essendo possibile, infatti, fare a meno dei prodotti
delle marche più note, essi assicurano anche i loro volumi di fatturato, il rischio è
proporre un‟offerta anonima perché poco differenziata rispetto a quella della