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PREMESSA
Negli ultimi decenni l’uomo ha preso coscienza della dipendenza che lo lega
all’ambiente in cui vive e all’impatto che le proprie azioni hanno su di esso. La
necessità di tutelare l’ambiente è uno degli argomenti più frequenti nei dibattiti attuali;
pertanto, la conoscenza e lo studio degli elementi più sensibili alla pressione antropica
sono diventati obiettivi prioritari, affinché si possano adottare politiche volte alla
salvaguardia degli equilibri che da sempre regolano i rapporti tra l’uomo e l’ambiente in
cui vive. L’acqua è estremamente importante essendo il vettore di tutta la vita sulla
Terra; basti pensare che essa partecipa alla struttura delle piante e degli animali in una
percentuale dal 60 al 90 %. Ma l’acqua è un fattore indispensabile anche per lo
sviluppo dell’economia e della civiltà umana, perché serve all’uomo per l’alimentazione
e l’igiene, per l’irrigazione in agricoltura, come sorgente di energia e materia prima dei
processi produttivi, come via di trasporti e base delle attività ricreative. Perciò, nel corso
della storia della civilizzazione, si sono gradualmente moltiplicate le utilizzazioni delle
acque da parte dell’uomo ed i connessi interventi sui sistemi idrici naturali, con eccessi
e disordini che spesso hanno compromesso le risorse idriche sia qualitativamente che
quantitativamente. L’uomo, inoltre, ha compromesso anche indirettamente i sistemi
idrici nel corso di uno sfruttamento millenario del territorio, che non sempre si è svolto
in condizioni di equilibrio con l’ambiente naturale, di cui le acque costituiscono parte
integrante. I problemi idrogeologici, si sono posti recentemente all’attenzione
dell’opinione pubblica assumendo un rilievo eccezionale per i provvedimenti emanati
relativamente alla difesa del suolo e al reperimento, alla gestione, all’ adduzione e alla
distribuzione di risorse idriche. In particolare, si è assistito all’impoverimento delle
risorse idriche che in alcuni periodi ha raggiunto punte elevatissime a causa
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dell’imprevedibile fenomeno di abbassamento delle falde e delle portate sorgive,
soprattutto, dovuto all’andamento climatico degli ultimi anni.
Nell’area sannita e nel resto del territorio italiano, l’aumento dei consumi delle risorse
idriche a causa dell’espansione urbanistica, delle attività industriali ed agricole ha
comportato il crescente bisogno di risorse idriche di buona qualità. Pertanto, per un uso
sostenibile e durevole delle risorse idriche bisogna tenere conto della qualità delle acque
e dell’analisi della vulnerabilità intrinseca all’inquinamento di un territorio. In tale
contesto, si inserisce il presente lavoro di tesi finalizzato alla definizione dei caratteri
idrogeologici e delle caratteristiche idrochimiche delle acque nella bassa valle del fiume
Calore, una zona nota da tempo per la sua ricchezza in acque sotterranee, in modo da
poter evidenziare le modalità di contaminazione chimica e lo stato delle acque di falda
in una porzione circoscritta del territorio. L'obiettivo di tale lavoro è stato quello di dare
un contributo alle conoscenze idrogeochimiche della zona della bassa valle del fiume
Calore essendo stato questo, per molti anni, sede di importanti attività agricole con
conseguente inquinamento dei corpi idrici presenti. A tale scopo sono stati effettuati una
serie di campionamenti in corrispondenza dei corsi d'acqua, delle sorgenti, nonché delle
acque provenienti dalla falda.
