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Introduzione (con premessa e breve nota metodologica)
Scopo principale del presente lavoro è stato quello di tentare di
evincere, attraverso una quanto più possibile accurata ricostruzione storica,
il ruolo effettivo nella sinistra italiana dell‟azione politica dell‟antico
Partito Socialista Italiano (P.S.I.), con riguardo all‟ultimo quarto del
decorso XX secolo.
A tale finalità di ricerca se n‟è aggiunta un‟ulteriore, che ne è stata
complemento: il P.S.I. ha, infatti, avuto ruolo sempre più rilevante
nell‟attività governativa dagli anni „60 e, pertanto, si è imposta la necessità
di delineare l‟apporto reso, da parte delle componenti socialiste al governo,
in politica interna (con particolare attenzione ai temi delle politiche sociali
ed economiche) ed in politica internazionale.
Si è cercato così di cogliere il valore dell‟azione politica e di governo
dei socialisti per la sinistra e per la società italiane e ciò con maggior
approfondimento relativamente agli anni del socialismo craxiano. Sicché
scopo ultimo è stato quello di definire se l‟analisi politica e l‟azione
governativa del P.S.I. guidato da Bettino Craxi (con la stretta
collaborazione di statisti di indubbio spessore quali, ad esempio su tutti,
Giuliano Amato) abbiano o meno rappresentato un “punto di svolta”
nell‟evoluzione democratica, da un lato, della sinistra italiana e, dall‟altro,
per la società italiana repubblicana.
Quanto sopra al di là di ogni, pur affascinante, tentativo di
“santificazione” o, au contraire, di ogni coinvolgente ipotesi di
“demonizzazione” dell‟uomo, del cittadino, dello statista, ma anche del
Craxi penalmente condannato.
Peraltro, nel solco di tale direttrice di studio, si è voluto mirare a
capire il perché al socialismo revisionista di Craxi, e del “suo” P.S.I., non
fecero da sponda né il pensiero socialdemocratico insito in larghi settori del
“centro” e della “destra” del P.C.I., né quello cattolico sociale professato da
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varie componenti della c.d. “sinistra democristiana”; e perché, invece, vi fu
l‟alleanza solida dei craxiani – in un apparente solco di continuità col c.d.
“centro-sinistra organico”– proprio con le correnti moderate (“dorotee”)
dell‟allora partito di maggioranza relativa la D.C. (alleanza che ebbe il suo
apogeo nel c.d. “CAF” di Craxi, Andreotti e Forlani).
Ci si è, così, mossi per appurare se la strategia politica del P.S.I. di
Craxi fu volta o meno, attraverso combinazioni tattiche di breve e medio
termine, per un verso, a porre la sinistra di fronte alla necessità ed urgenza
di una nuova leadership socialista e riformista (o finanche laica) e per altro
verso, ad azzerare ogni ipotesi di “compromesso storico” (in senso
socialista e riformista) auspicato e sostenuto da quelle componenti della
D.C. e del P.C.I. che daranno vita durante la c.d. “seconda Repubblica” al
progressivismo dell‟ “Ulivo” (e delle sue componenti) prima e del Partito
Democratico (P.D.) dopo.
Si è cercato di definire in che termini il P.S.I. del “dopo MIDAS” ha
combattuto per spezzare tanto la logica del bipolarismo – allora
incontrovertibilmente sussistente – tanto la correlata idea “consociativa”
insita nella solidarietà nazionale fondata sui due baluardi della politica
italiana repubblicana (la D.C. ed il P.C.I.).
Si è così definito, attraverso la ricostruzione storica, perché il P.S.I.
sia giunto ad accordi sempre più stringenti con il “gigante” cattolico
(relazionandosi, si ripete, proprio con le componenti democristiane “non di
sinistra”), mirando, ad un sol tempo, all‟unione a sinistra o, per meglio dire,
all‟alternativa dell‟”Unità socialista” da realizzarsi previo
ridimensionamento del “gigante filo-sovietico”.
Si è provato a verificare, in tal modo, quanto il socialismo craxiano
abbia rappresentato il primo, incondizionato, e non sofferto distacco non
solo dal leninismo sovietico (distacco che, almeno per una parte dei
socialisti, già si era realizzato ad opera soprattutto di Pietro Nenni dopo i
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fatti d‟Ungheria del „56), ma dall‟intero dogma marxista – distacco
quest‟ultimo che, all‟indomani della caduta del “Muro di Berlino”, troverà
conferme a sinistra, quantitativamente e qualitativamente, ben più ampie.
