V
Introduzione
Il valore di un'impresa dipende non più soltanto dai suoi asset tradizionali ma
anche e soprattutto da quelli intangibili. Il Capitale Umano rappresenta oggi un
fattore in grado di generare vantaggio competitivo, ma è altresì un patrimonio
difficile da amministrare.
La gestione delle Risorse Umane costituisce una delle funzioni più importanti
e delicate e, al contempo, una delle sfide più interessanti: di qui il peso crescente
che va assumendo la Direzione Risorse Umane nella realtà aziendale, tema che
affronteremo nel primo capitolo. Ripercorreremo le varie fasi di evoluzione della
funzione del Personale dalla sua nascita come Ufficio del Personale, delegato a
mansioni tipicamente amministrativonullcontabili, pass ando attraverso una fase di
gestione del personale, caratterizzata dall’emergere di sitemi più sofisticati di
selezione, valutazione e remunerazione, per giungere ai giorni nostri in cui la
Direzione Risorse Umane riveste un ruolo chiave nell’economia della flessibilità,
dove le aziende competono in mercati turbolenti e fondamentale è la capacità di
adattarsi con prontezza ai mutamenti del contesto in cui operano. In questo
scenario servono risorse umane versatili, polivalenti, portatrici di elevate
competenze: di qui la valorizzazione degli strumenti di valutazione del
potenziale, di formazione, di coaching, capaci di rendere disponibili nel breve
termine le persone necessarie nelle diverse posizioni.
Il modello di Ulrich espone al meglio le tendenze più recenti che vedono la
DRU nel ruolo di partner strategico null business partner null con cui il management
interagisce per la definizione della strategia aziendale: il Direttore delle risorse
umane di un’azienda competitiva deve possedere competenze a 360 gradi e
Introduzione
VI
occuparsi di tutti gli aspetti della gestione, operativi e strategici, con alla base un
orientamento di lungo periodo, da cui la denominazione di Direzione multiruolo.
In un contesto in cui il candidato riveste sempre più spesso anche il ruolo di
“cliente” dell'azienda, in questa prospettiva diventa ancora più importante per
l’azienda saper scegliere, attrarre e successivamente mantenere al proprio interno
gli individui migliori, lasciando il turnover alle risorse meno interessanti.
Ecco quindi che la relazione con il capitale umano a disposizione entra con
decisione nelle strategie aziendali e i responsabili delle risorse umane si
affermano sempre di più come importanti collaboratori nelle scelte di business,
con l’obiettivo finale di divenire un punto di incontro in grado di armonizzare gli
obiettivi aziendali, le esigenze del capitale umano e gli scenari di mercato.
La superiorità delle risorse umane rispetto a tutte le altre risorse risiede nella
peculiarità dell’uomo che è il solo in grado di imparare dai propri errori e dalle
esperienze altrui, di trovare soluzioni, di adattarsi ai cambiamenti del contesto e
di essere plasmato secondo i valori aziendali.
Anche se questo concetto sembra essere universalmente accettato, è da un
tempo relativamente breve che si è assimilata nella cultura aziendale la centralità
dell’uomo nei risultati di un’azienda che opera in una economia di mercato.
Un’impresa in cui le dinamiche interne sono gestite “tenendo in
considerazione” le persone che vi lavorano, osserva certamente performances
superiori: è questa l’idea centrale del modello dello Strategic Human Resource
Management.
Esiste infatti una stretta interdipendenza tra l’azienda con i suoi obiettivi
tecnici, economici, finanziari e i collaboratori con i loro bisogni e aspettative e se
è vero che le persone hanno bisogno dell’azienda per soddisfare i propri bisogni
occupazionali, salariali e psiconullsociali, è altrett anto vero che l’azienda, per
raggiungere i propri obiettivi, ha bisogno di persone competenti, affidabili e
motivate al lavoro.
Introduzione
VII
Il problema della motivazione dei collaboratori è, probabilmente, tra quelli più
discussi nell'ambito della cultura del lavoro.
Nello sport come nel lavoro persone che hanno le stesse potenzialità
raggiungono risultati differenti: ciò dipende dal fatto che le performance sono
fortemente influenzate da molteplici fattori, quali le capacità individuali, gli
strumenti disponibili (sia tecnologici che di conoscenza) e la loro motivazione.