Lo studio parte da un confronto di due analisi di monitoraggio effettuate, la prima nel
2007 e la seconda nel 2009. A queste è stata fatta seguire un’ultima campagna di analisi
effettuata nel febbraio 2010 su alcuni punti d’acqua significativi. Essa ha permesso di
consolidare solo alcuni degli aspetti riscontrati nelle precedenti campagne. Il presente
lavoro di tesi può essere suddiviso in due parti principali:
• una parte caratterizzata dallo studio preliminare prettamente teorico e
fondato su basi bibliografiche dell’area che include: l’inquadramento
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territoriale, con particolare riferimento agli aspetti geologici, le
caratteristiche idrogeologiche e le metodologie di elaborazione dei dati;
• una parte riguardante gli aspetti pratici del caso di studio che include: il
campionamento dei parametri chimico-fisici, la fase analitica di
laboratorio e le applicazioni gis al caso di studio.
Lo studio effettuato si colloca in ambito di ricerca prettamente riferito alla protezione
delle acque superficiali e sotterranee allo scopo di fornire, competenti agli Enti che
operano sul territorio ed alle amministrazioni locali, un valido strumento di supporto e
conoscenza delle problematiche legate alle acque sotterranee dell’area oggetto di studio,
e di pianificazione degli interventi a prevenzione e protezione del degrado qualitativo e
quantitativo della risorsa idrica. Per affrontare la problematica di cui si ci è occupati
durante lo svolgimento della tesi, ma, in generale, nell’analisi di tutti i problemi a
carattere ambientale è necessario che si abbia un approccio multidisciplinare in cui non
si prenda in considerazione soltanto uno o pochi aspetti del problema. In generale è
importante avere un approccio che:
• consideri il valore del territorio;
• abbia consapevolezza dei fenomeni in corso e delle loro interrelazioni;
• si basi su una visione integrata del territorio secondo un approccio
multidisciplinare, tramite anche l’utilizzo del Gis.
Per la realizzazione del presente lavoro, infatti, è risultato indispensabile l’utilizzo dei
Sistemi Informativi Territoriali sia per la tipologia di dati utilizzati che per la necessità
di fruire in modo dinamico delle informazioni.
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CAPITOLO 1: INQUADRAMENTO TERRITORIALE
Al fine di rendere agevole e comprensibile il presente lavoro di tesi e per la
realizzazione dell’analisi idrogeologica del territorio oggetto di studio, è risultato
necessario effettuare l’inquadramento territoriale dell’area dal punto di vista geografico,
geologico, idrogeologico, storico e socio-economico, dapprima, in un ambito regionale
e provinciale e, successivamente, esaminando i diversi aspetti nel dettaglio.
1.1 La Geografia regionale e provinciale
La Campania è una regione dell’Italia meridionale che ha un’estensione di circa 13.595
km², il cui territorio è per il 51% collinare, il 34% montuoso ed il 15% pianeggiante. La
dorsale appenninica centrale, da nord-ovest a sud-est,
comprende i massicci del Matese, del Taburno,
dell’Avella, del Terminio, del Cervialto, dell’Alburno,
del Cervati ed è accompagnata verso est da una zona
di altopiani e conche. La zona costiera è, invece,
caratterizzata da massicci vulcanici (Somma-Vesuvio,
Campi Flegrei) e di origine sedimentaria (monti
Lattari e Massico). La Pianura Campana, propriamente detta, fertile ed intensamente
popolata comprende la piana del fiume Garigliano e quella del fiume Volturno a nord e
a sud di quest’ultima la valle del fiume Sarno. Il restante territorio di pianura comprende
la pianura del fiume Sele a sud, formante la piana di Pesto e la pianura di Salerno. La
Campania è attraversata da fiumi a portata perenne caratterizzati da notevoli volumi per
tutto l’anno, che assicurano adeguato rifornimento di acqua per usi irrigui ed industriali.
I fiumi più importanti comprendono:
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− il Garigliano, al confine con il Lazio;
− il Volturno, molto ricco di acqua anche per i numerosi affluenti tra i quali
il Calore, sfocia nel Mar Tirreno;
− il Sele, con l’affluente Tanagro, provvede al rifornimento potabile della
Puglia;
− l’ Ofanto, al confine con la Basilicata, sfocia poi nell’Adriatico in Puglia.
