1
INTRODUZIONE
Il processo di differenziazione sessuale comprende una serie di eventi genetici che
inducono, a partire dal feto indifferenziato, lo sviluppo prenatale della gonade maschile
o femminile ed i conseguenti processi morfogenetici, fisiologici e comportamentali.
Questi ultimi permettono il raggiungimento del dimorfismo e della funzionalità
sessuale e lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie, processi necessari per la
riproduzione ed il mantenimento della specie.
Lo sviluppo dell’identità, in senso maschile o femminile, plasmato dal contesto
culturale e simbolico, partecipa così alla costruzione del contesto di appartenenza e si
modifica di generazione in generazione, tenendo conto, nell’essere umano, degli aspetti
affettivi e culturali.
Le condizioni di “intersessualità”, nelle quali rientrano i rari casi di ermafroditismo,
attualmente vengono indicate sotto un più ampio cappello con il termine di Disordini
della Differenziazione Sessuale (DDS) che considera e raccoglie, sotto una stessa
categoria, condizioni congenite di per sé molto eterogenee, nelle quali lo sviluppo del
sesso cromosomico, gonadico o anatomico è atipico. L’incidenza per i DDS è stata
stimata in 1:4.500-1:5.000 nati e tra questi le patologie più diffuse sono la Sindrome di
Turner, la Sindrome di Klinefelter, l’Iperplasia Congenita del Surrene, la Sindrome di
Morris ed alcuni specifici deficit enzimatici (Hughes et al., 2006).
Questa condizione di disarmonia tra componente genetica, gonadica e fenotipica
comporta lo sviluppo di un quadro di ambiguità dei genitali che può sollevare
importanti problematiche bio-etiche al momento della decisione sulla cosiddetta
“attribuzione” o “assegnazione” del sesso da parte di medici, chirurghi e genitori
2
condizionando non di rado la strutturazione dell’identità sessuale e l’assunzione del
genere negli individui che ne sono portatori.
Le delicate questioni relative alla scelta del sesso e al timing di intervento chirurgico
hanno una considerevole risonanza medica, psicologica e bio-giuridica in quanto
pongono al centro della riflessione le complesse decisioni di intervento sul corpo e le
conseguenti ripercussioni psicologiche, le modalità di consulenza ai genitori e agli stessi
bambini (quando raggiungono un sufficiente grado di consapevolezza) e le relative
implicazioni sociali e giuridiche.
Per questo motivo, da lungo tempo, è in corso un dibattito nella comunità scientifica
riguardo alle più appropriate indicazioni per il trattamento dei DDS; questo è dovuto, in
buona parte, a una mancanza di informazioni riguardanti l’outcome medico, chirurgico e
psico-sessuale degli adulti affetti da tali condizioni cliniche. La difficoltà di reperire tali
informazioni dipende anche dalla rarità dei DDS (tutte le cause di ambiguità dei genitali
rientrano, infatti, nel campo delle malattie rare) e dall’estrema diversità della loro
evoluzione clinica (Diamond, 2006; Hughes et al., 2006).
Il presente lavoro mette in evidenza, dopo un inquadramento storico e clinico del
problema e una rassegna di alcune delle più recenti ricerche interessate allo studio dei
DDS, quali sono gli elementi principali emersi dalle linee guida di trattamento medico-
psicologico dettate in occasione della Consensus Conference tenutasi a Chicago nel
2005.
Il fine perseguito dai partecipanti è stato quello di cogliere i nodi problematici sul
piano medico, etico e giuridico, giungendo ad esprimere alcune importanti
raccomandazioni sugli obiettivi finali dell’intervento medico, sulle modalità di
accertamento diagnostico e sul trattamento medico-psicologico (Hughes et al., 2006).
3
Infine, viene presentato il contributo di una delle principali organizzazioni per i diritti
delle persone “intersessuali”, l’Intersex Society of North America che, nel 2006, ha
pubblicato un manuale intitolato Clinical Guidelines For The Management Of Disorder
of Sex Development In Childhood indirizzato al personale medico che opera negli
ospedali pediatrici di tutto il mondo, agli psicologi, agli insegnanti, agli studenti e a tutti
coloro interessati ad approfondire le proprie conoscenze sul delicato tema
dell’intersessualità.
Lo scopo di queste linee guida è stato quello di assistere gli specialisti che si
occupano del trattamento medico e psicologico dei pazienti con DDS al fine di garantire
a questi ultimi e alle loro famiglie il più completo e adeguato sostegno. L’intento,
pertanto, è stato quello di offrire un nuovo modello di cura volto a ridurre al minimo i
possibili effetti negativi sui pazienti a seguito degli interventi medici effettuati in età
precoce per “correggere” le condizioni di ambiguità dei genitali.
Tali linee guida rimarcano il concetto che l’obiettivo a lungo termine del trattamento
per i DDS è quello di garantire il benessere fisico, psicologico e sessuale del paziente e
non quello di “normalizzare” il suo aspetto in risposta alle preoccupazioni dei familiari
o alle aspettative sociali (ISNA, 2006).