Appare quindi evidente che, definito l’obiettivo, individuate le risorse umane
più adatte al perseguimento dello stesso, formate opportunamente e fornite di
strumenti tecnologici che le aiutino nello svolgimento delle mansioni, l’ultima
leva sulla quale si può e si deve agire è quella della motivazione. Per tale ragione
sempre più aziende, soprattutto le multinazionali, stanno investendo molto per
aumentare la motivazione del personale ed eliminare i fattori di demotivazione.
Motivare, utilizzando una definizione un po’ generica, significa “indurre una
persona a fare qualcosa con interesse”: vi sono differenti teorie, illustrate
diffusamente nel secondo capitolo, su come agisca la motivazione e come fare ad
innescare il processo per cui le persone si sentano motivate a fare qualcosa.
Nel capitolo verranno illustrate le teorie della motivazione, distinte in due
categorie: teorie del contenuto, ossia cosa sta alla base della motivazione, e del
processo, ovvero come si innesca il processo motivazionale.
Fra le teorie del contenuto, la gerarchia di Maslow focalizza l’attenzione sui
bisogni dell’uomo, sostenendo che la motivazione (nel lavoro) nasce dalla
necessità di soddisfare determinati bisogni, in base a una precisa scala di priorità:
chi non ha ancora soddisfatto un bisogno collocato a un dato livello non avverte
la necessità di soddisfare un bisogno superiore.
Il modello proposto offre un’interpretazione verosimile della realtà. Si
immagini una fabbrica con salari bassissimi e frequenti infortuni sul lavoro:
offrire un ambiente sociale più gradevole o mansioni più stimolanti non
desterebbe alcun interesse, anzi, verrebbe interpretato come un escamotage per
eludere il bisogno primario di paghe più alte e condizioni di lavoro più sicure.
Introduzione
VIII
Anche McClelland ritiene che le azioni dell’individuo siano orientate al
soddisfacimento di alcuni bisogni; la differenza fondamentale rispetto a Maslow
è che le categorie che questi identifica – bisogno di successo, potere, affiliazione
– sono tutt’e tre presenti in ogni essere umano, sebbene una sia presente in forma
dominante. McClelland offre quindi un diverso approccio motivazionale,
personalizzato in base al soggetto, a seconda che sia dominato da uno o l’altro
bisogno. Ad esempio le persone dominate dal bisogno di successo, tendono a
dare il meglio di sé in situazioni sfidanti, per cui è consigliabile sottoporre loro
obiettivi in cui il contributo individuale sia evidente.
Un po’ fuori dal coro è la teoria duale di Herzberg, il quale sfida una
convinzione radicata (tuttora) sull’influenza di alcuni fattori, in primis la
retribuzione, sulla motivazione di un individuo, sostenendo che a una
retribuzione elevata non corrisponde necessariamente un’alta motivazione, ma
ciò ha solo effetto sulla permanenza del lavoratore in azienda, ovvero attenua
proporzionalmente la sua insoddisfazione.
Fattori motivanti di contro sono quelli legati al contenuto del lavoro e quindi il
livello di responsabilità, il raggiungimento di task personali, possibilità di
carriera, riconoscimenti ricevuti: una mansione ben pagata ma ripetitiva non
stimola il dipendente a dare il meglio, tutt’al più lo mantiene legato all’azienda
per una questione di convenienza economica.
Fra le teoria del processo motivazionale, la teoria dei rinforzi afferma che un
comportamento che produce conseguenze positive tende ad essere ripetuto,
viceversa quando produce conseguenze negative tenderà ad essere interrotto.
La conseguenza di questo principio è che la direzione del comportamento dei
lavoratori può essere influenzata da una opportuna combinazione di incentivi e
disincentivi per favorire/scoraggiare determinate azioni.
Una notazione importante è che, secondo tale teoria, la retribuzione (fissa) non
costituisce un efficace incentivo poiché gli stipendi vengono consegnati ad
intervalli fissi e qualunque sia il livello della prestazione; diverso è il caso di un
Introduzione
IX
sistema che consenta di variare l’importo del salario in funzione dei risultati
ottenuti, come avviene per le provvigioni.