Numerosissimi sono i corsi d’acqua minori che presentano un regime torrentizio. I
quattro fiumi citati, invece, hanno un regime pressoché costante.
La Regione Campania è suddivisa in 5 Province e 551 Comuni:
• Provincia di Avellino (119 comuni)
• Provincia di Benevento (78 comuni)
• Provincia di Caserta (104 comuni)
• Provincia di Napoli (92 comuni)
• Provincia di Salerno (158 comuni)
La provincia di Benevento è situata nell'area Nord-Orientale della Regione Campania, si
sviluppa su una superficie di 207.064 Ha ed è divisa in 78 Comuni. Confina a nord con
il Molise (Provincia di Campobasso), a est con la Puglia (Provincia di Foggia), con la
Provincia di Avellino e la Provincia di Napoli a sud e con la Provincia di Caserta a
ovest. Il capoluogo di provincia è Benevento con un’altitudine di 135 m. s.l.m. È un
piccolo centro agricolo con poche industrie a causa della sua sfavorevole posizione
geografica piuttosto isolata.
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Figura 1.1 – Inquadramento delle Provincie della Campania
I fiumi principali sono, innanzitutto, il Calore Irpino, che nasce sul Monte Accèllica
(1660 m.) in provincia di Avellino per riversarsi nel Volturno, il quale interessa
parzialmente i confini occidentali; abbiamo poi due affluenti del Calore provenienti
sempre dalla provincia di Avellino: il Sabato, che confluisce nel Calore nei pressi di
Benevento, e l'Ufita (il Miscano, nato in provincia di Foggia, si riversa nell'Ufita); un
altro affluente, il Tammaro, proviene dalla provincia di Campobasso.
Altri corsi d’acqua sono il Fortore, che, nasce in provincia di Foggia, attraversa la zona
nordorientale, per poi riversarsi nel lago di Occhito; l'Isclero, che nasce sul monte
Mauro nel massiccio del Taburno, attraversa la Valle Caudina e si riversa nel Volturno;
ed il Titerno, che interessa il settore NW e confluisce anch'esso nel Volturno.
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I laghi sono pochi e di scarsa importanza, il più esteso è il Lago di Telese.
Le più notevoli pianure della provincia sono:
• La Piana di Solopaca, (superficie di circa 36 km²), situata alla confluenza del
Calore con il Volturno, presenta una quota media di soli 50 m, e la pianura
precedente, tra Ponte Maria Cristina e la stazione di Casalduni, posta
pressappoco alla medesima altezza topografica, con un'estensione di circa 8 km².
Entrambe le piane sono attraversate dal basso corso del fiume Calore.
• La Piana di Benevento, all'altezza media di circa 130 m, con un'estensione di
oltre 10 km² attraversata dal medio corso del fiume Calore.
• Il Piano di Apice, a 165 m d'altezza media, a NW del paese, sulla sinistra del
Calore, di forma quasi triangolare, con una superficie di 225.000 m² .
• La Piana di Calice, a SW di San Giorgio La Molara, all'altezza di circa 270 m,
sulla sinistra del Tammaro, con una superficie di circa 625.000 m² .
• La Piana di Decorata, tra Castelpagano e Castelvetere in Val Fortore all'altezza
di 330 m circa.
• La Valle Caudina, che è la maggiore delle pianure beneventane, ed è la più
florida ed opulenta, ad un'altezza di circa 270 m ed una superficie di oltre 60
km², di forma quasi circolare, chiusa dai monti Avella a sud, Taburno a nord, dal
ramo che congiunge il Taburno al Partenio ad est, e dall'altro ramo ( monti
Tairano e Veccio) che congiunge i medesimi monti ad ovest.
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1.2 Inquadramento geografico, storico e socio-economico dell’area di studio
La zona esaminata della Provincia di Benevento è il settore Centro-Occidentale, situato
nella bassa valle del fiume Calore, tra gli abitati di Ponte e Solopaca.
Figura 1.2 – Inquadramento dell’area di studio.