Si è voluto infine giungere a verificare se, in particolare, le
esperienze governative del P.S.I. e, più specificamente, quelle di Craxi
abbiano o meno rappresentato dei seri tentativi di modernizzazione
dell‟Italia e della politica italiana. Ciò ha naturalmente comportato una
contemporanea indagine relativa ad una eventuale diversa configurazione
della società, e di un governo della stessa, maggiormente democratici ed
avanzati quale veniva più felicemente maturando politicamente altrove: ad
esempio, fra le fila della “base” della sinistra della D.C. di De Mita,
Bodrato, Martinazzoli, Prodi ed Andreatta (in un, mai sopito, continuo
sviluppo delle intuizioni dei vari esponenti delle “sinistre storiche” della
D.C. – fra i quali Dossetti, Fanfani, Pastore, Moro, ed altri) e, ancor più
significativamente, all‟interno delle componenti “miglioriste”, e non solo,
del P.C.I. (componenti divenute vieppiù significative con l‟emergere sulla
scena partitica di Barbera, Fassino, Morando, Ranieri, Minopoli, ed altri,
che avevano matrice nel pensiero “filo-occidentale” di Giorgio Napolitano,
Emanuele Macaluso e Gerardo Chiaromonte e nelle analisi “eterodosse” di
Lama e Trentin e, andando più indietro nel tempo, nelle tesi di Amendola).
Dalla copiosa storiografia e memorialistica sul tema è, comunque, emerso
che il segretario politico del P.S.I. e, con lui, la schiera dei suoi più diretti
collaboratori, seppero cogliere i cambiamenti che tipizzavano l‟occidente
meglio di altri leaders politici “socialdemocratici”, “socialisti liberali” e
“cattolici-sociali” del tempo (cambiamenti che imponevano virate decise
alla classe politica del tempo).
In conclusione si è tentato, brevemente, di dare una risposta al
seguente interrogativo: seppe o meno Bettino Craxi, configurare (e, anche
solo in parte, attuare, con l‟ausilio del suo quindicennio di guida del P.S.I. e
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con la sua duratura permanenza al governo) un adeguato supporto allo
sviluppo delle mutazioni sociali, civili ed economiche che si erano venute
formando già nei cosiddetti “lunghi anni settanta”? Seppe cioè concepire e,
almeno in parte, portare a compimento un supporto governativo che fosse
quanto più vicino possibile a quelli in auge, da decenni, nei più avanzati
sistemi democratici del mondo occidentale?
Vedremo, sul punto, fra gli altri, il giudizio di insufficienza espresso
da una figura fra le più autorevoli del socialismo di quegli anni: Riccardo
Lombardi. Per ora si può provare a dare un primo tentativo di risposta
mutuandolo da quella data da Fassino, laddove ha sostenuto che:
Craxi è stato un politico della sinistra, nel solco della storia del socialismo
riformista. Ha rivitalizzato il Psi, ha intuito prima di altri quanto l‟Italia
avesse bisogno di una modernizzazione economica ed istituzionale, su
questo sfidò due grandi forze come la Dc ed il PCI ed avvertendo il rischio
di non farcela, non sfuggì alla tentazione di un‟alleanza con i poteri forti,
come la P2 di Gelli, terreno sul quale è maturata la degenerazione e la
corruzione.
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Anticipando le conclusioni, si può trarre un‟altra valutazione sul
P.S.I. craxiano dall‟ autorevole pensiero di Franco de Felice, secondo cui la
novità progettuale del P.S.I. del “dopo Midas”, finalizzata al pur ambizioso
progetto di “voltare pagina nella storia della Repubblica italiana” con il
ricambio del ceto dirigente, in verità per mano di Craxi si risolse, in una
mera variazione degli esponenti politici al vertice delle istituzioni e, cosa
ancor più grave, determinò un‟accelerazione di fenomeni di arroccamento,
impotenza, disgregazione e la crescita esponenziale della spesa pubblica.
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Tanto premesso, a chi scrive, non è apparso fuori luogo, per cogliere
la fenomenologia storico - politica de qua, soffermarsi sul rapporto che ha
legato parte della musica leggera italiana alla sinistra ed al Psi craxiano –
probabilmente malgrado la volontà sia degli autori musicali, sia anche, nel
1
Si veda: P. Fassino, in “La Stampa” “Bettino fu un capro espiatorio”; articolo del 31.12.2009.
2
Si veda: F. De Felice, in L‟Italia repubblicana. Nazione e sviluppo.Nazione e crisi (a cura di
L.Masella), Einaudi ed., Torino, Einaudi, ivi pag. XXIX dell‟introduzione (curata da L.Masella).
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caso riportato, dello stesso Craxi. Ciò, sia ben inteso, al di fuori di ogni
lezioso ed inutile sentimentalismo.
