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INTRODUZIONE
In seguito ai processi di crescita economica dagli effetti spesso negativi sulla
qualità della vita, negli ultimi anni, si è cercato di elaborare una definizione del
concetto di “sviluppo sostenibile”, cioè un modello di espansione in grado di
coniugare obiettivi di natura economica, sociale e ambientale, in cui la capacità di
creare ricchezza è sostenuta da una forte attenzione alla coesione sociale e alla
protezione del capitale naturale. Pertanto le imprese nel perseguire la finalità di
creazione del valore, devono orientare la propria gestione al criterio della
“sostenibilità” considerando in maniera integrata gli aspetti finanziari, sociali ed
ecologici delle loro attività. Da ciò si percepisce che oggi un‟impresa non
dovrebbe interessarsi unicamente del proprio profitto, ma anche, valutare e
soddisfare le esigenze economiche, sociali ed etiche della società esterna, sempre
più attenta e critica nei confronti del suo operato.
Da queste premesse trae spunto il presente lavoro che si propone di
analizzare una tematica multidisciplinare oggi al centro del dibattito economico
internazionale: la sostenibilità e il suo rapporto con le aziende del settore della
Grande Distribuzione Organizzata. Fenomeni d‟inquinam ento su scala locale e
globale come l‟effetto serra, il buco nello strato d‟ozono, il degrado ambientale
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causato dall‟incessante produzione di rifiuti, sono il risultato della vasta diffusione
di prodotti e processi a ridotta eco-compatibilità, oltre che della non sostenibilità
del livello di consumo e produzione, soprattutto nei paesi industrializzati. Da qui
nasce l‟innovativa sensibilità dei policy makers e dei managers, i quali si
concentrano su nuove aree di competenza che hanno sempre più a che fare con la
green economy e adottano criteri di risparmio energetico e minore impatto
ambientale a favore dei cittadini e dei consumatori globali.
Obiettivo della tesi è quello di evidenziare, in un clima generale di profonda crisi
economica e sociale, un primo e significativo cambiamento di tendenza negli
atteggiamenti di consumatori e imprese. I primi, diventando individui sempre più
consapevoli, esigenti e informati, hanno modificato il proprio comportamento
d‟acquisto e di consumo incrementando la domanda di prodotti che rimandano a
valori etici. Di conseguenza nel contesto manageriale si è diffusa l‟idea che
un‟attività può essere proficua anche quando la produzione diventa attenta alla
tutela dell‟ambiente perché, un‟impresa eco-efficiente è la chiave per ottenere uno
sviluppo sostenibile. La trattazione è composta di una parte più teorica, realizzata
attraverso l‟utilizzo di manuali economico-gestionali, ed una più concreta che è
stata documentata e rappresentata da una serie di casi aziendali. Per analizzarli si è
consultata un‟ampia gamma di periodici e riviste tecniche, oltre ad un‟attenta
indagine nei siti internet ufficiali delle aziende esaminate.
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Nel primo capitolo è illustrato il concetto di sviluppo sostenibile con
particolare riferimento alle tre dimensioni ambientale, economica e sociale su cui
tale pensiero si basa. L‟analisi si focalizza sulle iniziative aziendali utili per
attuare una “strategia sostenibile” che vada di pari passo con il raggiungimento di
un buon livello di competitività nel mercato. Per compiere un radicale
cambiamento nel sistema d‟impresa è necessaria l‟adozione di politiche volte alla
soddisfazione di una domanda sempre maggiore dei consumatori di protezione,
salvaguardia dell‟ambiente e tutela della salute. Dall‟esame di due note imprese
del settore alimentare, quali la Kellogg‟s e la Nestlé, si è cercato di porre
particolare attenzione alle tecniche comunicative utilizzate, agli strumenti da
impiegare e alle iniziative da promuovere dalle imprese socialmente responsabili.
Il secondo capitolo analizza questioni etiche e studia un nuovo concetto di
marketing, che sostiene l‟adozione di un‟idea, di un comportamento o uno stile di
vita ritenuti socialmente validi. I tre obiettivi principali del “marketing sociale”
sono dunque sviluppare prodotti che garantiscono la compatibilità ambientale,
trasmettere un‟immagine di elevata qualità, e soprattutto promuovere la crescita
della consapevolezza ambientale del consumatore. Questa parte inoltre esamina il
problema connesso all‟impatto ambientale del packaging di un prodotto e il trend
che si sta sviluppando per ridimensionarlo.