L’area ha un’estensione di circa 36 Km
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allungata in direzione est-ovest ed è delimitata
dalle dorsali mesozoiche del Monte Matese a nord e del Monte Camposauro a sud. Dal
punto di vista altimetrico la zona presenta quote che variano dai 45 metri s.l.m. nei
pressi del comune di Solopaca ai 1390 metri in corrispondenza del Monte Camposauro.
Come attestano le testimonianze storico-archeologiche presenti sul territorio, l’area di
Solopaca ha un’origine molto antica. Il territorio dove sorge fu abitato, stando ad alcuni
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ritrovamenti, fin dall'epoca preistorica anche se le testimonianze più evidenti risalgono
al periodo medievale. A partire dall’epoca preistorica, poi sannita, romana e longobarda,
si ritrovano infatti numerosi reperti: tombe, ruderi di ville e fortificazioni ancora oggi
visibili. Di origine normanna è l’attuale centro storico. Non lontano dal centro abitato,
sulle sponde del fiume Calore, si vedono i resti del Ponte Maria Cristina, raro esemplare
di ponte pensile, fatto edificare da Ferdinando II di Borbone nel 1832 intitolato alla sua
consorte Maria Cristina.
Nel XVIII secolo Solopaca attraversa un periodo di prosperità economica dovuta
soprattutto al commercio del vino, dell'olio e delle ciliegie e si abbellisce dal punto di
vista urbanistico con numerosi Palazzi dai caratteristici portali in pietra. La zona ricade
quasi interamente nell’area del Taburno-Camposauro e, quindi, nel Parco di cui ne
esprime le tipiche caratteristiche ambientali, culturali ed economiche. Il suo territorio si
presenta fertile e rigoglioso: a valle con le grandi estensioni di vigneti ed uliveti, ubicati
in una fertile zona di pianura favorita da numerose strade che la collegano ad importanti
arterie viarie; a monte con i suoi boschi ricchi di flora, fauna e risorse idriche. Le
numerose conche carsiche e le profonde falde acquifere rendono la zona ricca di acqua.
Il territorio di Solopaca è stato sempre coltivato a vigneti e ad oliveti con una
competenza che si è andata affinando nel tempo. Qui la vite trova nella collina e nella
natura del terreno il suo ambiente ideale, producendo un vino rosso rubino di profumo
delicato, di sapore netto, di estrema gradevolezza e di morbida pastosità con gradazione
alcolica oscillante tra i 12 ed i 13 gradi. Il vino bianco presenta il profumo della
malvasia ed un sapore armonico e vellutato con una gradazione alcolica oscillante tra
11,50 e 12 gradi. Oggi Solopaca è fra i centri economici più attivi del Sannio, noto per
la produzione del vino Solopaca ed Aglianico.
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1.3 Idrografia superficiale e caratteri idrogeologici
Il Fiume Calore nasce dal Monte Accèllica (1660 metri) nel comune di Montella
(Avellino), ed è il principale affluente di sinistra del Volturno. Presenta una lunghezza
di 108 km, è caratterizzato da un bacino di raccolta assai ampio (3.058 km², oltre la
metà di quello totale del Volturno), da una discreta permeabilità ed è ricco di sorgenti. Il
Calore ha una notevole portata d'acqua alla foce (31,8 m
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/s, il quarto del sud-Italia
dopo Volturno, Sele e Crati), pur risentendo in maniera pesante di una certa irregolarità
di regime e di un pesante sfruttamento delle sue acque. In autunno e inverno a causa
delle precipitazioni sono dunque frequenti e imponenti le piene (talvolta disastrose
come accaduto il 2 ottobre del 1949, alle ore 5:30 quando venne alluvionata per gran
parte la città di Benevento); al contrario in estate il fiume rimane a tratti impoverito
della sua portata a causa delle pesanti captazioni delle sue acque. Per i primi 43 km
scorre nella provincia di Avellino e per gli altri 65 km nella provincia di Benevento. Il
suo corso si può dividere in alto, medio e basso Calore. La bassa valle del fiume
interessa, appunto, l’area compresa tra Ponte e la confluenza dello stesso nel Volturno
presso Amorosi (Castel Campagnano). L’ampia vallata si presenta fortemente
asimmetrica con l’asse vallivo spostato verso Sud. Il corso del Fiume ricade al centro
dell’area di studio con andamento est-ovest e si sviluppa con un tracciato a meandri
irregolari fino all’altezza della stazione ferroviaria di Solopaca, dove è presente una
stretta morfologica in gran parte erosa attualmente e a valle della quale il corso d’acqua
assume un andamento quasi rettilineo fino alla confluenza nel Volturno. La presenza di
questa stretta ha creato condizioni di rallentamento della corrente fluviale con
sovralluvionamento e formazione di meandri ad ampio raggio a monte.