4
CAPITOLO 1
I DISORDINI DELLA DIFFERENZIAZIONE SESSUALE:
DEFINIZIONE E QUADRI CLINICI
1.1. Lo sviluppo sessuale e la sua differenziazione
Nella specie umana lo sviluppo sessuale è un processo lungo e complesso che
coinvolge numerosi fattori di origine genetica, fisiologica ed ambientale che si integrano
e si rafforzano a vicenda. I processi di sviluppo e di differenziazione sessuale
coinvolgono una serie di eventi programmati in periodi critici che hanno inizio già nella
fase prenatale e in quella postnatale e giungono al termine soltanto al completamento
della fase puberale.
Il differenziamento degli individui secondo due sessi distinti, il maschile e il
femminile, viene a determinarsi attraverso il susseguirsi di alcune fasi:
la determinazione cromosomica (sesso genetico), stabilita al momento della
fecondazione;
la determinazione del sesso gonadico che comporta la trasformazione della
gonade primitiva indifferenziata in testicolo o ovaio;
la differenziazione fenotipica (sesso manifesto) dei genitali interni e esterni in
senso maschile o femminile;
5
la differenziazione sessuale encefalica in cui sono coinvolti specifici centri
ipotalamici direttamente o indirettamente coinvolti nel controllo del
comportamento sessuale e dell’identità di genere;
la differenziazione psicosessuale (sesso psicologico) dovuta alla percezione e
all’acquisizione soggettiva del proprio genere che è fortemente condizionata
anche dall’ambiente psicosociale in cui avviene la crescita dell’individuo
(Faglia, Beck-Peccoz, 2006).
Secondo il paradigma originale di Jost del 1947 il sesso cromosomico (o genetico)
determina la differeziazione delle gonadi (e quindi del sesso ormonale) determinando
conseguentemente lo sviluppo di genitali maschili o femminili e, di conseguenza, il
sesso fenotipico. Successivamente nel 1955 Money e colleghi aggiunsero il sesso
psicologico, che diventa un aspetto importante nei casi di ambiguità dei genitali interni
o esterni. Armstrong, più tardi, elaborò il concetto di uno spettro sessuale, ai lati
estremi del quale ci sono uomini e donne, ciascuno definito da determinanti del sesso
biologico interamente maschili o femminili (Di Ceglie, 2003).
Come mostrato nella figura 1.1, una distribuzione bimodale tra uomo e donna permette
una mescolanza di caratteristiche maschili e femminili consentendo così di sviluppare
anche i concetti di intersessualità e di transessualismo.
Le condizioni di “intersessualità”, che verranno discusse più avanti, sono
riconducibili a specifici difetti genetici di cui l’individuo è portatore e implicano,
pertanto, una discrepanza tra sesso cromosomico, gonadico e fenotipico.
6
Figura 1.1: “Spettro sessuale” con distribuzione bimodale di caratteristiche
maschili e femminili
1.2. Sesso cromosomico (genetico)
Nei mammiferi, inclusa la specie umana, il patrimonio genetico è dotato di due tipi di
cromosomi (detti eterocromosomi), il cromosoma Y e il cromosoma X. Il sesso genetico
di un individuo è stabilito al momento della fecondazione, quando attraverso la fusione
dei gameti si costituisce la coppia cromosomica XX o XY nello zigote, e, fino a che non
si giunge al differenziamento completo delle gonadi durante il periodo embrionale,
l’assetto cromosomico è la sola manifestazione del sesso.
Fino alla sesta settimana infatti, malgrado l’embrione sia già geneticamente maschio
o femmina, non è ancora possibile riconoscere in esso i caratteri sessuali primari. Nel
corso dello sviluppo embrionale, la presenza del cromosoma Y determinerà lo sviluppo
della gonade, inizialmente indifferenziata, in testicolo e il sesso fenotipico risulterà
essere maschile. L’assenza del cromosoma Y, invece, implicherà che la gonade
indifferenziata diventerà un ovaio, e i genitali esterni si svilupperanno per produrre un
fenotipo femminile.
Caratteristiche maschili e femminili
Uomo
Intersessualità
Transessualità
Donna
7
Inoltre non è raro trovare una varietà di cariotipi diversi (es., XXY, XXXY, XYY,
XO, XXX) e, benché molti di questi implichino uno sviluppo puberale anormale, di
solito non c’è nessuna ambiguità dei genitali esterni alla nascita (Faglia, Beck-Peccoz,
2006).