Il terzo capitolo prosegue con l‟analisi dello scenario della Grande
Distribuzione, che, con l‟evolversi del capitalismo, si è sviluppata enormemente,
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diventando l‟anello di congiunzione tra domanda e offerta. Nella strategia
complessiva la Grande Distribuzione ha accolto il mutamento della domanda e
l‟incremento di pratiche di consumo sostenibili e responsabili, impegnandosi nel
fornire un‟offerta di prodotti che rimandano a valori etici, quali gli articoli
biologici, i prodotti a “km 0”. Nel corso dell‟esposizione si evidenziano i fattori
caratterizzanti lo scenario distributivo attuale, con attenzione alle modalità
competitive e alla necessità delle maggiori catene distributive di differenziarsi
dalle concorrenti, rispondendo in maniera pertinente ai nuovi bisogni dei
consumatori e fidelizzandoli. A questo proposito sono stati analizzati i
comportamenti che le principali catene distributive europee hanno adottato a
favore del territorio e del consumatore. La Grande Distribuzione svolge un ruolo
fondamentale nella tutela dell‟ambiente ed è vista come origine di possibili
soluzioni; ciò ha portato numerose catene commerciali ad adottare la politica del
green marketing e le forme delle iniziative ambientali messe in opera dai gruppi
distributivi europei sono ormai assai elevate.
Il quarto capitolo esamina infine una serie di casi aziendali di diverse
insegne della Grande Distribuzione, per ognuna delle quali è svolta un‟analisi
della loro “strategia di sostenibilità” con un approfondimento riguardo agli
interventi effettuati nel rendere i punti vendita più ecologici e gradevoli possibili.
L‟obiettivo di questo capitolo è di mettere a confronto diverse catene per valutare
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quali di loro trasmettono messaggi coerenti con i propri valori e far emergere le
principali somiglianze e differenze nelle loro strategie di comunicazione.
Con questo lavoro spero quindi di riuscire a dare un valido messaggio a chi sta
iniziando a farsi qualche domanda sulla GDO e preferirebbe un consumo critico e
consapevole.
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CAPITOLO PRIMO
SOSTENIBILITA’, IMPRESA E PERFORMANCE
1.1 LA PROSPETTIVA AZIENDALE
L‟impresa è un‟istituzione
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che nello svolgimento della propria attività persegue
due grandi obiettivi: quello di profittabilità e quello relativo alla corrispondenza
alle esigenze di diversi stakeholders
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con cui sistematicamente interagisce.
Negli ultimi anni l‟attenzione da parte delle imprese nei confronti dell‟ambiente è
decisamente cresciuta, in conseguenza dell‟impulso di diversi fattori; in primo
luogo grazie ai diversi “pubblici” delle imprese (consumatori, clienti, popolazione
residente attorno ai siti, azionisti, autorità di controllo, ecc.) che hanno maturato
una sensibilità particolare rispetto alla tutela ambientale.
Per quanto riguarda, infatti, l‟evoluzione della Corporate Social Responsibility
(CSR) è emersa l‟importanza di impegnarsi in due aree prioritarie: le persone e
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Utilizzando il termine “istituzione” si intende la concezione dell‟impresa come soggetto
pluralistico con proiezioni interne ed esterne; realtà cognitiva e progettuale, interattiva, dialogica,
orientata ad ottenere valore dal consenso (Caselli, 1995).
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Il termine stakeholders indica i detentori di interesse nei confronti dell‟attività aziendale che sono
in grado di condizionarne la sopravvivenza (Freeman, 1984). E‟ possibile distinguerli in
stakeholders primari (i proprietari-azionisti, i dipendenti, i clienti, i fornitori, i concorrenti, i
rivenditori e i creditori) e secondari (comunità locali, organizzazioni sindacali, stampa, governi
locali,ecc.). Nel caso delle problematiche ambientali questa seconda tipologia di “portatori di
interessi” assume notevole rilevanza.
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l‟ambiente. In tempi di crisi responsabilità verso le persone significa innanzitutto
difesa dei posti di lavoro e - nei casi di necessità di una improrogabile riduzione
degli organici - adozione di pratiche di “ristrutturazione responsabile” in cui
l‟impresa si fa carico della ricollocazione e della formazione dei collaboratori in
esubero. Attenzione alle persone significa inoltre agire a tre livelli:
1. curare la comunicazione interna, realizzare pratiche di attenzione e di
ascolto, garantire massima chiarezza e trasparenza dei messaggi rivolti ai
collaboratori;
2. investire sulla qualità della vita lavorativa del personale attraverso iniziative
mirate a migliorare il benessere delle persone (welfare aziendale);
3. investire nella formazione sia “tecnica” - ovvero mirante alla crescita
professionale dei collaboratori - sia “culturale” cioè in grado di trasmettere i
valori e la “visione di lungo periodo” dell‟impresa.
La seconda importante area è rappresentata dall‟impegno alla riduzione
dell’impatto ambientale di prodotti e processi, impegno che in molti casi può
portare ad una significativa riduzione di costi. Questo comprende l‟invito rivolto a
tutto il personale, a comportamenti “sostenibili” e di risparmio energetico.
La crisi sembra dunque rafforzare l‟orientamento alla CSR e alla sostenibilità
come prospettiva strategica delle imprese in particolare per quanto riguarda le
pratiche più direttamente connesse alla governance e alla gestione del business. In
questa ottica la CSR può configurarsi come uno strumento efficace di valore
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aggiunto e di differenziazione verso i competitors, una modalità per recuperare la
fiducia dei mercati scossi dalla crisi e un elemento fondante dell‟identità
dell‟impresa prima che della sua immagine. Questo elevato impegno delle
imprese verso la CSR è dimostrato anche dal seguente grafico realizzato da
un‟indagine svolta nel 2008 da Eurisko Sodalitas su alcune aziende.