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Figura 2.5 – Andamento del fiume Calore nell’area di studio.
Il Calore presenta otto stazioni di monitoraggio ubicate lungo l’intera asta. La qualità
dell’acqua peggiora marcatamente man mano che ci si avvicina alla confluenza con il
Volturno. Presenta lungo il suo corso numerosi scarichi fognari e nel tratto a valle della
città di Benevento riceve gli apporti del fiume Sabato, del torrente Serretelle e del
torrente San Nicola. Questo determina un marcato peggioramento della qualità
dell’acqua. In questo tratto come facilmente prevedibile il suo stato ambientale si può
definire pessimo. Nel complesso, per quanto riguarda la qualità delle acque, il fiume
Calore presenta un andamento inverso rispetto agli schemi convenzionali. Si riscontra
cioè una situazione fortemente compromessa nel tratto superiore. Verso valle la
diluizione del carico organico produce un effetto di autodepurazione. Il tratto in
corrispondenza della città di Benevento presenta, come detto, una qualità dell’acqua
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fortemente compromessa. Nei tratti a valle, grazie alla maggiore diversità ambientale, si
assiste ad un miglioramento dello stato ambientale del corso d’acqua.
1.4 Inquadramento geologico regionale e provinciale
Per una attenta analisi idrogeologica dell’area oggetto di studio risulta utile effettuare
una panoramica generale della struttura geologica dell’Appennino campano, e più in
generale, dell’Appennino Meridionale.
Gli eventi che hanno generato l'assetto geologico-strutturale della Campania sono
strettamente connessi agli eventi che hanno generato il quadro strutturale della penisola
italiana. Le principali strutture geologiche della penisola italiana sono rappresentate da
quattro elementi strutturali di primo ordine:
1) area tirrenica, caratterizzata da crosta continentale assottigliata e, in alcune zone
(Tirreno meridionale), da crosta oceanica, formatasi a partire dal Tortoniano superiore -
Messiniano inferiore in seguito a processi di rifting avvenuti all'interno di una catena
preesistente;
2) catena appenninica, costituita da coltri di ricoprimento, a convergenza adriatica, e
dai depositi di riempimento di bacini che si impostavano sulle coltri di ricoprimento in
avanzamento;
3) l'avanfossa appenninica, costituita da sedimenti plio-quaternari in parte sepolti sotto
le falde appenniniche;
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4) l'avampaese, costituito da una potente successione carbonatica mesozoica, impostata
su crosta continentale, in graduale approfondimento verso SW al di sotto delle coltri
appenniniche.
In questo contesto strutturale la Campania comprende un piccolo settore della catena
appenninica. La Regione Campania presenta un assetto geologico-strutturale molto
complesso. In generale, tutto l’Appennino rappresenta una catena orogenica formatasi
dalla convergenza della placca Eurasiatica e della placca Africana durante il Cenozoico.
Figura 1.3 - Avanzamento delle placche Africana ed Ellenica verso quella Eurasiatica.