E’ su questo aspetto che ci concentreremo nel capitolo 3, ovvero sulla
retribuzione variabile e sul suo potere incentivante; per quanto riguarda i
dipendenti tratteremo le formulazioni del cottimo, gainsharing e profitsharing,
che legano la retribuzione rispettivamente a un certo risultato produttivo ( es.
num. pezzi prodotti), ad alcuni indici di risultato (es. livelli di qualità o
efficienza) e al risultato economico aziendale complessivo.
A livello manageriale invece una forma di incentivo molto diffusa è il
Management By Objectives, che consiste nella razionalizzazione della complessa
attività aziendale in obiettivi di più breve termine. Alcuni detrattori tuttavia
hanno individuato un punto di debolezza nella eccessiva focalizzazione sui
risultati di breve termine, che porterebbe il management a trascurare investimenti
capaci di sostenere la produttività nel lungo periodo.
Per spostare l’attenzione del manager sul lungo periodo si ricorre a piani di
stock options, i quali, allineando gli interessi del manager a quelli degli azionisti,
incentivano la creazione di valore nel medionulllungo termine.
Elemento motivante per eccellenza è sempre stato ritenuto l’incentivo
monetario; questa convinzione resiste tuttora, sebbene da qualche anno le medie
grandi imprese italiane hanno scoperto un’altra dimensione dell’incentivo, di
natura non monetaria, già da tempo in voga nelle multinazionali statunitensi: un
paniere di servizi volti ad agevolare la conciliazione fra vita professionale e
privata dei dipendenti.
Del resto, nel contesto attuale, dove la prospettiva di un posto di lavoro a
tempo indeterminato appare ormai solo un miraggio, i lavoratori riversano la loro
ricerca di sicurezza in altro: l’azienda non potendo più offrire stabilità e percorsi
di carriera lineari, deve garantire al lavoratore meccanismi che favoriscano e
rispettino i loro bisogni di esistenza e di crescita. Questo implica riprogettare i
propri sistemi retributivi in un’ottica di Total Reward System, contemplando
Introduzione
X
elementi innovativi connessi alla qualità degli ambienti di lavoro e alle emergenti
esigenze poste in essere dalle persone: a questo proposito ci soffermeremo sulle
politiche di conciliazione vitanulllavoro, detti di worknulllife balance .
Com’è noto la globalizzazione dei mercati ha portato con sé un’accesa
concorrenza per cui anche un’idea nata in un sottoscala di periferia può avere
risonanza tale da diffondersi in poco tempo in tutto il mondo. E’ una condizione
che premia il merito di iniziative coraggiose e brillanti, ma spinge anche azienda
affermate e solide a stare perennemente all’erta: il peso di questa accesa
concorrenza finisce col ricadere inevitabilmente sulle spalle dei lavoratori, ai
quali si richiede una sempre maggiore dedizione al lavoro in termini di energie
ma soprattutto di tempo (overwork).
La risorsa critica per il lavoratore null come celebra il manifesto di Eudaimon, la
società leader nella fornitura dei servizi di worknull life balance alle aziende – è
diventata il tempo: le persone tendono a portare con sé in ufficio le proprie
preoccupazioni quotidiane, dalle questioni legali alle piccole incombenze
amministrative.
Facilitando l’accesso ad alcuni servizi quotidiani (spesa online, disbrigo
pratiche amministrative, concierge, consulenza legale, e altri di cui tratteremo nei
capitoli 3 e 5) e portandoli all’interno dell’azienda, l’obiettivo di Eudaimon è
aiutare le aziende a creare un ambiente di lavoro più disteso e amichevole.
Implementare servizi di people care in generale, significa per l’azienda
investire in un progetto che mostrerà i suoi frutti nel lungo periodo. Un’azienda
che si preoccupa dei propri dipendenti, delle loro esigenze extranulllavorative,
costruisce innanzitutto un’immagine positiva per tutti gli stakeholders, sia interni
che esterni, fattore che si riflette sulla fase di recruiting, in cui l’azienda riesce ad
attrarre ed aggiudicarsi i candidati migliori, i cosiddetti talenti.