La canzone “La ballata dell‟Uomo Ragno” recita fra l‟altro in
riferimento a Craxi:
E‟ solo il capobanda ma sembra un faraone, ha gli occhi dello schiavo e lo
sguardo del padrone, si atteggia a Mitterand ma è peggio di Nerone.
De Gregori – la cui canzone “Viva l‟Italia” ha, nonostante la volontà
probabilmente contraria del cantautore, accompagnato per tutti i quindici
anni della guida craxiana del P.S.I. i congressi e le campagne elettorali
dello stesso partito – autore della “ballata” citata ha recentemente
affermato: “se ripenso a Craxi credo che intellettualmente sia molto
superiore a tanti politici di oggi.”
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Come sollecitata dalle parole del
cantautore romano, tutt‟altro che vicino al Craxi, si è resa così ancora più
stringente la necessità di effettuare lo sforzo cognitivo e di ricostruzione
che ha formato oggetto del presente lavoro di ricerca.
La tesi mira quindi ad un piccolo contributo per ridare alla storia il
quadro preciso, senza apologia e senza sconti, di uomini – e Craxi è stato
emblema paradigmatico – che, animati sia da passioni ideali sia da interessi
concreti e facenti parte di un importante partito dell‟ ultra centenaria storia
dell‟Italia post-unitari quale fu il P.S.I., hanno, comunque, partecipato
all‟evoluzione democratica della storia dell‟Unità nazionale e, per quanto
di maggior nostro interesse, alla storia relativa all‟ultimo quindicennio
della c.d. “prima repubblica” e, in qualche modo, ne hanno assunto di
fronte ai posteri la responsabilità.
Quanto, infine, al periodo di interesse del presente lavoro si
precisa che lo stesso, fatto salvo un capitolo introduttivo (con cui
sinteticamente si cerca di ricostruire la storia del P.S.I. e del riformismo,
fino alla segreteria di Craxi), copre, in linea di massima, la stagione che va
3
Si legga: E. Berselli, in “La Repubblica”: “ E De Gregori riabilita Craxi”; articolo del 4.11.2007
9
dal 16 luglio 1976 – giorno dell‟elezione da parte del comitato centrale
socialista di Bettino Craxi a Segretario del P.S.I. (scelta maturata all‟ Hotel
Midas di Roma) – al 12 maggio del 1994. Data, quest‟ultima, in cui invano
veniva fatto il tentativo da parte delle Autorità di P.S. di ritirare, per il
pericolo di fuga, il passaporto all‟ex –segretario del P.S.I. che si era già
recato ad Hammamet in Tunisia, nonostante innumerevoli capi di
imputazione a suo carico.
L‟analisi che segue, inoltre, pur avvalendosi eminentemente di supporti
storiografici, memorialistici e giornalistici, è stata condotta, quando
necessario, avvalendosi del supporto metodologico della storia dei partiti
politici. Ciò per il dovuto raccordo della cronologia storica, e della analisi
critica che ne consegue, agli istituti tipici dell‟analisi istituzionale e
sociologica della politologia.
Il lavoro, comunque, va inteso come tentativo sia di storia
delle idee politiche (e partitiche) sia anche, e soprattutto, come una storia
dei fatti della politica.
Infine, ritornando al capitolo primo, pur va meglio precisato
che tale anteposizione, lungi dal voler essere un‟ esaustiva od anche
brevissima sintesi sulla Storia del P.S.I., è stata finalizzata, allo scopo di
individuare il punto di partenza della leadership craxiana e, finalmente,
onde meglio leggere le svolte e l‟approdo (ed i loro limiti) cui giunsero i
dirigenti socialisti del “dopo – Midas”. Tanto anche al fine dell‟analisi
delle reazioni, convergenti o meno, che esse determinarono fra gli
esponenti delle altre forze politiche (o di “quote” di esse) che poi
costruiranno nella c.d. “Seconda Repubblica” il nuovo centro-sinistra.
Va da se che la stessa velocissima ed incompleta analisi fatta del
socialismo italiano pre – Craxi è stata altresì riportata al fine di una rapida
verifica della “mutevolezza”, nel tempo, dei socialisti italiani rispetto al
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tema “riformista”, che divenne, in termini di enunciazione, l‟assunto
centrale del craxismo.
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Capitolo I: Breve storia del Partito Socialista Italiano dalla fondazione
del partito al congresso del “Midas” (1892 - 1976).