Figura 1 - Cambiamenti evolutivi che intendono realizzare le Aziende nei prossimi
anni per quanto riguarda l’approccio alla CSR
Fonte: Indagine GfK Eurisko Sodalitas del 2008
Da un‟ulteriore ricerca svolta dal Dipartimento di Economia Aziendale
dell‟Università di Brescia, è emerso che un comportamento socialmente
responsabile può:
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• contribuire a creare un ambiente di lavoro migliore, più sicuro e motivante, in
linea con gli obiettivi aziendali dell‟efficacia e dell‟efficienza, aumentando la
capacità dell‟impresa di attrarre e mantenere personale qualificato e motivato;
• contribuire a rafforzare il brand value, attraverso lo sviluppo di un rapporto
stabile e duraturo con i consumatori/clienti, basato sulla fiducia e la fedeltà alla
marca;
• rappresentare un qualificante elemento di differenziazione, trasformando le
minacce in opportunità, nel rispetto delle regole del mercato e della sensibilità
dei consumatori in un quadro competitivo internazionale sempre più complesso
e dinamico, dove forme di dumping sociale e ambientale creano disequilibri
nella competitività delle imprese;
• migliorare la relazione con le istituzioni finanziarie, nell‟ottica di un più
facile accesso alle fonti di finanziamento in virtù della riduzione del rischio.
Anche l‟Unione Europea è attenta alle tematiche inerenti la corporate social
responsibility: il 18 luglio 2001 la Commissione ha adottato il Libro Verde
“Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” con
l‟intento di stimolare un dibattito sulle modalità attraverso cui l‟UE potrebbe
promuovere la CSR a livello sia europeo, che internazionale, sfruttando al meglio
le esperienze esistenti, favorendo lo sviluppo di prassi innovative, migliorando la
trasparenza e rafforzando l‟affidabilità delle varie iniziative realizzate in Europa.
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Nel documento si definisce che il concetto di responsabilità si esprime nei
confronti dei dipendenti e, più in generale, di tutti gli stakeholder, che vengono
influenzati dall‟attività dell‟impresa e che, nel frattempo, sono in grado di
condizionarne il successo.
1.2 LO SVILUPPO SOSTENIBILE E LA SOSTENIBILITA’
NELL’IMPRESA
La sostenibilità può essere una fonte di guadagno per quanti, imprese e non solo,
la considerino come la sfida fondamentale del XXI secolo; lo sviluppo futuro
dovrà vincere la provocazione posta da tre divari, quello ecologico, della qualità
della vita ed il divario sociale.
Il divario ecologico è quello tra disponibilità e impiego di risorse naturali; quello
della qualità della vita nasce dalla collisione tra la capacità di soddisfare i bisogni
individuali e collettivi; il terzo è tra ricchi e poveri, come aree del pianeta e
all‟interno delle nazioni più ricche.
Individuati i tre divari fondamentali della nostra epoca, occorre riflettere su come
colmarli, ed è da qui che nasce il concetto della sostenibilità.
Un prima definizione di sviluppo sostenibile è contenuta nel rapporto
World Conservation Strategy, presentato nel 1980 dall‟International Union for the
conservation of Nature and Natural Resources (IUCN), dal United Nations
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Environment Programme (UNEP) e dal World Wildlife Fund (WWF). In esso per
“sustainable development” si intende il mantenimento degli essenziali processi
ecologici e sistemi di supporto vitali, la preservazione della diversità genetica e
l‟utilizzo sostenibile di specie ed ecosistemi.
Nel 1983 viene costituita la World Commission on Environment and
Development, che aveva il compito di elaborare “un’agenda globale per il
cambiamento” e, dalla consapevolezza di voler operare verso azioni orientate alla
ecogestione del territorio e delle attività antropiche, prende avvio il concetto di
“Sostenibilità” e “Sviluppo Sostenibile”.
La Commissione Bruntland presenta il rapporto Our Common Future (1987) che
ha un forte impatto sull‟opinione pubblica globale e definisce lo sviluppo
sostenibile come quello che “garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza
compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i
propri”.
Più in generale, si considera sostenibile lo sviluppo in grado di coniugare la
dimensione economica, ambientale e sociale di ogni attività umana, mantenendo il
suo impatto all'interno delle capacità di carico del sistema in cui si realizza.
Altro caposaldo dello sviluppo sostenibile è rappresentato dalla Conferenza delle
Nazioni Unite tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 che, nella sua Dichiarazione,
sancisce i 27 Principi su ambiente e sviluppo, i Principi delle foreste e l‟Agenda
21, ancora oggi vivi ed attuali. L‟Agenda 21 è il programma di azioni utili per