I servizi offerti inoltre favoriscono la fidelizzazione e il coinvolgimento dei
dipendenti, i quali lavorano in un clima aziendale propizio alla produttività: essi,
con la mente sgombra da turbamenti esterni, possono concentrarsi meglio sulle
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XI
loro mansioni e sono motivati a dare il meglio per un’azienda che ha tanto a
cuore il benessere dei propri dipendenti. E’ questa l’idea dalla quale prende le
mosse il modello di analisi che costruiremo nel quarto capitolo. Si ipotizza di
avere a disposizione i dati null relativi a indicatori chiave quali assenteismo,
turnover, produttività null di un gruppo di aziende co n un approccio differenziato
alle politiche di people care. Attraverso il metodo statistico della Cluster Analysis
ci si propone di ricavare attraverso l’elaborazione dei dati, un profilo tipo di
azienda che implementa, con investimenti rilevanti, tale tipo di politiche, in
contrapposizione alle peculiarità di un’azienda in cui l’investimento in people
care è irrisorio. Lo scopo è rilevare i legami, se vi sono, fra l’implementazione di
dette politiche e indicatori concreti che rappresentino dei benefici tangibili per
l’azienda che le attiva.
Nell’ultimo capitolo infine verrà presentato il caso di studio avente come
oggetto l’esperienza di Nokia Italia nel people care, dove verranno esposti i
servizi implementati attraverso la collaborazione con la società vercellese
Eudaimon, da sei anni operante con successo nel business dei servizi di worknulllife
balance.
Con riferimento ai particolari servizi offerti, verranno analizzate le statistiche
di utilizzo da parte dei dipendenti allo scopo di carpirne i motivi del successo
(insuccesso) di alcune tipologie, mettendo in luce se necessario alcune mancanze
nella loro implementazione, perchè non esistono best practices di people care, ma
come tutte le politiche di gestione anche in questo caso esse vanno adattate alla
peculiarità del contesto e dei destinatari di riferimento.
1
Capitolo Uno
L’EVOLUZIONE DELLA FUNZIONE
DI DIREZIONE DEL PERSONALE
La nascita e lo sviluppo di una funzione specificamente dedicata alla gestione
delle Risorse Umane sono strettamente associati all’affermarsi del sistema
industriale negli Stati Uniti e in Europa nei primi decenni del Novecento, quando
si manifesta la necessità di coordinare macchine e uomini, dividere il lavoro,
dirigere l’attività di gruppi di lavoratori verso un obiettivo comune.
E’ nell’impresa industriale fordista
1
di grandi dimensioni dove
l’organizzazione del personale diventa più articolata e complessa e si sviluppano
competenze specifiche che prende corpo una funzione di Direzione del
Personale.
L’evoluzione della Direzione del Personale è in genere vista come variabile
dipendente dall’ambiente, inteso come trasformazioni del sistema socionull
economico e politico, relazioni industriali e cambiamenti nel mercato del lavoro.
Allo scopo di evidenziare e dimostrare i collegamenti con la variabile
ambientale, il cammino evolutivo della Direzione del Personale in Italia può
essere ripartito in tre fasi storiche
2
, in cui si evidenzia un progressivo
allargamento delle competenze e delle mansioni della stessa; va tuttavia precisato
che fra le configurazioni che tratteremo quelle più datate sono ancora oggi
1
Con il termine fordismo si usa indicare una peculiare forma di produzione basata principalmente
sull'utilizzo della tecnologia della catena di montaggio al fine di incrementare la produttività. Utilizzata a
partire dal 1913 dall'industriale statunitense Henry Ford, ispiratosi alle teorie proposte dal connazionale
Frederick Taylor, fu in seguito adottata in modo considerevole nel settore dell'industria manufatturiera,
tanto da rivoluzionare notevolmente l'organizzazione della produzione a livello globale e diventare uno
dei pilastri fondamentali dell'economia del XX secolo, con notevoli influenze sulla società. Con
l'aggettivo fordista si usa indicare un regime di produzione ispirato al paradigma adottato da Ford.
2
Actis Grosso C., “Profilo storico dell’evoluzione della direzione del personale in Italia”, in Costa G.,
“Manuale di gestione del personale”, Etas 1993.
Capitolo 1 null L’evoluzione della funzione di Direzio ne del Personale
2
presenti in alcune imprese mentre in altre addirittura convivono due
configurazioni diverse
3
.