Al fine di meglio definire le ragioni ideologiche e pratiche che
portarono all‟avvento di Craxi alla guida del P.S.I.– e le già adombrate
conseguenze di tanto per la politica italiana – si è reso necessario anteporre,
come detto, una breve disamina sull‟evoluzione socialista dalla nascita del
Partito e fino alla messa in minoranza di Francesco De Martino
(predecessore di Craxi alla segreteria politica del partito).
Parallelamente non è potuta mancare, fra le righe della presente
introduzione, una, anch‟essa necessariamente breve, disamina del
confronto dialettico, relativo al periodo precedente l‟elezione di Craxi alla
guida del partito, fra il P.S.I. pre - craxiano ed il P.C.I., fra il primo e la
D.C. ed anche, ovviamente, fra i comunisti ed i democristiani.
Quanto predetto è stato effettuato ponendo particolare attenzione
per quanto attiene alla triangolazione che già, in parte, era venuta
delineandosi fra: socialismo “riformista”, comunismo “proto-migliorista” e
“sinistra” democristiana – capisaldi, tutti, del centro-sinistra italiano della
cosiddetta “seconda Repubblica”.
Nascita e prime attività politiche del P.S.I. I socialisti italiani dagli anni
della Grande Guerra e della Rivoluzione d‟Ottobre all‟avvento del
Fascismo (1892-1922).
Il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (P.S.L.I.) venne
fondato nel 1893 prendendo le mosse dal Partito dei Lavoratori Italiani –
che nel 1892 a Genova, a sua volta, raccolse in un tutt‟uno le esperienze del
Partito Operaio Italiano (Milano, 1882) e quelle della Lega Socialista
Milanese di Filippo Turati (Milano, 1889) – e dall‟omonimo Partito
Socialista dei Lavoratori Italiani (Reggio Emilia, 1893) – il quale ultimo
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aveva altresì incorporato il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano (già
“di Romagna”). Fra i promotori del P.S.I. si citano, in primis, Filippo
Turati, Claudio Treves, Leonida Bissolati, Anna Kuliscioff, Camillo
Trampolini, Enrico Ferri, il Costa ed il Ghisleri. Secondo Landolfi è
corretto dire che:
la data di nascita del P.S.I. è ben impressa nella memoria […]: il 15 agosto
1892. Il luogo di nascita dovrebbe essere altrettanto conosciuto, ma a volte
si fa confusione su di esso. Molti ritengono che sia a Genova nella sala
Sivori. Sbagliandosi perché alla sala Sivori fu consumata la separazione fra
anarchici e socialisti. Il nuovo partito, che non aveva ancora la
denominazione di partito socialista italiano, fu fondato invece il giorno
successivo nella sala dei “Carabinieri genovesi”, il corpo dei fucilieri
garibaldini. Si è voluto ravvisare, da più parti, quasi un significato simbolico
in questa coincidenza, un trait d‟union tra la tradizione risorgimentale
impersonata dall‟esponente di essa più sensibile alle istanze del socialismo
nascente e le idealità del sorgente partito dei lavoratori italiani. Senza
dubbio qualche tratto di continuità c‟è stato […] Fisicamente, uomini di
tradizione risorgimentale, tra i fondatori del partito, era possibile
rintracciarne ben pochi. Erano, per la maggior parte, umili operai ed anche
intellettuali di idee socialiste, troppo giovani per aver preso parte al moto
risorgimentale. Tra essi, il gruppo di “Critica Sociale” che aveva da qualche
tempo iniziato a far circolare in Italia le idee marxiste che rapidamente si
stavano diffondendo, contrassegnando incontrovertibilmente l‟identità
ideologica del movimento.
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Il “P.S.I.”, come può agevolmente dedursi, nasce su basi ben precise:
l‟ideologia marxista; il distacco dall‟anarchismo; una presunta continuità
con la tradizione “proto-socialista” di marca risorgimentale (tradizione che
andava dall‟umanitarismo internazionalistico del Garibaldi al pensiero di
Ferrari; dal sansimonismo del Mazzini al libertarismo di Pisacane).
Quanto all‟ultima causa fondante il partito va precisato che, in
verità, il P.S.I. prendeva le mosse su un versante parallelo e, per certi versi,
antagonistico a quello che diede causa all‟azione dei padri risorgimentali.
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Si veda A. Landolfi, Storia del P.S.I., Milano, SugarCo 1990, pp. 4 e sq. Si vedano anche, per un
quadro complessivo sulla nascita ed i primi anni del P.S.I, fra gli altri: G. Arfè, Storia del socialismo
italiano (1892-1926),, Torino, Einaudi 1965, B. Vigezzi, Il PSI, le riforme e la rivoluzione (1898-
1915),Firenze, 1980; P. Mattera, Storia del PSI, Roma, Carocci 2010, pp. 11-15