La tettonica di compressione si sviluppò dal Cretacico Medio all’Oligocene, con la
collisione continentale a cui fece seguito un processo di rift nell’area Tirrenica e,
contemporaneamente, una seconda fase di compressione che determinò l’attuale
struttura dell’Appennino. Successivamente, la tettonica di compressione ha migrato da
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ovest verso est, causando il sovrascorrimento dell’intero edificio sull’Avampaese
Apulo. La regione Campania presenta una complessa struttura a falde di ricoprimento
derivanti dallo scollamento e dall'accorciamento delle coperture sedimentarie di domini
paleogeografici appartenenti al margine settentrionale della placca africano-adriatica e
trasportati verso l'avampaese padano-adriatico-ionico a partire dall'Oligocene superiore.
L'evoluzione tettonica dell'Appennino, dall'Oligocene superiore fino al Miocene medio,
viene messa in relazione alla convergenza tra la placca europea e quella africano-
adriatica, mentre, a partire dal Tortoniano superiore fino al Quaternario la propagazione
dei thrusts nella catena e l'apertura del bacino tirrenico sono stati controllati dal roll-
back della litosfera dell'avampaese in subduzione. Pertanto, l’Appennino Meridionale è
da considerarsi una catena a “falde di ricoprimento”. Tuttavia esso è stato oggetto di
varie interpretazioni che, soprattutto, a partire dagli anni sessanta, hanno portato alla
formulazione di diversi modelli. Negli anni settanta, infatti, fu formulato un modello
geologico dell’Appennino Meridionale, che ha costituito la base dei nuovi modelli, la
cui sintesi è riportata in IPPOLITO et alii, (1973). Gli Autori sostenevano che
l’evoluzione tettono-sedimentaria dell’Appennino Meridionale avesse avuto inizio con
la fase epirogenetica Retico-Liassica, nella quale la diversificazione tra le piattaforme
carbonatiche ed i bacini diviene più’ netta; dopo tale fase, infatti, e’ possibile
riconoscere una serie di unita’ paleogeografiche che conserveranno, nelle linee
essenziali, le loro individualità fino al Miocene Inferiore e si possono distinguere in
(IPPOLITO et alii, 1973):
• Piattaforma Campano Lucana, costituita da sedimenti carbonatici i più’
antichi dei quali risalgono al Trias Medio.
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• Bacino Lagonegrese, caratterizzato da calcari con selce che fanno passaggio
ad una successione argillitico-radiolaritica.
• Scisti Silicei. I terreni più’ antichi affioranti di quest’unità appartengono al
Trias Medio.
• Piattaforma Abruzzese-Campana, che presenta caratteri simili alle altre
piattaforme ed i terreni più antichi affioranti risalgono al Trias Superiore.
• Bacino Molisano, costituito da sedimenti pelagici di cui i terreni più’ antichi
sono, presumibilmente, del Trias Superiore.
• Piattaforma Apula, con caratteristiche analoghe alle altre piattaforme, con
spessori più elevati e i cui termini più antichi sono ascrivibili al Trias
Superiore.
• Bacino est Garganico, i cui terreni affiorano sul versante orientale del Gargano
ed i più antichi di questi sono del Giurassico Superiore.
Le fasi tettoniche cretaciche portarono ad una totale emersione della piattaforma esterna
e ad un’emersione parziale della piattaforma Apula.
Il Miocene e’ caratterizzato da tre distinte fasi (IPPOLITO et alii, 1973 ):
1. la fase langhiana, in cui la Piattaforma Campano-Lucana si inabissa dando luogo a
depositi calcarenitici che verso l’alto evolvono a sedimenti arenacei per lo più’
torbiditici con fase di flysch. Mentre la deposizione di questi terreni e’ ancora in atto si
verifica un sovrascorrimento della Piattaforma Campano-Lucana sulla parte occidentale
del bacino Lagonegrese e questo, a sua volta, si sovrappone sui terreni della zona assiale
del bacino. In questa fase nasce il Bacino Irpino che s’imposta in parte sulle aree
deformate e in parte sulla zona più esterna del bacino Lagonegrese non ancora
deformato .