1.1 La Direzione del Personale nel passato. La fase amministrativa
La fase di esordio della Direzione del Personale nelle aziende, collocabile nel
periodo compreso dal dopoguerra fino agli anni ‘60, coincide con una funzione
tipicamente amministrativa, che risponde alle esigenze di un graduale sviluppo
economico basato sull’economia di scala: quanto maggiore era la quantità di
merce prodotta tanto più i costi unitari potevano essere ridotti migliorando la
competitività del prodotto sul mercato e di conseguenza i redditi dell’azienda
4
.
Coerente a tale tipo di economia era un modello di organizzazione
“tayloristico” in cui le strutture, le mansioni e le procedure di lavoro erano
specificati e razionalmente interconnessi da un piano preordinato definito fino al
dettaglio. Maggiore era la standardizzazione infatti, minori erano i costi di
produzione legati al risparmio di tempo (ad es. riduzione dei tempi di setnullup ) e
di denaro (es. minori scarti di produzione per errori di processo), grazie appunto
alla razionale e sempre identica divisione del lavoro e alla conseguente elevata
specializzazione delle mansioni.
Funzionale a tale tipo di organizzazione era una Funzione del Personale di
stampo contabile volta a far funzionare l’organizzazione attraverso la precisa e
puntuale amministrazione del rapporto di lavoro.
Organizzativamente spesso inserito come appendice della Direzione
Amministrativa per la connessione con la gestione contabile delle paghe e dei
contributi, l’Ufficio del Personale aveva come fondamentale fine quello di
garantire il disbrigo delle incombenze formali legate al personale provvedendo al
calcolo degli stipendi così come alla gestione degli aspetti giuridiconulllegali
soprattutto nei casi di contenzioso.
3
Si veda in proposito il concetto di direzione multiruolo nel modello di Ulrich, par. 1.3.1 pag. 5.
4
Cfr.: Boldizzoni D., “Management delle Risorse Umane”, Il Sole 24Ore, 2003; Costa G., Gianecchini
M., “Risorse umane: persone, relazioni e valore, McGrawnullHill, 2005.
Capitolo 1 null L’evoluzione della funzione di Direzio ne del Personale
3
1.2 La Direzione del Personale nel passato. La fase di gestione
Alla fase di amministrazione succede la fase di gestione del personale che
risponde alle esigenze di un maggiore governo e controllo del personale in
azienda
5
.
Collocabile tra gli anni ‘60 e gli anni ‘80, tale fase abbraccia due momenti in
realtà molto diversi dell’economia: l’espansione, collocabile fino al ‘70 e la crisi
che come noto inizia a cavallo degli anni ‘70.
La differenza tra i due periodi è, come immaginabile, di fondamentale
importanza poiché mentre nel primo si assiste ad un ingigantimento soprattutto
della grande azienda per l’effetto della già citata economia di scala, si registra nel
secondo una contrazione delle medesime strutture aziendali per la rigidità che
queste presentavano di fronte alle richieste sempre più differenziate del mercato.
A tale contrazione, aggravata anche dalla ben nota crisi del petrolio, fa da
contraltare un proliferare della piccola e media impresa, più dinamica e flessibile
rispetto al mercato ed un inevitabile e contemporaneo innalzamento delle
tensioni sociali.
I due periodi economici, seppur molto diversi, portano una richiesta univoca
alla Direzione del Personale nella direzione di un maggiore governo e controllo
della forza lavoro: mentre nella fase di espansione infatti la domanda che dalle
linee viene rivolta alla Direzione del Personale va nella direzione di sistemi di
selezione e di gestione più sofisticati, in grado di fornire un orientamento nella
scelta e nella gestione di grandi numeri, viene richiesto nella fase di crisi un
controllo del dissenso espresso per lo più sotto forma di movimento sindacale.
Quale risposta mentre nella prima fase la Direzione del Personale si
specializza sui sistemi di selezione, valutazione e remunerazione del personale
(pensiamo all’introduzione dei test nella selezione, ai sistemi di valutazione delle
posizioni e delle prestazioni ed ai sistemi retributivi ed incentivanti), si incentra
5
Vedi: Costa G., Gianecchini M., 2005 op.cit.; Boldizzoni D., 2003 op.cit..