1.3. Sesso gonadico (ormonale)
Come detto precedentemente, l’embrione, al momento del concepimento, contiene
un paio di gonadi indifferenziate. Anche se la formula dei cromosomi sessuali viene già
definita nello zigote, la differenziazione sessuale inizia nell’embrione umano solo dopo
la sesta settimana. Fino a quel momento le gonadi, presenti nel mesoderma, a iniziare
dalla quarta settimana, sono identiche nei due sessi (si definiscono creste urogenitali) e
contengono cellule germinali provenienti da strutture extraembrionali ancora capaci di
diventare sia ovogoni che spermatogoni. Durante lo stadio indifferenziato, l’epitelio
della cresta genitale prolifera entro il tessuto connettivo lasso mesenchimale posto al di
sopra di esso. Le cellule epiteliali formano i cordoni sessuali che circonderanno le
cellule germinali, le quali, nella specie umana, migrano nelle gonadi solo a partire dalla
sesta settimana. Sia nelle gonadi XY che in quelle XX, i cordoni sessuali restano
connessi all’epitelio superficiale (Gilbert, 1996).
Nella cavità addominale dell’embrione sia femmina che maschio sono presenti i
cosiddetti dotti di Müller, precursori delle tube, dell’utero e della vagina; sia i cosiddetti
dotti di Wolff, precursori dei dotti efferenti maschili; ed un tubercolo genitale che, in
seguito, darà vita ai genitali esterni maschili o femminili. Le gonadi indifferenziate si
8
presentano come rigonfiamenti nella porzione centrale della cresta genitale. In presenza
del fattore di determinazione testicolare (TDF), quarantadue giorni dopo il
concepimento, compaiono i primi segnali dell’organizzazione del testicolo. In assenza
del TDF, la gonade si sviluppa in senso femminile (Ibidem).
La comprensione delle fasi iniziali di questo complesso processo è stata definita
negli anni ’40 sulla base degli esperimenti di castrazione animale, eseguiti da Jost. A
seguito della rimozione delle creste genitali negli embrioni di coniglio, nella fase
precedente la differenziazione della gonade, si osservò che i genitali interni ed esterni si
sviluppavano in senso femminile, indipendentemente dal sesso genetico. Quando veniva
inserito un cristallo di testosterone nella sede delle creste genitali asportate, i genitali
mascolinizzavano anche se persistevano i dotti di Müller e, quindi, l’utero e le tube.
Questo risultato ha consentito di stabilire che il sesso di base è quello femminile; la
virilizzazione è correlata alla secrezione del testosterone dai testicoli; il testosterone non
è tuttavia sufficiente alla virilizzazione completa, ma è necessario anche l’ormone che
inibisce le strutture mülleriane (Anti-Müllerian Hormone, AMH).
L’intuizione di Jost del 1947 ha trovato larga conferma negli ultimi venticinque anni,
attraverso una serie di nuove acquisizioni, quali: l’identificazione del gene SRY (Sex
Determining Region Y) che, come suggerisce l’acronimo, è localizzato sul cromosoma
Y; la scoperta dell’ormone AMH, prodotto dalla cellule di Sertoli del testicolo, che
inibisce le strutture mülleriane; l’evidenza della produzione del testosterone da parte
delle cellule di Leydig del testicolo e la sua riduzione a diidrotestosterone (DHT),
l’ormone che produce la virilizzazione a livello dei tessuti periferici, da parte
dell’enzima 5-α-reduttasi. L’efficacia di questi ormoni dipende dall’integrità funzionale
del recettore per gli androgeni (gene AR) nelle cellule bersaglio (Di Ceglie, 2003).
9
Questa cascata di eventi è completata dall’azione di altri geni presenti sui cromosomi
non sessuali (autosomi) e sul cromosoma X, il cui corretto funzionamento è critico per
ottenere la concordanza tra il sesso cromosomico, gonadico e fenotipico, nonché per la
funzione riproduttiva.
Il gene SRY, come detto prima, è localizzato sul braccio corto del cromosoma Y, ed
è uno dei fattori determinanti dello sviluppo gonadico in senso maschile. L’SRY si lega
al promotore del gene che codifica l’ormone antimülleriano (AMH) e ne induce
l’espressione, impedendo la formazione dei derivati dei dotti di Müller. Inoltre controlla
alcuni enzimi coinvolti nella steroidogenesi e perciò nella virilizzazione e inibisce DAX
I, un gene localizzato sul cromosoma X (che se presente in doppia copia, agisce come
antagonista dell’SRY con un effetto di tipo femminilizzante, promuovendo lo sviluppo
della gonade in ovaio); a sua volta DAX I agisce da repressore della differenziazione
sessuale (Simonelli, 2002).
Il ruolo critico dell’SRY nella determinazione del sesso maschile è confermato
dall’osservazione che le sue mutazioni causano la reversione del sesso. Le persone con
questa mutazione possiedono un corredo cromosomico 46XY, ma sono femmine sterili
(Sindrome di Swyers). Questa condizione origina non solo dalle mutazioni nella regione
codificante o regolatrice del gene SRY, ma anche, e più comunemente, dalla perdita
della porzione del braccio corto dell’Y che contiene il gene, per un errore durante
l’appaiamento dei cromosomi sessuali X e Y nella spermatogenesi (ibidem).